Come non vanno motivati i provvedimenti in materia paesaggistica

12 Giu 2014
12 Giugno 2014

Con la sentenza n. 767 del 2014, il TAR Veneto accoglie un ricorso in materia di diniego di sanatoria per un immobile in zona di vincolo paesaggistico.

Scrive il TAR: "1. Il ricorso deve essere accolto, essendo fondati i primi due motivi di gravame relativi al difetto di motivazione e d’istruttoria del parere negativo della Soprintendenza posto a fondamento dell’ordinanza comunale di ripristino.

2. La Soprintendenza con il parere impugnato ha infatti comunicato che: “gli interventi effettuati sull’immobile in oggetto non sono compatibili con la valenza paesaggistica dell’area vincolata in quanto l’intervento ha comportato la realizzazione di alcune modifiche esterne in un fabbricato in legno accessorio alla conduzione dei fondi circostanti, collocato in un crinale pedemontano di elevata
sensibilità. Tali modifiche hanno introdotto elementi costruttivi eccessivamente impattanti del tutto estranei al carattere accessorio del fabbricato, compromettendone la minima invasività paesistica e rendendo pertanto il modesto volume funzionalmente incongruo e, anche a causa di una collocazione molto ben percepibile, lesivo del paesaggio circostante.”.

3. Sul punto va ricordato che per un costante orientamento giurisprudenziale la funzione della motivazione del provvedimento amministrativo è diretta a consentire al destinatario di ricostruire l’iter logico-giuridico in base al quale l’amministrazione è pervenuta
all’adozione di tale atto, nonché le ragioni ad esso sottese; e ciò allo scopo di verificare la correttezza del potere in concreto esercitato, nel rispetto di un obbligo da valutarsi, invero, caso per caso in relazione alla tipologia dell’atto considerato (Cons. Stato, sez. V, 4 aprile 2006, n. 1750; sez. IV, 22 febbraio 2001 n. 938, sez. V, 25 settembre 2000 n. 5069).

3.1 Si è, altresì, precisato che la valutazione discrezionale dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico deve
essere strettamente riferita ai luoghi in cui il manufatto viene ad incidere con un onere dell’Amministrazione di indicare le specifiche ragioni in relazione alle quali le opere edilizie non si ritengono adeguate (si veda TAR Piemonte n. 1024/2013 e TAR Veneto 1394/2013).
3.2 E’, allora, evidente che una motivazione puntuale deve ritenersi necessaria affinchè siano sempre esternate le ragioni che giustificano la determinazione assunta, non potendo la motivazione espressa in essa esaurirsi in semplici, generiche locuzioni di stile.
4. Alla luce di tali premesse, si rileva che nel caso di specie non sussiste alcuno specifico riferimento alle particolari caratteristiche dell’ambiente circostante nè ad alcuna delle singole modifiche esterne del fabbricato ritenute incompatibili con la tutela paesaggistica da preservare.

4.1 E ciò considerato che l’incidenza del manufatto in area vincolata non comporta automaticamente l’insanabilità dello stesso, ma obbliga l’autorità competente ad una valutazione di compatibilità ambientale strettamente correlata alle caratteristiche del manufatto e all’ambiente circostante in cui esso incide.

4.2 Si consideri, ancora, come una motivazione più pregnante era richiesta in considerazione della particolarità della fattispecie esaminata, nella quale, le opere in questione (quelle esterne oggetto di valutazione da parte della Soprintendenza) è bene precisarlo, consistono: nello spostamento e/o realizzazione di nuova forometria; nella verniciatura del manto di copertura preesistente in lamiera ondulata zincata; nella realizzazione di una pavimentazione esterna in piastre di graniglia; nel rivestimento ligneo esterno delle pareti; nella chiusura con tavole orizzontali del parapetto del poggiolo; nella sistemazione di una canna fumaria in acciaio inox; nella realizzazione di un muro di contenimento del terreno con relativi parapetti lignei; nell’installazione di un pozzetto interrato. Tutte opere che non hanno comportato aumenti di volume né hanno interessato le parti strutturali del fabbricato. Ed apparendo – almeno dall’esame delle fotografie depositate dai ricorrenti, dalle quali è possibile operare un confronto tra lo stato dell’immobile antecedente e quello successivo all’intervento di manutenzione – che si tratti, invero, di opere accessorie di modesta consistenza, per lo più manutentive e migliorative dello stato della costruzione, realizzate con materiali tradizionali conformi alle caratteristiche originarie del fabbricato, e sicuramente inidonee ad alterarne linee prospettiche. Dovendosi d’altro canto tener conto del fatto che la costruzione in esame è stata già oggetto di condono nella sua attuale struttura nel febbraio del 2008. Per cui, alla luce di tali premesse, non è dato comprendere per quali ragioni secondo la Soprintendenza tali modifiche, peraltro tutte senza alcuna eccezione, avrebbero invece introdotto “elementi costruttivi eccessivamente impattanti” e sarebbero tali da compromettere la “minima invasività paesistica” del fabbricato “rendendo il modesto volume funzionalmente incongruo”. E’ pertanto evidente che una valutazione d’ incompatibilità così come sopra ricordata si traduce in un giudizio apodittico e generico, di per sé, difficilmente comprensibile, oltre a rivelare una base d’istruttoria non sufficientemente accurata. 5. Infine, l’affermazione della difesa del Ministero per cui l’immobile in questione sarebbe stato oggetto, nel 2008, di una sanatoria solo edilizia ma non paesaggistica, anche a voler ammettere un’integrazione postuma della motivazione dell’atto impugnato, è smentita dalle produzioni documentali dei ricorrenti, ed in particolare dal provvedimento di condono del 22 febbraio 2008, dal quale risulta come tale titolo sia stato rilasciato previa attivazione del subprocedimento teso all’ottenimento del parere paesaggistico, conclusosi con il mancato annullamento nei termini, da parte della Soprintendenza, dell’autorizzazione del dirigente comunale.

6. Il parere della Soprintendenza deve dunque essere annullato".

sentenza TAR Veneto 767 del 2014

A sua volta la sentenza n. 768 del 2014 annulla un diniego di autorizzazione: "5.2. Ed infatti, il parere del Soprintendente del 12 luglio 1991 è così motivato: “esaminato il progetto questa Soprintendenza ritiene inammissibile la trasformazione del tetto unificando gli abbaini e creando una terrazza. Per tali lavori non si può rilasciare l’autorizzazione ai sensi dell’art. 33 legge 47/85 necessaria per il condono edilizio”. Analogamente il Comune di Venezia, con il provvedimento del 30 luglio 1996, ha negato la sanatoria richiesta poiché: “la trasformazione del coperto è da ritenersi inammissibile”.

5.3. E’evidente che tali atti sono viziati per difetto assoluto della motivazione, contenendo una motivazione solo apparente. L’intervenuta trasformazione del tetto dell’edificio viene infatti dichiarata “inammissibile” senza che vengano esplicitate le ragioni di fatto e di diritto di tale decisione e senza qualsiasi riferimento puntuale e concreto alle opere oggetto della richiesta di sanatoria.

5.4. Peraltro, l’art. 33 della L. 47/1985 non esclude in termini assoluti dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della L. 1° giugno 1939, n. 1089, ma la subordina ad una valutazione di compatibilità del singolo intervento con la tutela medesima; valutazione che nel caso di specie è stata totalmente omessa.

5.5. In conclusione, il ricorso n. 3593/96 deve essere accolto con l’annullamento degli atti impugnati".

sentenza TAR Veneto 768 del 2014

Dario Meneguzzo - avvocato

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