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Equitalia dichiara il soggetto inadempiente anche se sulla questione pende un ricorso

22 Set 2014
22 Settembre 2014

La sentenza del Consiglio di Stato n. 4694 del 2014, già allegata al post che precede (cui si rinvia per l'inquadramento giuridico della questione), specifica che la pendenza di una controversia non impedisce a Equitalia di certificare che un soggetto è inadempiente.

Si legge nella sentenza: "3. Con altro ordine di censure l'appello principale di Equitalia e l'appello incidentale della Presidenza del Consiglio dei Ministri censurano la sentenza di primo grado laddove ha ritenuto che non possa parlarsi di “inadempimento” tutte le volte in cui sussistano controversie giurisdizionali o giurisdizionali-amministrative.

Tali motivi di appello devono trovare accoglimento.

Deve ritenersi che l'inadempimento cui si riferisce l'art. 48 bis cit. sia quello relativo all'obbligo di pagamento delle somme contenute nella cartella esattoriale. La cartella di pagamento, presuppone l'iscrizione a ruolo da parte dell'ente pubblico creditore, con cui si forma un titolo esecutivo stragiudiziale.

In assenza di provvedimenti giurisdizionali di sospensione cautelare, o di definitivo annullamento delle cartelle o dei ruoli, l'obbligo di pagamento resta valido ed efficace ed il soggetto che non effettua il versamento delle somme nei termini prescritti deve qualificarsi, ai sensi dell'art. 48 bis, quale soggetto “inadempiente”.

Tale interpretazione è ricavabile anche dal D.M. n. 40/2008 che definisce le modalità di attuazione dell'articolo 48-bis e, all'art. 1 lett e) definisce come “inadempimento” “il mancato assolvimento da parte del beneficiario, nel termine di sessanta giorni previsto dall'articolo 25, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, dell'obbligo di versamento di un ammontare complessivo pari almeno a 10.000 euro, derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, relative a ruoli consegnati agli agenti della riscossione”.

La diversa interpretazione della normativa data dalla sentenza di prime cure non può condividersi, in quanto vanificherebbe la procedura prevista dal legislatore ex art. 48 bis ogni volta che l'inadempiente proponesse, anche in modo palesemente pretestuoso, un ricorso giurisdizionale contestando la propria inadempienza".

Dario Meneguzzo- avvocato

La dichiarazione di inadempimento rilasciata da Equitalia è un provvedimento (certificato) soggetto alla giurisdizione amministrativa

22 Set 2014
22 Settembre 2014

Il ricorso deciso dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4694 del 2014 riguarda un professionista, titolare di una convenzione per la prestazione di consulenza ed assistenza legale a favore dell'ATAC S.p.A., che ha impugnato la qualificazione di "soggetto inadempiente" a lui attribuita dalla società Equitalia Servizi S.p.A. a seguito della verifica prevista ai sensi dell'art. 48-bis del D.P.R. 27 settembre 1973, n. 602, come introdotto dall'art. 2, comma 9, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, conv. con modif. dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, richiesta dalla stessa ATAC S.p.A. per il controllo della posizione fiscale del ricorrente medesimo.

Tale procedura si sostanzia in un accertamento circa l'eventuale morosità del beneficiario al pagamento, sulla base di una richiesta che i soggetti pubblici inoltrano ad Equitalia Servizi S.p.A. prima di effettuare un pagamento di un importo superiore ad € 10.000,00 (diecimila/00). La società concessionaria provvede, così, a controllare se il beneficiario risulti inadempiente all'obbligo derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, comunicando, poi, senza ulteriori elaborazioni, al soggetto pubblico richiedente l'importo dovuto dal beneficiario.

Le modalità riguardanti l'espletamento della procedura di verifica e gli effetti che ne conseguono sono disciplinate dal D.M. n. 40 del 18 gennaio 2008.

Il ricorrente aveva contestato  quanto dichiarato da Equitalia.

A proposito della giurisdizione su questa questione, così si è pronunziato il Consiglio di Stato: "La ricorrente Equitalia e la difesa erariale criticano la sentenza di prime cure, contestando la giurisdizione del G.A. in materia. Secondo parte appellante, Equitalia Servizi, lungi dal formare elenchi di sorta e dall'attribuire qualifiche più o meno commendevoli, si limiterebbe a rendere all'Amministrazione richiedente una mera dichiarazione di scienza circa le informazioni risultanti dagli archivi informatici degli Agenti della riscossione. Equitalia Servizi, all'esito delle richieste ex art. 48 bis del d.P.R. 602/1973, non opererebbe alcun atto di natura provvedimentale di inserimento in alcuna lista, ma si limiterebbe a controllare se dal "sistema informativo [...] risulta un inadempimento a carico del beneficiario" e a comunicare le risultanze di tale indagine all'amministrazione richiedente (cfr. art.2, comma 2, del d.m. n. 40/2008).

Secondo tale tesi, dunque, l’atto adottato da Equitalia sarebbe attaccabile solo tramite querela di falso, quindi di fronte al G.O.

La tesi di parte appellante non è condivisibile e deve confermarsi sul punto la sentenza impugnata.

Questa Sezione ritiene che si sia in presenza di una potestà certificativa dell’“inadempimento”, così come disciplinata ex art. 48 bis del d.P.R. 602/1973 ed ex art.2, comma 2, del d.m. n. 40/2008.

Nella specie, all'esito delle richieste ex art. 48 bis del d.P.R. 602/1973, opera un atto di natura provvedimentale di comunicazione delle risultanze di indagine all'amministrazione richiedente (art.2, comma 2, del d.m. n. 40/2008) volto all’accertamento “qualificativo” delle inadempienze di natura tributaria ed extra tributaria, e ciò a prescindere dall’accertamento delle specifiche posizioni di diritto soggettivo siano esse di natura tributaria e non.

Di fronte pertanto all’esercizio di detta potestà certificativa è rinvenibile la competenza del giudice amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità, non vertendo la presente controversia sull’accertamento della debenza o meno a carico di parte ricorrente di obbligazioni di natura tributaria o sanzionatoria.

E' quindi competente il G.A. a conoscere della legittimità dell'atto impugnato".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza CDS 4694 del 2014

Quando l’esercizio di fatto di mansioni superiori comporta il diritto a una maggiore retribuzione

22 Set 2014
22 Settembre 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n. 4712 del 2014.

Si legge nella sentenza: "L’appellante, già ricorrente in primo grado, agisce per l’accertamento del diritto a percepire le differenze retributive in relazione all’esercizio di fatto delle mansioni proprie di una qualifica superiore a quella da lui formalmente rivestita quale dipendente della U.S.L. n. 37, poi A.S.L.. n. 1 di Napoli.

L’interessato esponeva di essere stato inquadrato con la qualifica di “ausiliario specializzato” con il III livello retributivo, ma di essere stato costantemente adibito, dal 1982, a mansioni di autista di autoambulanze per trasporto infermi, qualifica pertinente al V livello retributivo.

Donde la pretesa delle differenze retributive per l’intero periodo.

Il ricorrente allegava ordini di servizio e altra documentazione intesa a comprovare l’effettivo esercizio delle mansioni di autista di autoambulanze.

2. Con sentenza n. 15446/2007 il T.A.R. Campania ha rigettato il ricorso osservando, in sintesi, che per giurisprudenza consolidata l’esercizio di fatto delle mansioni superiori (quand’anche la prestazione sia incontroversa, come nella fattispecie) non comporta il diritto alla maggiore retribuzione, se non quando (e nei limiti in cui) vi sia stato un formale atto di incarico per la copertura di un posto vacante in organico. In questo contesto, per “atto formale” si intende un atto proveniente non semplicemente da un superiore gerarchico (come nel caso degli ordini di servizio) bensì dall’organo competente ad adottare i provvedimenti in materia di stato giuridico e trattamento economico del personale. Ed invero, perché l’incarico possa produrre effetto anche in ordine al trattamento economico dell’impiegato, è necessario che l’organo che lo conferisce sia competente, appunto, ad emanare atti che incidono sul bilancio dell’ente e sulle previsioni di spesa; e possa assumersene la relativa responsabilità.

Ciò posto, il T.A.R. ha ritenuto che gli atti acquisiti al giudizio non avessero le caratteristiche necessarie per dare titolo al maggior trattamento economico.

3. L’atto d’appello proposto dall’originario ricorrente non contiene elementi utili a sovvertire l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato.

L’appellante insiste, invece, nel richiamare i molteplici ordini di servizio e atti analoghi, i quali peraltro, come si è già accennato, non possiedono i requisiti essenziali per produrre l’effetto desiderato.

4. Unitamente all’atto di appello, tuttavia, è stata prodotta la delibera 4 agosto 1994, n. 70, del Commissario straordinario della U.S.L. n. 37, che nelle intenzioni della parte dovrebbe soddisfare i suddetti requisiti (peraltro, s’intende, solo per il periodo successivo alla data di quella delibera).

Ed invero, l’organo fonte del provvedimento (Commissario straordinario) aveva indubbiamente piena competenza in ordine ai provvedimenti concernenti lo stato giuridico e il trattamento economico del personale. In essa, inoltre, si dà espressamente atto che nella pianta organica dell’ente risultano vacanti cinque posti di operatore tecnico-autista di autoambulanze, e che è necessario provvedere alla copertura provvisoria mediante utilizzazione del personale di livello inferiore, già adibito alla guida dei mezzi di emergenza.

Tuttavia, neppure questo provvedimento appare risolutivo nel senso voluto dall’appellante. Infatti la delibera n. 70 non individua direttamente i dipendenti destinatari dell’incarico, né stabilisce i termini iniziali e finali dell’incarico. Al contrario, su questi aspetti fa rinvio ad atti ulteriori da emanare di volta in volta, con la precisazione che l’incarico non potrà avere durata superiore a tre mesi.

Risulta quindi che la delibera n. 70 aveva carattere solo programmatico ovvero di massima, e non produceva effetti immediati.

5. L’appellante ha prodotto inoltre un atto (10 novembre 1994), a firma del Commissario straordinario, con il quale – in dichiarata applicazione della delibera n. 70 – all’interessato sono state conferite le mansioni superiori di operatore tecnico-autista «con decorrenza immediata e per un periodo di un mese».

Anche volendo riconoscere che tale atto integri tutti gli estremi dell’”atto formale” ai sensi della giurisprudenza sopra richiamata, sta di fatto che esso appare espressamente riferito al periodo di un mese.

Ora, secondo l’art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, com’è noto, l’assegnazione temporanea alle mansioni superiori non conferisce diritto al miglior trattamento economico, se non per la durata eventualmente eccedente sessanta giorni nell’anno solare.

Neppure questo atto, dunque, è risolutivo ai fini voluti dall’appellante".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza Consiglio di Stato n. 4712 del 2014

Quando l’ente può effettuare la verifica di anomalia dell’offerta?

22 Set 2014
22 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza dl 16 settembre 2014 n. 1213 chiarisce quando la stazione appaltante possa procede alla verifica della congruità dell’offerta: “Quanto alla censura secondo cui l’offerta non doveva essere sottoposta a verifica perché non aveva superato la soglia di anomalia, è appena il caso di rilevare che il comma 7 dell’art. 88 del D.lgs 163/2006 consente alla stazione appaltante di sottoporre :” … a verifica la prima migliore offerta se la stessa appaia anormalmente bassa…”.

Nel caso di specie è evidente che il costo del lavoro proposto non era adeguato al monte ore settimanali proposto (731,50), tanto che, in sede di giustificazioni, la ricorrente ha dovuto, per spiegare il dato economico, modificare la originaria proposta riducendo le ore lavorative così da poter giustificare l’offerta.

Né può sottacersi che la verifica dell’anomalia ha l’esclusiva finalità di verificare se, nel complesso, l’offerta sia seria e sostenibile e, conseguentemente, adeguata alla puntuale e d esatta esecuzione del contratto ( Cons.St., sez.VI, 21 maggio 2009, n. 3146), per cui,anche il solo sospetto, di essere in presenza di un offerta anomala, consente, anzi, impone alla p.a. la conseguente verifica”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1213 del 2014

Quando è legittima una gara negoziata dopo una gara aperta andata deserta?

22 Set 2014
22 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1212 chiarisce che la procedura negoziata indetta dopo una prima gara aperta andata deserta non può contenere un corrispettivo più vantaggioso di quello originario: “In sede teorica la mancata partecipazione di candidati all’originaria gara consente alla stazione appaltante di utilizzare il sistema di assegnazione del servizio nei termini indicati dagli artt. 56 e 57 d.lgs 163/2006.

Nel caso di specie è necessario osservare, però, che la stazione appaltante ha alterato significativamente il dato economico del contratto prevedendo un aumento del corrispettivo del servizio originariamente previsto di circa 35.000 euro annui.

Tale evenienza si pone in evidente contrasto con la lettera dell’art. 57 d.lgs cit. che, nel comma 2°, lettera a) testualmente statuisce : “ nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto”.

E’ evidente che l’alterazione essenziale e significativa del dato economico negoziale ha modificato radicalmente la natura della richiesta della stazione appaltante, così da impedire la legittima utilizzazione dell’istituto della procedura negoziata.

La significativa modifica della parte economica del contratto ha reso quest’ultimo remunerativo con conseguente interesse dei diversi imprenditori all’aggiudicazione.

Ciò è comprovato dal fatto che neppure il precedente aggiudicatario, attuale controinteressato, aveva manifestato, alle condizioni originariamente indicate da bando, interesse all’aggiudicazione del servizio, poi assegnato allo stesso a trattativa privata e senza pubblicazione del bando”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1212 del 2014

Lo spunto del sabato: La zanzara e il leone

20 Set 2014
20 Settembre 2014

"C'era una piccola zanzara assai furba e spavalda. Stanca di giocare con le solite amiche, decise un giorno, di lanciare una sfida al Re della foresta. Si presentò così davanti al sovrano che era il leone e lo salutò con un rispettoso inchino. Il grande Re che era intento a schiacciare uno dei suoi pisolini più belli lungo la riva di un fiume, lanciò una distratta occhiata all'insetto. "Oh! Buongiorno".

Rispose Sua Maestà spalancando la bocca in un possente sbadiglio.
La zanzara disse: "Sire, sono giunta davanti a Voi per lanciarvi una sfida!" Il leone, un po' più interessato, si risvegliò completamente e si mise ad ascoltare.

'Voi " continuò l'insetto "credete di essere il più forte degli animali eppure io dico che se facessimo un duello riuscirei a sconfiggervi!" Il Sovrano divertito disse: "Ebbene se sei tanto sicura,proviamo!" In men che non si dica il piazzale si riempì di animali d'ogni genere desiderosi di assistere alla sfida. Il " Singolar Tenzone" ebbe inizio. L'insetto andò immediatamente a posarsi sul largo naso dell'avversario cominciando a pungerlo a più non posso. Il povero leone preso alla sprovvista tentò con le sue enormi zampe di scacciare la zanzara ma, invece di eliminarla, egli non fece altro che graffiarsi il naso con i suoi stessi artigli. Estenuato, il Re della foresta, si gettò a terra sconfitto. Così, la piccola zanzara fu acclamata da tutti i presenti. Levandosi in volo colma di gioia, la zanzara non si accorse però della tela di un ragno tessuta tra due rami e andò ad imprigionarvisi proprio contro. Intrappolato in quell'infida ragnatela l'insetto scoppiò in lacrime, consapevole del pericolo che stava correndo. Fortunatamente il leone, che aveva assistito alla scena, con una zampata distrusse la tela e liberò la piccolina dicendo:

"Eccoti salvata mia cara amica. Ricordati che esiste sempre qualcuno più forte di te! E questo me lo hai insegnato proprio tu!" La zanzara, da quel giorno imparò a tenere un po' a freno la propria spavalderia.

Le persone troppo sicure di sé riescono, a volte, a superare gli ostacoli più grossi ma inciampano spesso nelle difficoltà più piccole". 

E' una favola di Esopo, dedicata a quelli che credono che il possesso di un potere pubblico li renda i più forti di tutti, ventiquattro ore al giorno, ogni giorno della loro vita.

Dario Meneguzzo - uno che apprezza il sano e prudente relativismo

In ricordo di Bernardo Secchi

19 Set 2014
19 Settembre 2014

E' morto a Milano all'età di ottanta anni l'architetto Bernardo Secchi. 

E' stato uno dei maestri geniali dell'urbanistica italiana, che faceva dialogare con le altre discipline, tra le quali la letteratura e la filosofia, per capire quale fosse il modo migliore per disegnare una città o un territorio.

Era laureato in ingegneria e aveva insegnato a Milano, Venezia, Ginevra, Lovanio, Zurigo ed era stato chiamato nel 2008 da Sarkozy per collaborare al progetto della "grande Parigi".   

Lo scorso anno aveva pubblicato con Laterza il libro La città dei ricchi e la città dei poveri.

Per l’agibilità i requisiti di aeroilluminazione sono inderogabili e il condono va rilasciato anche se poi l’immobile non potrà avere l’agibilità

19 Set 2014
19 Settembre 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1123 del 2014.

Scrive il TAR: "Con specifico riferimento alle argomentazioni svolte da parte ricorrente nel corso della discussione in camera di consiglio, e relative al fatto che l’annullamento del certificato di agibilità si sarebbe basato su sopralluogo ULSS effettuato solo dall’esterno, il Collegio rileva ancora, ad abundantiam, che gli inconvenienti igienico sanitari riscontrati ( altezza interna e aeroilluminazione) sono riscontrabili dalle planimetrie e, per quanto riguarda la superficie finestrata, anche solo dall’esterno e che, in particolare, la carenza dei requisiti di aeroilluminazione contrasta con prescrizioni normative inderogabili (Consiglio di Stato,V , 03/06/2013 N. 3034), tanto più che è già stato ampiamente chiarito dalla giurisprudenza che i requisiti per il rilascio del condono possono sussistere indipendentemente da quelli per l’ottenimento dell’agibilità (Consiglio di Stato, V, 05/04/2005, N.1543)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 1123 del 2014

Concorsi pubblici: la commissione ha un forte potere discrezionale

19 Set 2014
19 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1208 si sofferma sulla valutazione dei titoli per poter accedere ad un concorso pubblico universitario, riconoscendo che la commissione ha un forte potere discrezionale.

Innanzitutto il Collegio ricorda la normativa vigente nella materia de qua: “Quanto al primo profilo, pare opportuno ricordare che l’art. 2 del D.M. 25 maggio 2011, n. 243 –recante “Criteri e parametri riconosciuti, anche in ambito internazionale, per la valutazione preliminare dei candidati destinatari dei contratti di cui all'articolo 24, della legge n. 240/2010” – dispone, per quanto qui interessa, che “Le commissioni giudicatrici delle procedure di cui all’art. 1 effettuano una motivata valutazione seguita da una valutazione comparativa, facendo riferimento allo specifico settore concorsuale e all'eventuale profilo definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, del curriculum e dei seguenti titoli, debitamente documentati, dei candidati….”” ed ancora: “i osserva, richiamando anche quanto già esposto in precedenza sotto questo profilo, che l’art. 3 del D.M. n. 243/2011, prevede, tra l’altro, che “Le commissioni giudicatrici effettuano la valutazione comparativa delle pubblicazioni di cui al comma 1 sulla base dei seguenti criteri:

a)  originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione scientifica;

b)  congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore concorsuale per il quale è bandita la procedura e con l'eventuale profilo, definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, ovvero con tematiche interdisciplinari ad essi correlate;

c)  rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all'interno della comunità scientifica;

d)  determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell'apporto individuale del candidato nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione.”.

Chiarito ciò i Giudici statuiscono che “Dal quadro normativo esposto, emerge, dunque, che, ai fini della “motivata valutazione” e della “valutazione comparativa” relative alle procedure di pubbliche selezioni dei destinatari di contratti ex art. 24 legge n. 2409/2010, la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto fare riferimento, in primis, allo specifico settore concorsuale –che, come detto, nel caso in esame è il settore 08/E2: Restauro e Storia dell’Architettura -, con la conseguenza che correttamente sono stati presi in considerazione titoli attinenti a tale settore concorsuale, che comprende sia il SSD ICAR 18 che il SSD ICAR 19; sotto questo profilo, dunque, l’operato della Commissione, a differenza di quanto sostenuto in ricorso, non risulta affetto da illegittimità per violazione delle norme sopra richiamate. La Commissione, peraltro, sempre in base al dettato normativo esposto, avrebbe dovuto considerare anche il profilo definito con l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, valutazione che effettivamente è avvenuta, atteso che un tanto emerge dai verbali della procedura concorsuale”.

Alla luce di ciò concludono che “come noto, costante giurisprudenza amministrativa ha chiarito, in più occasioni, che le valutazioni delle commissioni giudicatrici nei concorsi costituiscono espressione dell’ampia discrezionalità che è riconosciuta all’organo deputato alla selezione di coloro che, tra tutti i candidati al concorso, risultano essere i migliori; tali valutazioni non possono essere sostituite da quelle effettuate dal giudice amministrativo, perché ciò significherebbe impingere nel merito dell’azione amministrativa, restando salve le sole ipotesi in cui la detta azione non sia “ictu oculi” viziata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ( a titolo puramente esemplificativo Consiglio di Stato, sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2004; id., 1 febbraio 2013, n. 614; id., sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6037; id., sez. III, 23 marzo 2012, n. 1690;TAR Lazio, Roma, sez. III, 13 maggio 2014, n. 4907; TAR Abruzzo, sez. I, 7 novembre 2013, n. 930; TAR Puglia, Bari, sez. II, 23 maggio 2013, n. 817; TAR Lazio, Roma, sez. III, 9 gennaio 2013, n. 147; id., sez. I, 5 settembre 2012, n. 7562; id., 7 agosto 2012, n. 7288; id., 8 maggio 2012, n. 4128; TAR Campania, Salerno, sez. II, 6 aprile 2012, n. 656)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1208 del 2014

Spetta al Dirigente aderire alle convenzioni Consip

19 Set 2014
19 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1207 si occupa delle convenzioni Consip.

Nello specifico, dopo aver chiarito l’obbligo per l’ente di aderire a questi strumenti di acquisto, riconosce la competenza del dirigente nella materia de qua: “Passando al merito del ricorso, deve in primo luogo essere respinto il primo motivo con il quale è stata dedotta l’incompetenza del dirigente comunale ad assumere provvedimenti concernenti l’adesione alla convenzione Consip con oggetto il servizio d’illuminazione pubblica, e ad emettere il relativo ordinativo di fornitura del 5.8.2013, trattandosi di attività gestionale rientrante nella competenza dei dirigenti comunali ai sensi dell’art. 107, comma 3, lett. c), del d.lgs. n. 267/2000, a tenore del quale spettano ai dirigenti “tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo (…) tra i quali in particolare (…) la stipulazione dei contratti”.

Deve, altresì, essere rigettato il profilo di censura con il quale la società ricorrente asserisce che tale decisione sarebbe in contrasto con la precedente delibera di giunta comunale n. 36 del 28 marzo 2011, con la quale era stato deliberato di procedere all’esternalizzazione del servizio di illuminazione pubblica, posto che detta delibera è stata superata dalla successiva delibera di giunta comunale n. 483 del 30.12.2013, con la quale sono stati fissati gli indirizzi per l’approvazione del piano di dettaglio degli interventi in adesione alla Convenzione Consip servizio Luce 2, alla quale ha fatto seguito l’impugnato provvedimento dirigenziale n. 2927 del 31.12.2013.

A medesime conclusioni, deve giungersi con riferimento al secondo motivo di ricorso con il quale parte ricorrente deduce che la scelta di aderire alla contestata convenzione Consip, non sarebbe stata motivata con riferimento alla convenienza del servizio ivi contenuto rispetto ad altre proposte che sarebbero potute eventualmente intervenire se si fosse proceduto all’esternalizzazione del servizio previa indizione di una procedura di evidenza pubblica, atteso che in applicazione dell’art. 1, comma 7, del decreto legge n. 95/2012, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”, è fatto obbligo all’amministrazione comunale di procedere alla gestione del servizio di somministrazione di energia elettrica, tramite l’apposita convenzione Consip, ovvero tramite l’utilizzo dei suoi sistemi telematici di negoziazione, eccetto che nell’ipotesi in cui, non rinvenibile nella fattispecie in esame, il bando di gara sia stato pubblicato precedentemente alla data di entrata in vigore del citato decreto legge”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1207 del 2014

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