Author Archive for: SanVittore

L’origine del motto “No taxation without representation”

14 Mar 2014
14 Marzo 2014

L’art. 12 della Magna Charta Libertatum, ovvero  del provvedimento che il re d’Inghilterra Giovanni Plantageneto (noto come Giovanni Senzaterra) fu costretto a concedere ai baroni del Regno, il 15 giugno 1215, per quanto ivi interessa, recitava: “No scutage not aid shall be imposed on our kingdom, unless by common counsel of our kingdom”, ovvero nessuna imposta può essere applicata dal Re se non è stata approvata dal concilio del Regno.

Questo principio è stato poi trasfuso nel principio americano “no taxation without representation

Quando gli Stati Uniti d’America erano ancora un insieme di tredici piccole colonie inglesi situate nella parte nord-orientale del continente americano, infatti, l’Inghilterra, dissanguata economicamente dalla ‘Guerra dei sette anni,’ impose ai sudditi americani una serie di tasse per rimpinguare le casse statali.

Intrise di cultura illuministica e consapevoli che il consenso dei contribuenti nella determinazione delle imposte era uno dei cardini tradizionali della libertà inglese fin dai tempi della Magna Charta, le tredici colonie rifiutarono il pagamento delle tasse e posero l’alternativa di inviare i propri rappresentanti al Parlamento di Londra o di essere esonerati da ogni tassa non approvata dai loro rappresentanti.

Il principio era uno: “No taxation without representation”, nessuna tassa senza rappresentanza.

Questo principio ha dato poi il via alla guerra d’indipendenza che culminò, il 4 luglio del 1776, nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America.

Da allora questo principio ha permesso la nascita dapprima dello Stato liberale e poi di quello democratico e sociale.

Nel nostro Stato questo principio è stato codificato nell’art. 23 della Costituzione italiana secondo cui: “Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. 

dott. Matteo Acquasaliente

Nei reati urbanistici possono eventualmente concorrere anche i dirigenti dell’area tecnica comunale

14 Mar 2014
14 Marzo 2014

L’art. 44, lett. a), del d.P.R. n. 380/2001 prevede una fattispecie contravvenzionale di mera condotta a forma libera, che mira a sanzionare con l'ammenda fino a 10329 euro, “l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalita' esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonche' dai  regolamenti  edilizi,  dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire”.

L'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, a sua volta, prevede l'obbligo di vigilanza ed individua una posizione di controllo; non costituendo, però, fattispecie autonoma di reato né determinando responsabilità a titolo di concorso; tale norma, inoltre, non determina un obbligo giuridico di impedire l'evento descritto nella lettera a) dell'art. 44 del d.P.R. n. 380/2001.

La Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 7765 del 19 febbraio 2014, ha affermato che: “Nei reati urbanistici possono eventualmente concorrere anche gli organi pubblici deputati al controllo sugli interventi di trasformazione del suolo posti in essere da privati (vedi già — con riferimento al previgente art. 6 delle legge n. 47/1985 — Cass., sez. III: 23.2.1987, Pezzoli e 21.9.1988, Maglione) e l'ipotesi più frequente di concorso con i soggetti che si trovino in possesso delle particolari qualità soggettive indicate dall'art. 29 del T.U. dell'edilizia è quella del rilascio di un atto amministrativo illegittimo per contrasto con disposizioni di legge o di regolamento ovvero con le previsioni degli strumenti urbanistici.

La responsabilità penale a titolo di concorso nel reato edilizio [essendo stata ritenuta la possibilità di ravvisare contestualmente anche il delitto di abuso di ufficio ex art. 323 cod. pen.] può configurarsi non soltanto a carico del soggetto che rilascia l'atto abilitativo illegittimo ma anche nei confronti di funzionari pubblici che svolgano in modo dolosamente infedele attività di carattere istruttorio nel procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del titolo (vedi: Cass., sez. V, 18.12.1991, Morroni e, con riferimento ad un'ipotesi di lottizzazione abusiva, Cass., sez. III, 14.6.2002, Drago). L'ipotesi più frequente di concorso del funzionario pubblico nel reato edilizio è caratterizzata dalla presenza di un comportamento infedele per dolo, ma non può escludersi la possibile corresponsabilità del funzionario anche in relazione a condotte meramente colpose e questa Corte ha già ritenuto possibile configurare una illegittimità parziale di una concessione edilizia (limitata alle sole opere contrastanti con il regolamento edilizio) come fonte di responsabilità penale degli operatori pubblici che abbiano contribuito a darvi causa per inosservanza della norma regolamentare, ex art. 17, lett. a), della legge n. 10/1977 (vedi Cass., sez. III, 10.1.1984, Tortorella).

L'esistenza di una "posizione di garanzia che trova il proprio fondamento normativo nell'art. 40 cod. pen." è stata inoltre ravvisata, nei confronti del dirigente dell'area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia illegittima”.

Dott.ssa Giada Scuccato

Linee guida per l’applicazione dell’indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte

14 Mar 2014
14 Marzo 2014

Sulla GU n.59 del 12-3-2014 è stata pubblicata la DIRETTIVA 9 gennaio 2014 del Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, recante "Linee guida per l'applicazione «dell'indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedimenti ad istanza di parte». (14A01976)".

Linee guida indennizzo da ritardo

La natura tecnico-discrezionale della valutazioni di anomalia dell’offerta

14 Mar 2014
14 Marzo 2014

Infine, nella sentenza n. 293/2014, il T.A.R. chiarisce che le valutazioni effettuate dalla stazione appaltante nel procedimento di valutazione dell’anomalia delle offerte sono valutazioni tecnico-discrezionali sindacali in sede giurisdizionale soltanto per vizi manifesti di logicità e ragionevolezza: “Osserva, infatti, il Collegio che, per giurisprudenza consolidata, le valutazioni compiute dalla stazione appaltante, nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta vincitrice di una gara pubblica, comportano l’esercizio di un potere tecnico-discrezionale di per sé insindacabile in sede giurisdizionale, eccetto che nei casi di manifesta illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti, i quali, tuttavia, non sono rinvenibili nella fattispecie in esame, non potendo le singole voci di scostamento, rilevate dalla società ricorrente, inficiare la validità del giudizio compiuto dalla commissione giudicatrice che, come noto, ha natura globale e sintetica sulla serietà o meno dell’offerta nel suo insieme, essendo finalizzato ad accertare se l’offerta nel suo complesso sia attendibile e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto.

A ritenere diversamente, ogni eventuale discostamento dai parametri di riferimento comporterebbe una sorta di automatismo nella valutazione dell’anomalia, la quale, invece, si fonda sulla verifica, di natura tecnico-discrezionale e insindacabile in sede giurisdizionale se non nei descritti limiti, dell’attendibilità delle giustificazioni prodotte che diano conto della complessiva serietà dell’offerta”. 

dott. Matteo Acquasaliente

Nell’A.T.I. verticale ogni impresa deve dimostrare solo la qualificazione tecnico-professionale delle prestazione che svolge

14 Mar 2014
14 Marzo 2014

Nella stessa sentenza n. 293/2014 i Giudici affermano che, in presenza di un’A.T.I. verticale, per le società mandanti è sufficiente possedere i requisiti di capacità di qualificazione tecnico-professionale collegate con le attività con le attività che le stesse svolgeranno in concreto: “Con il quarto mezzo di gravame, l’impresa ricorrente asserisce che il R.T.I. controinteressato sarebbe dovuto essere escluso dalla procedura di gara, perché le mandanti Skill s.c.a.r.l. e S.T. s.r.l. non risulterebbero in possesso del requisito di capacità tecnica e professionale di cui al paragrafo 7.4, punto D.1.1, del disciplinare.

Il motivo è privo di fondamento.

Osserva, infatti, il Collegio che, contrariamente a quanto dedotto da parte ricorrente, la succitata disposizione della lex specialis ha espressamente disposto che il tale requisito di capacità - il quale, è bene rilevare, afferisce la gestione, conduzione e manutenzione degli edifici - debba essere posseduto, nelle percentuali ivi indicate, dalle sole imprese del controinteressato R.T.I. che hanno assunto l’impegno di svolgere le attività di cui al richiamato punto D.1.1 del disciplinare.

Nel caso di specie non risulta che le due società mandanti del costituendo R.T.I. siano coinvolte nell’esecuzione di tali attività (essendo la società Skill s.c.a.r.l. incaricata del solo servizio di pulizia, mentre la S.T. s.r.l. delle attività afferenti le reti di fonia/dati e gli impianti telefonici e fotovoltaici) e, pertanto, non erano obbligate a dover comprovare, a pena d’esclusione dalla procedura di gara, il possesso di tale requisito di qualificazione.

Sotto altro aspetto, occorre nondimeno rilevare che l’assenza in capo alle società Skill s.c.a.r.l. e S.T. s.r.l. del requisito in esame appare coerente con la struttura verticale del raggruppamento d’imprese di cui esse fanno parte, nel quale è sufficiente che ciascuna impresa dimostri il possesso dei requisiti di qualificazione concernenti le sole prestazioni assunte”. 

dott. Matteo Acquasaliente

Quando si può nominare un commissario esterno alla stazione appaltante?

14 Mar 2014
14 Marzo 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 05 marzo 2014 n. 293, chiarisce quando la stazione appaltante può legittimamente nominare un membro della commissione giudicatrice esterno alla stessa: “Osserva, infatti, il Collegio che la decisione di procedere alla nomina di un membro della commissione esterno alla stazione appaltante appare coerente con la norma di cui all’art. 84, comma 8, del d.lgs. 163/06, in combinato disposto con all’art. 120, commi 3 e 4, del d.P.R. 270/2010, la quale prevede espressamente la possibilità di ricorrere alla individuazione di commissari esterni nelle procedure selettive che, come nel caso di specie, comportino l’affidamento di lavori di particolare difficoltà tecnica e logistica, peraltro normalmente rinvenibili negli appalti integrati di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio immobiliare di un ente pubblico, come del resto puntualmente riscontrato, sotto il profilo motivazionale, nel provvedimento di nomina impugnato, il quale, nel richiedere la nomina di un componente esterno, giustificando tale esigenza in ragione della complessità tecnica della materia oggetto di gara, ha dato atto, seppur implicitamente, della mancanza di personale professionalmente idoneo ad esaminare le offerte pervenute.

Inconferente appare, inoltre, il richiamo alla sentenza di questo Tribunale del 31 luglio 2012, n. 1079, riguardando, invero, tale decisione la diversa fattispecie in cui l’impugnata delibera di nomina del membro esterno della commissione giudicatrice era “priva di qualsiasi motivazione in ordine alla carenza di adeguate professionalità nell’organico” della stazione appaltante”.

 dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 293 del 2014

Vi è l’obbligo di indicare i costi da rischio specifico per la sicurezza per tutelare i lavoratori

13 Mar 2014
13 Marzo 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 05 marzo 2014 n. 301 afferma che, fermo restando l’obbligo di indicare i costi da rischio specifico negli appalti di servizi e forniture anche in assenza di una previsione specifica nel bando o nel disciplinare di gara, anche negli appalti di lavoro vi è il medesimo incombente: ciò è giustificato dal fatto che questa indicazione permette di verificare se sono rispettate la norme in materia di tutela dei lavoratori.

A tal fine si legge: “Il Collegio non ignora il recente orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato che ha annullato la decisione n. 1050/2013 di questo Tribunale che aveva ritenuto obbligatorio indicare, nell’offerta, i costi aziendali anche per le gare relative ai lavori e non solo per quelle inerenti i servizi e le forniture, obbligo, peraltro, da osservare sinanche in caso di mancata ed esplicita indicazione nella lex specialis.

Il ragionamento svolto, allora, dal Tribunale privilegiava gli aspetti essenziali e non derogabili delle ulteriori evenienze securitarie attinenti, in primo luogo, alla tutela ed alla salvaguardia dei lavoratori che, all’evidenza, non possono certamente essere definiti nel piano di sicurezza e coordinamento ex art. 100 cit., perché tale piano riguarda, essenzialmente, la sicurezza del cantiere, secondo gli esclusivi criteri vagliati dalla stazione appaltante così che, da tale progetto, restano escluse situazioni ed eventualità relative alla tutela tipica e particolare di ogni singolo concorrente secondo il diverso modello organizzativo proprio di ogni singola azienda.

Nondimeno, tali ulteriori ed ipotetici fattori di rischio, devono essere comunque partecipati, anche se in forma sintetica e globalmente quantificata, proprio perché è compito della stazione appaltante valutare, o quanto meno, avere gli strumenti per valutare, se la posta indicata quale onere della sicurezza aziendale sia adeguata e congrua al tipo di lavoro che deve essere aggiudicato.

Né si può ragionevolmente sostenere che il costo da interferenza, puntualmente indicato dalla stazione appaltante, copra ogni tipo di esigenza attinente alla sicurezza dei lavoratori impiegati, perché non può escludersi che il modello aziendale comporti possibili adeguamenti organizzativi comunque connessi nella definizione del lavoro, esigenze, queste, che possono riguardare aspetti e fenomeni estranei, sia i costi della sicurezza da interferenza, sia il piano di sicurezza e coordinamento.

E’ evidente che la mancata previsione, nella offerta di gara, di tale aspetti economici indifferibili ed imprescindibili, non potrà che incidere sulla realizzazione dell’opera commissionata, sia in termini di una minore qualità del manufatto, ovvero, sinanche determinare, in caso di costi da sopportare necessariamente, ma non preventivati, l’abbandono della stessa sua realizzazione.

E’ sotto questo profilo che il Collegio ritiene necessario e non derogabile che ogni concorrente rappresenti in modo chiaro ed univoco l’entità dei costi aziendali che dovrà comunque sopportare per realizzare l’opera in gara.

Si tratta, all’evidenza, di formulazioni prognostiche e sintetiche che, però, consentono alla stazione appaltante, anche dopo l’aggiudicazione provvisoria, una più attenta verifica della serietà e congruità dell’offerta anche sotto tale profilo di sicurezza aziendale.

Allora ridurre la complessa vicenda ad una mera ed esclusiva interpretazione letterale, appare, al Collegio estremamente riduttiva e non conforme allo spirito ed alle finalità della norma, che nel giro di un anno ha introdotto e riscritto il comma 3 bis dell’art. 86 del dlgs 163/2006, proprio per definire e meglio tutelare i lavoratori impegnati dal concorrente, la cui offerta non può ridursi a scapito della sicurezza aziendale.

Né la citata norma si configura come eccezionale e, quindi di stretta e letterale interpretazione.

In altri termini la norma non può avere valenza esclusiva per le gare di servizi e fornitura, per cui le imprese concorrenti, in disparte la testuale indicazione normativa, devono prospettare, nella loro offerta, sia gli oneri di sicurezza per le interferenze (nell’esatta misura predeterminata dalla stazione appaltante), sia gli altri oneri di sicurezza da rischio specifico (o aziendali) la cui misura può variare, come detto, sia in relazione al contenuto dell’offerta economica, sia in relazione alla struttura organizzativa aziendale ( Consiglio di Stato, sez. III ,19 gennaio, 2012 n. 212).

Tale onere si ricava, a parere del Collegio, proprio dal combinato disposto degli artt. 86, comma 3 bis, e 87, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006.

Non a caso l’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 281 del 2008 - norme in materia di tutela della salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro - statuisce che: “Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell’anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”.

Né può sottacersi che la verifica delle offerte anomale, a mente dell’art. 87, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, deve tener conto che: “Nella valutazione dell’anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell’offerta e risultare congrui rispetto all’entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”.

Ciò conferma che l’indicazione, o meno, nella offerta, dei costi della sicurezza aziendale, non può essere rimesso ad una arbitraria scelta del partecipante alla gara, ma, di contro, rappresenta un momento imprescindibile della stessa.

L’indicata previsioni, pertanto, assume, senz’altro, carattere imperativo in ragione degli interessi di ordine pubblico ad esse sottese, in quanto poste a presidio di diritti fondamentali dei lavoratori (Consiglio di Stato, sez. V, 29 febbraio 2012, n. 1172; sez. III, 20 dicembre 2011, n. 6677).

La mancanza, nella legge di gara, di una tale specifica previsione non giustifica la mancata indicazione, nell’offerta, dei costi per la sicurezza aziendale, atteso il carattere immediatamente precettivo delle norme di legge sopra richiamate, che impongono di formulare, nell’offerta, tali costi, così da eterointegrare la legge speciale della singola gara (ai sensi dell’art. 1374 del c.c.) e ad imporre, in caso di loro inosservanza, l’esclusione dalla procedura (Consiglio di Stato, sez. III, 28 agosto 2012, n. 4622).

Ciò comporta che, anche in difetto di una statuizione espressa nella disciplina speciale di gara, l’inosservanza della prescrizione che impone l’indicazione preventiva dei costi di sicurezza aziendali implica la sanzione dell’esclusione, perchè l’offerta avanzata è incompleta proprio in relazione ad un elemento essenziale, tale da impedire alla stazione appaltante un adeguato controllo sull’affidabilità dell’offerta stessa (Consiglio di Stato, sez. III, 2 dicembre 2011, n. 6380)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 301 del 2014

Ancora sugli oneri per la sicurezza

13 Mar 2014
13 Marzo 2014

Anche nella sentenza n. 299 del 05 marzo 2014 il T.A.R. Veneto, sez. I, riconferma l’obbligatorietà di indicare gli oneri da rischio specifico sia negli appalti di forniture e/o servizi sia negli appalti di lavori: “che l’art. 86, III comma bis e l’art. 26, VI comma del DLgs n. 81/2008 dispongono, con identica formulazione, che “gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente….al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture”;

che le predette norme sono estremamente chiare nella loro prescrizione, e coinvolgono ogni tipo di appalto;

che, peraltro, è pacifico orientamento di questo Tribunale (cfr., da ultimo, sez. I, 10.12.2013 n. 1388 e 8.8.2013 n. 1050) - da cui non si rinvengono, allo stato, elementi per discostarvisi - che le imprese partecipanti ad una gara d’appalto, sia essa di servizi o di forniture o di lavori (cfr. a tal proposito, da ultimo, CdS, III, 23.1.2014 n. 348 che, analogamente, non distingue tra le varie tipologie di gara), devono necessariamente includere nell’offerta, opportunamente scorporati onde consentire l’esatta valutazione della congruità dell’offerta stessa, oltre agli oneri di sicurezza da interferenza, anche gli importi relativi agli oneri di sicurezza da rischio specifico (o aziendali), la cui misura può variare in relazione al contenuto dell’offerta economica: di questi oneri l’ordinamento prevede, infatti, l’indicazione con norme immediatamente precettive (cfr. i citati artt. 86, III comma bis del DLgs n. 163/2006 e 26, VI comma del DLgs n. 81/2008) e tali da eterointegrare, in virtù del loro carattere imperativo (in ragione degli interessi di ordine pubblico che tutelano, in quanto poste a presidio di diritti fondamentali dei lavoratori), l’eventuale omissione o la diversa regolamentazione contenuta nella legge di gara;

che tale orientamento risulta condiviso anche dall’AVCP, secondo cui “la mancata indicazione preventiva dei costi per la sicurezza rende l’offerta incompleta sotto un profilo particolarmente pregnante, alla luce della natura costituzionalmente sensibile degli interessi protetti, impedendo alla pubblica amministrazione un adeguato controllo sulla affidabilità della stessa: in altri termini, l’offerta economica priva dell’indicazione degli oneri di sicurezza manca di un elemento essenziale e costitutivo, con conseguente applicazione della sanzione dell’esclusione dalla gara anche in assenza di una specifica previsione in seno alla lex specialis, attesa la natura immediatamente precettiva della disciplina contenuta nelle norme citate, idonea ad eterointegrare le regole procedurali” (cfr. il parere 9/05/2013 n.77);

che, relativamente agli appalti di lavori pubblici, la quantificazione rimessa al piano di sicurezza e coordinamento di cui all’art. 100 del DLgs n. 81/2008, predisposto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 131 del codice non può, invero, che riferirsi agli oneri di sicurezza per le interferenze, e ciò sia perché detti oneri sono necessariamente individuati dall’Amministrazione, sia perché essi soggiaciono – ferma la possibilità di integrazione migliorativa - al divieto di compressione;

che, dunque, gli oneri di sicurezza costituiscono un elemento essenziale dell’offerta, sicchè la loro omessa indicazione è vicenda ricompresa nell’elenco delle cause specifiche di esclusione previste dall’art. 46, I comma bis del Dlgs 163/2006: né potrebbe ricorrersi al potere di soccorso, in quanto tale ulteriore fase presuppone, in ogni caso, che l’offerta economica sia completa nei suoi elementi essenziali (elementi tra i quali vanno appunto annoverati, come si è detto, i costi relativi alla sicurezza); talchè se si consentisse l'integrazione postuma, in sede di verifica dell'anomalia, di un'offerta originariamente incompleta, si determinerebbe una lesione della par condicio tra i concorrenti (cfr. CdS, III, 23.1.2014 n. 348 cit.);

che, dunque, per le suesposte considerazioni il ricorso è fondato e va accolto, in quanto l’aggiudicataria non ha indicato nell’offerta gli oneri per la sicurezza da rischio specifico: con conseguente annullamento degli atti impugnati e risarcimento del danno in forma specifica, in favore della ricorrente, mediante subentro nell’aggiudicazione della gara”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 299 del 2014

Modifiche organizzative e conferimento incarichi interinali nell’ambito del Dipartimento Difesa del Suolo e Foreste. (ex Genio Civile ora Sezione bacino idrografico Adige Po – Sezione di Verona)‏

13 Mar 2014
13 Marzo 2014

Sul Bur n. 28 del 11 marzo 2014 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 125 del 11 febbraio 2014, recante "Modifiche organizzative e conferimento incarichi interinali nell'ambito del Dipartimento Difesa del Suolo e Foreste".

DGRV 125 del 2014

 

Come e quando si perfeziona la notificazione ex art. 140 c.p.c. (per gli espropri)

13 Mar 2014
13 Marzo 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n. 1024 del 2014.

Scrive il Giudice: "Preliminare ed assorbente appare il motivo d’appello con il quale è dedotta erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto tardiva l’impugnazione del decreto di esproprio n. 2 del 28/09/2009. Il provvedimento sarebbe stato conosciuto solo a seguito di accesso agli atti in data 9/3/2010. La notifica effettuata da messo comunale in data 9/10/2009, in applicazione dell’art. 140 cpc., non sarebbe valida, in quanto: a) la raccomandata sarebbe stata spedita all’indirizzo di residenza anagrafica e non al domicilio, ben conosciuto dall’amministrazione; b) la raccomandata spedita ex art. 140 cpc, a seguito della temporanea assenza constata in occasione dell’accesso del  messo, non sarebbe stata mai consegnata, essendo stata restituita al mittente con la scritta “irreperibile”. La giurisprudenza avrebbe chiarito che ai fini della validità della notifica è invece necessaria la prova della ricezione della seconda raccomandata. Il motivo non è fondato. E’ pur vero che l’art. 140 cpc è stato oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale (3/2010) che ne ha dichiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione. Tuttavia la pronuncia non giova all’appellante poiché nel caso di specie, dopo il vano tentativo del messo comunale, la raccomandata è stata spedita dal messo e recapitata dall’agente postale all’indirizzo del destinatario, anche se, neanche questa volta il destinatario era presente, sicchè la raccomandata è stata restituita al mittente. Si vuol cioè dire che, ne caso di specie, non è in discussione il principio della spedizione, atteso che il ricorso sarebbe tardivo anche se si prendesse quale dies a quo della conoscenza quello successivo al decorso dei 10 gg dalla spedizione. L’appellante è conscio di questa circostanza ed infatti focalizza le sue argomentazioni difensive sul valido decorso dei 10 gg ai fini della presunzione di legale conoscenza (che denomina, in realtà impropriamente “compiuta giacenza”), ritenendo che ove la raccomandata sia restituita immediatamente dall’agente postale al  mittente, e non trattenuta in giacenza presso l’ufficio postale per almeno 10 gg. la presunzione di legge non scatti. La tesi non può essere condivisa. La Corte costituzionale, laddove ha ritenuto inidoneo ai fini della notifica il principio della spedizione, ha esteso la presunzione di legale conoscenza, prevista per le notifiche per posta ex art. art. 8 della legge n. 890 del 1982 e succ. mod. anche alla fase “postale” della notifica ex art. 140 cpc. Il risultato è, nel caso di specie, che la notifica deve ritenersi perfezionata nei dieci giorni dalla spedizione della raccomandata. Null’altro. Non può ulteriormente pretendersi che debba essere provata anche l’effettiva ricezione, né che debba essere riportata, sull’avviso di ricevimento della raccomandata non potuta recapitare per assenza del destinatario, anche la scritta “compiuta giacenza”, secondo un non ammissibile processo di tendenziale e totale equiparazione del disposto dell’art 140 cpc a quello di cui art. 8 della legge n. 890 del 1982. La scritta “compiuta giacenza” (e la sottostante giacenza presso l’ufficio postale) è piuttosto necessaria per gli atti giudiziari notificati a mezzo posta poiché in quel caso il plico contenente l’atto è detenuto dall’ufficio postale, ed al notificante è data notizia di una attività (quella di spedizione della “seconda” raccomandata) che è svolta dall’agente postale ed esula dalla sfera di conoscenza del primo. Nel 140 cpc invece la raccomandata è fatta dallo stesso ufficiale giudiziario o messo che ha tentato senza successo la consegna a mani. Egli ben sa quando ha spedito e quanto si deve conseguentemente  ritenere prodotto l’effetto della presunta conoscenza ritenuto comunque applicabile dalla Corte Costituzionale. Piuttosto, ai fini della presunzione legale di conoscenza, ed alla luce della ratio che ha ispirato la sentenza 3/2010 della Corte costituzionale è necessario avere prova (non già della consegna ma) del fatto che la raccomandata è effettivamente giunta al recapito del destinatario, e che non si sia invece smarrita o finita erroneamente presso altro recapito. E la prova è raggiunta a mezzo della produzione dell’avviso di ricevimento, sia esso sottoscritto dal destinatario (o persone abilitate) sia esso annotato dall’agente postale in ordine all’assenza di quest’ultimo. Siffatta disciplina non è del resto irragionevole ove si consideri che a differenza delle notifiche a mezzo posta, il 140 cpc contempla un primo tentativo di accesso da parte dell’ufficiale giudiziario (quindi non una semplice raccomandata) nonché il successivo deposito di copia nella casa comunale, ed avviso del deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell'abitazione o dell'ufficio o dell'azienda del destinatario. Era invece irragionevole la coincidenza degli effetti della notifica con la semplice spedizione della raccomandata, ma a tale aporia ha posto rimedio la Corte costituzionale imponendo che la decorrenza degli effetti si abbia al momento del recapito della raccomandata o comunque decorsi 10 giorni dalla spedizione. La previsione di tale ultima presunzione è stata in particolare giustificata, nel ragionamento della Corte, nel bilanciamento tra le esigenze di certezza nella individuazione della data di perfezionamento del procedimento notificatorio, di celerità nel completamento del relativo iter e di effettività delle garanzie di difesa e di contraddittorio, nei termini già operati dall’art. 8 della legge n. 890 del 1982. Tornando al caso in esame, la raccomandata è stata spedita dal messo comunale in data 9/10/2009 e restituita dall’agente postale per constatata assenza del destinatario, indi la notifica si è perfezionata, per il destinatario il 29/10/2009, decorsi 10 giorni dalla spedizione. I motivi aggiunti sono stati notificati il 2 aprile 2010, ictu oculi dopo lo scadere del termine decadenziale. Prive di pregio, in proposito, sono le ulteriori considerazioni circa la divergenza fra il domicilio (asseritamente conosciuto dall’amministrazione) e la residenza anagrafica. L’amministrazione ha dimostrato, non solo che la residenza è stata storicamente sempre la medesima, ma anche che il diverso indirizzo indicato dall’appellante quale effettivo domicilio, è stato in passato utilizzato per la notifica di precedenti atti amministrativi dello stesso procedimento, con identici esiti di irreperibilità".

sentenza CDS 1024 del 2014

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC