Studio del Notariato sul trattamento fiscale dopo il D.Lgs. n. 23/2011 della cessione “gratuita” di aree e di opere di urbanizzazione al Comune

12 Mag 2014
12 Maggio 2014

Segnaliamo lo studio n. 248-2014/T del Notariato, relativo alla cessione "gratuita" di aree e di opere di urbanizzazione al Comune (il trattamento fiscale dopo il D.Lgs. n. 23/2011).

Secondo lo studio restano le agevolazioni (imposta di registro fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale) per gli atti di cessione "gratuita" di aree e di opere di urbanizzazione effettuati a favore del Comune, a scomputo dei contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione, anche se l'art.10, comma 4, D. Lgs. n.23/2011 (in vigore dal 1/1/2014) abbia disposto che "sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie" in relazione agli atti a titolo oneroso aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili.

Studio n. 248-2014 - Cessione gratuita di aree (e di opere di urbanizzazione) al Comune - trattamento fiscale dopo il D.Lgs. n. 23-2011

http://www.notariato.it/it/primo-piano/studi-materiali/studi-materiali/diritto-tributario-in-genere/248-14-t.pdf

         

MEPA: quando l’amministrazione è obbligata?

12 Mag 2014
12 Maggio 2014

Confindustria Vicenza organizza un incontro sul MEPA.

L’incontro, fissato per martedì 27 maggio 2014 dalle ore 9 (registrazione partecipanti dalle 8.45) alle ore 13, presso Palazzo Bonin Longare (Corso Palladio 13 – Vicenza), si propone di illustrare alle amministrazioni pubbliche il modo più efficiente per ricercare i prodotti  all’interno del catalogo MEPA, valutando l’effettività dell’obbligo di acquisto sul mercato stesso in luogo dei sistemi tradizionali.

Pubblichiamo il programma e la scheda di adesione

MEPA quando l'amministrazione è obbligata_maggio 2014

Anche per gli enti locali c’è l’obbligo di pagare la tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici

12 Mag 2014
12 Maggio 2014

Le SS. UU. della Cassazione, nella sentenza del 02 maggio 2014 n. 9560 affermano che la tassa di concessione governativa sui telefonini non è abrogata ed è dovuta anche dagli enti locali, ai quali non si estende l’esenzione spettante all’Amministrazione dello Stato.

Ecco il passo rilevante delle sentenza: “11. Tanto stabilito, occorre verificare se la tassa in questione pur essendo dovuta, lo sia anche da parte degli enti locali o a quest’ultimi possa intendersi estesa l’esenzione spettante all’Amministrazione dello Stato.

11.1. Alla domanda se agli enti locali spetti l’esenzione dalle tasse di concessione governativa, tra le quali quella qui in esame si annovera, si deve rispondere negativamente in quanto, innanzi tutto, la predetta esenzione non è specificamente prevista dal d.P.R. n. 641 del 1972. In tale decreto l’art. 13-bis, comma 1, nel disciplinare le esenzioni prevede esclusivamente che: “Gli atti e i provvedimenti concernenti le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e le società e associazioni sportive dilettantistiche sono esenti dalle tasse sulle concessioni governative”. E in proposito questa Corte ha stabilito che: “In tema di tassa sulle concessioni governative, le esenzioni previste dall’art. 13 bis, comma primo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e delle società ed associazioni sportive dilettantistiche non si applicano agli enti pubblici, territoriali e non territoriali, atteso l’espresso disposto dell’art. 1, comma 10, del d.lgs. 4 dicembre 1997, n. 460, e l’insuscettibilità di applicazione analogica delle norme di esenzione ed agevolazione fiscale” (Cass. n. 8825 del 2012).

11.2. Si tratta dell’applicazione di un principio generale secondo il quale le norme che prevedono trattamenti agevolati in materia tributaria costituiscono una deroga alla regola generale e sono perciò di stretta interpretazione. Ciò, vale a dire l’inammissibilità dell’analogia come strumento di interpretazione delle norme agevolative in materia fiscale, impedisce di dare rilevanza al fatto che l’art. 74 (già 88), comma 1, del TUIR stabilisca l’esenzione dall’IRES per “gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni”.

11.3. Inoltre, e si tratta di un elemento non irrilevante, l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, distingue i Comuni dalle amministrazioni dello Stato, pur attribuendo agli uni e alle altre la natura di amministrazioni pubbliche, impedendone una generalizzata e generalizzabile assimilazione, la quale resta, quindi, soggetta ad una specifica scelta legislativa, nel caso non adottata. Sicché deve escludersi che i Comuni non siano assoggettati alla tassa di concessione governativa in questione”. 

dott. Matteo Acquasaliente

CASS. civ. 2014 n. 9560

In materia di accesso agli atti le ragioni di carattere difensivo prevalgono sulla privacy

12 Mag 2014
12 Maggio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza dl 29 aprile 2014 n. 553, conferma che, in materia di accesso ai documenti amministrativi, le ragioni di carattere “difensivo” prevalgono su quelle connesse alla privacy: “In proposito la questione relativa al diritto d'accesso agli atti ispettivi, contenenti possibili dati riservati o quantomeno sensibili, nonché sulla questione, strettamente connessa alla precedente, relativa al corretto bilanciamento fra i contrapposti diritti costituzionalmente garantiti afferenti alla tutela di interessi giuridici dei soggetti coinvolti ed alla riservatezza delle dichiarazioni rese in sede ispettiva, è stata definita dalla giurisprudenza che ha ritenuto prioritarie le necessità difensive degli istanti, tutelate dall'art. 24 della Costituzione e dal disposto dell'art. 24, comma 7 della L. n. 241 del 1990, nella parte in cui dispone che l'accesso sia garantito "comunque" a chi debba acquisire determinati atti per la cura dei propri interessi giuridicamente protetti (Cons. di Stato, Sez. VI, 26 marzo 2013, n. 1684; 12 dicembre 2012, n. 6380; 9 maggio 2011, n. 2747; 16 dicembre 2010, nn. 9102 e 9103)”.  

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 553 del 2014

Trascorsi 30 giorni il Comune non può sospendere la SCIA ma solo agire in autotutela

12 Mag 2014
12 Maggio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 560 del 2014: "4. Venendo ora al ricorso per motivi aggiunti, ritiene il Collegio che sussistano manifeste ragioni d’illegittimità del provvedimento del 12 dicembre 2013, con il quale l’amministrazione, nel richiedere l’integrazione della documentazione relativa agli standard da destinare a parcheggio, ha nuovamente sospeso l’efficacia della S.C.I.A. . Essendo noto che l’amministrazione, una volta che risulti decorso il termine perentorio di 30 giorni prescritto dall’art. 23, comma 6, del Dpr 380/2001, per la sospensione dell’efficacia della S.C.I.A., può provvedere solo esercitando il potere di autotutela disciplinato dagli art. 21 nonies e quinquies della L. n. 241/90, salve le misure sanzionatorie di cui all’art. 21 L. 241/1990. E risultando, nel caso di specie, che il provvedimento impugnato sia stato adottato, ben oltre il trentesimo giorno dalla data di ultima integrazione della S.C.I.A. (2 settembre 2013), per segnalare ancora una  carenza documentale, e comunque senza i presupposti e le forme dell’autotutela. Si tratta dunque di un provvedimento extra ordinem che, pertanto, deve essere annullato".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 560 del 2014

Il geometra non può redigere un piano di lottizzazione

09 Mag 2014
9 Maggio 2014

La Giurisprudenza amministrativa è ormai concorde nel ritenere che il geometra non possa redigere un piano di lottizzazione (rectius ogni strumento di programmazione urbanistica) perché solo l’ingegnere ha le competenze tecnico-professionali necessarie per redigere questi strumenti di pianificazione.

A tal fine si ricorda che: “Invero, secondo la prevalente giurisprudenza ( cfr. T.A.R. Brescia, sez. I, 29 ottobre 2008 n. 1466, Cons. St. Sez. IV 3.9.2001 n. 4620) la redazione di un piano di lottizzazione e, in genere, di uno strumento di programmazione urbanistica costituisce attività che richiede una competenza specifica in tale settore attraverso una visione di insieme e la capacità di affrontare e risolvere i problemi di carattere programmatorio che postulano valutazioni complessive non rientranti nella competenza professionale del geometra, così come definita dall'art. 16 del R.D. n. 274 del 1929” (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 01.09.2010, n. 3354) e che: “Ha statuito Cass. civ. sez. II 14.4.2005 n. 7778 che, benché non sia ex se preclusa ai geometri la predisposizione di piani di lottizzazione nel concreto “in considerazione delle attività che l'art. 16 del R.D. 274 del 1929 riserva ai geometri ( e cioè la progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con uso del cemento armato solo per piccole costruzioni di edifici rurali o per uso di industrie agricole di limitata importanza) e nel rispetto della ratio della norma, volta ad assicurare che determinate attività siano svolte da professionisti che, per la loro capacità professionale siano in grado di consentire la costruzione di opere non pericolose per la pubblica incolumità, la redazione di un piano di lottizzazione che comprenda la progettazione di due complessi residenziali, ciascuno di tre piani fuori terra, oltre cantine e boxes, opere che impongono la soluzione di problemi tecnici non solo in ordine ai calcoli del cemento armato, ma anche in relazione alle opere di urbanizzazione primaria da realizzare, non possa rientrare fra quelle attività che, con riferimento alla modestia delle opere consentite per legge al geometra, siano tali da escludere un pericolo per la pubblica incolumità e possano, conseguentemente, essere consentite allo stesso”; ancora secondo TAR Brescia 29.10.2008 n. 1466, pur nell’ambito di un orientamento non preclusivo della competenza in questione, elemento discretivo che consente di attribuire il piano di lottizzazione alla competenza dei geometri sarebbe dato dalla mancanza nel medesimo di elementi di raccordo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, elementi come visto presenti nel piano presentato. Infine secondo Cons. St. sez. IV n. 4620 del 2001, ancor più restrittiva: “Le disposizioni contenute nel R.D. 11 febbraio 1929 n. 274 stabiliscono che tale figura professionale ha, per quanto concerne la progettazione, direzione e vigilanza in materia edilizia, competenza per "costruzioni rurali e di edifici di uso d'industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo...", nonché per "modeste costruzioni civili". La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che le indicate attività professionali non possono che restare limitate alle specifiche previsioni normative, che non implicano alcuna possibilità di estensione, anche in considerazione di motivi di ordine pubblico e di tutela della sicurezza collettiva. È stato affermato, più in particolare, che resta preclusa al Geometra la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere organizzatorio (Cons. St., Sez. V, n. 25 del 13.1.1999; n. 3 del 3.1.1992). È facile osservare come nelle disposizioni su citate non sia ravvisabile alcuna indicazione che faccia riferimento a strumenti di programmazione urbanistica, mentre è pacifico che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce attività che chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale settore, anche se si limita l'attività a opere di modesta entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale. In effetti, come già affermato da questa Sezione, la redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall'art. 16 del r.d. 11 febbraio 1929 n. 274 (Cons. St., Sez. IV, n. 765 del 9.11.1989)” (T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, 16.06.2010, n. 2839) e finanche che: “Le disposizioni contenute nel R.D. 11 febbraio 1929 n. 274 stabiliscono che tale figura professionale ha, per quanto concerne la progettazione, direzione e vigilanza in materia edilizia, competenza per “costruzioni rurali e di edifici di uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato che non richiedono particolari operazioni di calcolo...”, nonché per “modeste costruzioni civili”.

La giurisprudenza ha precisato, in proposito, che le indicate attività professionali non possono che restare limitate alle specifiche previsioni normative, che non implicano alcuna possibilità di estensione, anche in considerazione di motivi di ordine pubblico e di tutela della sicurezza collettiva. E’ stato affermato, più in particolare, che resta preclusa al Geometra la realizzazione di un complesso di opere che richieda una visione di insieme, che ponga problemi di carattere organizzatorio (Cons. St., Sez. V, n. 25 del 13.1.1999; n. 3 del 3.1.1992).

E’ facile osservare come nelle disposizioni su citate non sia ravvisabile alcuna indicazione che faccia riferimento a strumenti di programmazione urbanistica, mentre è pacifico che la redazione di un piano di lottizzazione costituisce attività che chiaramente richiede una competenza programmatoria in tale settore, anche se si limita l’attività a opere di modesta entità, e nonostante che la stessa sia posta in attuazione delle previsioni dello strumento urbanistico generale.

In effetti, come già affermato da questa Sezione, la redazione di un tale strumento concerne indubbiamente la realizzazione di un complesso di opere che richiede una visione di insieme e pone problemi di carattere programmatorio che indubbiamente postulano valutazioni complessive che non rientrano nella competenza professionale del Geometra, così come definita dall’art. 16 del r.d. 11 febbraio 1929 n. 274 (Cons. St., Sez. IV, n. 765 del 9.11.1989)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 03.09.2001, n. 4620). 

dott. Matteo Acquasaliente

CDS n. 4620 del 2001

TAR Brescia n. 3354 del 2010

TAR Torino n. 2839 del 2010

Circolare mensile per l’impresa

09 Mag 2014
9 Maggio 2014

Pubblichiamo la circolare mensile per l'impresa n. 5/2014, predisposta da SOCIETA’ & PROFESSIONISTI SRL di Malo, che ringraziamo.

Segnaliamo, in particolare, le informazioni relative a:

- nuove possibilità per la compensazione di crediti certificati verso la P.A.;

- specificate le categorie dei soggetti obbligate ad aderire al Sistema di Tracciabilità dei Rifiuti;

- il Decreto Legge n.66 del 24 aprile 2014 ha regolamentato l’iter di avvio dell’obbligo di fatturazione elettronica per tutte le imprese e i professionisti nei confronti della Pubblica Amministrazione;

- rinnovi PEC e notifiche;

- acconto IMU 2014 e dichiarazione IMU.

Circolare n. 5 del 07-05-2014

È legittimo imporre il pagamento ai professionisti anche tramite POS (purtroppo)

09 Mag 2014
9 Maggio 2014

Il T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, nell’ordinanza del 30 aprile 2014 n. 1932, dichiara legittimo il D.M. 24 gennaio 2014 del Ministro dello Sviluppo Economico, nella parte in cui prevede l’obbligo, per tutti i professionisti privati, di accettare pagamenti attraverso carte di debito: “Ritenuto che, alla luce della sommaria delibazione dell’atto impugnato e dei motivi di ricorso, la domanda diretta all’annullamento del Decreto Ministeriale in epigrafe (atto di normazione secondaria, attuativo di quanto disposto dal D.L. n. 179 del 2012, convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221) non appare caratterizzata da evidente “fumus boni juris”, atteso che il Decreto impugnato sembra rispettare i limiti contenutistici ed i criteri direttivi fissati dalla richiamata fonte legislativa che, all’art. 9, comma 15-bis, impone perentoriamente ed in modo generalizzato che “a decorrere dal 30 giungo 2014, i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazioni di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito….”;

ritenuto che con il Decreto impugnato il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, ha dato attuazione al suddetto obbligo generale di fonte legale (relativo all’uso tendenzialmente generalizzato delle carte di debito per le transazioni commerciali) limitandosi a prevedere, nel rispetto della norma attributiva del potere di normazione secondaria (cfr. art. 15, comma 5, D.L. n. 179 del 2012), un termine di decorrenza differenziato in relazione a distinte classi di imprese e professionisti (obbligo immediato per imprese e professionisti il cui fatturato, nell’anno precedente a quello nel corso del quale è stato effettuato il pagamento, sia stato superiore ai duecentomila euro; obbligo differito al 30 giugno 2014 per tutti gli altri operatori) e l’importo minimo dei pagamenti ai quali si applica la nuova disposizione di legge (peraltro ai sensi dell’art. 15, comma 5, D.L. cit. la fissazione di “importi minimi” da parte della fonte secondaria è espressamente indicata come “eventuale”)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Lazio, Roma, ordinanza n. 1932 del 2014

Valore di una sentenza civile non passata in giudicato relativa ai confini ai fini del rilascio di un titolo edilizio

08 Mag 2014
8 Maggio 2014

La sentenza del Consiglio di Stato n. 1942 del 2014 esamina la questione delle indagini sulla proprietà e sui confini che il Comune deve effettuare ai fini del rilascio di un titolo edilizio.

Scrive il Consiglio di Stato circa i limiti dell'indagine: "Al fine di risolvere le questioni giuridiche poste da queste ultime, occorre innanzitutto ricordare che per costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in sede di rilascio di titoli ad edificare l’amministrazione è tenuta a verificare la disponibilità giuridica del richiedente, ma non le sono richieste complesse ricognizioni giuridicodocumentali sul titolo di proprietà (o altro diritto reale), ritenendosi per contro sufficiente che l’istante esibisca un titolo che formalmente legittimi il rilascio del provvedimento abilitante in suo favore (Sez. III, 22 aprile 2013, n. 2238; Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6165, 22 novembre 2013, n. 5563, 4 aprile 2012, n. 1990). In questa prospettiva, si afferma che l’obbligo per l’amministrazione di verificare che il  richiedente rispetti i limiti privatistici gravanti sul fondo sul quale intende edificare è soddisfatto mediante semplice presa d’atto di detti limiti, in quanto effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, senza la necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici (Sez. IV, 26 luglio 2012, n. 4255; Sez. VI, 28 settembre 2012 n. 5128).

4. Nella medesima linea si colloca anche il precedente invocato dall’appellante (Sez. IV, 4 aprile 2012, n. 1990, sopra citato), nel quale si è ribadito che “la questione della titolarità del bene in ordine al quale viene chiesto titolo abilitativo al Comune, è questione incidentale che non può farsi coincidere del tutto con l’accertamento della titolarità reale, che non compete funditus né all’adito
giudice amministrativo, né alla amministrazione competente in materia edilizia. Ai fini del rilascio del permesso di costruire l'amministrazione è onerata del solo accertamento della sussistenza del titolo astrattamente idoneo da parte del richiedente
alla disponibilità dell'area oggetto dell'intervento edilizio: cioè l'astratta proprietà desunta dagli atti pubblici prodotti ed in via residuale dalle risultanze catastali. Nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi, l'amministrazione ha il potere e il dovere di
verificare l'esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento sull'immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, costituendo tale verifica un'attività istruttoria che non è diretta, in via principale, a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all'assetto proprietario degli immobili interessati, ma che risulta finalizzata, più semplicemente, ad accertare il requisito della legittimazione del richiedente.”. La pronuncia in esame ha quindi soggiunto che se l’amministrazione “ha
sempre l’onere di verificare la legittimazione del richiedente la concessione edilizia e ora il permesso di costruire, accertando che sia il proprietario dell’immobile oggetto  dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria”, nondimeno “non incombe, però, alla p.a. l’onere di effettuare complesse indagini e ricognizioni giuridico-documentali sul titolo di proprietà depositato dal richiedente” (in termini simili anche la pronuncia della IV Sez. n. 3508 dell’8 giugno 2011, parimenti invocata dalla Società Zandonai).

5. Tanto precisato, il TRGA si è pienamente attenuto a questo indirizzo, rilevando che l’amministrazione resistente aveva basato il rilascio del titolo ad edificare contestato sulle convergenti risultanze istruttorie costituite dalla documentazione fotografica raffigurante lo stato dei luoghi sin dal 1983, dalla quale emergeva in particolare l’esistenza di un cancello e di una recinzione posti a delimitazione delle due proprietà e dalla sentenza del Tribunale di Rovereto che aveva regolato il confine in corrispondenza di tale manufatto. Contro questa ratio decidendi si infrange anche la censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria sulla situazione dei luoghi ed in particolare dei fondi interessati dall’edificazione.

6. A confutazione della controeccezione della ricorrente, la quale ha riferito di avere segnalato all’amministrazione l’appello nei confronti di detta pronuncia, il giudice di primo grado ha affermato che: “vi era dunque, se non la assoluta certezza, certamente una forte apparenza della titolarità della richiedente (…) mancavano al momento della conclusione del procedimento, adeguati elementi istruttori per negare la concessione”. Il giudice di primo grado non ha quindi mancato di evidenziare che, la circostanza, pur nota all’amministrazione, che la sentenza del Tribunale di Rovereto era stata appellata, non poteva indurre quest’ultima a  soprassedere dal rilasciare la concessione, a causa della necessità di non aggravare il procedimento che sulla base delle suddette emergenze documentali poteva già all’epoca ritenersi sufficientemente istruito. Nessuna critica può dunque essere rivolta per questa parte alla decisione qui appellata".

Per quanto riguarda poi la rilevanza di una sentenza del giudice civile non passata in giudicato, che accerta i con fini, nella snetenza si legge che: "7. Erra poi l’appellante a negare rilievo di prova in sede procedimentale amministrativa ad una sentenza civile non passata in giudicato. In assenza di prove legali e di divieti di legge, nessun dubbio può nutrirsi sul fatto che anche quest’ultima possa essere impiegata dall’amministrazione come fonte di convincimento per l’esercizio di poteri di sua competenza. I principi di efficienza ed efficacia che reggono l’azione amministrativa (art. 1 l. n. 241/1990) non consentono di attendere i tempi, notoriamente lunghi, per ottenere l’incontrovertibilità propria del giudicato. Più in generale, il grado di certezza dei fatti rilevanti per l’esercizio del potere amministrativo preteso dall’ordinamento è relativo, potendo in altri ambiti essere acquisiti elementi di conoscitivi fondati su mere attestazioni dei privati istanti (le autocertificazioni), la cui efficacia probatoria riposa sul principio di autoresponsabilità del dichiarante e sulle verifiche campionarie successive. A fortiori dunque deve ritenersi consentito all’amministrazione di impiegare pronunce giurisdizionali non ancora definitive.

8. In memoria conclusionale la società appellante si sofferma poi sull’efficacia delle sentenze civili nel giudizio amministrativo, traendo dall’indirizzo giurisprudenziale che riconosce l’utilizzabilità delle prime ai fini di prova dei fatti controversi nel secondo argomenti a sostegno  delle proprie doglianze, come finora esaminate. Sostiene al riguardo la Società Zandonai che, l’accertamento, con efficacia di giudicato, contenuto nella Corte d’appello di Trento accertato secondo cui “il confine tra le pp.ff 894 (ora 894/1 e 894/2) e 895/1 C.C. Pedersano si identifica con il confine catastale di cui al grafico 2 della c.t.u.”, avrebbe fatto venire meno i presupposti fondanti il rilascio della concessione edilizia impugnata. La deduzione è tuttavia inconferente ai fini dello scrutinio di detta doglianza. L’errato apprezzamento dei presupposti fattuali e giuridici rilevanti per l’esercizio di un potere attiene alla questione della legittimità del provvedimento impugnato, che il giudice di primo grado ha apprezzato come finora detto, mentre i rapporti tra sentenze di diversi ordini giurisdizionali concernono la diversa questione della prova dei fatti controversi nell’ambito del giudizio amministrativo. Come sopra detto il TAR è giunto alla conclusione che l’amministrazione abbia effettuato una valutazione di detti presupposti non inficiata da errori in base alle risultanze istruttorie in suo possesso e che non fosse necessario attendere l’esito del giudizio civile, onde non aggravare il procedimento. La Società Zandonai si duole per contro che la situazione di fatto rappresentatasi dal Comune di Lagaranina sia stata a posteriori smentita dalla sentenza d’appello del giudizio di regolamento dei confini. Che ciò sia avvenuto non è contestabile, ma che l’operato dell’amministrazione sia del pari stato rispettoso dei canoni generali dell’agire amministrativo sotto i profili, qui contestati, dell’errato apprezzamento dei fatti e del difetto di istruttoria, oltre che di non aggravamento del procedimento, è altrettanto pacifico, alla luce di quanto finora osservato".

Dario Meneguzzo -avvocato

sentenza CDS 1942 del 2014

L’inquinamento atmosferico e la soglia di c.d. normale tollerabilità

08 Mag 2014
8 Maggio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza dl 05 maggio 2014 n. 573, chiarisce che l’espressione “inquinamento atmosferico” comprende anche le emissioni odorigene – nella specie quelle provenienti da un fabbrica che produce materiale plastico – che, seppur non superando la soglia di normale tollerabilità, creano gravi problematiche di carattere olfattivo: “Rispetto a queste va osservato che è vero che per le emissioni odorigene in base alla normativa nazionale vigente non è prevista la fissazione di limiti di emissione né di metodi o di parametri idonei a misurarne la portata, tuttavia ciò non significa che in sede di rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera non possano essere oggetto di considerazione i profili attinenti alle molestie olfattive al fine di prevenire e contenere i pregiudizi dalle stesse causati.

Infatti l’art. 268, comma 1, alla lett. a), del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che sul punto richiama l’art. 2 del DPR 24 maggio 1988, n. 203) fa proprio un concetto ampio di inquinamento atmosferico che è definito come “ogni modificazione dell'aria atmosferica, dovuta all'introduzione nella stessa di una o di più sostanze in quantità e con caratteristiche tali da ledere o da costituire un pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente oppure tali da ledere i beni materiali o compromettere gli usi legittimi dell'ambiente”, e alla lett. b), definisce come emissione in atmosfera “qualsiasi sostanza solida, liquida o gassosa introdotta nell'atmosfera che possa causare inquinamento atmosferico e, per le attività di cui all'articolo 275, qualsiasi scarico, diretto o indiretto, di COV nell'ambiente”.

Pertanto anche se non è rinvenibile un riferimento espresso alle emissioni odorigene, le stesse debbono ritenersi ricomprese nella definizione di «inquinamento atmosferico» e di «emissioni in atmosfera», poiché la molestia olfattiva intollerabile è al contempo sia un possibile fattore di «pericolo per la salute umana o per la qualità dell'ambiente», che di compromissione degli «altri usi legittimi dell'ambiente», ed in sede di rilascio dell’autorizzazione, dovendo essere verificato il rispetto delle condizioni volte a minimizzare l’inquinamento atmosferico (infatti per l’art. 296, comma 2, lett. a, del Dlgs. 3 aprile 2006, n. 152, il progetto deve indicare le tecniche adottate per limitare le emissioni e la loro quantità e qualità), possono pertanto essere oggetto di valutazione anche i profili che arrecano molestie olfattive facendo riferimento alle migliori tecniche disponibili (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia, 2 gennaio 2013, n. 2; Tar Veneto, Sez. III, 3 maggio 2011, n. 741; Tar Umbria, 10 gennaio 2003, n. 10)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 573 del 2014

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