Il segretario comunale responsabile anticorruzione è incompatibile con la carica di responsabile disciplinare

05 Giu 2013
5 Giugno 2013

La legge anticorruzione (n. 190 del 6 novembre 2012, in G. U. 13 novembre 2012, entrata in vigore il 28 novembre 2012) entra nel nostro ordinamento con l’obiettivo di la prevenire e la reprimere il fenomeno della corruzione attraverso un approccio multidisciplinare, nel quale gli strumenti sanzionatori si configurano solamente come alcuni dei fattori per la lotta alla corruzione e all’illegalità nell’azione amministrativa. In specifico si pongono a sostegno del provvedimento legislativo motivazioni di trasparenza e controllo proveniente dai cittadini e di adeguamento dell’ordinamento giuridico italiano agli standards internazionali. La relazione illustrativa precisa come la corruzione porti danni alla credibilità che si traducono in danni di ordine economico, dal momento che disincentiva gli investimenti anche stranieri, frenando di conseguenza lo sviluppo economico.

Tale norma prevede un sistema nazionale anticorruzione strutturato con al vertice l'Autorità nazionale anticorruzione e formato, poi, da una serie di organi fra loro coordinati, con vari compiti e responsabilità in grado di svolgere attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Un ruolo centrale è affidato dalla legge al Dipartimento della funzione pubblica, mentre, nelle pubbliche amministrazioni statali dovrà essere individuato, di norma tra i 2 dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario, salvo diversa e motivata determinazione (art. 1, comma 7).

Riguardo ai compiti che la legge attribuisce al responsabile della prevenzione della corruzione si impongono da subito almeno un paio di considerazioni. Su  proposta del  responsabile entro il 31 gennaio di ogni anno, l’Ente Locale “adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. L'attività di elaborazione  del  piano  non  può essere affidata a soggetti estranei  all'amministrazione. Il  responsabile, entro lo stesso termine, definisce procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Le attività a rischio di corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale di cui al comma 11. La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono  elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale”.

Al comma 10 dello stesso articolo 1 si legge: “Il responsabile individuato ai sensi del comma 7 provvede anche: a) alla verifica dell'efficace attuazione del piano e della sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero  quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione; b) alla verifica, d'intesa con il dirigente competente, dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito e' piu' elevato il rischio che siano commessi

reati di corruzione; c) ad individuare il  personale  da  inserire nei programmi di formazione di cui al comma 11”.

Alla CIVIT (Commissione Indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle Amministrazioni Pubbliche) viene posto un primo quesito sul ruolo del segretario comunale:

“a) essendovi un unico Segretario comunale per più Comuni di ridotte dimensioni, questi debba svolgere l’incarico di responsabile per la prevenzione della corruzione in tutti i suddetti Comuni;

b) il suddetto incarico possa essere svolto, solo per alcuni dei Comuni, da un altro funzionario, non essendovi dirigenti di ruolo di prima fascia, ma titolari di posizioni organizzativa, categoria D, equiparati ai dirigenti dell’art. 109 TUEL;

c) soltanto tale incarico possa essere ricoperto da un soggetto esterno all’ente”.

Risposta:

“La Commissione ha espresso l’avviso che:

a) atteso che la funzione di Segretario generale può essere svolta in più comuni di ridotte dimensioni, allo stesso modo il medesimo Segretario può rivestire anche l’incarico di responsabile per la prevenzione della corruzione negli stessi comuni;

b) laddove ricorrano effettivamente valide ragioni, da indicare analiticamente nel provvedimento di nomina, l’incarico può essere conferito ad altro funzionario. Al riguardo, si deve considerare ha considerato, infatti, che l’art. 1, comma 7, della L. n. 190/2012 prevede che l’organo di indirizzo politico individua, di norma, tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio il responsabile per la prevenzione della corruzione e che, negli enti locali, quest’ultimo è individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione; allo stesso fine, si deve tener conto che nella Circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 1/2013 si sottolinea come la legge non contenga una regola rigida, ma un criterio di preferenza;

c) che l’incarico di responsabile della prevenzione per la corruzione non può essere conferito ad un soggetto esterno all’ente.”

Un secondo quesito, posto sempre nel marzo 2013, recitava:  “se il Segretario comunale, quale responsabile per la prevenzione della corruzione e, al tempo stesso, responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, versi in situazioni di conflitto di interesse o di incompatibilità.”

Risposta:

“La Commissione ha espresso l’avviso che, anche alla luce di quanto previsto dalla circolare n.1/2013 del Dipartimento della Funzione pubblica, il responsabile della prevenzione della corruzione non può rivestire contemporaneamente il ruolo di responsabile dell’ufficio per i procedimenti disciplinari, versandosi in tale ipotesi in una situazione di potenziale conflitto di interessi.”

dott.sa Giada Scuccato

CIVIT: Linee guida per l’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità 2013-2015 – pubblicazioni nella sezione trasparenza

05 Giu 2013
5 Giugno 2013

Allegato 1 – lista obblighi di pubblicazione

Allegato 1.1 – nota esplicativa obblighi

Allegato 2 – documento tecnico

Allegato 3 – scheda programma portale

Allegato 4 – monitoraggio OIV avvio ciclo

Allegato 5 – calendario

File zip

Le slides del dott. Rimsky Valvassori sul PAI

04 Giu 2013
4 Giugno 2013

Pubblichiamo le slides del geologo dott. Rimsky Valvassori sul PAI, illustrate durante il convegno del 31 maggio 2013.

I video registrati verranno pubblicati non appena disponibili.

Valvassori-VenetoIus-mag2013_xpdf

Le slides dell’avv. Stefano Bigolaro su trasparenza e pubblicazioni obbligatorie

04 Giu 2013
4 Giugno 2013

Pubblichiamo le slides dell'avv. Stefano Bigolaro sul tema della trasparenza e delle puibblicazioni obbligatorie, illustrate durante il convegno del 31 maggio 2013.

I video registrati verranno pubblicati non appena disponibili.

Trasparenza e pubblicazione obbligatoria

E’ illegittimo il provvedimento in materia paesaggistica emesso dal Responsabile dell’edilizia senza la differenziazione delle funzioni

04 Giu 2013
4 Giugno 2013

Lo specifica la stessa sentenza del TAR Veneto n. 619 del 2013, già allegata al post che precede.

Scrive il TAR: "5. Pur considerando dirimente l’accoglimento dell’eccezione sopra citata va rilevato che il provvedimento impugnato è stato adottato senza rispettare il principio di differenziazione tra l’attività della tutela paesaggistica e l’esercizio delle funzioni amministrative in materia urbanistica-edilizia e, ciò, in violazione delle prescrizioni contenute dalla Delibera di Giunta Regionale n. 835/2010.

5.1 Il provvedimento di cui diniego del nulla osta paesaggistico è stato assunto, infatti, dal Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Sedico al quale competono le funzioni inerenti l’urbanistica, i lavori pubblici, la manutenzione delle infrastrutture e degli edifici, la gestione dell’ecocentro e, in generale, tutte quelle funzioni che inerenti al governo del territorio".

Cosa è l’alterazione permanente che richiede l’autorizzazione paesaggistica (un telo plastificato sorretto da un graticcio di canne no)

04 Giu 2013
4 Giugno 2013

Lo precisa la sentenza del TAR Veneto n. 619 del 2013, che annulla l'ordinanza del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune, che ne aveva ordinato la rimozione.per essere stato collocato in zona vincolata, senza l'autorizzazione paesaggistica.

Scrive il TAR: "1. L’oggetto della controversia sottoposta a questo Collegio attiene all’applicabilità, al caso di specie, dell’esimente di cui alle lett. b) e c)
dell’art. 149 del D.Lgs. n. 42/2004.
1.1 Dette disposizioni ritengono non necessaria l’emanazione di un atto di autorizzazione paesaggistica, anche su un’area vincolata e, ciò, in presenza di due precise fattispecie. Nell’ipotesi della lett.b), si è inteso sottrarre al regime dell’autorizzazione paesaggistica gli interventi inerenti l'esercizio dell'attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico del territorio. 1.2 Nella fattispecie di cui alla lett.c) l’autorizzazione paesaggistica non è ritenuta necessaria nelle ipotesi del ..” taglio colturale, la forestazione, la riforestazione, le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma 1, lettera g), purché previsti ed autorizzati in base alla normativa in materia”.
2. Nelle ipotesi sopra ricordate la fattispecie derogatoria deve ritenersi da ricondurre alla natura degli interventi da realizzare che sono tali da non incidere sul contesto vincolato producendo apprezzabili mutamenti dello stato dei luoghi.
2.1 In particolare la fattispecie di cui alla lett.b) richiede che gli interventi non soggetti ad autorizzazione soddisfino due presupposti: Il primo di essi è dato dalla circostanza che l’intervento non produca un’alterazione permanente dei luoghi protetti attraverso la costruzione di organismi edilizi od altre opere civili. Il secondo requisito richiede che non vengano realizzate attività idonee ad alterare l’assetto  idrogeologico del territorio.
3. Nel caso di specie l’ordinanza di rimessione è diretta ad operare la rimozione di un telo di colore verde, in fibra sintetica, che è stato posizionato sia all’interno della recinzione sia sulla stessa recinzione che separa il confine tra il mappale n. 2 e 3.
3.1 Con riferimento alla natura e alle caratteristiche del telo è lo stesso verbale di accertamento del Comune di Sedico a precisare che.. “Data la consistenza dell’elemento contestato (telo cerato), la sua collocazione (posato e fissato su graticcio leggero di canne) si è dell’avviso che lo stesso non possa essere considerato attività edilizia”. Ne consegue come sia del tutto evidente il carattere amovibile di detto telo, in quanto, semplicemente poggiato sulla recinzione e legato con dei lacci alla siepe e, ciò, senza nessun’ opera e struttura che possa far presumere una collocazione stabile e duratura.
3.2 Il manufatto di cui si tratta costituisce, allora, una struttura precaria e amovibile che non solo non configura l’esistenza di un’opera civile, ma soprattutto non determina il venire in essere di un’alterazione permanente dello stato dei luoghi, circostanza quest’ultima tutelata dall’autorizzazione paesaggistica di cui all’art. 146 del D.Lgs. 42/2004.
4. Sul punto va, altresì, richiamato quell’orientamento giurisprudenziale (per tutti Cass. pen. Sez. III 18/06/1997 n. 5961) laddove ha affermato che “l’alterazione” acquista il carattere dell’alterazione permanente qualora essa sia di tale durata da comportare per un lungo periodo di tempo l’impossibilità di una ricostituzione del patrimonio naturale.
4.1 Sul punto risulta, altresì, condivisibile la ricostruzione di parte ricorrente che rileva come la finalità del telo in questione deve ritenersi diretta ad operare una protezione della siepe in fase di crescita, circostanza quest’ultima che consente di ricondurre la fattispecie di cui si tratta all’esimente di cui alla lett. b) dell’art. 149 della disciplina sopra citata".

sentenza TAR Veneto 619 del 2013

Commento alla bozza di regolamento attuativo dell’art. 4 della LR 50/12

03 Giu 2013
3 Giugno 2013

L'avv. Matteo Nani, che sentitamente ringraziamo, ci invia il commento alla bozza di regolamento attuativo dell'art. 4 della LR 50/12 che pubblichiamo in allegato.

Nani PRIMO COMMENTO BOZZA DI REGOLAMENTO art 4 LR 50

La Commissione Regionale di Consenso è un organismo di diritto privato

03 Giu 2013
3 Giugno 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 09 maggio 2013 n. 698, chiarisce che la Commissione Regionale di Consenso istituita tra la Federazione Regionale degli Industriali del Veneto e le Organizzazioni Sindacali CGIL, CISL, UIL venete costituisce un organismo (di diritto privato) avente natura “volontaria” e non “istituzionale”, quindi, un ente privo dei poteri amministrativi che caratterizzano l’organismo di diritto pubblico. La Commissione Regionale di Consenso, infatti, svolge un ruolo sussidiario rispetto agli accordi aziendali, potendo essere consultata tutte le volte in cui non sia stato possibile concordare il piano formativo con le RSU aziendali, per il quale si chiederà, in un separato procedimento concorsuale, il finanziamento.

Di conseguenza il T.A.R. Veneto afferma: “In via pregiudiziale, il Collegio rileva la fondatezza dell’eccezione di difetto relativo di giurisdizione sollevata dalle resistenti Confindustria, CGIL, CISL, UIL.

Infatti, la commissione Regionale di Consenso, che ha emanato l’atto impugnato, costituita dalle predette parti resistenti, ha chiaramente natura privata e non di organismo amministrativo o, comunque, di diritto pubblico (cfr C.d.S., VI, 27.12.11, n. 6835), non avendo le caratteristiche richieste dalla giurisprudenza.

L’atto impugnato, come tutti gli atti emanabili da tale Commissione, non ha, parimenti, natura di atto amministrativo, e tantomeno può avere natura di provvedimento. È un atto di diritto privato.

Neppure – si aggiunge – è prospettabile l’esercizio di poteri amministrativi in assenza di una norma di legge che li attribuisca, norma che non è certo l’art. 118, comma 12, L. 388/2000, inerente l’accordo delle parti sociali al fine di ammettere finanziamenti alle aziende nell’ambito di un rapporto di tipo negoziale.

La controversia in esame appartiene pertanto alla giurisdizione del Giudice Ordinario e non a quella del Giudice Amministrativo.

La controversia – si osserva incidentalmente – potrà eventualmente rientrare nella giurisdizione amministrativa in una diversa fase del procedimento di finanziamento”.

dott. Matteo  Acquasaliente

TAR Veneto n. 698 del 2013

L’avviso di avvio del procedimento non va applicato in modo “meccanico”, ma solo quando può servire a qualcosa

03 Giu 2013
3 Giugno 2013

Lo dice il TAR Veneto nella sentenza n. 615 del 2013.

Scrive il TAR: "6. Il difetto di istruttoria sopra rilevato deve ritenersi contestuale al venire in essere di quell’ulteriore vizio, riconducibile alla mancata
comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della L. n. 241/90, partecipazione procedimentale quest’ultima che, non solo avrebbe permesso di verificare l’effettività del pregiudizio lamentato da parte ricorrente, ma avrebbe permesso di rendere manifesti i vizi del procedimento ora dedotti e con riferimento sia alla proprietà del fosso, sia alla disciplina applicabile allo stesso.
6.1 In tale circostanza l’esperimento della fase di partecipazione procedimentale nei confronti di un proprietario limitrofo, potenzialmente pregiudicato dall’atto amministrativo finale, sarebbe risultata conforme a quell’orientamento giurisprudenziale – confermato da una recente pronuncia – che ha inteso valorizzare l’istituto dell’avviso di avvio del procedimento, al fine di evitare di circoscrivere il significato reale della norma di cui si tratta, spesso utilizzata in un’applicazione quasi “meccanica” (sia in termini di motivo tradizionalmente aggiunto a motivi di impugnativa più “attinenti” alla fattispecie concreta in fase di redazione del ricorso) sia, ancora e a contrario - nello svolgimento del procedimento amministrativo-, da un uso che comporta l’emanazione di comunicazioni di avviso di avvio comprensive di formule stereotipate e apodittiche, non legate alla necessità di permettere un’indispensabile collaborazione tra privati e amministrazione nella predisposizione del provvedimento finale.
6.2 E’ utile ricordare come la finalità delle norme di cui agli artt. 7 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono dirette a rendere effettiva la partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo, partecipazione che si sostanzia nella possibilità di presentare memorie, osservazioni e controdeduzioni, attività quest’ultima che è finalizzata alla concreta realizzazione dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa, predicati dall'art. 97 della Costituzione e quindi, in ultima analisi, alla corretta (e giusta) formazione della volontà di provvedere da parte della pubblica amministrazione.
6.3 Detti principi sono stati confermati da alcune recenti pronunce giurisprudenziali (Cons. Stato Sez. IV, 12-02-2013, n. 834) hanno affermato che “l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7, l. 7 agosto 1990, n. 241 è strumentale alle esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del soggetto nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere, in modo che egli sia in grado di influire sul contenuto del provvedimento. Le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente (Conferma della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari, sez. III, n. 1692/2007)”. 6.4 E’ del tutto evidente che nel caso in esame la comunicazione di avviso di avvio del procedimento avrebbe permesso un’esatta definizione dell’ambito degli interessi coinvolti dall’emanazione di quel determinato provvedimento di cui si tratta e, nel contempo, l’acquisizione di quei rilievi posti in essere da parte ricorrente e ora contenuti nel ricorso di cui si tratta.
Il motivo è pertanto fondato".

sentenza TAR Veneto 615 del 2013

Guida operativa dell’Agenzia delle Entrate sulla la tassazione degli atti notarili (imposta di registro)

03 Giu 2013
3 Giugno 2013

Pubblichiamo la CIRCOLARE N. 18/E del 29 maggio 2013 della Direzione Centrale della Agenzia delle Entrate, avente per oggetto: "La tassazione degli atti notarili - Guida operativa - Testo unico dell’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131".

Agenzia delle Entrate la tassazione degli atti notarili - Guida operativa.

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