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L’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione per le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, ai sensi dell’art. 17 n. 3 lett. C del D.P.R. n. 380/2001

20 Mar 2013
20 Marzo 2013

La questione è esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 296 del 2013: "viene in discussione la tematica dell’esenzione dal pagamento del contributo di costruzione per le opere pubbliche o di interesse generale, realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, ai sensi dell’art. 17 n. 3 lett. C del D.P.R. n. 380/2001. Lo sgravio contributivo in esame esige il concorso di due presupposti, e cioè, uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale, e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale, ovvero da parte di privati concessionari dell’ente pubblico, purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio (Cons. Stato n. 2226/2005).
Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una ricaduta del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività, nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. Va poi evidenziato che la disposizione sopra riportata deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce ipotesi di deroga alla regola generale (art. 16 del D.P.R. n. 380/2001) che assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio, in relazione agli oneri che la collettività, in dipendenza di esse, è chiamata a sopportare. Le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessorii devono, dunque, rivelare innanzitutto un carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per sè stesse – poiché destinate ad uso pubblico o collettivo – o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’ente realizzatore. Il beneficio della gratuità della concessione richiede poi che l'opera avente le suddette caratteristiche sia realizzata da un soggetto istituzionalmente competente, sia cioè realizzata dall'ente per il perseguimento dei suoi fini istituzionali, e cioè per la cura di quegli interessi a lui affidati e che ne rappresentano la ragion d'essere. Ciò premesso, nel caso di specie, entrambi i requisiti di ordine soggettivo e oggettivo non appaiono sufficientemente integrati. Quanto al requisito di ordine soggettivo, si è detto che il legislatore richiede che le opere – ammesse allo sgravio contributivo - siano realizzate dagli enti istituzionalmente competenti, con la conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie. Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente la realizzazione di attività d'interesse generale. Ebbene, nel caso in esame, i permessi di costruire in questione sono stati rilasciati, in attuazione del piano integrato di riqualificazione urbanistica edilizia ed ambientale (P.I.R.U.E.A.), per la realizzazione, a totale cura e spese della Fondazione Cassamarca, in area di sua proprietà, della c.d. “cittadella delle istituzioni”, ovvero di un complesso edilizio composto da edifici di varia destinazione, fra cui, per quanto interessa il presente ricorso, da edifici da destinare ad “uffici di enti p ubblici anche economici, uffici di aziende speciali per la gestione dei servizi pubblici locali, uffici di società di capitali costituite o partecipate da enti pubblici”.
Ora, innanzitutto, la Fondazione Cassamarca, in quanto fondazione, è un soggetto dotato di personalità giuridica di diritto privato, che secondo il vigente ordinamento, sebbene privo di scopo di lucro, non è preposto alla realizzazione di opere pubbliche, persegue interessi non pubblici ma privatistici, e non agisce per conto di alcun ente pubblico, difettando qualsiasi collegamento organizzativo-funzionale o giuridicamente rilevante con l’apparato della Pubblica Amministrazione.  In proposito il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3774/2005, ha stabilito che le fondazioni, per tali ragioni, di regola, non possono beneficiare dell’esonero dal contributo di costruzione a norma dell’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001. In particolare, poi, la Fondazione Cassamarca persegue, in base al suo statuto, “scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico preminentemente nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sanità, della conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, delle attività culturali..dell’immigrazione”. Considerata la natura degli scopi perseguiti, appare difficile farvi rientrare la realizzazione di opere pubbliche, ed è ancor più arduo cogliere un nesso con la realizzazione di edifici da destinare a sedi di pubbliche amministrazioni. Per cui non risulta che la Fondazione Cassamarca possa vantare una “competenza istituzionale” specifica con riferimento alla realizzazione di opere pubbliche o di opere edilizie del tipo di quelle realizzate nel caso di specie.
Inoltre, tra il Comune di Treviso e la Fondazione Cassamarca non è configurabile l’esistenza di un rapporto neppure latamente assimilabile ad una concessione o ad un appalto di opera pubblica, in quanto, come condivisibilmente osservato dalla difesa dell’amministrazione, la Fondazione non ha ricevuto un previo incarico da parte di un ente pubblico per realizzare per suo conto una nuova sede istituzionale, avendo invece, prima realizzato una determinata volumetria con  destinazione “direzionale pubblico”, in attuazione di un progetto di P.I.R.U.E.A. adottato su sua proposta, e poi ricercato gli occupanti (nel caso di specie, Prefettura, Questura, Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate, Polizia di Stato, etc.) ai quali sono stati concessi in locazione i locali. Infine, si osserva che l’applicazione dell’esenzione dal contributo di costruzione al caso in esame, non sarebbe coerente con lo scopo dell’esenzione che, come detto, è quello di non far gravare sulla collettività il peso di tale contributo attraverso un maggior costo dell’opera pubblica. Viceversa, nel caso di specie, il costo dell’opera, compreso il contributo di costruzione, rimane interamente a carico di Appiani s.r.l. e della Fondazione Cassamarca. Non si tratta, dunque, di spese che possono ricadere sulla collettività. Deve concludersi, pertanto, che, quantomeno sotto il profilo soggettivo, non sussiste nel caso in esame il presupposto della speciale qualità dell’ente realizzatore, richiesto dalla legge per la concessione del beneficio invocato".

sentenza TAR Veneto 296 del 2013

La garanzia fideiussoria non si applica agli acquisti in economia

20 Mar 2013
20 Marzo 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 14 marzo 2013 n. 379, ritiene che l’affidamento di un servizio in economia non necessità della garanzia fideiussoria prevista dell’art. 75, c. 8, D. Lgs. 163/2006 il quale prevede che: “L'offerta è altresì corredata, a pena di esclusione, dall'impegno di un fideiussore a rilasciare la garanzia fideiussoria per l'esecuzione del contratto, di cui all'articolo 113, qualora l'offerente risultasse affidatario”.

Il Collegio, infatti, osserva che: “nel caso in cui, come quello di specie, si tratti di un appalto sotto soglia da aggiudicarsi mediante l’espletamento di procedure di acquisizione in economia di servizi e forniture, la stazione appaltante non è obbligata a richiedere l’inclusione nelle domande di partecipazione alla gara di una garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto, atteso che l’art. 125 del codice dei contratti pubblici, recante la disciplina delle menzionate procedure in economia e per cottimo fiduciario, non contiene alcun rinvio alla garanzia di cui all’art. 75, comma 8, del d.lgs. 163/2006, la quale può trovare applicazione soltanto nel caso in cui, ma non è quello di specie, la stazione appaltante l’abbia espressamente richiamata nella lex specialis di gara”.

Nella medesima sentenza il T.A.R. si sofferma sulla possibile commistione tra i criteri soggettivi di ammissione alla gara ed i criteri di valutazione del merito tecnico: come già evidenziato nel post del 04 marzo 2013, il Collegio li ritiene ammissibili (negli appalti di servizi) atteso che: “nel caso in cui l’offerta tecnica abbia ad oggetto non un progetto o un prodotto, bensì un facere da valutare sulla base di criteri quali-quantitativi tra cui la pregressa esperienza dell’operatore e la solidità ed estensione della sua organizzazione imprenditoriale, il divieto generale di commistione tra le caratteristiche oggettive dell’offerta (criteri di selezione dell’offerta) e i requisiti soggettivi dell’impresa concorrente (criteri di selezione dell’offerente), assume una valenza attenuata, nel senso che dagli aspetti organizzativi d’impresa e dall’esperienza maturata da un concorrente ben possono trarsi indici significativi dell’affidabilità dell’incarico e della qualità delle prestazioni professionali richiesti dalla stazione appaltante (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 02.10. 2009, n. 6002 e Cons. St., sez. IV, 25.11.2008, n. 5808)”, giungendo a ritenere che: “In conclusione, posto che l’offerta tecnica oggetto dell’impugnato capitolato speciale d’appalto consiste essenzialmente in un facere, le doglianze dedotte avverso l’inserimento di parametri imprenditoriali soggettivi all’interno degli elementi oggettivi di valutazione dell’offerta tecnica, non possono trovare accoglimento”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 379 del 2013

“Vuoti a rendere” per il centro di Rovigo: edifici, caserme e aree da riutilizzare

19 Mar 2013
19 Marzo 2013

Segnaliamo l'interessante incontro organizzato dal comune di Rovigo, insieme a Confesercenti e Confcommercio "Vuoti a rendere” per il centro di Rovigo: edifici, caserme e aree da riutilizzare.

L'incontro si tiene oggi martedì 19 marzo 2013, ore 17 - 18.30 presso Pescheria Nuova, Corso del Popolo 140 - Rovigo.

L'incontro saràdi tipo bidirezionale, favorendo così una stretta interazione tra esperti e partecipanti anche attraverso riflessioni o domande. La partecipazione è gratuita. È gradita la segnalazione della partecipazione via e-mail a: rovigocentro@gmail.com
Per informazioni: tel. 0425 398211 (dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12.30).
In allegato la locandina/invito.

Le determinazioni di assoggettamento delle opere a costo di costruzione non devono essere impugnate nel termine decadenziale di 60 giorni, ma in quello di prescrizione

19 Mar 2013
19 Marzo 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 296 del 2013 ha deciso un ricorso avente per oggetto l'insussistenza dell'obbligo di pagamento della somma di euro 2.013.048,47 pretesa dal Comune di Treviso a titolo di contributo per costo di costruzione ed interessi per ritardato pagamento dello stesso, relativamente a una serie di permessi di costruire.

Il Comune aveva eccepito che il ricorso era stato presentato oltre il termine decadenziale di 60 giorni dal rilascio dei permessi di costruire. L'eccezione è stata respinta dal TAR, il quale ha confermato che a questo tipo di ricorsi (in materia di diritti soggettivi) non si applica il termine decadenziale di 60 giorni.

Scrive il TAR: " va vagliata l’eccezione di irricevibilità dei ricorsi sollevata dalla difesa dell’amministrazione resistente, ed imperniata sul fatto che le determinazioni di assoggettamento delle opere a costo di costruzione sarebbero divenute definitive, in quanto non impugnate nel termine decadenziale di sessanta giorni dal rilascio dei relativi permessi di costruire. L’eccezione è infondata, posto che il ricorso viene proposto a tutela di diritti soggettivi, quali sono indiscutibilmente le posizioni soggettive riscontrabili in capo al privato nei procedimenti edilizi, con riferimento  alle determinazioni amministrative concernenti gli oneri concessori, determinazioni che non hanno natura autoritativa. Infatti, il ricorso verte sull'esistenza o meno di un'obbligazione direttamente stabilita dalla legge, e dunque, avendo ad oggetto l'accertamento di un rapporto di credito, prescinde dall'esistenza di atti della pubblica amministrazione e non è soggetto alle regole delle impugnazioni e dei termini di decadenza propri degli atti amministrativi. D’altra parte, nella giurisdizione amministrativa esclusiva – ossia, estesa anche alla cognizione dei diritti soggettivi – il termine d’impugnazione degli atti
lesivi di tali posizioni soggettive coincide con quello di prescrizione del diritto stesso, e non si applica il termine decadenziale ordinario di sessanta giorni (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, n. 596/2012; Cons. Stato n. 1565/2011).

Il TAR non precisa se il termine di prescrizione sia di 5 o di 10 anni.

sentenza TAR Veneto 296 del 2013

La discrezionalità tecnica è soggetta ad un sindacato giurisdizionale debole – 2

19 Mar 2013
19 Marzo 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 14 febbraio 2013 n. 212, riconferma il c.d. sindacato debole che caratterizza la discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione, - già evidenziato nel post del 7 marzo 2013 – dichiarando che: “6. Sul punto va ricordato come la fondamentale decisione del Consiglio di Stato del 09 Aprile 1999 n. 601 abbia radicalmente modificato l’orientamento giurisprudenziale fino a quel momento vigente, legittimando, nei confronti dell’avvenuto esercizio di un potere di “discrezionalità tecnica”, non più l’esperimento di un sindacato “estrinseco” all’esercizio di detto potere (in quanto circoscritto al solo iter logico seguito dall’Amministrazione, all’illogicità manifesta e all’errore di fatto), ma rendendo esperibile sull’atto impugnato un vero e proprio sindacato “intrinseco” che, in quanto tale, si esprime nella verifica diretta del criterio tecnico utilizzato e del procedimento applicativo seguito.

6.1 Nell’ambito di detto sindacato “intrinseco” la Giurisprudenza prevalente ritiene esperibile che il controllo del Giudice Amministrativo sul potere così esercitato sia caratterizzato da un’intensità “debole” che, in quanto tale, consente a questo Giudice non di sostituirsi alla valutazione tecnica operata dall’Amministrazione (valutazione quest’ultima che integrerebbe un intensità c.d. forte), bensì di incidere sulle sole determinazioni amministrative che, lungi dall’apparire opinabili, appaiono, sulla scorta di un sindacato di ragionevolezza, sicuramente inattendibili.

6.2 Come ha confermato una recente pronuncia (Cons. Stato Sez. VI, 1 giugno 2012, n. 3283), seppur in un diverso ambito, “il sindacato giurisdizionale su atti normativi secondari, per mezzo dei quali l'Amministrazione, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, abbia fornito utili criteri di interpretazione e di delimitazione del significato di concetti giuridici indeterminati di valenza tecnica utilizzati dalla normativa principale, nel rispetto della disciplina che presiede alla loro possibile impugnazione e disapplicazione, è consentito soltanto nel caso in cui le scelte effettuate si pongano in contrasto con il principio di ragionevolezza tecnica. Nei termini di cui innanzi non è, pertanto, sufficiente che la determinazione assunta sia, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabile, poiché il Giudice Amministrativo non può – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – sostituire proprie valutazioni a quelle effettuate dall'Amministrazione” (si veda anche Cons. Stato Sez. IV, 8 ottobre 2012, n. 5209).

6.3 Ne consegue che in adesione ai principi sopra ricordati di "sindacato debole" la valutazione attribuita al Giudice Amministrativo risulta circoscritta ad un accertamento relativo ai fatti, alla verifica relativa al processo logico-valutativo svolto dall'Amministrazione in base a regole tecniche o del buon agire amministrativo, alla correttezza delle valutazioni in quanto ragionevoli, proporzionate ed attendibili, dovendosi ritenere non sindacabile l’espressione stessa del potere che, di per sé, porterebbe inevitabilmente a sostituirsi ad un potere già esercitato e, in ciò, violando la riserva di amministrazione”.

dott. Matteo Acquasaliente

Disposizioni operative generali e specifiche in materia di agriturismo nel Veneto

19 Mar 2013
19 Marzo 2013

Con la deliberazione della Giunta Regionale Veneta che si allega, in attesa di pubblicazione sul BURV, sono approvate le disposizioni operative generali e specifiche concernenti lo svolgimento nel territorio regionale dell’attività di agriturismo alla luce delle nuove disposizioni stabilite con la legge regionale 28/2012, nonché il raccordo operativo e funzionale fra la precedente norma di settore e le nuove disposizioni legislative.

Applicazione legge regionale sull'agriturismo

Il requisito dell’affidabilità per il rilascio o il rinnova della licenza di porto di fucile

19 Mar 2013
19 Marzo 2013

Dalla lettura combinata dell’art. 11 e 43 del R.D. n. 773/1931 emerge che la licenza di porto di fucile per uso di caccia può essere revocata, qualora l’Amministrazione, attraverso una valutazione discrezionale, reputi il cacciatore carente di affidabilità e propenso all’abuso delle armi.

Questo tipo di ragionamenti ha spinto il Questore di Vicenza a respingere la domanda di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso di caccia quando il richiedente è stato ritenuto privo di sufficienti garanzie di sicura affidabilità e dei requisiti di buona condotta. Il cacciatore ha formulato ricorso davanti al T.A.R. Veneto, sez. III, il quale, con la sentenza del 04 marzo 2013, n. 329 ha respinto il ricorso sostenendo che: “il giudizio di non affidabilità, non deve necessariamente basarsi solo sull'accertamento di condanne penali o sulla mancanza dei requisiti psicofisici da un punto di vista sanitario, ma può essere anche di carattere prognostico e indiziario, fondato sulla complessiva condotta di vita tenuta dall’interessato, e non richiede un grado di accertamento equivalente a quello svolto in sede penale. Ne discende che, anche dopo il rilascio delle autorizzazioni, ogni qual volta l'Autorità ritenga che il soggetto titolare di porto d'armi non dia sufficiente garanzia di piena affidabilità circa il corretto uso delle armi, è tenuta ad intervenire revocando i provvedimenti autorizzatori.”. Nel caso di specie, il ricorrente già nel 2002 è stato destinatario di un provvedimento di divieto di detenzione armi e munizioni per omessa custodia, che è stato successivamente revocato, e che è stato successivamente per due volte deferito alla Procura della Repubblica per i reati di minaccia ed ingiuria il 30 aprile 2005, e il 1 febbraio 2006. Negli anni successivi ha pronunciato, in presenza di terzi, ingiurie e minacce di morte verso la propria ex compagna. Cosi il Collegio ritiene che l’Amministrazione abbia tenuto giustamente conto di “episodi che denotano tratti di aggressività e la mancanza di autocontrollo, abbia congruamente ritenuto siano venute meno sufficienti garanzie circa la persistenza dei requisiti necessari per il possesso del porto di fucile”.

Agli stessi ragionamenti si è affidato il Prefetto di Venezia quando ha emesso il provvedimento di divieto di detenere armi e materie esplodenti, sulla cui legittimità si è espresso il T.A.R. Veneto, sez. III, il 4 marzo 2013, n. 339. Il provvedimento impugnato nel ricorso motivava la non affidabilità del cacciatore con episodi di violenza domestica e di propositi di suicidio. Anche in questa sede il ricorso è stato respinto, qualificando tale inibizione come corretta e sufficientemente motivata.

Per ultimo, è necessario ricordare la sentenza del T.A.R. Veneto, sez. III, 4 marzo 2013, n. 341, la quale rigettava l’impugnazione dei provvedimenti emessi dal Questore della Provincia di Rovigo con i quali si decretava la revoca della licenza di porto di fucile per uso tiro a volo e il divieto di detenere armi e munizioni. Tali provvedimenti sono giustificati dalla inaffidabilità del ricorrente in conseguenza alle minacce impartite verso i parenti, seguite da querela, e da alcune circostanze che avrebbero fatto pensare ad una ipotesi di suicidio.

Si conclude quindi, che il requisito dell’affidabilità richiesto agli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773/1931 per detenere un'arma ed essere titolare di licenza di porto d’armi deve necessariamente fondarsi su circostanze tali da non mettere in dubbio la stabilità mentale del soggetto, la scarsa diligenza o la scarsa prudenza dello stesso od il venir meno della sicurezza pubblica. Non sono parimenti giustificabili (e sul punto la giurisprudenza è fortunatamente copiosa e definita) i provvedimenti di diniego o ritiro delle licenze in materia di armi basati su giudizi che non attengano al rischio di abuso delle stesse, come, ad esempio,   la guida in stato di ebrezza.

dott.sa Giada Scuccato

Questione n.2 sul P.A.I. Isonzo-Bacchiglione: cosa sono le zone di attenzione e che disciplina hanno?

18 Mar 2013
18 Marzo 2013

Come si legge nella Relazione Tecnica che accompagna l’adozione del P.A.I., “Durante il lungo periodo intercorso tra l’adozione del Progetto di Piano (marzo 2004), la sua prima variante (giugno 2007) e la conclusione da parte delle Regioni delle Conferenze programmatiche (2010) si sono resi disponibili nuovi elementi conoscitivi circa le condizioni di criticità idraulica e geologica che insistono nei bacini dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Piave e Brenta-Bacchiglione”.

Per poter rappresentare questi nuovi elementi nella cartografia del P.A.I. - ad integrazione delle perimetrazioni delle aree pericolose minuziosamente disciplinate e qualificate come P1, P2, P3, P4 - l’Autorità di Bacino ha stabilito di denominarle zone di attenzione.

Le fonti che hanno consentito un aggiornamento delle conoscenze relative al dissesto idraulico e geologico sono diverse:

1-      La prima è l’evento alluvionale del 31 ottobre – 2 novembre 2010 che ha fortemente colpito l’alta pianura dei bacini dell’Adige, del Brenta-Bacchiglione, Piave e Livenza. Nel corso della Conferenza Programmatica, convocata con DGR n. 3475 del 30/12/2010, la Regione del Veneto ha ritenuto opportuno inserire nella cartografia del P.A.I. le nuove aree a pericolosità idraulica e/o geologica evidenziate dal catastrofico evento. Purtroppo i tempi tecnici per attribuire un grado di pericolosità e un corrispondente rischio non c’erano, così si determinarono tali zone come di attenzione.

2-      La seconda è costituita dall’insieme di studi e ricerche elaborate nel corso del tempo. Ne sono un esempio l’insieme di provvedimenti assunti dal Comitato Istituzionale si sensi dell’art. 6 delle norme tecniche di attuazione del progetto di Piano di Stralcio adottato nel  2004, con i quali sono state aggiornate le perimetrazioni presenti nel progetto stesso. Qualora fosse possibile, tali conoscenze sono state ricomprese nelle aree a pericolosità idraulica. Quando, invece, i tempi tecnici non hanno permesso questa qualificazione, tali aree sono state definite come zone di attenzione.

3-      La terza è rappresentata dalle indicazioni fornite dalla raccolta dati svolta dalle Amministrazioni Provinciali nell’ambito dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali.

4-      La quarta è rappresentata dalle aree proposte dalla Autorità di Bacino stessa, che prevede un inserimento di nuove aree di attenzione a prescindere dalla qualificazione in termini di pericolosità.

Per suddette zone di attenzione, individuate nella cartografia con il colore beige, l’art. 5 delle NdA stabilisce che “In sede di attuazione delle previsione e degli interventi degli strumenti urbanistici vigenti, le amministrazioni comunali provvedono a verificare che gli interventi siano compatibili con la specifica natura o tipologia di dissesto individuata, in conformità a quanto riportato nell’art. 8”. In quest’ultimo art. 8, si stabilisce che nelle zone di attenzione è vietato:

“a) eseguire scavi o abbassamenti del Piano di campagna in grado di compromettere la stabilità delle fondazioni degli argini, ovvero dei versanti soggetti a fenomeni franosi;

b) realizzare tombinature dei corsi d’acqua;

c) realizzare interventi che favoriscano l’infiltrazione delle acque nelle aree franose;

d) costruire, indurre e formare vie preferenziali di veicolazione di portate solide o liquide;

e) realizzare in presenza di fenomeni di colamento rapido (CR) interventi che incrementino la vulnerabilità della struttura, quali aperture sul lato esposto al flusso;

f) realizzare locali interrati o seminterrati nelle aree a pericolosità idraulica o da colamento rapido”.

Questa appena esaminata è la disciplina relativa alle singole concessioni o singoli interventi. Per quanto concerne la redazione degli strumenti urbanistici, invece, l’art. 5, comma 4 delle NdA stabilisce che “devono essere valutate le condizioni di dissesto evidenziate e la relativa compatibilità delle previsioni urbanistiche. La verifica è preventivamente trasmessa alla Regione che, ove ritenga ne sussista la necessità, provvede all’avvio della procedura di cui all’art. 6 (le procedure di aggiornamento e/o integrazioni del piano) per l’attribuzione ella classe di pericolosità”.

In chiusura appare interessate riportare quanto scritto nella Relazione Tecnica, ovvero:

“E’ da tenere inoltre presente che, laddove vi sia una sovrapposizione tra le aree a pericolosità idraulica moderata P1 con zone di attenzione idraulica, è stato scelto, in applicazione del principio di cautela, di dare priorità di rappresentazione alle zone di attenzione in quanto per esse l’attività di pianificazione necessita di opportuni approfondimenti i cui esiti non sono noti a priori”.

dott.sa Giada Scuccato

Lo scostamento dalle tabelle ministeriali non determina ex se l’anomalia dell’offerta

18 Mar 2013
18 Marzo 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 14 marzo 2013 n. 376, si occupa della valutazione delle offerte anomale, chiarendo che l’errore di valutazione posto in essere dalla stazione appaltante – consistente nell’aver confrontato il costo medio orario indicato dalle tabelle ministeriali con il prezzo orario unitariamente offerto dalla ditta aggiudicataria, anziché con il costo orario medio specificato nell’offerta – non determina l’automatica esclusione dalla gara della ditta.

Sebbene parte ricorrente ritienga che “tale errore di calcolo non ha permesso alla stazione appaltante di valutare l’effettivo scostamento (pari in termini percentuali al 6,33%) tra il costo medio tabellare e il costo medio orario effettivamente proposto dalla contro interessata la quale sarebbe dovuta essere esclusa dalla gara a causa dell’incongruità della propria offerta economica”, il Collegio ritiene tale motivo infondato poiché “la giurisprudenza amministrativa è, infatti, consolidata nel ritenere che il mancato rispetto dei minimi tabellari non determina di per sé l’automatica esclusione dalla gara, ma rappresenta un importante indice del carattere eventualmente anomalo dell’offerta proposta, che dovrà poi essere verificata nell’ambito del sub-procedimento di congruità dell’anomalia dell’offerta nel suo insieme, con conseguente irrilevanza di singole voci di scostamento.

Nel caso di specie, la stazione appaltante ha richiesto alla cooperativa controinteressata giustificazioni in merito al costo della manodopera, e la stessa ha fornito l’elenco dettagliato delle voci di costo che concorrono a formare la propria offerta economica, specificando le ragioni per le quali il costo orario medio ivi indicato (pari a € 16,11) sia minore rispetto a quello riportato nelle tabelle ministeriali di riferimento.

Non si rinvengono, quindi, nella fattispecie in esame, quei profili di arbitrarietà o illogicità che consentirebbero al giudice amministrativo di sindacare il meccanismo di verifica delle offerte anomale nei contratti pubblici, avendo la Commissione di gara ritenuto attendibile l’offerta economica della società aggiudicataria dopo analitico esame delle documentazione posta a giustificazione del rilevato scostamento di prezzo rispetto alle tabelle ministeriali”.

 Nella medesima sentenza, inoltre, il Collegio sottolinea che: “secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ritiene di doversi discostare, non sussiste ai fini della valutazione di anomalia delle offerte presentate in una gara d’appalto, una quota rigida di utile al di sotto della quale l’offerta debba considerarsi per definizione incongrua ben potendo anche un utile di modesta entità costituire un prezioso vantaggio per l’impresa, alla luce delle ricadute positive che possono discendere in termini di qualificazione, pubblicità e curriculum conseguenti all’aggiudicazione di un appalto pubblico (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2012, n. 4206)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 376 del 2013

Piano regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani e Speciali, anche pericolosi: adozione della “Proposta di piano”, della “Proposta di rapporto ambientale” e della “Sintesi non tecnica del rapporto ambientale”

18 Mar 2013
18 Marzo 2013

La deliberazione della Giunta Regionale n. 264 del 05 marzo 2013 reca il "Piano regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani e Speciali, anche pericolosi. Adozione della "Proposta di piano", della "Proposta di rapporto ambientale" e della "Sintesi non tecnica del rapporto ambientale" - D. Lgs. n. 152 del 2006 s.m. i. e L. R. n. 3 del 2000 s.m. i."

Con questo atto vengono adottati i documenti del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali, anche pericolosi, avviando le fasi di consultazione pubblica prevista per legge che porteranno alla definizione dei contenuti della futura programmazione in tema di gestione dei rifiuti.

L'art. 199 del D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, "Norme in materia ambientale" sancisce l'obbligo per le Regioni di predisporre ed adottare, entro il 12 dicembre 2013, i piani regionali di gestione dei rifiuti, procedendo alla loro approvazione in conformità alla procedura individuata alla Parte II del medesimo decreto in materia di VAS.

Prevede inoltre che vengano rese disponibili le informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.

DGRV 264 del 2013

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