Tag Archive for: Amministrativo

Una struttura lignea di sostegno di una rete antigrandine non ha rilevanza edilizia

31 Dic 2012
31 Dicembre 2012

Lo ha deciso il TAR Veneto nella sentenza n. 1542 del 2012.

Scrive il TAR: "L’opera oggetto di ordine di demolizione è costituita da una scarna intelaiatura lignea, di modeste dimensioni, costituita da materiale facilmente rimovibile, priva di strutture murarie di appoggio e di sostegno, che ha la funzione provvisoria di sostenere, durante la sola stagione estiva, una rete antigrandine di protezione dell’orto del ricorrente dai violenti nubifragi estivi.
Ritiene il Collegio che tale tipo di manufatto, per le sue limitate dimensioni e la sua precarietà, non abbia rilevanza edilizia, non rappresentando una modifica apprezzabile del territorio.
In secondo luogo, si ritiene che non sia nemmeno applicabile alla fattispecie in esame l’art. 12.4 c. 6 del regolamento edilizio comunale, che impone il rispetto della distanza minima dal confine, di almeno mt. 1,50, in relazione ai pergolati, alle tende parasole, e alle pompeiane.
Infatti, l’opera in oggetto non si presta ad essere ricompresa, sia sotto il profilo strutturale che funzionale, in alcuna di tali tipologie di opere.
Infatti, sia i pergolati, sia le tende parasole, sia le “pompeiane”, hanno la funzione di ombreggiare giardini o terrazze, e dunque hanno un certo impatto a livello di edilizia e di rapporti di vicinato, in quanto limitano il passaggio di aria e luce.
Viceversa, nel caso di specie, siamo in presenza di una struttura costituita da pochi assi che in alcun modo possono ostacolare il passaggio dell’aria e della luce.
Pertanto, l’opera in questione, non può essere considerata abusiva, non essendo soggetta ad alcun titolo abilitativo, né posta a distanza irregolare dal confine, non rientrando tra i manufatti contemplati dal regolamento edilizio in materia di distanze".

sentenza TAR Veneto 1542 del 2012

Il diritto di accesso ai documenti ispettivi non è sempre consentito

31 Dic 2012
31 Dicembre 2012

Il D.M. 4 novembre 1994 n. 757 recante il “Regolamento concernente le categorie di documenti formati o stabilmente detenuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sottratti al diritto d'accesso, ai sensi dell'art. 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241” stabilisce, ex art. 2, i documenti sottratti al diritto di accesso: “1. Sono sottratte al diritto di accesso le seguenti categorie di atti in relazione alla esigenza di salvaguardare la vita privata e la riservatezza di persone fisiche, di persone giuridiche, di gruppi, imprese e associazioni:

    a) documenti contenenti notizie sulla programmazione dell’attività di vigilanza, nonché' sulle modalità ed i tempi di svolgimento di essa;

    b) documenti contenenti le richieste di intervento dell'Ispettorato del lavoro;

    c) documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive, quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi;

    d) documenti contenenti notizie riguardanti le aziende pubbliche o private quando la loro divulgazione possa portare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza o provocare  concretamente una indebita concorrenza;

    e) relazioni ispettive presso gli enti previdenziali ed assistenziali;

    f) verbali di ispezione alle società cooperative;

    g) documenti riguardanti il lavoratore e contenenti notizie sulla sua situazione familiare, sanitaria,  professionale, finanziaria, sindacale o di altra natura, sempreché' dalla loro conoscenza possa derivare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza;

    h) documenti riguardanti il dipendente dell'amministrazione e contenenti notizie sulla sua situazione  familiare,  sanitaria, professionale, finanziaria, sindacale o di altra natura, sempreché'

dalla loro conoscenza possa derivare effettivo pregiudizio al diritto alla riservatezza.

2. Le notizie contenute nei documenti indicati alle categorie g) ed h), del  comma 1 del presente articolo, cessano di essere escluse dall'accesso quando costituiscono rispettivamente titoli per l'avviamento al lavoro o la partecipazione a pubblici concorsi”, mentre l’art. 3 concerne la durata del divieto di accesso: “Le categorie di documenti indicati nell'articolo precedente sono sottratti all'accesso rispettivamente per il  periodo sottoindicato, che decorre dalla data del provvedimento che chiude il procedimento di cui essi fanno parte:

    a) cinque anni;

    b) cinque anni, o finche' perduri il rapporto di lavoro nella ipotesi che la richiesta di intervento provenga da un lavoratore o abbia comunque ad oggetto un rapporto di lavoro;

    c) finche' perduri il rapporto di lavoro, salvo che le notizie contenute nei documenti di tale categoria risultino a quella data sottoposti al segreto istruttorio penale;

    d) fino a quando sussista il titolare del diritto alla riservatezza;

    e) cinque anni, salvo che le notizie contenute nei documenti di tale categoria  risultino a quella data sottoposti al  segreto istruttorio penale;

    f) cinque anni, salvo che le notizie contenute nei documenti di tale categoria risultino a quella data sottoposti al segreto istruttorio penale;

    g) finche' e' in vita il titolare del diritto alla riservatezza;

    h) finche' e' in vita il titolare del diritto alla riservatezza”.

 Tali disposizioni normative però devono essere coordinate con l’art. 24, c. 7, l. 241/1990 secondo cui: “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini  previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati  idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.

 Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 24 dicembre 2012 n. 1597, con riferimento al rigetto dell’istanza - del datore di lavoro - di accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori-controinteressati agli ispettori del lavoro, dichiara che: “qualora il procedimento ispettivo si concluda senza l'adozione di atti o provvedimenti a carattere sanzionatorio o comunque in danno al datore di lavoro, si deve ritenere prevalente il diritto del dipendente alla riservatezza circa le dichiarazioni rese all'ispettore e conseguentemente legittimamente negato l'accesso a tali documenti formatisi nell'ambito del procedimento ispettivo. Viene meno infatti il nesso strumentale tra l'actio ad exhibendum esercitata dal datore di lavoro e la necessità di agire in giudizio a difesa di una posizione soggettiva lesa non riscontrata.

Se invece le dichiarazioni costituiscono il supporto di un provvedimento sanzionatorio adottato nei confronti del datore di lavoro, il diritto di difesa del datore di lavoro include l’accesso alle dichiarazioni rese da dipendenti e terzi nel corso del procedimento ispettivo (così Consiglio di Stato VI n° 7979 del 2010, Tar Veneto III n° 814 del 2012)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1597 del 2012

Se l’immobile è abusivo, la gestione al suo interno di un servizio per conto del comune non crea alcun affidamento

28 Dic 2012
28 Dicembre 2012

Un immobile in zona agricola viene abusivamente traformato in canile, gestito in convenzione col comune e l'USL, consapevoli dell'abuso edilzio.

Dopo un tira-molla di otto anni (evidentemente comodo anche al comune) il comune ordina la rimessione in pristino.

Il TAR Veneto, con la sentenza n. 1554 del 2012 ritiene corretta l'ordinanza ripristinatoria: "Deve essere rigettato anche il secondo motivo. Con esso si sostiene come l’ordinanza di rimessione incida, sostanzialmente, su un “affidamento” del ricorrente e, in ciò, rilevando come nel caso di specie sia decorso un periodo pari a otto anni
tra la prima ordinanza di sospensione lavori e il provvedimento impugnato con il presente ricorso.
In relazione a quanto affermato da parte ricorrente va evidenziato come la sottoscrizione della Convenzione (e anche le eventuali proroghe) non possono essere poste a fondamento dell’affidamento del privato e, ciò, anche considerando come essa stessa fosse diretta a garantire l’esperimento di un servizio pubblico di fondamentale rilievo per la comunità in cui incide.
Di qui anche laddove risultino provate le successive proroghe della Convenzione di cui si tratta è indubitabile che esse nulla attengano all’abuso edilizio contestato. Sul punto va comunque rilevato come appaia verosimile la tesi del Comune, laddove evidenzia come dette proroghe erano finalizzate all’individuazione di quella soluzione alternativa che avrebbe permesso all’Amministrazione di impedire una qualunque interruzione del servizio così gestito.
Deve essere rilevato, infatti, come il potere dell’Amministrazione di perseguire gli abusi edilizi, sia l’espressione di un potere generale a tutela della collettività di cui all’art. 27 del Dpr 380/2001 e, in quanto tale, impegna in qualunque tempo l’Amministrazione nel perseguire gli abusi riscontrati e, ciò, a prescindere o meno dall’esistenza di rapporti negoziali con le parti coinvolte.
Come insegna un costante orientamento al quale questo Collegio ritiene di aderire (T.A.R. Campania Salerno Sez. II, 7 maggio 2012, n. 828) “la repressione degli abusi edilizi costituisce un obbligo per l'Amministrazione, non residuando in capo alla medesima alcuna discrezionalità a fronte dell'accertamento della violazione delle relative norme. Pertanto, il provvedimento di demolizione non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione del medesimo con gli interessi privati coinvolti, né una motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendosi neppure ammettere l'esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione della situazione di fatto abusiva, in quanto la medesima non è suscettibile di legittimazione in ragione del trascorrere del tempo (si veda anche Cons. Stato Sez. IV, 4 maggio 2012, n. 2592)”.
3. Per un ulteriore orientamento giurisprudenziale, in assenza di un’inerzia che abbia fatto insorgere un effettivo affidamento del privato, l’ordine di demolizione non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico né una comparazione di quest’ultimo con gli interessi pubblici coinvolti. Il presupposto per l’adozione dell’ordinanza di demolizione è costituito soltanto dalla constata esecuzione dell’opera in difformità del titolo abilitativo od in carenza dello stesso, con la conseguenza che, ove ricorrano tali requisiti il provvedimento è sufficiente motivato (Tar Umbria n. 197 del 30/05/2012)".

sentenza TAR Veneto 1554 del 2012

Nel caso di accordi transattivi col comune, subordinati a una variante urbanistica, non necessariamente la giurisdizione spetta al TAR

28 Dic 2012
28 Dicembre 2012

La sentenza del TAR Veneto n. 1556 del 2012 si occupa di accordi con il Comune e di giurisdizione.

Tra un privato e il comune erano state scambiate proposte transattive di varie questioni pendenti, subordinate alla approvazione da parte del comune di una variante urbanistica e si discuteva se l'accordo transattivo fosse stato concluso oppure no.

Il TAR Veneto ha ritenuto di non avere giurisdizione in merito, non tanto per il profilo riguardante la conclusione oppure no del contratto, ma perchè, anche se l'accordo fosse stato raggiunto, da esso sarebbero derivati solo obblighi civilistici, sia pure condizionati  dalla approvazione di una variante urbanistica.

Secondo il TAR, tale accordo non rientra tra i casi nei quali è prevista la giurisdizione del giudice amministrativo, ex art. 133 co. 1 lett. a n. 2 c.p.a., spettando la stessa al giudice ordinario.

sentenza TAR Veneto 1556 del 2012

Approvata la riforma della professione forense

28 Dic 2012
28 Dicembre 2012

Nella seduta del 21 dicembre 2012 il Senato ha approvato la legge di riforma della professione di avvocato.

Pubblichiamo un testo non ufficiale, elaborata dal Consiglio Nazionale Forense.

2012 12 21 CNF

Uno sconosciuto di nome PAI si aggira per il Veneto – 2

27 Dic 2012
27 Dicembre 2012

Pubblichiamo la seconda parte dello studio della dott.sa Giada Scuccato sul PAI, riguardante i rapporti tra il PAI, gli strumenti urbanistici e i titoli abilitativi edilizi.

La prima parte è stata pubblicata il 21 dicembre 2012.

PAI - strumenti urbanistici e titoli abilitativi

Buon Natale

25 Dic 2012
25 Dicembre 2012

Venetoius e i suoi collaboratori augurano buon Natale a tutti i lettori.

Uno sconosciuto di nome PAI si aggira per il Veneto – 1

21 Dic 2012
21 Dicembre 2012

Pubblichiamo uno studio della dott.sa Giada Scuccato sul PAI (Piano stralcio per l'Assetto Idrogeografico), piano che risulta sconosciuto alla maggior parte degli operatori.

Per intuire l'importanza del PAI basta segnalare che l'articolo 8, comma 1, delle Norme di Attuazione del PAI dei bacini idrografici dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Piave e Brenta-Bacchiglione (approvato con la delibera n. 3 del 9 novembre 2012 del Comitato istituzionale) stabilisce che: "Le Amministrazioni comunali non possono rilasciare concessioni, autorizzazioni, permessi di costruire od equivalenti, previsti dalle norme vigenti, in contrasto con il Piano".

Questo primo studio riguarda la storia e le procedure di formazione del PAI.

Seguirà un successivo studio sui rapporti tra il PAI, gli strumenti urbanistici e i titoli abilitativi edilizi.

Il Piano di Assetto Idrogeologico - storia e procedimenti

Prime linee guida della Provincia di Vicenza sul PTCP: sistema delle ville venete e contesti figurativi

21 Dic 2012
21 Dicembre 2012

Sul sito della Provincia è stato pubblicato il primo documento di indirizzi per l'applicazione della disciplina del PTCP ovvero: PTCP - Linee guida - sistema delle ville venete, contesti figurativi.

Il link è il seguente:

http://www.provincia.vicenza.it/ente/la-struttura-della-provincia/servizi/urbanistica/ptcp-linee-guida



Il diritto di rivalsa dello Stato per le violazioni della CEDU commesse dagli enti locali: chi risponde? Spetta al G.O. la giurisdizione

21 Dic 2012
21 Dicembre 2012

Con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20.9.2011 è stato ordinato al Comune di Spinea di versare, in favore dello Stato italiano, la somma di € 3.001.836,00 in attuazione di quanto stabilito dall'art. 16 bis, comma 9, della L. n. 11/2005, a titolo di diritto di rivalsa dello Stato nei confronti degli enti territoriali responsabili di violazioni delle disposizioni della CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo).

Infatti con una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, divenuta definitiva il 24 ottobre 2007, lo Stato Italiano è stato condannato a pagare agli interessati la somma di € 3.001.836,00 a titolo di equa soddisfazione per la violazione dell’art. 1, protocollo addizionale 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. In particolare, la controversia atteneva alla procedura espropriativa per pubblica utilità posta in essere dal Comune di Spinea e riguardante alcuni terreni di proprietà degli interessati, che erano stati destinati ad edilizia economica e popolare nell’ambito di un P.E.E.P. Le trattative per la definizione dell’indennità di esproprio erano iniziate già nel 1981 senza portare ad acun esito definitivo, mentre la controversia giudiziaria aveva avuto inizio nel 1991, dinanzi al Tribunale civile di Venezia. Infine, nel 1998 gli interessati si erano rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, la quale si era pronunciata con le suddette sentenze.

Il Comune contesta che lo Stato abbia il diritto di rivalsa, perchè il Comune si è limitato ad applicare le leggi dello Stato e, quindi, unico responsabile della condanna inflitta dalla Corte europea sarebbe lo stato stesso e non il Comune.

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 12 dicembre 2012 n. 1546, dichiara la giurisdizione del Giudice Ordinario in materia di diritto di rivalsa dello Stato nei confronti degli enti territoriali responsabili di violazioni delle disposizioni della CEDU, in base alla l. 4.02.2005 n. 11 “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, il cui art. 16 bis recita: “1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa comunitaria. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 1, del citato Trattato.

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dall'articolo 11, comma 8, della presente legge.

3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri Fondi aventi finalità strutturali.

4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee ai sensi dell'articolo 228, paragrafo 2, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

5. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.

6. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5:

  • a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;
  • b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;
  • c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato ed in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

7. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

8. I decreti ministeriali di cui al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

dott. Matteo Acquasliente

sentenza TAR Veneto 1546 del 2012

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