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Ecco le nuove soglie comunitarie in materia di appalti

08 Gen 2014
8 Gennaio 2014

Con il Regolamento UE n. 1336/2013 del 13 dicembre 2013 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE L 335/17 del 14 dicembre 2013) sono state adottate le nuove soglie di applicazione della normativa comunitaria in materia di appalti pubblici.

Il Regolamento è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri dell’Unione Europea a partire dal 1 gennaio 2014.

Le soglie determinano gli importi dei bandi di gara a partire dai quali si applica la normativa comunitaria anziché quella nazionale, e sono state fissate in:

  • 134.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e servizi aggiudicati da autorità governative centrali (ministeri, enti pubblici nazionali);
  • 207.000 euro per gli appalti pubblici di forniture e di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici diverse dalle autorità governative centrali;
  • 5.186.000 euro per gli appalti pubblici di lavori.

Per quanto concerne invece gli appalti nei cosiddetti "settori esclusi" (appalti pubblici nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali), saranno in vigore dal 1 gennaio 2014 le seguenti soglie:

  • 414.000 euro per gli appalti di forniture e di servizi;

5.186.000 euro per gli appalti di lavori e per le concessioni.

dott. Matteo Acquasaliente

Regolamento UE n. 1336 del 2013

Chi non ha presentato una domanda di partecipazione può impugnare gli atti della procedura diretta all’assegnazione degli alloggi di proprietà comunale?

08 Gen 2014
8 Gennaio 2014

Risponde di no il TAR Veneto nella sentenza n. 1409 del 2013.

Scrive il TAR: "2.1 Per quanto concerne in particolare la procedura diretta all’assegnazione degli alloggi di proprietà comunale va rilevato come, con il ricorso e i successivi motivi aggiunti, si siano impugnati una pluralità di provvedimenti, che vanno dalla delibera della Giunta Comunale di Cortina d’Ampezzo n. 205 del 20 Dicembre 2011, con la quale sono stati sanciti gli “indirizzi politico amministrativi per la predisposizione di un Bando per la locazione di unità abitative di proprietà comunale”, sino all’impugnazione del relativo bando e della graduatoria.
2.2 Sul punto risulta dirimente constatare, al fine della pronuncia di inammissibilità, come tali impugnative siano state proposte con riferimento ad una procedura in cui l’attuale ricorrente aveva ritenuto di non proporre alcuna domanda di partecipazione.                                                                                                                                                                                         

2.3 Detta fattispecie è stata oggetto di un costante e consolidato orientamento giurisprudenziale, confermato anche di recente (per tutti si veda Cons. Stato Sez. III, 17-06-2013, n. 3324) e riferito alla disciplina dei contratti pubblici, fattispecie che è possibile applicare al caso in questione in considerazione di un’evidente analogia con le procedure di selezione dei partecipanti poste in essere dal Comune di Cortina. L’orientamento sopra citato prevede che “Nelle controversie riguardanti l'affidamento di contratti pubblici la legittimazione al ricorso spetta, di massima, salvo ipotesi residuali e tassative individuate dalla giurisprudenza, esclusivamente ai soggetti che abbiano partecipato alla gara, poiché solo a tale qualità si riconnette l'attribuzione di una posizione sostanziale differenziata e meritevole di tutela. L'interesse c.d. strumentale al conseguimento del bene della vita consistente nell'affidamento dell'appalto resta, quindi, condizionato al positivo riscontro della legittimazione al ricorso. L'onere di presentazione della domanda di partecipazione ai fini della qualificazione dell'interesse all'impugnazione viene meno solo: a) nella contestazione in radice della scelta della stazione appaltante di indire la procedura di scelta del contraente; b) nei giudizi introdotti ad iniziativa dell' operatore economico di settore avverso un affidamento diretto o senza gara; c) in presenza di clausole del bando che si qualifichino escludenti in relazione alla previsione di  determinati requisiti di partecipazione”.
2.4 Analoghe pronunce (T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, 07-11-2012, n. 2686) hanno previsto che l'impugnazione di un bando di gara è consentito alle imprese che non abbiano presentato domanda di partecipazione alla gara medesima, soltanto nell’ipotesi in cui – evidentemente eccezionale - il bando stesso contenga delle norme che non consentano la partecipazione alla gara indetta, nel senso che se le imprese suddette avessero partecipato alla gara, sarebbero state sicuramente escluse.
2.5 L’analisi della fattispecie ora sottoposta a questo Collegio consente di rilevare l’inesistenza di quelle ipotesi eccezionali sopra ricordate e, ciò, considerando come nel ricorso proposto non sia stato dedotto alcun vizio suscettibile di impedire la partecipazione dell’attuale ricorrente.
2.6 La parte ricorrente, non presentando alcuna domanda di partecipazione, si è implicitamente autoesclusa dall'ulteriore corso della procedura, determinando il venir meno di un qualsiasi legittimazione e interesse all’annullamento degli atti impugnati.
3 E’, infatti, del tutto evidente che l’eliminazione dall’ordinamento degli atti, riferiti alla procedura di assegnazione degli alloggi di proprietà comunale, non determinerebbe alcun beneficio dell’attuale parte attrice che, in quanto tale, non potrebbe ottenere l’assegnazione di alcuno degli immobili di cui si tratta, considerando peraltro come i relativi contratti di locazione siano stati sottoscritti, senza peraltro risultare oggetto di specifica impugnazione.

...

6. Analogamente inammissibile è l’impugnativa proposta avverso gli atti relativi all’assegnazione di alloggi a servizio a dipendenti del Comune (e assimilati) di Cortina d’Ampezzo e, ciò, considerando come la parte ricorrente non abbia provveduto ad impugnare il provvedimento di esclusione.
6.1 Sul punto va ricordato che per un costante orientamento (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 11 del 2010), si è previsto che, nel caso in cui l'amministrazione abbia emanato un provvedimento di esclusione, il concorrente non ha la legittimazione ad impugnare l'aggiudicazione, a meno che non ottenga una pronuncia di accertamento della illegittimità dell'esclusione. Si è sancito, infatti, che la determinazione di esclusione, non impugnata o non annullata, cristallizza definitivamente la posizione sostanziale del concorrente, ponendo quest’ultimo nella stessa situazione soggettiva di colui che sia rimasto estraneo alla gara, in quanto titolare di un interesse di mero fatto (Consiglio di Stato n. 6711/2011).
6.2 Un ulteriore decisione in materia di rapporto tra ricorso incidentale e ricorso principale (Cons. Stato Ad. Plen., 07-04-2011, n. 4) ha, seppur indirettamente, confermato il principio sopra ricordato, disponendo che “la mera partecipazione (di fatto) alla gara non è sufficiente ad attribuire la legittimazione al ricorso. Pertanto la definitiva esclusione o l'accertamento dell'illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva. La legittimazione al ricorso deve essere correlata ad una situazione differenziata, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione. Tale regola, ormai consolidata, subisce alcune deroghe, concernenti, rispettivamente: a) la legittimazione del soggetto che contrasta, in radice, la scelta di indire la procedura; b) la legittimazione dell'operatore economico "di settore", che intende contestare un "affidamento diretto" o senza gara; c) la legittimazione dell'operatore che impugna una clausola del bando "escludente", in relazione alla illegittima previsione di determinati requisiti di qualificazione”.

sentenza TAR Veneto 1409 del 2013

In materia paesaggistica non basta a giustificare un diniego l’affermazione che le opere per “materiali e tipologia danneggiano la percezione paesaggistica dei luoghi”

08 Gen 2014
8 Gennaio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1407 del 2013, rilevando una certa masochistica ostinazione della Soprintendenza a emanare atti palesemente vocati all'annullamento da parte del TAR.

Scrive il TAR: "2. Per quanto concerne il ricorso 2151/11 è possibile disporne l’accoglimento, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati, ritenendo sul punto fondato il primo motivo, nell’ambito del quale si censura il carattere apodittico e generico della motivazione.
2.1 A tal fine è opportuno ricordare come il provvedimento di diniego impugnato ha respinto la domanda di definizione degli illeciti edilizi, limitatamente al garage in lamiera e al manufatto ad uso sgombero “in quanto per materiali e tipologia danneggiano la percezione paesaggistica dei luoghi”.
2.2 Sul punto va richiamato quell’orientamento giurisprudenziale (per tutti Consiglio di Stato sez. V n.5392/2001) nella parte in cui ha sancito che l’atto conclusivo del procedimento conseguente ad una domanda di sanatoria deve indicare specificamente le ragioni di diritto e di fatto poste a base del diniego opposto, motivando in modo esaustivo circa la concreta incompatibilità del progetto sottoposto all’esame con i valori paesaggistici tutelati, indicando le ragioni per le quali le opere edilizie  considerate non si ritengono adeguate alle caratteristiche ambientali protette. Anche questo Tribunale (T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, 25-05-2012, n. 738) ha avuto modo di precisare che “Per quanto concerne la motivazione idonea a sorreggere un provvedimento di diniego del richiesto nulla osta per la costruzione in area soggetta a vincolo paesaggistico, deve chiarirsi che l'Amministrazione non può limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia  idonea ad inserirsi nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di contrasto; pertanto, occorre un concreto ed analitico accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche”.
2.3 Va pertanto condivisa la ricostruzione di parte ricorrente, laddove ricorda come il solo riferimento generico alla tipologia della costruzione e delle scelta dei materiali non possa essere considerato sufficiente a sorreggere il diniego di concessione in sanatoria. Se è pur vero che analoga giurisprudenza ha ritenuto la sufficienza di una motivazione scarna e sintetica, quest'ultima deve rilevare comunque gli estremi logici  dell'incompatibilità (T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 01-08- 2013, n. 690 e Cons. Stato Sez. IV, 29 novembre 2012, n. 6082).
2.4 Nulla di tutto ciò è presente nel caso di specie, dove gli unici elementi di incompatibilità sono individuati per “materiali e tipologia danneggiano la percezione paesaggistica dei luoghi”, risultando assente un qualunque riferimento alle caratteristiche dell’ambiente circostante, suscettibile in quanto tale di far comprendere le ragioni a fondamento di detta incompatibilità.
2.5 Nemmeno è possibile condividere le argomentazioni dell'Amministrazioni comunale laddove rileva come i manufatti in lamiera di cui si tratta risulterebbero evidentemente incompatibili, di per sé, con il territorio di Venezia.
2.6 Dette argomentazioni non sono suscettibili di determinare il venir meno del carattere generico e apodittico della motivazione, risultando applicabili ad un qualunque manufatto incidente nell’area di cui si tratta, la cui realizzazione risulterebbe, comunque, incompatibile con l’ambiente circostante solo perché incidente sul territorio di Venezia".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 1407 del 2013

Tavola rotonda “politica” a Asolo sul piano casa: mercoledì 8 gennaio 2014 ore 18

07 Gen 2014
7 Gennaio 2014

Organizzato da Confartigianato Marca Trevigiana, Confartigianato Vicenza, in collaborazione con la Fondazione La Fornace e con il patrocinio del Consiglio Regione Veneto

Il Veneto volta pagina: Piano casa e tutela del territorio.
Mercoledì 8 gennaio - ore 18:00
La Fornace di Asolo

Saluti:
Clodovaldo Ruffato, presidente del Consiglio regionale del Veneto
Mario Pozza, presidente Confartigianato Marca Trevigiana
Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Vicenza
Francesco Giacomin, presidente Fondazione La Fornace dell'Innovazione

Tavola rotonda:
Bruno Barel, avvocato e docente Università di Padova
Paolo Bassani, presidente Federazione edilizia Confartigianato del Veneto
Franco Conte, senatore
Andrea Gioss, sindaco di Asiago
Gian Antonio Stella, giornalista
Marino Zorzato, vicepresidente Regione del Veneto

Coordina
Daniele Ferrazza

Informazioni:
Confartigianato Marca Trevigiana, tel 0422 433300 begin_of_the_skype_highlighting 0422 433300 GRATIS  end_of_the_skype_highlighting
Confartigianato Vicenza, tel 0444 168300 begin_of_the_skype_highlighting 0444 168300 GRATIS  end_of_the_skype_highlighting
Presidenza Consiglio regionale del Veneto, tel 041 2701310 begin_of_the_skype_highlighting 041 2701310 GRATIS 

La partecipazione alle gare delle imprese che hanno presentato domanda di concordato con continuità “in bianco”: la giurisprudenza oscilla

07 Gen 2014
7 Gennaio 2014

Il concordato preventivo con continuità aziendale è disciplinato dall’art. 186-bis del RD 16.03.1942, n. 267, norma introdotta nel corpo della c.d. “Legge fallimentare” dall’art. 33, comma 1, lett. h), del DL 22.06.2012, n. 83, convertito con legge 7.08.2012, n. 134.

Sullaa partecipazione alle gare delle imprese che hanno presentato domanda di concordato con continuità “in bianco” recenti e importanti decisioni del Consiglio di Stato e del TAR Bolzano non forniscono chiavi di lettura “univoche”.

Sulla questione pubblichiamo un intervento del dott. Roberto Travaglini di Confidustria Vicenza, che sentitamente ringraziamo.

Partecipazione_gare_domanda_concordato_in_bianco_Venetoius

Cons_Stato_V_6272-2013_concordato_con_continuità_gara_appalto

TAR_Trentino_Alto_Adige_Bolzano_364-2013

 

Una moschea può essere utile all’anima dei fedeli e anche salvare il piano regolatore

07 Gen 2014
7 Gennaio 2014

La sentenza del TAR Brescia n. 1176 del 2013 si occupa dei PRG che non prevedono una moschea, ma solo chiese cattoliche, e li considera illegittimi.

Scrive il TAR: "Il Piano dei servizi, che ai sensi dell’art. 7 della l.r. 12/2005 è una delle articolazioni del PGT, ai sensi del successivo art. 9 comma 4 “valuta prioritariamente l'insieme delle attrezzature al servizio delle funzioni insediate nel territorio comunale… e, in caso di accertata insufficienza o inadeguatezza delle attrezzature stesse, quantifica i costi per il loro adeguamento e individua le modalità di intervento. Analogamente il piano indica… le necessità di sviluppo e integrazione dei servizi esistenti, ne quantifica i costi e ne prefigura le modalità di attuazione..”. Ai sensi degli artt. 71 e 72 della stessa l. 12/2005, fanno poi parte dei “servizi” che il relativo Piano deve considerare anche le “attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi”, da pianificare “valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all’articolo 70”.

15. Quest’ultima norma, infine, considera confessioni religiose le cui istanze vanno valutate non solo la Chiesa cattolica, ma anche tutte le altre “confessioni religiose come tali qualificate in base a criteri desumibili dall’ordinamento ed aventi una presenza diffusa, organizzata e stabile nell’ambito del comune ove siano effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo, ed i cui statuti esprimano il carattere religioso delle loro finalità istituzionali”. E’ poi del tutto manifesto che tali caratteri si riconoscono in una religione diffusa a livello mondiale come l’Islam.

16. La stessa norma richiama anche una “previa convenzione” fra le associazioni ed il Comune interessato, richiamo che però va interpretato in senso conforme alle norme che nel nostro ordinamento garantiscono la libertà di culto, ovvero l’art. 19 Cost., l’art. 9 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, esecutiva in Italia per la l. 4 agosto 1955 n°848 e l’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, o Carta di Nizza, 7 dicembre 2000, che come è noto ha ora il medesimo valore giuridico dei Trattati europei, ai sensi dell’art. 6 del Trattato di Lisbona 13 dicembre 2007.

17. In tali termini, la stipula di una convenzione deve ritenersi richiesta per realizzare opere con “contributi e provvidenze” pubblici, non già semplicemente per essere presi in considerazione come realtà sociale ai fini della programmazione dei servizi religiosi, perché a pensarla altrimenti ogni Comune potrebbe scegliere in modo discrezionale di promuovere o avversare una qualche confessione religiosa rispetto ad altre.

18. Ciò posto, e a prescindere dalla generica possibilità, allegata dal Comune, di realizzare altrimenti i servizi religiosi in base alle norme comuni sulla modifica della destinazione d’uso di immobili esistenti, possibilità secondo logica dipendente dalle norme di zona, è accertato quanto l’associazione afferma, ovvero che (v. doc. 12 ricorrente, copia catalogo servizi esistenti; doc. 11 ricorrente, copia relazione generale al PGT, p. 92 § 10) nel redigere il Piano dei servizi sono stati considerati soltanto i servizi religiosi collegati alla Chiesa cattolica. Per conto, la presenza in Brescia di comunità di cittadini di religione musulmana è dato notorio a livello locale e nazionale.

19. La delibera di approvazione del PGT va pertanto annullata nella parte in cui omette di apprezzare, attraverso una corretta e completa istruttoria, quali e quante realtà sociali espressione di religioni non cattoliche, in ispecie islamiche, esistano nel Comune, di valutare le loro istanze in termini di servizi religiosi e di decidere motivatamente se e in che misura esse possano essere soddisfatte nel Piano dei servizi".

sentenzaTAR Brescia 1176 del 2013

La natura giurisdizionale del ricorso Straordinario al Capo dello Stato

07 Gen 2014
7 Gennaio 2014

La sentenza del TAR Veneto n. 1406 del 2013 contiene una interessante precisazione circa la natura giuridica del ricorso Straordinario al Capo dello Stato.

Scrive il TAR: "3.1 Tali argomentazioni non possono essere condivise in quanto si riferiscono ad un momento storico antecedente all’introduzione del Codice del Processo Amministrativo nell’ambito del quale sussisteva, ancora, una diversità di opinioni (dottrinarie e giurisprudenziali) circa la natura giuridica del ricorso Straordinario al Capo dello Stato. Come hanno confermato recenti pronunce (Consiglio di Stato ad. plen. del 06/05/2013 n. 9) “A fronte di un contrasto giurisprudenziale esistente in ordine alla natura giuridica del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, va confermato l'orientamento che riconosce la natura sostanzialmente giurisdizionale del rimedio in parola e dell'altro terminale della relativa procedura, in tal senso deponendo le ultime novità normative che hanno interessato l'istituto e, in particolare, assumendo rilievo decisivo lo "ius superveniens" che ha attribuito carattere vincolante al parere del Consiglio di Stato con il connesso riconoscimento della legittimazione dello stesso Consiglio a sollevare, in detta sede, questione di legittimità costituzionale”.
3.2 E’, allora, del tutto evidente che in conseguenza dell’entrata in vigore del nuovo codice del Processo Amministrativo si sia progressivamente attenuata la diversità tra natura amministrativa e giurisdizionale delle decisioni conclusive, rispettivamente dei ricorsi al Capo dello Stato e delle sentenze del Giudice Amministrativo.
3.3 Come ha correttamente rilevato anche una recente pronuncia della Suprema Corte (Cassazione civile sez. III del 26/08/2013 n. 19531) “In tema di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, solo i ricorsi proposti a partire dal 16 settembre 2010, ossia dall'entrata in vigore del codice del processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104), ricadono sotto il nuovo regime della giurisdizionalizzazione, ossia danno vita ad un processo giurisdizionale equipollente a quello amministrativo ordinario, che si conclude con una decisione di natura giurisdizionale, atta a dar luogo alla cosa giudicata”. Detti rilievi risultano, oltre che condivisibili, anche pienamente applicabili al caso di specie e, ciò, laddove si consideri come il ricorso Straordinario di cui si tratta è stato notificato in data 25/06/2011.
3.3 Ne consegue che deve ritenersi priva di pregio l’eccezione di parte ricorrente laddove rileva la natura sostanzialmente “amministrativa” dell’atto di opposizione, in quanto segmento del giudizio innanzi al Capo dello Stato e, ciò, considerando come l’atto di opposizione determinerebbe la semplice trasposizione del giudizio nell’ambito di un diverso giudice, le cui decisioni sono, entrambe, carattezzate da profili tipicamente processuali.

4. Ma anche laddove non si intenda valorizzare le analogie tra i due giudizi va ricordato come un recente orientamento giurisprudenziale (Consiglio di Stato sez. IV del 06/08/2013 n. 4149) ha rilevato, espressamente, la natura tipicamente processuale della fase di opposizione e, ciò, nella parte in cui ha previsto che “Il termine di 60 giorni per l'opposizione dei controinteressati all'ulteriore corso del rimedio straordinario e per il trasferimento in sede giurisdizionale della controversia (previsto dall'art. 10 d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199), ha natura processuale, in quanto concernente il giudizio davanti al giudice amministrativo e non viceversa il ricorso straordinario; pertanto, si applicano le norme sulla sospensione dei termini in periodo feriale (così, Cons.giust.amm. Sicilia sez. giurisd., 25 marzo 1999, n. 131)”.

sentenza TAR Veneto 1406 del 2013

Auguri di buon 2014

01 Gen 2014
1 Gennaio 2014

Venetoius augura a tutti i lettori un buon 2014.

Gli ammutinati del piano casa – 1

31 Dic 2013
31 Dicembre 2013

Il terzo piano casa sta suscitando forti proteste da parte dei Comuni.

E già si odono gli squilli di tromba dei rivoltosi.

Il primo proviene da Asiago, che ha deliberato di non applicare il terzo piano casa, perchè, sebbene approvato con una legge regionale, sarebbe pur sempre un piano urbanistico e, come tale, richiederebbe la preventiva VAS: pertanto il Comune ha deciso di non applicare il terzo piano casa, perchè  lo ritiene illegittimo, in quanto privo di VAS.

E' ipotizzabile che il Comune blocchi le DIA che perverrano e, quindi, la questione dovrebbe arrivare al TAR in breve tempo.

avv. Dario Meneguzzo

delibera Piano Casa Comune Asiago

 

Gli ammutinati del piano casa – 2

31 Dic 2013
31 Dicembre 2013

Da parte sua il Comune di Tombolo sta capitanando una iniziativa rivolta a tutti i Sindaci del Veneto, con la quale, sulla scorta di un parere legale dell'avv. prof. Alessandro Calegari, inviata a deliberare quanto segue:

1) evidenziata una serie di motivi di illegittimità costituzionale della legge, di inviare la deliberazione al Consiglio dei Ministri, di modo che il Governo sia adeguatamente notiziato del contenuto della legge regionale n. 32 del 2013, anche ai fini della sua impugnazione in via diretta innanzi alla Corte costituzionale;

2) demandare all’Ufficio Tecnico di procedere alla ricognizione di quelle peculiarità del territorio che possano giustificare una parziale o limitata applicazione della citata legge regionale, riservandosi, all'esito di tale ricognizione, di sottoporre al Consiglio comunale, per la sua approvazione, il testo di una deliberazione di recepimento del terzo "Piano casa", che ne limiti o ne condizioni l'applicazione all'interno del territorio comunale. 

avv. Dario Meneguzzo

schema deliberazione 23 12 2013

sintesi parere per venetoius

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