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La razionalizzazione amministrativa opera anche attraverso il divieto per i comuni di istituire fondazioni

04 Apr 2013
4 Aprile 2013

La Corte conti – sez. contr. Veneto – con il  parere 19 marzo 2013 n. 75 ha risposto al quesito volto a conoscere se è ammissibile – in relazione ai disposti degli artt. 9, co. 6, D.L. 6 luglio 2012 n. 95, convertito in L. 7 agosto 2012 n. 135 e 114, co. 5-bis, D. Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 e s.m.i. -, la trasformazione di una Istituzione comunale, che gestisce una casa di riposo, in una Fondazione controllata dall’ente locale stesso.

Nel parere, la Sezione, richiama quanto disposto dal citato art. 9 del d.l. 95/2012. “Tale norma, infatti, nell’ambito di una politica generale di revisione della spesa pubblica, prevede una serie di misure volte alla razionalizzazione amministrativa anche attraverso il divieto di istituzione e la soppressione di enti, agenzie ed organismi. In particolare, il comma 6, introduce il divieto per gli enti locali di “istituire enti, agenzie e organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica, che esercitino una o più funzioni fondamentali e funzioni amministrative loro conferite ai sensi dell’articolo 118, della Costituzione”. Si tratta di un divieto di portata generale che comprende tutti gli organismi strumentali dell’ente locale, nell’ambito dei quali vanno ricomprese anche le fondazioni” (Tale divieto va letto nell’ambito del favor,manifestato da legislatore in più occasioni, nei confronti di una reinternalizzazione dei servizi e di un generale smaltimento degli apparati pubblici, latamente intesi).

“In ordine, poi, alle considerazioni svolte dal Comune richiedente sulla esclusione della riconducibilità del servizio di gestione di una casa di riposo comunale nell’ambito delle c.d “funzioni fondamentali” dei Comuni, indicate dall’art. 14, comma 27, lett. g), del d.l. 78/2010, così come riformulato dall’art. 19, comma 1, del citato d.l. 95/2012 (che riferisce tali funzioni anche alla progettazione e gestione dei servizi sociali ed erogazioni delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall’art. 118, comma 4, Cost.), trattandosi, in realtà, di un servizio socio-sanitario di competenza della Regione, la Sezione chiarisce innanzitutto che il termine generico “casa di riposo” non identifica una sola tipologia di struttura, ma un universo parcellizzato e diversificato a seconda dei servizi offerti (solo alcuni dei quali sono anche “socio-sanitari”), dove agiscono diverse attori, pubblici e privati: Stato, regioni, enti locali, privati e c.d. “terzo settore”.”

In riferimento, quindi al divieto vediamo come lo stesso abbia “portata generale la cui ratio consiste appunto “nell’evitare, da parte degli enti locali, l’ulteriore incremento del numero di organismi strumentali in mano pubblica”. Tale assunto è confermato anche da una lettura del combinato disposto del comma 6 con il comma 1, del citato art. 9. In quest’ultimo comma, infatti, nell’ambito di una politica generale di snellimento degli apparati pubblici, viene disposto che le regione, le province ed i comuni provvedano a sopprimere, accorpare o, in ogni caso, ad assicurare la riduzione dei relativi oneri finanziari – in misura non inferiore al 20% –  di “enti, agenzie ed organismi comunque denominati e di qualsiasi natura giuridica” che esercitino, “anche in via strumentale”, funzioni fondamentali di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione o funzioni ammnistrative spettanti ai comuni, province e città metropolitane ai sensi dell’art. 118 della Costituzione. Pertanto, con riferimento agli enti già istituiti, il legislatore usa la medesima formula che poi applicherà anche alla diversa ipotesi del divieto di istituire ex novo organismi di questo tipo di cui al citato comma 6. L’assunto che in siffatta formula siano comprese anche le aziende speciali trova conferma nella previsione di cui al comma 1 bis del citato art. 9, che esclude dall’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, le aziende speciali, gli enti e le istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali, educativi e culturali, che altrimenti ricadrebbero nell’ambito applicativo dell’obbligo di razionalizzazione e snellimento di cui al comma precedente. L’eccezione puntale, prevista dal comma 1 bis, la cui portata derogatoria è limitata solo alla portata precettiva del comma 1, e quindi riferita solo agli organismi già esistenti, conferma l’interpretazione omnicomprensiva della fattispecie diversa cui si riferisce il divieto di cui al comma 6, rispetto al quale non è stata prevista nessuna deroga e che porta a ricomprendere nel suo ambito applicativo anche le aziende speciali destinate a svolgere una funzione fondamentale, come quella ipotizzata nella richiesta di parere in argomento.”

dott.sa Giada Scuccato

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Il rapporto tra la convenzione urbanistica/varianti ed il Piano Particolareggiato

04 Apr 2013
4 Aprile 2013

 Con riferimento al rapporto tra la convenzione urbanistica ed il Piano Particolareggiato, il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 1574/2013, smentisce le censure di parte ricorrente secondo cui, atteso che “la convenzione assume funzione strettamente accessoria rispetto al sovrastante strumento di pianificazione attuativa, per quanto attiene alla regolazione dei rapporti tra il Comune e la parte privata, con la conseguenza che la convenzione medesima non può ex se incidere sulla vigenza dello strumento anzidetto”, “le pretese del Comune trarrebbero origine da previsioni convenzionali inesistenti o comunque divenute inefficaci in quanto deputate ad attuare un Piano particolareggiato che risultava già al momento della stipula della convenzione – ossia alla data del 23 luglio 2003 – decaduto da ben quattro anni, stante l’avvenuto decorso del termine di 10 anni di vigenza decorrente dalla sua approvazione (nella specie: 1989-1999)”.

 Al contrario, nella sentenza de qua, il Collegio “non dubita della circostanza che la convenzione stipulata il 23 luglio 2003 è di per sé insuscettibile di mutare i termini di vigenza del Piano particolareggiato a suo tempo predisposto ai fini della realizzazione del centro del Comune, e conferma anche nella presente sede di giudizio la piena validità dell’assunto secondo il quale il termine massimo di dieci anni di validità del piano di lottizzazione, stabilito dall’art. 16, quinto comma, della L. 17 agosto 1942 n. 1150 per i piani particolareggiati non è suscettibile di deroga neppure sull’accordo delle parti e decorre dalla data di completamento del complesso procedimento di formazione del piano attuativo (Cons. Stato, Sez. IV, 11 marzo 2003 n. 1315). Ciò in quanto la convenzione è per certo un atto accessorio al Piano di lottizzazione, deputato alla regolazione dei rapporti tra il soggetto esecutore delle opere e il Comune con riferimento agli adempimenti derivanti dal Piano medesimo, ma che non può incidere sulla validità massima, prevista in legge, del sovrastante strumento di pianificazione secondaria”.

 Con riferimento alla possibilità per le varianti di prorogare il Piano Particolareggiato, il Collegio ritiene che: “l’approvazione di una Variante ad un Piano particolareggiato non determina di per sé la proroga dell’efficacia dell’originario strumento di pianificazione secondaria, ancorché per ampia parte modificato, potendo tale effetto riconoscersi soltanto alle Varianti che approvano una operazione di sistemazione urbanistica fondamentalmente nuova e radicalmente diversa rispetto a quella originariamente prevista per la stessa zona (Cass. Civ., Sez. I, 9 novembre 1983 n. 6622), nonché alle Varianti che si riferiscano all’intero programma urbanistico, implicandone una positiva valutazione di attualità e di persistente conformità all’interesse pubblico”.

dott. Matteo Acquasaliente

Il rapporto tra il ricorso principale e quello incidentale

04 Apr 2013
4 Aprile 2013

Il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza del 18 marzo 2013 n. 1574, affronta numerose questioni di carattere processuale che verranno esaminate in una seria di post.

 Con riferimento all’appello incidentale previsto dall’art. 333 c.p.c. secondo cui: “Le parti alle quali sono state fatte le notificazioni previste negli articoli precedenti debbono proporre, a pena di decadenza, le loro impugnazioni in via incidentale nello stesso processo”, richiamato dall’art. 96 c. 1, 2 e 3, il quale prevede che: “1. Tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un solo processo.

2. Possono essere proposte impugnazioni incidentali, ai sensi degli articoli 333 e 334 del codice di procedura civile.

3. L'impugnazione incidentale di cui all'articolo 333 del codice di procedura civile può essere rivolta contro qualsiasi capo di sentenza e deve essere proposta dalla parte entro sessanta giorni dalla notificazione della sentenza o, se anteriore, entro sessanta giorni dalla prima notificazione nei suoi confronti di altra impugnazione”, il Consiglio di Stato rileva che: “ai sensi del combinato disposto dell’art. 96 cod. proc. amm. e dell’art. 333 cod. proc. civ., l’impugnativa proposta dal Comune di Noventa Padovana va configurata come appello incidentale autonomo avente ad oggetto capi della sentenza di primo grado che non hanno già formato oggetto dell’impugnazione principale.

E’ ben noto che, nel caso in cui avverso la sentenza resa in primo grado siano stati presentati un appello principale e un appello incidentale, può, a seconda dei casi, essere data priorità all’esame del ricorso che risulta decisivo per dirimere la lite, tenendo conto dei principi di economia processuale e di logicità (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. III, 4 novembre 2011 n. 5866): e, poiché nella specie l’appello incidentale proposto dal Comune non è deputato a contestare la legittimazione al ricorso principale, né comunque assume una valenza “paralizzante” dello stesso, il suo esame potrà convenientemente avvenire dopo la disamina dell’appello proposto da Kolbe”.

 Nella medesima sentenza, inoltre, i Giudici di Palazzo Spada definiscono il c.d. appello incidentale autonomo od improprio in questi termini: “la peculiarità dell’appello incidentale c.d. “improprio” (ossia ben altra cosa dell’impugnazione proposta in primo grado avverso un atto amministrativo) è di non essere diretto contro il medesimo capo della sentenza aggredito con l’appello principale, configurandosi come un autonomo gravame, la cui natura incidentale discende unicamente dall'esser stato proposto dopo un precedente appello principale, con la conseguenza dell’applicazione del principio di concentrazione delle impugnazioni sancito dall’art. 333 cod. proc. civ. secondo la logica del simultaneus processus e del correlativo onere per la parte proponente di rispettare i medesimi termini di impugnazione previsti per quello principale”.

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza CDS 1574 del 2013

Relazioni e slides del convegno del 22 marzo 2013 sullo sportello unico

03 Apr 2013
3 Aprile 2013

Pubblichiamo i video delle prime quattro relazioni del convegno del 22 marzo 2013 sullo sportello unico, la relazione scritta  dell'avv. Matteo Nani e le slides, ricordando che chiunque volesse inviare commemti, domande e proposte al dott. Bruno Berto della regione Veneto può utilizzare anche la funzione "commenta" in fondo al presente post. Ringraziamo sentitamente i nostri relatori.

Video dott. Berto

Slides SUAP dott. Berto 22.03

Video dott. Travaglini

SUAP Venetoius 22.03.2013 Slides Travaglini

Video dott. Vego Scocco

Torri di Quartesolo - marzo 2013 Slides Vego Scocco

Video avv. Bigolaro

Sintesi Relazione avv Nani SUAP LR 55 e attività commerciali LR 50 avv. Nani

In allegato pubblichiamo, inoltre, un parere del MISE , che chiarisce alcune criticità emerse nella fase di avvio dei SUAP comunali. In particolare, viene messo in evidenzia che l'utilizzo (da parte di un utente che intende inviare una pratica SUAP) di una casella PEC in alternativa alla piattaforma informatica che il Comune ha provveduto a registrare nel Portale www.impresainungiorno.gov.it, è da ritenere valido in casi limite, vale a dire  solo quando l'adempimento che si vuole trasmettere  non è gestibile con il software stesso.

parere MISE pec

Regione del Veneto: applicazione sperimentale della nuova procedura amministrativa di VAS‏

02 Apr 2013
2 Aprile 2013

Pubblichiamo la bozza della DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE del Veneto (prima della pubblicazione sul BUR), avente per oggetto "Presa d’atto del parere n. 24 del 26 febbraio 2013 della Commissione regionale VAS “Applicazione sperimentale della nuova procedura amministrativa di VAS”.

VAS regione Veneto-nuova procedura 2013

L’applicabilità del D. Lgs. 231/2002 ai lavori (pubblici e privati) e le ripercussioni sulla disciplina di settore (D. Lgs. 163/2006 e DPR 207/2010)

29 Mar 2013
29 Marzo 2013

Pubblichiamo le slides del dott. Roberto Travaglini di Confindustria Vicenza, relative al convegno del 28 febbraio 2013 sul tema: "L’applicabilità del D. Lgs. 231/2002 ai lavori (pubblici e privati) e le ripercussioni sulla disciplina di settore (D. Lgs. 163/2006 e DPR 207/2010)", ringraziando sentitamente l'autore.

 DLgs_231-2002_e_LL_PP

L’espropriato non è legittimato a far valere la mancanza di copertura finanziaria o l’antieconomicità di una scelta riguardante un’opera pubblica

29 Mar 2013
29 Marzo 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 409 del 2013 decide un ricorso col quale è stata impugnata la deliberazione di approvazione del progetto definitivo per la costruzione della nuova scuola primaria di un Comune, comportante la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, la cui realizzazione era prevista sull’area dei ricorrenti.

Scrive il TAR: "Il secondo motivo di ricorso, riguardante la pretesa mancanza della copertura finanziaria, è inammissibile, oltre ad essere infondato nel merito. Sotto il primo aspetto, si deve ricordare che, secondo l’orientamento della giurisprudenza amministrativa, il privato espropriato non è legittimato a far valere in sede giurisdizionale la pretesa invalidità della delibera comunale con la quale è stato approvato il progetto di un'opera pubblica, per inosservanza delle norme relative all'indicazione della copertura finanziaria, in quanto tali norme non sono dirette a tutelare altro interesse se non quello - del tutto estraneo al rapporto intersoggettivo tra privato e Pubblica amministrazione - al corretto andamento finanziario dell'Amministrazione locale (Cons. Stato: Sez. IV, Sent., 24-01-2011 n. 486; Sez. IV, 25 – 05 – 2005, n. 2718; sez. IV, 29 ottobre 2001, n. 5628; Sez. IV, 29 maggio 1995, n. 400). Il motivo è, poi, anche infondato, in quanto nell’attuale ordinamento degli enti locali, le questioni di copertura finanziaria non attengono più alla validità del provvedimento che comporta un impegno di spesa. Infatti, "a seguito della riscrittura dell'ordinamento contabile e della nuova distribuzione di competenze tra organi politico-amministrativi e responsabili dei singoli servizi, la copertura finanziaria, che prima era un prius, successivamente è divenuta, dal punto di vista dell'attestazione formale, un posterius. La norma dell'art. 55 comma 5 L. 8 giugno 1990, n. 142, è stata infatti modificata nel senso che l'attestazione di copertura ha assunto un significato accertativo della necessaria copertura di bilancio dell'atto emanato nel contesto del richiesto visto di regolarità contabile, che riguarda anche l'esatta imputazione di spesa. In altri termini, l'attestazione di copertura finanziaria non precede più l'impegno, nè soprattutto è requisito di validità, ma accede, completandolo, alla relativa deliberazione o determinazione di spesa di cui diventa condizione di esecutività, con la conseguenza che la sua mancanza non comporta la nullità dell'atto di spesa." (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 25 maggio 2005 n. 2718). In particolare, attualmente tale aspetto è regolato dall'art. 151, comma quarto del D.lgs. n. 267/2000, che, come appare evidente dalla semplice lettura, riproduce la previsione che l'atto amministrativo emanato senza la copertura finanziaria, lungi dall'essere "nullo di diritto", come previsto dal vecchio testo dell'art. 55, comma 5, della legge n. 142/1990, è valido e diviene esecutivo solo con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria. Nel caso in esame la delibera impugnata riporta il parere di regolarità contabile ex art. 49 D.lgs. n. 267/2000, ma non risulta agli atti di causa l’attestazione della copertura finanziaria che, tuttavia, per quanto sopra detto, potrà essere emessa nel prosieguo del procedimento, senza che ciò incida sulla validità della delibera. Il motivo in esame, dunque, a parte la sua ammissibilità, è infondato proprio alla luce della lettera della norma sopra richiamata.

3. Anche il terzo motivo è infondato, in quanto le motivazioni che hanno portato alla scelta dell’amministrazione, di costruire una scuola primaria ex novo in alternativa alla ristrutturazione di quella già esistente, sono state ampiamente illustrate nella delibera di Giunta Comunale n. 126 del 5/10/2009 di approvazione del programma triennale dei lavori pubblici. Peraltro, le deduzioni della ricorrente in ordine all’antieconomicità di tale scelta riguardano aspetti di merito che sfuggono al sindacato di legittimità spettante a questo Tribunale".

Come ci si difende allora dagli amministratori cattivi o incapaci (che ce sia qualcuno...)?

Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 409 del 2013

Il ricorso giurisdizionale non può ampliare il thema decidendum del ricorso gerarchico

29 Mar 2013
29 Marzo 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 14 marzo 2013 n. 382, chiarisce il rapporto tra il ricorso gerarchico ed il ricorso giurisdizionale: “secondo un principio pacifico e tramandato insegnamento, il ricorso giurisdizionale avverso la negativa determinazione del ricorso gerarchico non può ampliare ed estendere, oltre agli originali rilievi di legittimità espressi nel ricorso gerarchico, il thema decidendum e ciò sia nell’ipotesi di ricorso gerarchico facoltativo, secondo la novella del 1971 ( art. 20 L. 6 dicembre 1971, n. 1034, ora : art. 7, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104 e successive integrazioni e modificazioni), sia che tale procedura costituisca, come nel caso in questione ( art. 1363, D.L. 15 marzo 2010, n.66 e successive integrazioni e modificazioni), un presupposto indispensabile al successivo ricorso giurisdizionale .

Nel primo caso, infatti, si consentirebbe alla parte di svolgere i necessari rilievi critici oltre i termini decadenziali propri dei ricorsi giurisdizionali, nel secondo, invece, verrebbe frustrata la previsione deflattiva voluta dal legislatore sottoponendo all’Amministrazione una ridotta serie di censure, rispetto a quelle avanzate con il ricorso giurisdizionale e sulle quali quest’ultima non si è potuta pronunciare (Consiglio Stato sez. VI, 4 marzo 1998, n. 230; Consiglio Stato sez. IV, 5 settembre 2008, n. 4231)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 382 del 2013

Contrasto tra AVCP e Presidenza Consiglio Ministri: contratti elettronici anche per i cottimi fiduciari?

28 Mar 2013
28 Marzo 2013

Il 21 marzo 2013 la rivista on line Edilizia e Territorio ha pubblicato una nota di Giuseppe Latour, che tratta questo argomento: " Il contratto elettronico sarà obbligatorio sempre anche per le scritture private. Il ministero della Funzione pubblica ha da poco diffuso una nota con la quale chiarisce alcuni dubbi sulla stipulazione dei contratti in forma digitale, prevista dall'articolo 11, comma 13, del Codice appena modificato dal decreto sviluppo-bis (Dl 179/2012). E, nello sgombrare il campo dalle incertezze esistenti tra le imprese, la circolare ne crea di nuove: il documento, infatti, si distacca, in alcuni passaggi, dalla determinazione n. 1/2013 dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che aveva affrontato il problema un mese fa".

Siamo in grado di pubblicare tale parere, datato 28 febbario 2013, indirizzato all'Ance,  emesso dal Consigliere Germana Panzironi, capo dell'Ufficio legislativo del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplicazione, presso la presidenza del Consiglio dei Ministri.

Notizia pubblicata da Edilizia e Territorio

Parere Ministero PA e Semplificazione

Pubblichiamo sulla questione anche la Deliberazione della Corte dei Conti - sez. regionale di controllo per la Lombardia 18/3/2013 n. 91/2013/PAR.

Corte_conti_Lombardia_91-2013-PAR

Dario Meneguzzo

Nota di chiarimenti della Regione sul PAI

28 Mar 2013
28 Marzo 2013

A seguito delle numerose richieste di chiarimenti circa l’applicazione delle disposizioni contenute all’art. 5 del NdA del PAI relative alle “zone di attenzione” la Regione del Veneto ha inviato ai Comuni e alle Province interessate una nota di chiarimenti.

Per quanto concerne l’applicazione della norma bisogna distinguere in:

a) in sede di attuazione delle previsioni e degli interventi degli strumenti urbanistici vigenti – art. 5 comma 3 – e al di fuori dalla fattispecie di cui all’art. 8 comma 2, le amministrazioni comunali provvedono a verificare che gli interventi siano compatibili con la specifica natura o tipologia di dissesto individuata, in conformità alle disposizioni generali riportate nell’art. 8 medesimo.

b) in sede di redazione del PAT (o PATI) – art. 5 comma 4 – la valutazione stabilita al comma 4 dell’art. 5 può esser fatta contestualmente alla redazione del piano, oppure rinviata alla fase di redazione del Piano degli Interventi (PI). Perché la valutazione stabilita al comma 4 dell’art. 5 possa essere rinviata alla fase di redazione del PI è necessario che le zone di attenzione vengano ricomprese nella carta delle fragilità entro aree “non idonee” oppure come entro aree “idonee a condizione”, di cui alla L.R. 11/2004 e che le condizioni imposte per l’idoneità comprendano anche la valutazione delle condizioni di dissesto evidenziate e la relativa compatibilità delle previsioni urbanistiche. Tra le condizioni imposte potrà esserci direttamente l’eventuale espletamento delle procedure per l’attribuzione del grado di pericolosità. Nel caso di un PAT già approvato, le disposizioni del citato comma 4 dell’art. 5 del PAI vanno comunque applicate nella fase della redazione del PI. Va rimarcato che nelle zone di attenzione individuate nella tavola delle Fragilità all’interno di aree non idonee o di aree idonee a condizione valgono comunque sia le specifiche norme d’attuazione del PAT sia le norme tecniche del PAI, in particolare le prescrizioni generali riportate all’art.8.”

dott.sa Giada Scuccato

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