Sicurezza sui luoghi di lavoro, test diagnostici e privacy del lavoratore
Pubblichiamo i chiarimenti del Garante Privacy che, con le recenti FAQ del 14.05.2020, prende posizione sull'argomento
Post di Diego Giraldo – avvocato
Pubblichiamo i chiarimenti del Garante Privacy che, con le recenti FAQ del 14.05.2020, prende posizione sull'argomento
Post di Diego Giraldo – avvocato
Pubblichiamo il d.l. 19 maggio 2020 n. 34 contenente "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19" in vigore dal 20 maggio 2020.
Riportiamo l'art. 264 rubricato "Liberalizzazione e semplificazione dei procedimenti amministrativi in relazione all'emergenza COVID-19".
1. Al fine di garantire la massima semplificazione, l'accelerazione dei procedimenti amministrativi e la rimozione di ogni ostacolo burocratico nella vita dei cittadini e delle imprese in relazione all'emergenza COVID-19, dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2020:
a) nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l'erogazione di benefici economici comunque denominati, indennita', prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all'emergenza COVID-19, le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;
b) i provvedimenti amministrativi illegittimi ai sensi dell'art. 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241, adottati in relazione all'emergenza Covid-19, possono essere annullati d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro il termine di tre mesi, in deroga all'art. 21-nonies comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine decorre dalla adozione del provvedimento espresso ovvero dalla formazione del silenzio assenso. Resta salva l'annullabilita' d'ufficio anche dopo il termine di tre mesi qualora i provvedimenti amministrativi siano stati adottati sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorieta' false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali, ivi comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445;
c) qualora l'attivita' in relazione all'emergenza Covid-19 sia iniziata sulla base di una segnalazione certificata di cui agli artt. 19 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, il termine per l'adozione dei provvedimenti previsti dal comma 4 del medesimo art. 19 e' di tre mesi e decorre dalla scadenza del termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3 del medesimo articolo 19;
d) per i procedimenti di cui alla lettera a) l'applicazione dell'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e' ammessa solo per eccezionali ragioni di interesse pubblico sopravvenute;
e) nelle ipotesi di cui all'articolo 17-bis, comma 2, ovvero di cui all' art. 14-bis, commi 4 e 5 e 14 ter, comma 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il responsabile del procedimento e' tenuto ad adottare il provvedimento conclusivo entro 30 giorni dal formarsi del silenzio assenso;
f) gli interventi, anche edilizi, necessari ad assicurare l'ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all'emergenza sanitaria da COVID-19 sono comunque ammessi, secondo quanto previsto dal presente articolo, nel rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di tutela dal rischio idrogeologico e di tutela dei beni culturali e del paesaggio. Detti interventi, consistenti in opere contingenti e temporanee destinate ad essere rimosse con la fine dello stato di emergenza, sono realizzati, se diversi da quelli di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, previa comunicazione all'amministrazione comunale di avvio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato e corredata da una dichiarazione del soggetto interessato che, ai sensi dell'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, attesta che si tratta di opere necessarie all'ottemperanza alle misure di sicurezza prescritte per fare fronte all'emergenza sanitaria da COVID-19. Per tali interventi, non sono richiesti i permessi, le autorizzazioni o gli atti di assenso comunque denominati eventualmente previsti, ad eccezione dei titoli abilitativi di cui alla parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. E' comunque salva la facolta' dell'interessato di chiedere il rilascio dei prescritti permessi, autorizzazioni o atti di assenso. L'eventuale mantenimento delle opere edilizie realizzate, se conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, e' richiesto all'amministrazione comunale entro il 31 dicembre 2020 ed e' assentito, previo accertamento di tale conformita', con esonero dal contributo di costruzione eventualmente previsto, mediante provvedimento espresso da adottare entro sessanta giorni dalla domanda. Per l'acquisizione delle autorizzazioni e degli atti di assenso comunque denominati, ove prescritti, e' indetta una conferenza di servizi semplificata ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. L'autorizzazione paesaggistica e' rilasciata, ove ne sussistano i presupposti, ai sensi dell'articolo 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
2. Al fine di accelerare la massima semplificazione dei procedimenti nonche' l'attuazione di misure urgenti per il sostegno a cittadini e imprese e per la ripresa a fronte dell'emergenza economica derivante dalla diffusione dell'infezione da Covid-19, il presente comma reca ulteriori disposizioni urgenti per assicurare piena attuazione ai principi di cui all' articolo 18 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che non consentono alle pubbliche amministrazioni di richiedere la produzione di documenti e informazioni gia' in loro possesso:
a) al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) il comma 1 dell'articolo 71 e' sostituito dal seguente: "Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all'entita' del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sulla veridicita' delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, anche successivamente all'erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni. (L)";
2) all'articolo 75 dopo il comma 1, e' aggiunto il seguente: "1-bis. La dichiarazione mendace comporta, altresi', la revoca degli eventuali benefici gia' erogati nonche' il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazioni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l'amministrazione ha adottato l'atto di decadenza. Restano comunque fermi gli interventi, anche economici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di particolare disagio. (L)";
3) all'articolo 76, comma 1, e' aggiunto in fine il seguente periodo: "La sanzione ordinariamente prevista dal codice penale e' aumentata da un terzo alla meta'.";
b) all'articolo 50 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, apportare le seguenti modifiche: 1) al comma 2 le parole "salvo il disposto dell'articolo 43, comma 4" sono sostituite dalle seguenti: "salvo il disposto degli articoli 43, commi 4 e 71,"; 2) dopo il comma 2-bis e' aggiunto il seguente comma:
"2-ter. Le pubbliche amministrazioni certificanti detentrici dei dati di cui al comma 1 ne assicurano la fruizione da parte delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici, attraverso la predisposizione di accordi quadro. Con gli stessi accordi, le pubbliche amministrazioni detentrici dei dati assicurano, su richiesta dei soggetti privati di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, conferma scritta della corrispondenza di quanto dichiarato con le risultanze dei dati da essa custoditi, con le modalita' di cui all'articolo 71, comma 4 del medesimo decreto.";
c) all'articolo 50-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, apportare le seguenti modifiche: le parole "lettera a),", ovunque ricorrono, sono soppresse; al comma 2, la parola "sperimentazione" e' sostituita con la parola "gestione" e le parole "al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale non oltre il 15 settembre 2019" sono sostituite dalle seguenti: "alla Presidenza del Consiglio dei ministri"; al comma 3, primo periodo, le parole "il Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale" sono sostituite dalle seguenti: "la Presidenza del Consiglio dei ministri" e, al secondo periodo, le parole "del Commissario" sono sostituite dalle seguenti: "della Presidenza del Consiglio dei ministri"."
d) nell'ambito delle verifiche, delle ispezioni e dei controlli comunque denominati sulle attivita' dei privati, la pubblica amministrazione non richiede la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministrazione. E' nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti gia' in possesso dell'amministrazione procedente o di altra amministrazione;
3. Le amministrazioni predispongono gli accordi quadro di cui all'articolo 50, comma 2-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.
4. Le disposizioni del presente articolo attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione e prevalgono su ogni diversa disciplina regionale.
Ringraziamo il geom. Daniele Iselle, funzionario comunale, per la segnalazione.
Nel caso di specie, i privati presentavano una SCIA per la ricostruzione in muratura con copertura in coppi di manufatti originariamente realizzati in materiali precari. Peraltro, detti manufatti insistevano in fascia di rispetto idraulica ed erano stati a suo tempo condonati senza il previo nulla osta del Consorzio di Bonifica.
Il Comune procedeva ad inibire la SCIA e ad irrogare l’ordinanza di demolizione.
Il TAR Veneto ha respinto il ricorso dei privati, affermando che: i lavori eseguiti devono essere qualificati come ristrutturazione soggetta a PdC ex art. 10, co. 1, lett. c d.P.R. 380/2001; non si applica la tolleranza delle preesistenze insistenti in fascia di rispetto idraulico ex art. 133 r.d. 368/1904.
Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza
Il TAR Veneto ha di recente ricordato, in una propria sentenza, che il limite massimo condonabile mediante la l. n. 326/2003, e la successiva l. R.V. n. 21/2004, è pari al 30% del volume originario e legittimamente assentito, fino comunque ad un massimo di 450 mc. Le due condizioni, quindi, devono essere soddisfatte entrambe.
Post di Alessandra Piola – dottoressa in Giurisprudenza
Nel caso di specie, alcuni privati impugnavano la concessione di occupazione di suolo pubblico disposta dal Comune.
Passati diversi anni nelle more del giudizio di primo e secondo grado, l’Amministrazione e il controinteressato eccepivano il sopravvenuto difetto di interesse al ricorso, poiché la concessione impugnata era risalente di 13 anni e aveva ormai esaurito i suoi effetti.
Il Consiglio di Stato, però, ha respinto l’eccezione, perché analoghe concessioni si erano succedute nel corso degli anni e potranno essere rilasciate anche in futuro, perciò deve essere riconosciuto il permanere dell’interesse al ricorso in capo al ricorrente, al fine di consentirgli di risolvere il problema di merito e di impedire il ripresentarsi di una analoga situazione lesiva del suo interesse.
Post di Daniele Iselle – funzionario comunale
Il TAR Veneto ha spiegato che, a seguito del cd. remand cautelare, la P.A. è tenuta al riesame del proprio provvedimento impugnato: in base all’esito del riesame, il ricorso del privato può estinguersi per cessazione della materia del contendere, ovvero divenire improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.
Nel caso di specie, il provvedimento riesaminato era un giudizio di anomalia che, ricorda il TAR, deve essere di carattere globale e sintetico.
Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza
Info per accedere al videoseminario del 21 maggio 2020, ore 9:
cliccare sul seguente link:
https://us02web.zoom.us/j/86577122261
non è richiesta una password;
non serve il codice ID, il quale in ogni caso è il seguente: 865 7712 2261
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L'Ordine degli Avvocati di Vicenza, in collaborazione con Italiaius propone un videoseminario breve per giovedì 21 maggio 2020, ore 9-10 circa, sulla piattaforma ZOOM, sugli effetti nei confronti della pubblica amministrazione di una sentenza passata in giudicato, emessa da un giudice diverso da quello amministrativo, in un processo in cui la P.A. non è neppure parte.
Locandina seminario 21_05_2020
Il link per accedere al videoseminario sarà pubblicato su Italiaius giovedì mattina alle ore 8.40.
Il videoseminario è gratuito e di libero accesso per tutti, anche non avvocati: l'iscrizione serve solo per gli avvocati interessati ai crediti formativi, per tutti gli altri non serve alcuna iscrizione.
Per ciascun seminario il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Vicenza riconosce un credito formativo.
Per gli avvocati del foro di Vicenza interessati ai crediti formativi: l'iscrizione all’evento sarà possibile per gli iscritti al foro di Vicenza esclusivamente previa prenotazione tramite sistema SFERA, fino al raggiungimento del numero massimo stabilito. Agli iscritti sarà inviato il link per collegarsi alla piattaforma Zoom o, in ogni caso, troveranno il link su Italiaius.
Per gli avvocati degli altri Ordini interessati ai crediti formativi: va mandata l'iscrizione a info@italiaius.it e verrà data risposta con le istruzioni.
Il punto del partenza del seminario è una sentenza emessa in una causa civile di cui sono parte solo i privati, che ordina la demolizione di un edificio per violazione delle distanze, per affrontare in generale il tema del giudicato nei confronti della P.A.
In quel caso, la domanda è se sussista l'obbligo per il Comune e per la Soprintendenza di autorizzare la demolizione, per esempio nel caso in cui il piano regolatore non preveda la possibilità di demolire quell'edificio (perchè ne consente solo la manutenzione o la ristrutturazione) o nel caso in cui la Soprintendenza affermi che il risultato della demolizione non sarebbe piacevole dal punto di vista paesaggistico.
Interessante è anche il caso dell'ordine di demolizione emesso dal giudice penale in sede di condanna per il reato di abuso edilizio.
Relatori saranno il prof. Francesco Volpe, ordinario di diritto amministrativo presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Padova, e l'avv. Stefano Bigolaro di Padova.
Sulla questione segnaliamo la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 2515 del 2020, che pubblichiamo.
Chi desidera contribuire alla preparazione dei seminari, può inviare domande e osservazioni, utilizzando la funzione "Comments" in calce al presente post.
L’art. 29-octies, co. 4, lett. d Codice dell’ambiente prescrive il riesame dell’AIA in caso di “sviluppi delle norme di qualità ambientali o nuove disposizioni legislative comunitarie, nazionali o regionali lo esigono”.
Nel caso di specie, il TAR Veneto ha ritenuto applicabile detta ipotesi ad un’AIA ottenuta prima dell’introduzione nell’ordinamento dell’art. 184-ter Codice dell’ambiente.
Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza
Nel caso di specie, il privato riceveva, a seguito di riesame dell’AIA precedentemente ottenuta, una nuova AIA con prescrizioni particolarmente gravose.
Il TAR Veneto ha respinto plurimi motivi di ricorso, tutti riconducibili a vario titolo alle norme in materia di giusto procedimento e, nello specifico: l’asserita violazione degli obblighi di pubblicità ai sensi degli artt. 29-quater, co. 3 e 29-octies, co. 10 Codice dell’ambiente; il mancato invio del preavviso di rigetto; l’asserita mancanza dei requisiti per la revoca ex art. 21-quinquies l. 241/1990.
Post di Alberto Antico – dottore in giurisprudenza
Nel caso di specie, vi era un condominio a forma di “ferro di cavallo”: nella piazzola libera al centro, qualificata come verde pubblico, era costituita una servitù di uso pubblico come standard di Piano urbanistico attuativo (PUA).
A un certo punto, un bar presente nel condominio costruiva senza titolo edilizio sulla piazzola una grande tettoia allo scopo di dotare di una copertura le sedie e i tavolini riservati agli avventori.
A seguito della segnalazione degli altri condòmini, il Comune rilasciava una sanatoria, precisando che agli effetti della sanatoria medesima, disposta ai sensi dell’allora vigente art. 77 l.r. Veneto 61/1985, l’opera assumeva natura di pubblica utilità.
Il Consiglio di Stato ha offerto una pregevole ricostruzione dei diritti di uso pubblico ai sensi dell’art. 825 c.c., i quali talvolta sono impropriamente chiamati servitù di uso pubblico, ma che ad ogni modo devono essere distinti dalle servitù prediali pubbliche.
All’esito, il Consiglio ha affermato che l’assoggettamento di un’area privata a servitù di uso pubblico non comporta per il proprietario la perdita del diritto di proprietà del bene, perciò l’Ente pubblico, essendo titolare di un mero diritto reale parziario su di un bene privato, può esercitarvi unicamente le facoltà dirette a garantire e ad assicurare l’uso pubblico da parte di tutti i cittadini, ma non può autorizzarne l’uso in via esclusiva in favore di altro soggetto privato, prescindendo dal necessario consenso dei proprietari del suolo.
Post di Daniele Iselle – funzionario comunale
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