Opera pubblica in variante

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il T.A.R. ricorda che la procedura cd. ordinaria finalizzata ad approvare un’opera pubblica in variante al PI, ex art. 18 della l.r. Veneto n. 11/2004, è differente da quella prevista dall’art. 19 del d.P.R. n. 327/2001 che, invece, consente l’approvazione del progetto preliminare/definitivo in variante al PRG/PI, senza che l’opera pubblica sia mai stata prevista nella strumentazione urbanistica generale.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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Termine per l’impugnazione del titolo edilizio del vicino

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il TAR Veneto ha affermato che il dies a quo dal quale far decorrere il termine di 60 giorni entro cui il terzo legittimato può proporre impugnazione avverso il provvedimento abilitativo rilasciato al vicino confinante è fissato in funzione dell’oggetto della contestazione, atteso che, qualora il terzo assuma che l’autorizzazione, in sé e per sé, non poteva in alcun modo essere rilasciata, il termine inizia a decorrere dalla data di conoscenza, in qualunque modo acquisita, dell’autorizzazione in deroga che si assume illegittima in quanto in contrasto con la normativa di riferimento.

Nel caso, invece, in cui il terzo avanzi censure di altro genere quali, ad esempio, la violazione delle distanze e la consistenza del manufatto abusivo, ovvero attinte dal peculiare contenuto del titolo abilitativo, il termine per la proposizione del ricorso decorre dalla data di completamento dei lavori, ovvero, in caso di autorizzazione, dalla conoscenza del contenuto integrale dell’atto, atteso che soltanto in quel momento si ha la percezione dell’effetto lesivo che, quindi, finisce con l’atteggiarsi diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto del suo rilascio, ovvero se ne censuri il contenuto specifico.

Post di Alberto Antico – avvocato

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In alcuni casi, sull’istanza del privato di revoca del divieto di detenzione armi si forma il silenzio-inadempimento

08 Feb 2025
8 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna ha affermato che l’art. 39 TULPS, a differenza di altre fattispecie normative che prevedono un termine di efficacia alle misure amministrative limitative della sfera giuridica dei destinatari, non stabilisce una durata limitata nel tempo al divieto di detenzione armi che il Prefetto può imporre.

Essendo tuttavia la valutazione diacronicamente ancorata al momento della sua emanazione, deve ritenersi che ragioni di giustizia impongano all’Autorità di P.S. di attivare, a fronte della specifica istanza dell’interessato, che prospetti la sopravvenienza di fatti nuovi ovvero il decorso di un termine ragionevole, un procedimento di riesame laddove si verifichi un mutamento fattuale tale da poter fare ritenere in astratto superati i rilievi ostativi posti illo tempore alla base del provvedimento lesivo, dovendo la P.A. farsi carico di una nuova valutazione, che va filtrata alla luce del comportamento successivamente tenuto dall’istante, della sua complessiva personalità e di ogni altro elemento utile in funzione del rinnovato giudizio sull’affidabilità nell’uso delle armi.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il nuovo reato cd. di peculato per distrazione (art. 314-bis c.p.) non interferisce con il reato di peculato (art. 314 c.p.)

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

La Corte di cassazione penale, in tema di delitti contro la P.A., ha affermato che il delitto di indebita destinazione di denaro o cose mobili, di cui all’art. 314-bis c.p., sanziona le condotte distrattive dei beni indicati che, nella disciplina previgente, la giurisprudenza di legittimità inquadrava nella fattispecie abrogata dell’abuso di ufficio, sicché non risulta modificato l’ambito applicativo del delitto di peculato (art. 314 c.p.) dall’introduzione della nuova fattispecie di reato.

Post di Alberto Antico – avvocato

sent. Cass. pen. n. 4520-2025

Le tipologie di avvalimento (nel secondo codice appalti)

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna ha affermato utili princìpi sulla distinzione tra avvalimento operativo e avvalimento di garanzia, ai sensi del d.lgs. 50/2016.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il provvedimento di ritiro cautelare di armi e materiali esplodenti

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

L’art. 39, co. 2 TULPS prevede che, nei casi d’urgenza, gli ufficiali e gli agenti di pubblica sicurezza provvedono all’immediato ritiro cautelare di armi, munizioni e materie esplodenti, dandone immediata comunicazione al prefetto.

Il TAR Sardegna ha rigettato la censura del ricorrente, afferente alla denunciata omissione della comunicazione d’avvio del procedimento, alla luce della natura cautelare di tale provvedimento.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Il provvedimento di ritiro cautelare di armi e materiali esplodenti irrogato nei confronti di una guardia giurata

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

Il TAR Sardegna, pur consapevole delle rilevanti ricadute che l’impugnato ritiro cautelare delle armi ex art. 39, co. 2 TULPS avrà sull’attività lavorativa del ricorrente, ha affermato che nel caso in esame, la valutazione negativa di affidabilità del soggetto circa l’uso corretto delle armi è stata legittimamente ancorata a fatti oggettivi che giustificano la prognosi formulata, stante la risalente, perdurante e accesa situazione di conflittualità sviluppatasi in un ambito, quello familiare, trattandosi di ipotesi in cui la tensione nelle relazioni interpersonali, unita alla contiguità dei rapporti, tende ad acuirsi e ad esasperarsi con il decorso del tempo, rendendo inopportuno, a tutela della pubblica e della privata incolumità, che i protagonisti di tali conflitti abbiano la disponibilità di armi da sparo, ancorché l’uso improprio di esse non si sia già verificato.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Crac delle banche venete: incostituzionale la confisca dei beni utilizzati per commettere i reati

07 Feb 2025
7 Febbraio 2025

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2641, co. 1 c.c., secondo il quale in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti per uno dei reati previsti dal Titolo XI del Libro V c.c. (concernente i reati societari) è ordinata la confisca del prodotto o del profitto del reato, nella sola parte in cui prevede anche la confisca dei beni utilizzati per commettere il reato stesso.

Ha altresì dichiarato l’incostituzionalità del successivo secondo comma, nella parte in cui prevede la confisca obbligatoria di una somma di denaro o beni di valore equivalente a quelli utilizzati per commettere il reato.

L’obbligo di disporre la confisca di tutti beni utilizzati per commettere un reato societario, anche nella forma della confisca di beni di valore equivalente, può condurre a risultati sanzionatori manifestamente sproporzionati, ed è pertanto incompatibile con la Costituzione.

La questione è stata sollevata dalla Corte di cassazione nell’ambito del processo relativo alla crisi della Banca popolare di Vicenza (in primo grado, il Tribunale di Vicenza aveva disposto, a carico di quattro imputati, la confisca dell’importo di 963 milioni di euro; in secondo grado, la Corte d’appello di Venezia aveva confermato in parte la responsabilità penale degli imputati, ma aveva revocato la confisca, giudicandola in contrasto con il principio di proporzionalità delle pene sancito dalla cd. Carta di Nizza).

Spetterà al legislatore valutare se introdurre una nuova disciplina della confisca dei beni strumentali e delle somme di valore equivalente, nei limiti consentiti dal principio di proporzionalità, così come previsto in altri sistemi giuridici e nella stessa legislazione dell’Unione europea.

Resta invece in vigore l’obbligo di confiscare integralmente i profitti ricavati dal reato, in forma diretta e per equivalente, a carico di qualunque persona – fisica o giuridica – che risulti effettivamente avere conseguito le utilità derivanti dal reato. Resta ferma, inoltre, la facoltà per il giudice di confiscare i beni utilizzati per commettere il reato prevista in via generale dell’art. 240 c.p., nel rispetto del principio di proporzionalità.

Post di Alberto Antico – avvocato

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La cd. legge Salva Milano: peggio la toppa dello squarcio?

06 Feb 2025
6 Febbraio 2025

Pende all’esame del Senato un disegno di legge che dovrebbe fornire un’interpretazione autentica della l. 1150/1942: secondo le cronache, ciò dovrebbe favorire una soluzione alle indagini penali per i presunti abusi edilizi commessi a Milano.

Al seguente link è possibile ascoltare l’intervento e leggere la relazione dell’avv. prof. Paolo Urbani in Commissione VII al Senato: https://www.pausania.it/audizione-del-4-2-2025-presso-la-commissione-viii-del-senato-del-prof-urbani-sul-ddl-1309-interpretazione-autentica-in-materia-urbanistica-ed-edilizia/.

Il prof. Urbani ha riflettuto sulle conseguenze che possono avere interventi edilizi impattanti in assenza di pianificazione attuativa.

Altri giuristi sollevano il dubbio se una legge asseritamente di interpretazione autentica possa o no essere applicata retroattivamente (nel caso di specie, alle edificazioni giĂ  eseguite, peraltro in pendenza di indagini penali giĂ  annunciate) e, ove non possibile, quali effetti avrĂ  la legge, se approvata.

Valutazione unitaria degli abusi edilizi e non parcellizzazione: un principio che può risultare disfunzionale

06 Feb 2025
6 Febbraio 2025

Nelle sentenze del giudice amministrativo si trova spesso l'affermazione che gli abusi edilizi di un edificio vanno valutati tutti insieme in modo unitario e non vanno trattati separatamente, in modo parcellizzato.

Se si prova a capire se sussista un generale dovere normativo di fare così, non lo si trova.

Alla fine si scopre che si tratta di uno di quei orientamenti giurisprudenziali consolidati che vengono applicati in modo un po' meccanico, senza considerare se nel singolo caso specifico esso apporti una qualche utilità all'ordinato assetto del territorio oppure se crei solo problemi insolubili o eccessivamente gravosi per il proprietario dell'immobile, che molto spesso non è il responsabile dell'abuso o delle difformità e che si trova a dover gestire una situazione ereditata dagli avi oppure frutto di un infelice acquisto da terzi. 

Per esempio, nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5749 del 2023 si legge: "Laddove vengano contestati una serie di abusi effettuati sul medesimo immobile non può effettuarsi una loro valutazione parcellizzata per individuare quelli assentibili con una semplice d.i.a. e quelli che necessitano di un permesso di costruire. Costituisce, al contrario, un orientamento consolidato che la valutazione di una pluralità di abusi deve essere complessiva: “la valutazione degli abusi edilizi e/o paesaggistici richiede una visione complessiva e non atomistica delle opere eseguite, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni” (Cons. Stato, Sez. VI, 19 aprile 2023, n. 3964; nello stesso senso sez. VI, 18 ottobre 2022, n.8848).

Il principio, già prima del Salva Casa, appariva ragionevole in alcuni casi: per esempio, se nella fase di costruzione di un edificio si realizza un aumento di volume di 100 mq, mentre l'indice del lotto avrebbe consentito un aumento massimo di 50 metri cubi, l'interessato non poteva (e non può) pretendere di sanare 50 cubi con l'articolo 36 (doppia conformità) e fiscalizzare gli altri 50. E mi sembra giusto così.

Però in altri casi concreti, già prima del decreto Salva Casa, applicando questo principio spesso si rinvenivano situazioni  inutilmente complicate e che non sembravano affatto rispondenti a criteri di giustizia sostanziale: per esempio, in fase di costruzione di una casa negli anni '70 era stato effettuato un piccolo aumento di volume (trasformabile in 20 mq con la regola del diviso 5 per 3 del primo condono edilizio della legge 47/1985), che eccedeva la tolleranza del 2%, ma che sarebbe stato sanabile per doppia conformità ex art. 36 D.P.R. 380 del 2001.  Nel corso della successiva costruzione di un accessorio affiancato alla casa, negli anni '80, era stata realizzato anche lì un piccolo aumento di volume che eccedeva le tolleranze: sommando i due aumenti di volume, si eccedeva l'indice attuale del lotto e, quindi, non si poteva sanare insieme le due difformità con l'articolo 36. Il buon senso pratico avrebbe suggerito di sanare la prima difformità con l'articolo 36 e di fiscalizzare la seconda. L'applicazione del principio della valutazione unitaria degli abusi ha costretto l'incolpevole proprietario a fiscalizzare entrambi gli abusi, spendendo una somma spropositata in relazione alla modestia delle difformità.

La situazione è diventata ancora più complicata dopo il Salva Casa, che con i vari articoli da 34 a 36 ha introdotto svariati casi particolari di sanatorie legate anche anche alla realizzazione degli abusi o delle difformità entro una certa data. Supponiamo, per esempio, che un edificio costruito prima del 1977 sarebbe sanabile con l'articolo 34 ter, ma che negli anni '80 sia stato effettuato un ampliamento affiancato, sanabile con l'articolo 36 bis. Il principio di valutazione unitaria consentirebbe di sanare gli abusi solo insieme e solo se sia applicabile a entrambi l'articolo 36 bis. Ma, se non ci sono per entrambi i presupposti dell'articolo 36 bis, non si riesce a sanare nulla. Ma le due difformità sono ben distinte e individuabili e non si capisce quali utilità riceva l'ordinato assetto del territorio dal fatto che le due difformità debbano per forza essere sanate insieme o non essere sanabili entrambe.

Quindi, a mio parere, bisognerebbe distinguere caso per caso quando abbia un senso valutare gli abusi in modo unitario e non parcellizzato e quando questo senso non ci sia.

Post di Dario Meneguzzo - Avvocato

Sentenza CDS 5749 del 2023

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