Per il TAR Liguria i confinanti e i limitrofi sono sempre legittimati a impugnare i titoli edilizi dei vicini

14 Gen 2014
14 Gennaio 2014

Segnaliamo sulla questione la sentenza del TAR Liguria n. 1257 del 2013.

Scrive il TAR: "1. Preliminarmente, parte resistente ha sollevato eccezione di inammissibilità per carenza di interesse o comunque per acquiescenza. L’eccezione è infondata sotto entrambi i profili.
1.1 Per ciò concerne la contestata vicinitas e l’assenza di pregiudizio per i ricorrenti, l’eccezione appare all’evidenza pretestuosa: se in linea di fatto è incontestato come gli immobili siano distanti solo 15 metri e collocati nel medesimo contesto urbanistico territoriale, in linea di diritto costituisce jus receptum, ribadito dalla sezione e dalla prevalente giurisprudenza, che i proprietari di immobili posti in zone confinanti o limitrofe con quelle interessate da un permesso di costruzione sono sempre legittimati ad impugnare i titoli edilizi che, incidendo sulle condizioni dell'area, possono pregiudicare la loro proprietà e, più in generale, possono modificare l'assetto edilizio, urbanistico ed ambientale della zona, nè è necessaria la prova di un danno specifico, in quanto il danno a tutti i membri di quella collettività è insito nella violazione edilizia (cfr. ad es. Consiglio di Stato n. 3055\2013 e 2488 \2013, Tar Liguria n. 34\2013). Nel caso di specie la vicinanza e l’identità del contesto territoriale ed urbanistico, invero riconosciuta anche dalla pianificazione vigente oggetto di applicazione, è indiscussa, come emerge dalla documentazione cartografica, fotografica e anche progettuale versata in atti".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Liguria 1257 del 2013

Per il TAR Milano la mancata indicazione degli oneri di sicurezza non determina l’esclusione della gara

14 Gen 2014
14 Gennaio 2014

Il T.A.R. Lombardia, Milano, nella sentenza del 09 gennaio 2014 n. 36 afferma che, almeno per gli appalti di fornitura, la mancata indicazione dei costi di sicurezza aziendale non determina l’esclusione automatica dell’offerente che non li ha indicati in sede di offerta.

Questa sentenza, inoltre, mette in risalto il contrasto giurisprudenziale presente nella materia de qua: “Osserva il Collegio che, in base a quanto disposto dal citato c. 3 bis dell’art. 86, nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare congruo rispetto all'entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture.

Per il c. 4 del successivo art. 87 “non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all'art. 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all'art. 12, D.Lgs. 14.8.1996, n. 494 ed alla relativa stima dei costi conforme all'art. 7, D.P.R. 3.7.2003 n. 222. Nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta, e risultare congrui rispetto all'entità ed alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”.

I.2) Preliminarmente, il Collegio dà atto che, malgrado la dizione unitaria utilizzata dal legislatore nelle norme sopra riportate, la giurisprudenza e la prassi hanno individuato due distinte categorie di “oneri di sicurezza”, distinguendo i costi relativi ai rischi c.d. da “interferenze”, da quelli connessi ai rischi dell'attività propria dell'appaltatore (c.d. “rischi propri”, o “costi di sicurezza aziendale”).

I rischi da interferenze sono quelli derivanti dai contatti tra il personale, o l’utenza, del committente, e il personale dell'appaltatore, per la cui prevenzione la stazione appaltante deve elaborare il Documento Unico per la Valutazione dei Rischi da Interferenze, c.d. Duvri, quantificando i relativi costi, che devono essere espressamente indicati nella lex specialis, e non sono soggetti a ribasso in sede di gara. In particolare, il predetto Duvri, ha lo scopo di favorire la cooperazione nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto, e di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi cui sono esposti i lavoratori; sono ad esempio rischi che danno luogo ad “interferenze”, quelli esistenti nel luogo del committente, ove è previsto che debba operare l’appaltatore,

I c.d. costi di sicurezza aziendale sono invece quantificabili solamente dal singolo concorrente, in rapporto alla sua offerta economica e alla sua specifica organizzazione, come avviene ad esempio negli appalti di fornitura senza installazione, salvo consegna nei luoghi di lavoro o nei cantieri e negli appalti di servizi per i quali non è prevista l’esecuzione di prestazioni all’interno della stazione appaltante (v. art. 26 D.Lgs. 9.4.2008 n. 81 e Determinazione Autorità Vigilanza sui Contratti Pubblici 05.03.08 n. 3).

I.3) Alla luce di quanto precede, il Collegio osserva che i costi della sicurezza afferenti l’appalto di che trattasi sono indubitabilmente riconducibili a quelli c.d. “aziendali”, trattandosi probabilmente di una delle fattispecie in cui la distinzione degli stessi dalla diversa categoria dei costi derivanti dal Duvri è maggiormente evidente.

L’oggetto del presente appalto non è infatti la produzione di energia elettrica, ma solamente la sua messa a disposizione alla committente, previo acquisto della stessa sul libero mercato, mediante operazioni meramente commerciali, in base a quanto previsto dal D.Lgs. 16.3.1999 n. 79. Concretamente, i dipendenti dell’appaltatore, non entrano in contatto con alcuna struttura della stazione appaltante, e si limitano sostanzialmente a svolgere operazioni interamente riconducibili a un’attività di intermediazione commerciale.

Ancora in via preliminare va inoltre evidenziato che, nella fattispecie per cui è causa, la lex specialis, pur richiamando genericamente il D.Lgs. n. 163/06, non ha espressamente prescritto agli offerenti l’indicazione dei costi della sicurezza, che non sono effettivamente stati menzionati dalla controinteressata, ciò che, secondo la ricorrente, darebbe luogo alla violazione delle norme sopra riportate.

I.4) Sul punto, il Collegio non ignora che, secondo un orientamento, invocato dalla ricorrente, le imprese partecipanti ad un appalto devono necessariamente includere nella loro offerta, a pena di illegittimità, oltreché gli oneri di sicurezza per le interferenze, anche i detti oneri di sicurezza da rischio specifico, o aziendali. Tale conseguenza viene fatta derivare dal combinato disposto dei citati artt. 86 c. 3 bis e 87 c. 4 D.Lgs. n. 163/2006, in conseguenza della loro imperatività, ed in ragione degli interessi di ordine pubblico ad esse sottesi, in quanto posti a presidio di diritti fondamentali dei lavoratori. Secondo detto orientamento, neppure la mancanza di una specifica previsione sul punto nella lex specialis potrebbe giustificare l’omessa indicazione dei costi per la sicurezza aziendale, atteso il carattere immediatamente precettivo delle norme di legge sopra richiamate, che prescrivono di esibire distintamente tali costi, in virtù di un’eterointegrazione, ex art. 1374 c.c., degli stessi atti di gara, tale da imporre, in caso di loro inosservanza, l'esclusione dalla procedura (T.A.R. Veneto, Sez. I, 8.8.2013 n. 1050, T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, 5.4.2013 n. 765, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 19.2.2013 n. 181, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 7.1.2013 n. 66).

Il Collegio, nella fattispecie, ritiene tuttavia preferibile aderire ad altro orientamento, recentemente seguito dal Consiglio di Stato, secondo cui, quando si tratti di appalti diversi dai lavori pubblici, e non vi sia una comminatoria espressa d’esclusione, ove sia omesso da parte del concorrente lo scorporo degli oneri di sicurezza per rischio specifico, il relativo costo, poiché coessenziale al prezzo offerto, rilevi ai soli fini dell’anomalia di quest’ultimo, potendo pertanto darsi luogo all’esclusione solamente all'esito, ove negativo, di una verifica più ampia sulla serietà e sulla sostenibilità dell'offerta economica nel suo insieme (C.S., Sez. III, 10.7.2013 n. 3706).

I medesimi principi sono peraltro stati affermati da C.S., Sez. III, 18.9.2013 n. 5070, relativamente ad un appalto per la fornitura di un impianto angiografico per diagnostica, dunque a fronte di una fattispecie pressoché identica a quella per cui è causa, in termini di costi per la sicurezza, trattandosi di mettere a disposizione della stazione appaltante una mera fornitura che non comportava alcuna “interferenza” tra committente ed appaltatore.

Ritiene in particolare il Collegio che le ragioni della preferenza per l’orientamento giurisprudenziale meno restrittivo nei confronti del concorrente che non abbia indicato i costi di sicurezza “aziendali” in sede di offerta, subordinandone l’esclusione solo in esito al mancato superamento della verifica di anomalia, possano essere apprezzate con chiarezza nella fattispecie per cui è causa, alla luce delle sue peculiarità. Come già evidenziato, l’appalto di che trattasi non comporta infatti l’esecuzione di prestazioni che richiedano l’intervento di specifico personale presso la stazione appaltante e l’aggiudicatario si limita a svolgere un’attività di intermediazione commerciale, senza produrre alcun bene materiale. Conseguentemente, gli oneri di sicurezza sopportati dalla controinteressata, per quanto certamente esistenti, sono conoscibili solo dalla stessa, in relazione alla sua struttura aziendale, e non all’oggetto dell’appalto, e risulteranno altresì marginali, dal punto di vista quantitativo, ove raffrontati con quelli sopportati da esecutori di appalti aventi ad oggetto un’attività materiale, perlopiù da svolgersi, in tutto o in parte, presso la stazione appaltante.

Ritiene pertanto il Collegio che l’esclusione di un concorrente, in conseguenza della predetta omissione, sarebbe del tutto sproporzionata, ben potendo la stazione appaltante verificare, in sede di giudizio sull’anomalia dell’offerta, se la stessa sia stata predisposta considerando, o meno, i detti costi di sicurezza per rischio specifico”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Milano n. 36 del 2014

Modifica del tasso legale degli interessi: dal 1° gennaio 1%

14 Gen 2014
14 Gennaio 2014

A decorrere dal 1° gennaio 2014, la misura del tasso legale di interesse è scesa dal 2,5% all’1%, per effetto del Decreto Ministeriale del 12.12.13, pubblicato nella G.U. n.292 del 13 dicembre 2013. L’intervento modificativo, disposto secondo le indicazioni dell’art.1284 c.c., comporta una serie di riflessi di natura civilistica e tributaria. Innanzitutto, è bene rammentare che la nuova misura del tasso di interesse interesserà tutti i crediti certi, liquidi ed esigibili per cui le parti non abbiano disposto diversamente o in relazioni ai quali non si applichi il disposto del D.Lgs. n.231/02 in tema di interessi di mora.

Inoltre la suddetta variazione comporterà, tra gli altri:
· una variazione nel calcolo degli interessi dovuti in sede di ravvedimento operoso (con minore aggravio per il contribuente), in relazione ai quali – per i periodi a cavallo del 2013 e 2014 – sarà necessario effettuare un conteggio separato in relazione ai giorni di ritardo del vecchio e nuovo anno;
· una variazione nei calcoli da utilizzare per la quantificazione fiscale dell’usufrutto e delle rendite (art.14 e 17 D.Lgs. n.346/90), secondo i coefficienti stabiliti dal D.M. 23.12.13, pubblicato sulla G.U. n.303 del 28.12.13;
· una differente misura di applicazione della presunzione di fruttuosità dei capitali dati a mutuo, di cui all’art.45, co.2 Tuir;
· una variazione degli interessi connessi alle procedure di riscossione di debiti per tributi fiscali e locali, ove non diversamente stabilito dalle singole leggi di imposta.

Riassumiamo di seguito in tabella l’evoluzione degli interessi legali nel tempo:
Termine iniziale   Termine finale     Misura percentuale
21.04.1942              15.12.1990              5%
16.12.1990              31.12.1996            10%
01.01.1997              31.12.1998               5%
01.01.1999              31.12.2000               2,5%
01.01.2001              31.12.2001               3,5%
01.01.2002              31.12.2003               3,0%
01.01.2004              31.12.2007               2,5%
01.01.2008              31.12.2009               3%
01.01.2010              31.12.2010               1%
01.01.2011              31.12.2011               1,50%
01.01.2012              31.12.2013               2,50%
01.01.2014               ----------                   1%

Sistema di pagamenti SEPA

13 Gen 2014
13 Gennaio 2014

A decorrere dal 1° febbraio 2014 i bonifici, gli addebiti diretti nazionali del circuito bancario (RID) e postale dovranno essere dismessi per essere sostituiti dai corrispondenti servizi SEPA. Dalla stessa data, oltre alle banche e agli altri fornitori di servizi di pagamento, anche gli utilizzatori degli stessi hanno l'obbligo di essere in grado di inviare e ricevere pagamenti nei nuovi standard europei.

Che cosa è la SEPA?
SEPA è l'acronimo che identifica la Single Euro Payments Area (l'Area unica dei pagamenti in euro), ovvero un'area nella quale gli utilizzatori degli strumenti di pagamento - i cittadini, imprese, Pubbliche Amministrazioni e gli altri operatori economici - indipendentemente dalla loro residenza, possono effettuare e ricevere pagamenti in euro non in contanti sia all'interno dei confini nazionali che fra paesi diversi, alle stesse condizioni e con gli stessi diritti e obblighi. In termini numerici, la SEPA riguarda 32 paesi (tutti i paesi dell'Unione Europea più l'Islanda, la Norvegia, il Liechtenstein, la Svizzera e il Principato di Monaco) per un totale di 513 milioni di cittadini e circa 9.200 istituzioni finanziarie.

Quali sono i contenuti della SEPA?
Il progetto SEPA prevede la definizione di standard comuni per bonifici e addebiti diretti, i due principali servizi di pagamento al dettaglio in euro diversi dal contante. In Italia, l'adozione dei bonifici SEPA e degli addebiti diretti SEPA determinerà l'eliminazione dei servizi corrispondenti, il bonifico nazionale e il RID. Nell'ambito del progetto SEPA sono state anche definite alcune regole comuni per i servizi basati su carte di pagamento (ad esempio l'adozione del microchip). In prospettiva le attività si estenderanno a servizi innovativi come i pagamenti tramite telefono cellulare o su internet.

Quali sono i vantaggi della SEPA per le imprese?
Per le imprese, il vantaggio principale della SEPA risiede nella possibilità di ricevere ed effettuare pagamenti da e verso altri Paesi dell'Ue con le stesse modalità e tempi dei pagamenti nazionali a valere di un unico conto. I vantaggi più evidenti riguardano le imprese che operano su più paesi europei che potranno accentrare la gestione dei pagamenti e della liquidità senza dover detenere più conti nei paesi nei quali si intrattengono a vario titolo rapporti commerciali. Ulteriori benefici possono derivare, anche per le imprese che operano in ambito esclusivamente nazionale, dall'adozione di un unico standard di trasmissione e ricezione degli ordini di pagamento nel colloquio con le banche, che potrà essere integrato con più avanzate procedure di gestione aziendale e di fatturazione elettronica.

Cosa cambia in concreto il 1° febbraio 2014?
I bonifici nazionali e gli addebiti diretti dovranno essere eseguiti secondo le regole e gli standard fissati dal Regolamento europeo 260/2012. In particolare, l'utilizzo dello standard di messaggistica ISO-20022 XML costituisce la base per comporre i nuovi messaggi di pagamento che le banche e gli altri intermediari si scambieranno tra loro; tale linguaggio dovrà essere utilizzato per la trasmissione e la ricezione di bonifici e addebiti diretti da parte di quegli utenti (che non sono consumatori o microimprese) che inviano e ricevono dai prestatori di servizi di pagamento ingenti quantità di bonifici e addebiti diretti in forma raggruppata. L'unico codice identificativo del conto di pagamento sarà l'IBAN che in Italia è stato ormai da tempo adottato. Per quel che riguarda il codice di indirizzamento dei pagamenti, il BIC, esso non potrà più essere richiesto alla clientela dal 1° febbraio 2014 per i pagamenti nazionali e dal 1° febbraio 2016 per quelli transfrontalieri.

Per ciò che attiene gli addebiti diretti RID, gli stessi saranno sostituiti dallo strumento di incasso europeo SEPA Direct Debit (o SDD); la normativa riconosce la validità delle autorizzazioni attualmente in essere per gli addebiti diretti RID anche per gli incassi SDD, per cui non sarà necessario sottoscrivere una nuova autorizzazione all’addebito. Le nuove regole della SEPA prevedono, inoltre, una diversa modalità per gestire gli addebiti diretti sul proprio conto: i consumatori debitori possono dare istruzioni alla propria banca (o altro intermediario) di bloccare tutte le richieste di addebito diretto sul proprio conto o redigere liste di creditori indesiderati (liste negative) o di creditori da cui accettare richieste di addebito (liste positive), fissando anche importi massimi o specifiche periodicità per l'incasso degli addebiti.

Quali strumenti di pagamento non cambiano?
Il regolamento n.260/2012 non riguarda le carte, le rimesse e la moneta elettronica. Gli assegni sono esclusi dal progetto SEPA. All'interno del contesto nazionale restano operativi, in quanto strumenti non corrispondenti a quelli SEPA e al momento senza cambiamenti, altri strumenti di pagamento come le RIBA, i MAV, i RAV, i bollettini postali e bancari. Ulteriori informazioni potranno essere acquisite presso le Banche con cui si intrattengono rapporti di conto corrente.

Obbligo POS dal 1° gennaio 2014: i soggetti che effettuano vendita di beni e servizi, anche professionali, devono accettare i pagamenti anche con carte di debito

13 Gen 2014
13 Gennaio 2014

L’articolo 15, commi 4 e 5 D.L. n.179/12, cosiddetto “Crescita Bis”, ha previsto che: A decorrere dal 1° gennaio 2014, i soggetti che effettuano l'attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, sono tenuti ad accettare anche pagamenti effettuati attraverso carte di debito. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni del D.Lgs. n.231/07. Con uno o più decreti del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, sentita la Banca d'Italia, vengono disciplinati gli eventuali importi minimi, le modalità e i termini, anche in relazione ai soggetti interessati, di attuazione della disposizione di cui al comma precedente. Con i medesimi decreti può essere disposta l'estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili”.

Per quanto riguarda l’effettiva entrata in vigore della norma, essa risulta condizionata dall’adozione di un decreto attuativo del Ministro dello Sviluppo Economico, che dovrà disciplinare le modalità, i termini e i soggetti interessati, provvedimento che è stato inviato nei giorni scorsi alla Banca d'Italia per il parere.

Dalle prime notizie che lo riguardano si apprende che l'obbligo del Pos scatti:
· per i pagamenti superiori alla soglia minima di € 30 e,
· limitatamente alle operazioni compiute fino al 30 giugno 2014, per chi avrà ricavi superiori a € 200.000 l'anno.

Quanto ai soggetti interessati si deve supporre, in attesa di limitazioni derivanti dal dettato del citato decreto attuativo, che la platea sia ampia e che potrà ricomprendere:
· i commercianti al dettaglio;
· i commercianti all’ingrosso;
· i produttori;
· gli agricoltori;
· gli ambulanti;
· i professionisti.
Con particolare riferimento all’attività professionale, la norma prevede che andranno installati dispositivi Pos, abilitati a scaricare i pagamenti delle parcelle dalle carte di credito, bancomat, carte convenzionali e prepagate direttamente sul conto corrente. Obiettivo della normativa è quello di aumentare la tracciabilità delle transazioni di denaro derivanti da prestazioni di carattere professionale. Quanto all’aspetto sanzionatorio si evidenzia che non esiste al momento una sanzione per chi non fosse in grado di provvedere all’istallazione degli strumenti di pagamento in tempi utili.

Dal 2014 modificata la tassazione indiretta nel trasferimento degli immobili

13 Gen 2014
13 Gennaio 2014

Dal 1 gennaio 2014 entrano in vigore le nuove disposizioni riguardanti la tassazione indirette (imposta di registro e imposte ipocatastali) nel trasferimento degli immobili: si tratta di modifiche generalmente positive per i contribuenti (visto che scende il prelievo complessivo in tali trasferimenti) ma sono state eliminate molte agevolazioni che sino allo scorso 31.12.2013 erano applicabili.

Pubblichiamo in allegato una nota sulle modifiche

tassazione indiretta trasferimento immobili

IMU: chiarito l’ambito dell’esenzione per gli immobili magazzino delle imprese edili

13 Gen 2014
13 Gennaio 2014

A decorrere dalla seconda rata dell’Imu del periodo di imposta 2013 è stata introdotta l’esenzione dal pagamento del tributo per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano locati. Il MEF ha chiarito che nel concetto di “fabbricati costruiti” va compreso anche il fabbricato acquistato dall’impresa costruttrice sul quale la stessa procede a interventi di incisivo recupero: tali fabbricati saranno esenti dal pagamento del tributo solo a partire dalla data di ultimazione dei lavori di ristrutturazione. Si ricorda che per fruire dell’esenzione Imu va presentata la dichiarazione Imu ai Comuni territorialmente competenti.

(Ministero dell’Economia e delle Finanze, risoluzione n.11, 11/12/2013)

Definiti i profili catastali e fiscali degli impianti fotovoltaici

13 Gen 2014
13 Gennaio 2014

L’Agenzia delle Entrate, con circa 2 anni di ritardo rispetto alle tempistiche annunciate, ha cercato di dare alcune risposte ai molti dubbi inerenti il settore del fotovoltaico, trattando le problematiche relative all’accatastamento degli impianti, ai conseguenti risvolti fiscali e analizzando gli aspetti tributari del V Conto Energia.

Per quanto attiene la classificazione catastale, l’Agenzia afferma che:
· gli immobili ospitanti le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere accatastati nella categoria “D/1 – opifici” e nella determinazione della relativa rendita catastale devono essere inclusi i pannelli fotovoltaici, in quanto ne determinano il carattere sostanziale di centrale elettrica e, quindi, di “opificio”;
· le installazioni fotovoltaiche poste su edifici e quelle realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censiti al catasto edilizio urbano, non devono essere accatastate autonomamente, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili. Sussiste, comunque la necessità di procedere, con dichiarazione di variazione da parte del soggetto interessato, alla rideterminazione della rendita dell’unità immobiliare nella misura del 15% o superiore, in base alle disposizioni catastali dell’Amministrazione competente;
· gli impianti di modesta entità (ad esempio quelli domestici), invece, non devono essere accatastati e non comportano l’insorgenza di alcun obbligo in capo al soggetto interessato.

Ai fini delle imposte dirette, l’Agenzia conferma le precedenti indicazioni, affermando la deducibilità del costo dell’impianto in base allo stanziamento delle quote di ammortamento, rispettivamente nella misura del 9%, quando è qualificato come bene mobile, e nella misura del 4%, quando rientra nella categoria degli immobili. Tale percentuale, in luogo di quella più conosciuta del 3%, è la diretta considerazione dell’attribuzione degli impianti fotovoltaici alla categoria degli immobili del settore energia termoelettrica ed in particolare a quella prevista per i “fabbricati destinati all’industria”.

(Agenzia delle Entrate, circolare n.36, 19/12/2013)

La legge di stabilità (L. 147/2013) in sintesi

13 Gen 2014
13 Gennaio 2014

Per gentile concessione della Società & Professionisti s.r.l. di Malo (VI) pubblichiamo una sintesi della legge di stabilità per il 2014 (L. 27 dicembre 2013 n. 147).

Speciale Legge di stabilità 2014

Piano casa: cementificazione inutile e dannosa o concretezza veneta?

10 Gen 2014
10 Gennaio 2014

Mercoledì 8 gennaio ho assisto alla tavola rotonda organizzata da Confartigianato presso La Fornace di Asolo (a proposito: complimenti a chi ha recuperato il complesso rendendolo così bello!).

L'assessore Zorzato si è sforzato di evidenziare i meriti del piano casa e le ragioni per le quali il terzo piano casa è fatto così come conosciamo. Altri relatori, come il giornalista Gianantonio Stella ed il sindaco di Asiago Andrea Gios, e alcune persone intervenute dal pubblico presente in sala  hanno duramente contestato il terzo piano casa, ritenuto inutile e dannoso per le future generazioni.

Da parte mia, ritenendo che il piano casa possa essere utile, vorrei però indicare alcuni punti del terzo piano casa che, a mio giudizio, avrebbero meritato una maggiore ponderazione, per amore del  territorio Veneto:

1) la misura dell'ampliamento potenziale è altissima: era proprio necessaria così alta?

2) gli ampliamenti possono trasformarsi senza problemi nella creazione di nuovi edifici del tutto autonomi e indipendenti dall'edificio di partenza: perchè chiamare "ampliamenti" la creazione di nuovi edifici extra PRG?

3) e perchè nel raggio di 200 metri?

4) perchè costringere i comuni a pianificare, spendendo cifre enormi in PAT e P.I., facendo coesistere con i piani una normativa di deroga ai piani dal 2009 al 2017? Ci sono ancora comuni privi di PAT, perchè non hanno i soldi per farlo (per esempio Monte di Malo, in provincia di Vicenza): ha senso continuare a prevedere l'obbligo del PAT per chi non lo ha ancora fatto?

5) è stato del tutto escluso il potere dei Comuni di introdurre limitazioni. Ma la Politica non avrebbe davvero potuto trovare un compromesso su questa questione, ascoltando i problemi concreti di molti sindaci?

6) non sarebbe il caso di ripensare al contenuto dei piani urbanistici, per ridurne i contenuti al poco davvero essenziale e per impedire (per esempio) ai pianificatori di inserirvi le previsioni più falotiche e strampalate immaginabili?

7) perchè mantenere la deroga alla distanza dai confini?

avv. Dario Meneguzzo

 

 

 

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