Nel secondo piano casa la deroga alla distanza dai confini era obbligatoria solo per la prima casa di abitazione

20 Gen 2014
20 Gennaio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 14 gennaio 2014 n. 14 afferma che il c.d. Piano Casa, ante L. R. Veneto n. 32/2013 (il secondo piano casa), permette di costruire in deroga alle distanze e/o agli atti di assenso del vicino-confinante richiesti dai regolamenti edilizi comunali solamente per la prima casa di abitazione.

Dato il chiaro tenore dell’art. 8, c. 4 della L. R. Veneto 08.07.2011

(secondo cui: “4. I comuni entro il 30 novembre 2011 possono deliberare, fermo restando quanto previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera a), della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, come modificato dalla presente legge, sulla base di specifiche valutazioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico ed ambientale, se e con quali eventuali limiti e modalità applicare la normativa di cui agli articoli 2 e 3 della legge regionale 8 luglio 2009, n. 14, come modificati dalla presente legge, con riferimento a:

a) edifici residenziali non destinati a prima casa di abitazione, così come definita dall’articolo 8 della legge regionale 9 ottobre 2009, n. 26, come modificato dalla presente legge;

b) strutture ricettive di cui agli articoli 22 e 25 della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33“Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo” e successive modificazioni;

c) edifici produttivi;

d) edifici commerciali-direzionali),

il Collegio afferma che: “Nel merito il ricorso è infondato perché la normativa di cui all’articolo 7 delle NTA comunali richiede inderogabilmente il consenso dei proprietari dei fondi limitrofi per interventi edilizi ubicati a distanza inferiore al limite dei 5 m dai confini, come non è controverso avvenga nel caso di specie. Le argomentazioni di cui al secondo motivo sono anch’esse infondate perché, in virtù dell’invocata normativa regionale, il Comune era facoltizzato ma non obbligato a prevedere l’estensione anche agli edifici residenziali non destinati a casa di prima abitazione della possibilità di ampliamenti derogatori dalle previsioni su distanze e confini, fissandone gli eventuali limiti. È pertanto evidente che la decisione del consiglio comunale di San Pietro di Cadore, espressa nella delibera consiliare numero 27 del 23/11/2011, di confermare le modalità applicative degli interventi in questione già approvate con la precedente deliberazione consiliare numero 33 del 2009 non può ritenersi contra legem”. 

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza TAR Veneto n. 14 del 2014

Registrazione on line per i contratti di locazione

20 Gen 2014
20 Gennaio 2014

Ai fini della registrazione dei contratti di locazione e di affitto di immobili si effettua al fine della semplificazione  tramite il modello RLI (Registrazione locazioni immobiliari).

Il nuovo modulo sostituisce a far data dal 03 febbraio 2014 il vecchio modello 69 approvato con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 7 aprile 2011 in relazione ai seguenti adempimenti:

1-    richiesta di registrazione dei contratti di locazione e di affitto di beni immobili;

2-    proroghe;

3-    cessioni e risoluzioni degli stessi;

4-    comunicazione dei dati catastali degli immobili oggetto del contratto;

5-    esercizio o revoca dell’opzione  per la cedolare  secca;

6-    denunce relative ai contratti di locazione  non registrati, ai contratti di locazione con canone superiore  a quello registrato o ai comodati fittizi.

Il modello che, come sopra riferito, si inserisce nel pacchetto delle semplificazioni degli adempimenti amministrativi è stato approvato con  provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate il 10 gennaio 2014 ma è stato reso disponibile  sul sito delle Entrate solo  da lunedì 13.01.2014.

Il modello, completo in base alle istruzioni, dovrà essere esclusivamente  inviato in via telematica all’Agenzia delle Entrate o direttamente dal contribuente o tramite uno degli intermediari abilitati. I soggetti non obbligati alla registrazione telematica dei contratti di locazione potranno effettuare la presentazione telematica del modello anche direttamente agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate.

Le principali semplificazioni del suddetto modello riguardano:

1-    la possibilità di far confluire in un unico modello i vari adempimenti fiscali  legati alla registrazione dei contratti di locazione o di affitto di immobili;

2-    la possibilità, in presenza di determinate condizioni, di procedere alla registrazione semplificata dei contratti di locazione   immobiliari;

3-    in particolare la registrazione  telematica semplificata, senza l’allegazione al modello RLI della copia del testo contrattuale, potrà essere richiesta quando il numero dei locatori e dei conduttori nonché degli immobili e relative pertinenze, non è superiore a tre e quando tutti gli immobili oggetto di contratto sono censiti con attribuzione di rendita.

Saranno di ostacolo alla registrazione telematica semplificata la presenza di pattuizioni  diverse dalla locazione nonché la stipula  fra soggetti che agiscono nell’esercizio di impresa , arte o professione.

Il provvedimento direttoriale che ha approvato il nuovo modello RLI ha previsto un periodo transitorio nel quale è consentito di presentare il vecchio modello 69. Tale periodo decorrerà dal 03.02.2014 e terminerà il 31.03.2014.

                                                                                                                           Avv. Gianmartino Fontana

La VAS di piani e programmi

17 Gen 2014
17 Gennaio 2014

Le dispense che seguono sono state utilizzate in vari corsi di specializzazioni post laurea e di aggiornamento per ordini professionali.   

La materia della Valutazione Ambientale Strategica, essendo relativamente giovane per il nostro ordinamento giuridico e riguardando peraltro strumenti di pianificazione e programmazione prevalentemente di livello locale e/o regionale, è in continua evoluzione sia sotto il profilo della legislazione regionale che della interpretazione giurisprudenziale e dottrinale (quest’ultima peraltro ancora non sufficientemente  sviluppata).

Le dispense che seguono costituiscono quindi un tentativo di lettura della normativa comunitaria, nazionale e regionale (riferimento prevalente alla Regione) coordinata con la recente giurisprudenza  della Corte di Giustizia e della Corte Costituzionale italiana nonché con la più significativa giurisprudenza amministrativa.  

In particolare vengono affrontati alcune dei temi problematici sulla applicazione della VAS ai piani a rilevanza urbanistica-territoriale, quali:

  1. ambito di applicazione della VAS (varianti e strumenti urbanistici attuativi)
  2. il concetto di quadro di riferimento dei progetti previsti dal piano/programma oggetto della VAS
  3. i rapporti tra autorità competente e procedente nello svolgimento della procedura di VAS
  4. il significato della procedura di verifica e la sua distinzione dalla procedura ordinaria di VAS
  5. la definizione e l’importanza giuridico amministrativa del concetto di alternative nella stesura del Rapporto Ambientale
  6. il ruolo delle consultazioni del pubblico nella procedura di VAS
  7. l’efficacia del Parere Motivato che conclude la procedura di VAS
  8. le differenze tra VAS e VIA (valutazione di impatto ambientale di progetti ed opere)

Le dispense sotto il profilo della struttura sono organizzate  per capitoli a cui corrispondono le slide proiettate nelle lezioni con i relativi commenti sia del sottoscritto ma soprattutto quelli tratti dalla giurisprudenza.

                                                      Dott. Marco Grondacci - La Spezia Dicembre 2013

NOTE PER SLIDE VAS 3-12-2013

Il dott. Marco Grondacci, che sentitamente ringraziamo,  è un giurista ambientale e cura il blog http://notedimarcogrondacci.blogspot.it/

E fin che i politici sfringuellano il debito pubblico svetta

17 Gen 2014
17 Gennaio 2014

In questi giorni è stato reso noto il Supplemento 'Finanza pubblica, fabbisogno e debito' della Banca d'Italia, che ha posto un focus sull’andamento del debito delle Amministrazioni pubbliche. Secondo quanto messo in luce dai ricercatori di Palazzo Koch, a novembre il debito delle suddette amministrazioni ha subito un ingente aumento pari a 18,7 miliardi di euro, che ha condotto il dato a un nuovo massimo storico di 2.104,1 miliardi. A quali fattori può essere ascritto una simile maggiorazione dell’ammontare? Ebbene, gli studi effettuati sottolineano che l’aumento è attribuibile, in primo luogo, al fabbisogno del mese di riferimento, che è stato pari a 6,9 miliardi di euro, e alla crescita delle disponibilità liquide del Tesoro, che sono aumentate di 11 miliardi e mezzo raggiungendo la soglia dei 59 miliardi di euro.

Anche nel caso di variante al PRG che reitera i vincoli può essere impugnata o l’adozione o anche solo l’approvazione

16 Gen 2014
16 Gennaio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1423 del 2013.

Scrive il TAR: "2.1 Nel caso di specie va rilevato che per un costante orientamento giurisprudenziale, nelle ipotesi di approvazione di varianti ad un Prg, va applicato il dies a quo conseguente all’avvenuta approvazione della stessa variante e, ciò in ossequio al principio (per tutti si veda Cons. St., sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 50, e sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4009) in base al quale gli interessati hanno, solo la facoltà e non l'onere, di impugnare la deliberazione di adozione.
2.2 Sul punto risulta applicabile il principio in base al quale (Cons. Stato Sez. V, 28-04-2011, n. 2534) “la reiterazione del vincolo in una variante non comporta modifiche alla natura, alla funzione e al contenuto dello strumento urbanistico che resta un atto pianificatorio a contenuto generale, sicché il regime di impugnazione deve intendersi il medesimo delle delibere originarie di pianificazione territoriale, con l'ulteriore corollario che il dies a quo per il ricorso decorre per tutti gli interessati (ivi compresi i proprietari di terreni colpiti dai vincoli reiterati), dall'ultimo giorno della pubblicazione del provvedimento con il quale è intervenuta l'approvazione definitiva dello strumento urbanistico; pertanto le varianti a contenuto generale o di ampie zone e comparti territoriali, devono essere contestate in giudizio  nel termine decadenziale decorrente dalla data di pubblicazione, non essendo richiesta la notificazione agli interessati né il decorso dell'ulteriore termine di efficacia (Conferma della sentenza del T.a.r. Puglia - Bari, sez. I, 12 novembre 1999, n. 1577).
2.3 E’ questo il caso ora sottoposto al presente Collegio nell’ambito del quale il ricorrente ha impugnato in termini la delibera n. 39/2013, mediante la quale si è proceduto ad approvare la variante al Prg e, nel contempo, è statoha reiteratao l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio".

sentenza TAR Veneto 1423 del 2013

La motivazione richiesta nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio

16 Gen 2014
16 Gennaio 2014

La sentenza del TAR Veneto n. 1423 del 2013 esamina la questione della motivazione richiesta nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all'esproprio.

Scrive il TAR: "3. E’ fondato, infatti, il primo motivo mediante il quale si desume la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 4, per difetto di motivazione nella reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio.
3.1 Come correttamente ha ricordato la parte ricorrente l’orientamento giurisprudenziale, oramai consolidato, sancisce che la decadenza del vincolo espropriativo non esclude, quanto meno in astratto, che l'amministrazione possa reiterare lo stesso vincolo.
3.2 Detta attività richiede, tuttavia, l’adozione di un provvedimento congruamente motivato in ordine alla persistenza delle ragioni di diritto pubblico sottese alla necessità della reiterazione (Cons. St., Sez. IV, 6.5.2013, n. 2432; 12.5.2010, n. 2843, 19.3.2008, n. 1095) e, ciò, al fine di escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti.
3.3 Si è sancito che, se in linea di principio può ritenersi giustificato il richiamo alle originarie valutazioni quando vi è una prima reiterazione, nell’ipotesi in cui il rinnovato vincolo sia a sua volta decaduto - o comunque a considerevole distanza di tempo dalla prima apposizione-, è comunque necessario che la motivazione contenga una ponderata valutazione degli interessi coinvolti, esponendo le ragioni (riguardanti il rispetto degli standard, le esigenze della spesa. specifici accadimenti riguardanti le precedenti fasi procedimentali) che inducano ad escludere profili di eccesso di potere e ad ammetterne l'attuale sussistenza dell'interesse pubblico ( in questo senso Cons. Stato, sez. IV, 2 ottobre 2008 n. 4765). 3.4 Sul punto risulta, infatti, dirimente quanto contenuto nella pronuncia della Corte costituzionale (sent. 20 maggio 1999 n. 179, indirizzo successivamente riconfermato con sent. 18 dicembre 2001 n. 411) laddove ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 7, numeri 2, 3 e 4, e 40 L. n. 1150 del 1942 e 2, primo comma, della L. n. 1187 del 1968 "nella parte in cui consente alla "amministrazione di reiterare i vincoli urbanistici scaduti, preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificabilità, senza la previsione di indennizzo".
4. In considerazione di quanto sopra ricordato, risulta evidente l’illegittimità dei provvedimenti impugnati.
4.1 Il Comune di Valdobbiadene, nel caso di specie, si è limitato ad affermare la volontà di realizzare i parcheggi di cui si tratta e, nel contempo, a dare conto di alcune modalità di finanziamento delle opere in questione.
4.2 Nulla quindi è possibile desumere circa la persistenza dell’interesse pubblico alla realizzazione delle opere di cui si tratta o, ancora, circa una valutazione del sacrificio del privato e deall’interesse di quest’ultimo all’utilizzo del bene di sua proprietà.
4.3 Nemmeno è possibile nemmeno evincere le ragioni del ritardo nell’esecuzione dell’opera e che hanno determinato la decadenza del vincolo, presupposto quest’ultimo pur necessario secondo un ulteriore orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. IV, 16-10-2006, n. 6171).
5. Ne consegue come sia evidente un difetto di motivazione delle delibere di variante al Prg sopra citate e, ciò, anche in considerazione del tempo trascorso dalla prima apposizione del vincolo (circa 13 anni), circostanza quest’ultima che, in quanto, tale avrebbe richiesto una ponderazione ulteriore circa l’interesse del privato ad utilizzare l’area.
6. E’ del tutto evidente che fare proprie le argomentazioni dell’Amministrazione comunale avrebbe l’effetto di determinare una compressione ingiustificata del diritto di proprietà del ricorrente.
7. E’, allora, possibile accogliere il ricorso, con contestuale annullamento delle delibere di adozione e approvazione del Prg e, nel contempo - per illegittimità derivata -, del successivo decreto di occupazione d’urgenza".

sentenza TAR Veneto 1423 del 2013

Lettera aperta a Matteo Renzi: in quale modo risolveremo i grandi problemi dell’Italia se oggi non riusciamo neanche a convincere la Soprintendenza a fissare un appuntamento obbligatorio per legge?

15 Gen 2014
15 Gennaio 2014

             Buongiorno, mi presento, sono Giada Scuccato di Vicenza, dottoressa in Giurisprudenza e praticante avvocato, con una forte passione per il Diritto Amministrativo.

Nel corso della mia carriera universitaria mi sono più volte imbatutta in problemi di presunta semplificazione amministrativa o di mancata sburocratizzazione. Per questo, lo scorso anno ho deciso di scrivere la mia tesi di laurea su una materia molto sentita nel mio Veneto: il peso della burocrazia nelle imprese. In particolare, mi sono occupata dello Sportello Unico attività produttive.

            Ho iniziato a scrivere con un intusiasmo degno della mia giovane età, ma purtroppo, man mano che ricercavo e ascoltavo personalmente le persone occupate negli enti interessati (Regione del Veneto, Camera di Commercio, Comuni) ho scoperto che lo Sportello Unico, così come disciplinato dal legislatore, restava nella realtà un’utopia. Nel progetto normativo lo Sportello Unico per le attività produttive doveva essere un importante snellimento burocratico, una semplificazione amministrativa di facile attuazione. Nella realtà, invece, le imprese si trovano ancora schiacciate dal peso crescente della burocrazia, che contribuisce a rendere poco appetibile nel panorama europeo la nostra povera Italia.

            Ora, nella mia quotidiana esperienza di praticante avvocato riscontro quotidianamente la non riuscita semplificazione. Un esempio può essere di chiarimento: l’art. 14 ter (Lavori della Conferenza di servizi) della legge n. 241/1990, come modificato dell’art. 49 del decreto legge n. 78/2010 (poi convertito in legge n. 122/2010), stabilisce al comma 2 che “i responsabili degli sportelli unici per le attività produttive e per l’edilizia, ove costituiti, o i Comuni, o altre autorità competenti concordano con i soprintentendi territorialmente competenti il calendario, almeno trimestrale, delle riunioni della conferenza dei servizi che coinvolgano atti di assenso o consultivi comunque denominati di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali”. Sul punto, è intervenuto anche il Ministero per le attività Culturali, con la nota del 24 aprile 2013 stabilendo che “questa disposizione – appositamente inserita, si ripete, per alleviare la difficoltà, ben nota, degli Uffici periferici di assicurare la continua presenza nelle numerose conferenze di servizi indette dagli enti locali – svolge un’efficacia direttamente invalidante, ove non applicata, sulla conferenza di servizi comunque indettaa e celebrata in violazione di tale precetto”.

            Purtroppo, però, numerose sono le segnalazioni che mi arrivano, soprattutto da parte di Comuni, i quali non sono mai riusciti a concordare con le Soprintendenze questo indispensabile calendario delle riunioni. Ora mi chiedo come possano le aziende italiane sopravvivere o crescere in un'Italia dove l’istituto creato per semplificare non fa altro che peggiorare ulteriormente le cose? Come è possibile che gli imprenditori, le Amministrazioni importanti ed i Piccoli Comuni (dei quali il mio Veneto è ricco) subiscano il blocco dei loro lavori per la mancata calendarizzazione degli appuntamenti con un Ente Pubblico?

Io, come scrivevo in premessa, sono una neo-laureata, ma mi chiedo: è questa l’Italia che vogliamo per il nostro futuro? Non sarà certo sufficiente far rispettare l'obbligo di fissare un calendario di appuntamenti (o quantomento garantire gli appuntamenti con un Ente come la Soprintendenza) per aver ottenuto l’ambito risultato della semplificazione, ma diciamo che almeno sarebbe un primo punto di partenza.

È per questo che mi rivolgo a Lei. In questi mesi, si è molto sentito parlare di futuro, di un Italia migliore, di cambiamento:  ebbene, Le chiedo, perché non partire proprio da qui per costruire la Patria del 2000? Agli occhi di chi, come me, si scontra tutti i giorni con la realtà, sembra che per il Governo e la Politica sia più semplice fare una legge elettorale nuova, o ragionare su massimi sistemi, piuttosto che ottenere cose semplici, come un appuntamento con la Soprintendenza. È proprio da qui, che Le chiedo di partire, dalla base, dalle Amministrazioni: non è sufficiente fare una legge, se poi non ne è garantita l’applicazione, a causa dell'ostruzionismo di un burocrate.

Io credo che per ritornare un Paese competitivo, sia sotto l’aspetto della Pubblica Amministrazione, sia sotto l’aspetto imprenditoriale, sia veramente necessario alleggerire il nostro pesante impianto normativo, di permessi, di pratiche. La asserita semplificazione deve diventare non solo uno spot elettorale, ma una realtà quotidiana effettiva. Solo attraverso una vera responsabilizzazione delle persone che operano negli Enti si riuscirà a realizzare questo progetto di sburocratizzazione. Se un Sindaco non fa il suo dovere, si confronta nell’immediato con i cittadini, con la pubblica opinione, prima ancora che con gli organismi di controllo. Visto che ricreare questo controllo diffuso con Enti così formali e distanti è molto difficile, perché allora, non creare organismi che abbiano un potere forte e di controllo verso chi ostacola il cambiamento?  Cosi facendo, i Comuni, gli Enti Locali e le imprese non saranno più ostaggio di cavilli formali o di ritardi, ma potranno far valere i loro diritto ad avere un Paese davvero efficace ed efficiente.

Allargo l’invito ad una riflessione sul punto anche agli altri quarantenni Presidenti di Partito  (il sindaco di Verona Flavio Tosi, il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, il segretario del Nuovo Centro Destra Angelino Alfano, la referente dei Fratelli d'Italia Giorgia Meloni) con l’ambizione di cambiare il Paese.

Con osservanza

                                                                                                         Dott.ssa Giada Scuccato

APE: ancora un pasticcio a fine anno 2013

15 Gen 2014
15 Gennaio 2014

E’ necessario parlare ancora di attestato di prestazione energetica in quanto la materia è ancora nel caos.  Nel giro di pochissimi giorni di fine anno 2013 si sono succedute diverse norme con scarso coordinamento tra loro, che comunque, a vario titolo, hanno modificato la disciplina del suddetto attestato.

Infatti con il c.d. decreto Destinazione Italia (in vigore dal 24 dicembre 2013) è stata effettuata una vera e propria rivoluzione in materia di allegazione dell’APE ai contratti di compravendita e di locazione con l’introduzione di tutta una serie di novità.

Come sopra riferito con il decreto c.d. Destinazione Italia n. 145/2013 si è intervenuti nuovamente sulla disciplina in tema di certificazione energetica degli edifici, modificando le regole sull’obbligo di allegazione ai contratti immobiliari dell’attestato di prestazione energetica, disposizioni introdotte appena  cinque mesi fa (ossia con la Legge 3 agosto 2013 n. 90, con la quale venne convertito in Legge il dl n. 63/2013).

La legge che ha istituito l’APE aveva, infatti, inizialmente previsto che la mancata allegazione  del documento ai contratti di vendita, di locazione  e di trasferimento di immobili  a titolo gratuito, fosse causa di nullità dei relativi atti.

Si trattava di una sanzione particolarmente forte, possibile causa di incertezze nelle transazioni svolte sul mercato immobiliare, come tale criticata dalle principali associazioni di categoria.

Nel dl n. 145/2013 si è intervenuti a modificare il regime sanzionatorio della mancata allegazione  ai contratti dell’attestato di prestazione energetica.

Per quanto riguarda l’ambito di applicazione oggettivo dell’obbligo di cui alla legge n. 90/2013 si è, infatti, previsto più semplicemente che copia  dell’APE debba essere allegata al contratto di compravendita e, per quanto riguarda il settore delle locazioni, ai soli contratti di locazione  aventi per oggetto interi edifici, rimanendo escluso tale obbligo, oltre che per i contratti non soggetti a registrazione , anche per nuovi contratti di locazione aventi per oggetto singole unità immobiliari.

Occorre inoltre osservare come il termine “copia” utilizzato dal legislatore faccia pensare all’intenzione di semplificare gli adempimenti  legati all’obbligo di allegazione  dell’APE, potendosi d’ora in poi probabilmente ritenere sufficiente l’allegazione  al contratto di una semplice copia non autenticata dell’attestazione.

E’ da tenere in conto poi che nei contratti in questione  le parti devono avere cura di inserire un’apposita clausola con la quale l’acquirente o il conduttore dichiarano di aver  ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato, in ordine  all’attestazione della prestazione energetica dell’edificio.

Come si diceva è poi cambiato il regime sanzionatorio della mancata allegazione  dell’APE al contratto. Ad esempio nel caso manchi la dichiarazione  predetta o l’allegazione dell’APE, le parti del contratto sono , infatti, soggette al pagamento, in solido tra loro e in parti uguali, della sanzione amministrativa pecuniaria variabile da 3 mila a 18 mila euro.

L’accertamento e la contestazione per il mancato rispetto degli adempimenti previsti dal nuovo decreto legge saranno svolti dalla Guardia di Finanza o, all’atto della registrazione dei contratti, dalla stessa Agenzia delle Entrate.

L’aspetto curioso della vicenda è però rappresentato dal fatto che con la successiva legge di stabilità n. 147/2013 è stato disposto che l’obbligo di allegazione dell’APE decorra dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale atteso da tempo e che avrebbe dovuto adeguare le linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici.

Ma, come detto, il dl n. 145/2013 appena qualche giorno prima aveva abrogato la predetta disposizione, sostituendo appunto il regime  della nullità dell’atto di trasferimento con una sanzione pecuniaria.

Altro motivo di preoccupazione per gli operatori del settore è giunta poi dal c.d. decreto mille proroghe n. 151/2013, con il quale è sembrato addirittura che fosse stata disposta la possibilità dell’acquisizione  successiva dell’APE rispetto alla stipula degli atti di trasferimento.

Cosa accade adesso ? Il legislatore confusionario di fine 2013 ha inteso davvero eliminare la sanzione  della nullità degli atti o ha voluto semplicemente rimandarla a un prossimo futuro ?

Il Notariato propende decisamente  per la prima soluzione , in quanto la legge di Stabilità 2014 è di fatto intervenuta su una disposizione già abrogata dal dl n. 145/2013 e quindi ormai senza alcun effetto.

In sostanza le modifiche normative si sono concretizzate come segue:

a)      nessun obbligo per gli atti traslativi a titolo gratuito;

b)      obbligo di allegazione del suddetto attestato limitatamente, oltre alle vendite , ai soli contratti di nuova locazione aventi per oggetto interi edifici, rimanendo esclusi i nuovi contratti di locazione di singole unità immobiliari;

c)      eliminazione della nullità quale sanzione civilistica per il caso di violazione dell’obbligo di allegazione al contratto, sostituita opportunamente  con una serie di sanzioni pecuniarie amministrative;

d)      possibilità di sanatoria per i contratti stipulati  nel vigore della precedente normativa.

Da ultimo va rilevato che il decreto 23.12.2013 n. 145, eliminando la sanzione della nullità per il caso di violazione  dell’obbligo di allegazione dell’APE, introduce la possibilità di sanatoria per i contratti stipulati tra il 04 agosto 2013 ed il 24.12.2013.

Il Decreto Destinazione Italia ha previsto cha la sanatoria possa essere richiesta da una delle parti del contratto o da un loro avente causa.

Per sanare la nullità deve essere pagata una sanzione pecuniaria introdotta come sanzione per la mancata allegazione dell’APE. La sanatoria si può ottenere se non è stata dichiarata la nullità del contratto con sentenza passata in giudicato. Ovviamente della intervenuta sanatoria sarà opportuno dare atto citando gli estremi del pagamento della sanzione.

Avv. Giamartino Fontana

La stessa persona può rilasciare il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica?

14 Gen 2014
14 Gennaio 2014

L'art. 146, comma 6, del D. Lgs 42/2004 (come modificato dall'art. 4, comma 16, della legge 106 del 2011) stabilisce che: "6. La regione esercita la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio avvalendosi di propri uffici dotati di adeguate competenze tecnico-scientifiche e idonee risorse strumentali. Può tuttavia delegarne l'esercizio, per i rispettivi territori, a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali come definite dalle vigenti disposizioni sull'ordinamento degli enti locali, agli enti parco, ovvero a comuni, purché gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia".

A mio parere, per garantire la differenziazione prescritta dalla disposizione sarebbe necessario che non solo fosse diverso l'istruttore dei due procedimenti (edilizio e paesaggistico), ma anche il soggetto che rilascia i due titoli.

Il TAR Liguria, nella sentenza n. 1257 del 2013, peraltro, afferma il contrario, lasciandomi pertanto alquanto perplesso.

Scrive il TAR: "3.2 Con il secondo ordine di censure, viene dedotta la violazione dell’art. 146 comma 6 d.lgs. 42\2004, in quanto l’autorizzazione paesaggistica risulta rilasciata dal medesimo soggetto che ha sottoscritto il permesso di costruire, con conseguente commistione di valutazioni palesemente differenti da cui discende l’incompatibilità del funzionario. Invero, in linea generale, in assenza di una specifica tipologia di incompatibilità, prevale l’autonomia delle attività e delle valutazioni, garantita dal diverso iter procedimentale nonché dai diversi presupposti oggetto di esame. Pertanto, a fronte di una valutazione basata su tali differenti presupposti (per un verso urbanistico edilizi e per l’altro di compatibilità rispetto al vincolo paesaggistico esistente) nonché di iter presso organi anche consultivi diversi, ed in assenza di specifici elementi da cui desumere una specifica incompatibilità, non è possibile inferire automaticamente che la stessa persona non possa partecipare, laddove ne abbia le competenze, a differenti valutazioni. E’ pur vero che proprio la diversità di valutazioni renderebbe opportuno, nell’interesse della stessa amministrazione, la divaricazione soggettiva dei funzionari responsabili; peraltro, la scarsità di risorse degli enti locali, specie di piccole dimensioni, rende di non facile raggiungimento tale auspicabile obiettivo; anche su tali considerazioni si fonda, presumibilmente, la stessa formulazione della norma invocata, che parla di garantire la differenziazione di attività. Ciò non toglie che il sindacato delle diverse valutazioni debba essere svolto con i dovuti specifici approfondimenti, pur nell’identità del progetto, distinguendo i presupposti di ammissibilità edilizia da quelli, ben distinti, della compatibilità col vincolo paesaggistico. E’ in tale contesto che va quindi interpretata la norma invocata, la quale, in termini di indicazione programmatoria a monte, prevede che “gli enti destinatari della delega dispongano di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”. In assenza della necessaria formalizzazione di una incompatibilità soggettiva, ciò che deve essere assicurato è la sussistenza di un adeguato livello tecnico scientifico nonché la differenziazione oggettiva di valutazione e della relativa attività. E’ evidente che tale differenziazione sia meglio perseguibile in caso di divaricazione soggettiva dei soggetti titolari delle rispettive competenze; tuttavia, in assenza di una specifica regola di incompatibilità soggettiva si impone un’esegesi conforme all’autonomia ed alle carenze organizzative dei Comuni, salva ovviamente, a valle, l’attenta analisi delle censure dedotte avverso il provvedimento conclusivo e l’iter istruttorio, al fine di verificare la sussistenza nella specie delle adeguate cognizioni, della autonoma valutazione e della specifica esplicazione delle ragioni sottese alla decisione amministrativa, che la giurisprudenza impone sia per l’accoglimento del progetto che per il diniego. Invero, in linea ordinaria l’esercizio del potere valutativo comunale è vincolato dal parere del Soprintendente, cosicchè la questione in esame perde di particolare rilievo nel caso normale disciplinato dal comma 6 dell’art. 146. Nel caso di specie, invece, è stato esercitato il potere – dovere di cui al comma 9, in assenza del parere dell’organo statale. In tale contesto, la disposizione invocata col motivo in esame – come emerge dalla sua stessa formulazione - è nata all’evidenza come norma di carattere programmatorio, il cui destinatario primario è la Regione la quale, nel valutare la tipologia di organo cui eventualmente delegare la funzione in parola, deve valutare gli elementi indicati dal legislatore; al riguardo, è possibile, come fatto in altre in altre Regioni, individuare elenchi di comuni aventi le necessarie caratteristiche, ovvero incentivare forme di associazione e cooperazione fra comuni per l’esercizio di tale funzione. Nel caso in esame, in assenza di tali adempimenti regionali, valgono le considerazioni predette, non potendo farsi cadere a carico dei singoli comuni, in termini di illegittimità di singoli atti per mera incompatibilità soggettiva, un previsione programmatoria quale quella invocata".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Liguria 1257 del 2013

Il vicino litigioso non è un soggetto al quale debba essere mandato l’avviso di avvio del procedimento per il rilascio di un titolo edilizio

14 Gen 2014
14 Gennaio 2014

Lo si legge nella sentenza del TAR Liguria n. 1257 del 2013.

Scrive il TAR: "3.1 Con il primo motivo gli odierni ricorrenti lamentano la violazione delle garanzie partecipative, in quanto la precedente impugnazione li rendeva controinteressati di immediata individuazione rispetto all’iter di nuova approvazione. La censura non è suscettibile di accoglimento. La sezione in materia si è già espressa ribadendo il principio a mente del quale il vicino controinteressato non è un soggetto contemplato tra quelli a cui va inviata la comunicazione di avvio del procedimento avviato per il rilascio di un titolo edilizio, ai sensi dell'art. 7 della l. 7 agosto 1990, n. 241, pur se lo stesso già risulti essersi opposto in precedenti occasioni all'attività edilizia dell'altro soggetto confinante (cfr. Tar Liguria n. 1736 \2009)".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Liguria 1257 del 2013

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