La Regione Veneto approva gli indirizzi applicativi in materia di appostamenti di caccia

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

La Giunta regionale del Veneto, ha approvato in data 28 ottobre le disposizioni in materia di appostamenti per la caccia e nello specifico gli indirizzi applicativi in materia di titoli edilizio e paesaggistico per la realizzazione di strutture adibite ad appostamento per l’esercizio della caccia, che si è inteso emanare a seguito della recente Legge Regionale numero 23 del 24 settembre scorso.

Nelle seguenti tabelle si riassume il contenuto della disciplina in questione :

“TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO          TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento precaria/temporanea ai sensi dell’articolo 3 della L.R. 23/2013

Struttura rimossa entro 90 giorni dall’allestimento: comunicazione al Comune;

Struttura rimossa oltre i 90 giorni dall’allestimento: DIA Autorizzazione paesaggistica: procedimento semplificato ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per la caccia da appostamento agli ungulati, purché in presenza dei requisiti di cui all’articolo 20 bis, comma 3, della L.R. 50/1993

Comunicazione al Comune Non occorre l’autorizzazione paesaggistica

I requisiti dettati dall’articolo 20 bis, comma 3, della L.R. 50/1993 prevedono che dette strutture siano realizzate interamente in legno, abbiano il piano di calpestio, ovvero di appoggio, posto al massimo a nove metri dal piano di campagna, abbiano l’altezza massima all’eventuale estradosso della copertura pari a dodici metri e abbiano una superficie del piano di calpestio o di appoggio non superiore ai tre metri quadrati, siano privi di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e comunque non siano provvisti di attrezzature permanenti per il riscaldamento.

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per la caccia da appostamento ai colombacci

Comunicazione al Comune purché in presenza dei requisiti di cui all’articolo 20 bis, comma 3bis, della L.R. 50/1993, che prevedono che le strutture siano correttamente mimetizzate e siano realizzate, secondo gli usi e le consuetudini locali, in legno e metallo, di altezza non superiore il limite frondoso degli alberi e che siano prive di allacciamenti e di opere di urbanizzazione e che comunque non siano provviste di attrezzature permanenti per il riscaldamento.

Autorizzazione paesaggistica:

1) procedimento semplificato ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 qualora la struttura abbia i requisiti di precarietà e temporaneità di cui ai punti 1 e 2 della lettera A) del presente allegato (Strutture precarie/ temporanee);

 2) procedura ordinaria qualora la struttura abbia carattere fisso; in tale caso si richiama quanto previsto alla lettera C) del presente allegato.

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento di caccia in territorio a gestione programmata vallivo lagunare Comunicazione al Comune competente   Nessuna autorizzazione

TIPOLOGIA DI APPOSTAMENTO TITOLO EDILIZIO    TITOLO PAESAGGISTICO

Struttura per appostamento rimossa giornalmente   Nessuna autorizzazione né comunicazione Nessuna autorizzazione

Appostamenti che non costituiscono opera edilizia

Non costituiscono struttura/opera edilizia e pertanto non sono assoggettati alla disciplina vigente in materia edilizia e paesaggistica, quegli appostamenti approntati esclusivamente mediante l’assemblaggio di elementi vegetali naturali (rami, frasche, canne), senza l’impiego di alcun materiale costruttivo (metallo, mattone,ecc.) appoggiati e non ancorati al terreno e privi di qualsiasi basamento

Strutture fisse.

Le strutture per la caccia da appostamento che non rientrano né tra le strutture precarie/temporanee, né tra le strutture soggette ad apposita disciplina (ungulati, colombacci, appostamenti in territorio a caccia programmata lagunare vallivo, appostamenti giornalieri), né tra gli appostamenti che non costituiscono opera edilizia, si configurano quali interventi soggetti alle disposizioni vigenti in materia edilizia e, nel caso ricadano in aree tutelate dal Decreto Legislativo n.42/2004, alle disposizioni vigenti in materia paesaggistica”.

Appena disponibile, seguirĂ  la pubblicazione della Deliberazione della Giunta Regionale.

Dott.ssa. Giada Scuccato

D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59: DGRV 1775 del 2013 con i primi indirizzi in materia di autorizzazione unica ambientale (A.U.A.).

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

Sul Bur n. 91 del 29 ottobre 2013 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1775 del 03 ottobre 2013, recante "D.P.R. 13 marzo 2013, n. 59. Primi indirizzi in materia di autorizzazione unica ambientale (A.U.A.)".

Si legge nelle note per la trasparenza: "Con il d.P.R. 13 marzo 2013, n. 59, a decorrere dal 13 giugno 2013, è stata introdotta nel panorama legislativo l'autorizzazione unica ambientale (A.U.A.). In attesa che vengano fugati i dubbi interpretativi e le problematiche applicative emerse nella prima fase dispositiva della normativa in argomento, si ritiene utile, in questo stadio, fornire delle indicazioni per accompagnare il processo di attuazione del regolamento in parola".

DGRV 1775 del 2013

Convegno su “Le gare per l’affidamento di servizi assicurativi”: UniversitĂ  di Padova 8 novembre 2013

30 Ott 2013
30 Ottobre 2013

L'Università di Padova e l'A.I.D.A. organizzano un convegno  su "Le gare per l’affidamento di servizi assicurativi", il giorno 8 novembre 2013 - ore 15.00-19.00 presso il Palazzo del Bò, Aula E, Via VIII febbraio, 2 – Padova.

Presiede il dott. Bruno Amoroso, Presidente del TAR del Veneto, relatori il prof. Gianluca Romagnoli dell'Università di Padova, il dott. Riccardo Savoia del TAR Veneto,   la prof. Chiara Cacciavillani dell'Università di Padova, il prof. Giovanni Sala del'Università di Verona, l'avv. Nicola Creuso e l'avv. Stefano Bigolaro. Le conclusioni saranno affidate al prof. Vittorio Domenichelli dell'Università di Padova.

La partecipazione e gratuita e comporta 4 crediti per gli avvocat.

PIEGHEVOLE Padova 8 novembre 2013

MANIFESTO 8 novembre 2013


La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della LR 50/2012 nella parte in cui non prevede la verifica di assoggettabilità per i centri commerciali di medie dimensioni

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

La sentenza della Corte Costituzionale è la n. 251 del 2013: "Nel merito, la questione avente ad oggetto l’art. 22 è fondata, nei termini di seguito precisati.

Il legislatore regionale prevede esplicitamente la VIA o la verifica di assoggettabilità a VIA per le «grandi strutture di vendita», aventi superficie superiore ai 2.500 metri quadrati, laddove il legislatore statale richiede che le medesime procedure di VIA o di verifica di assoggettabilità riguardino tutti i «centri commerciali» (d.lgs. n. 152 del 2006, Allegato IV alla Parte II, punto 7, lettera b). Orbene, ai sensi della normativa statale, i centri commerciali sono definiti come strutture di vendita di medie e grandi dimensioni, nelle quali più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente (art. 4, comma 1, lettera g, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Pertanto, la disposizione regionale impugnata si riferisce a una categoria di esercizi commerciali, quella delle grandi strutture di vendita, diversa da quella utilizzata dal legislatore statale. Per alcuni aspetti essa è più ampia, perché al suo interno annovera anche le grandi strutture che non possono essere definite centri commerciali, in quanto non ricomprendono una pluralità di esercizi; per altri aspetti, però, essa è più restrittiva, perché non include i centri commerciali di medie dimensioni.

Posto che la disciplina della VIA rientra senza alcun dubbio nella tutela dell’ambiente di competenza esclusiva dello Stato (sentenze n. 221 del 2010 e n. 234 del 2009), ne consegue che la disposizione regionale impugnata, discostandosi da quanto previsto dal d.lgs. n. 152 del 2006, Allegato IV alla Parte II, punto 7, lettera b), è costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., nella parte in cui non include tra le strutture soggette a verifica di assoggettabilità (a VIA) i centri commerciali di medie dimensioni".

sentenza Corte Costituzionale 251 del 2013

Quando il Comune ha acquisito la proprietĂ  di un immobile abusivo con atti diventati inoppugnabili, l’ex proprietario non ha interesse a impugnare gli avvisi di vendita e non può chiedere altri termini

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 1209 del 2013 esamina un caso nel quale il Comune è diventato proprietario di un immobile ai sensi dell'art. 31 del DPR 380 del 2001 (immobile abusivo del quale era stato ordinata la demolizione con ordinanza che non è stata ottemperata) e ha deciso di venderlo. La sentenza precisa che, se gli atti che hanno portato all'acquisizione della proprietà da parte del Comune sono diventati inoppugnabili, il vecchio proprietario non ha interesse a impugnare gli avvisi di vendita.

Gli atti diventato inoppugnabili quando sono scaduti i termini per presentare ricorso oppure quando i ricorsi sono stati decisi in modo definitivo e non piĂą impugnabile ulteriormente con i mezzi ordinari.

Scrive il TAR: "Come ricorda parte resistente nelle more del presente ricorso è, tuttavia, intervenuta la pronuncia del Consiglio di Stato n. 3854/2011 che ha confermato la pronuncia dei Giudici di primo grado, ribadendo la legittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino sopra citata e, nel contempo, dei successivi provvedimenti emanati dal Comune di Zevio, tra i quali va ricordato il provvedimento di immissione nel possesso. Il Comune pertanto, ad oggi, ha acquisito la proprietà dell’immobile con atti che sono divenuti oramai inoppugnabili. E’ pertanto del tutto evidente come l’acquisizione della proprietà, e l’inoppugnabilità degli atti procedimentali, hanno di fatto determinato il venir meno, nei confronti del ricorrente, dell’interesse ad ottenere una pronuncia di accertamento dell’illegittimità degli avvisi di vendita. Detta carenza di interesse è immediatamente evincibile laddove si consideri che anche qualora questo Tribunale dovesse pronunciare l’illegittimità degli atti impugnati il ricorrente non potrebbe più riacquistare la proprietà degli immobili.”; atteso che con successiva diffida il ricorrente ha intimato al Comune di provvedere nuovamente all’esito della richiesta di sanatoria presentata, al fine dell’assegnazione di un ulteriore termine per provvedere, stante la sopravvenuta inefficacia ex lege dell’originaria ordinanza di demolizione, per effetto dell’avvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria; che con il presente ricorso viene chiesta la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dall’amministrazione in ordine alla suddetta richiesta e la conseguente illegittimità degli atti con i quali l’amministrazione ha dato avvio alla procedura per la vendita, mediante trattativa privata, del bene in contestazione; ritiene il Collegio che il ricorso non possa trovare accoglimento, per le medesime considerazioni già svolte in occasione della richiamata pronuncia n. 641/2012, stante l’intervenuta perdita della proprietà del bene da parte del ricorrente, circostanza questa che, essendo stato dichiarato perento il ricorso in precedenza proposto avverso l’immissione in possesso e trascrizione nei registri immobiliari a favore del Comune, risulta ormai definitivamente consolidata; che quindi il bene risulta ad oggi ed ad ogni effetto di proprietà del Comune, di modo che nessuna ulteriore determinazione può essere operata dall’amministrazione con riguardo alle pregresse vicende che hanno caratterizzato la controversia intercorsa fra le parti per l’abuso contestato;che eventuali censure relative alla sopravvenuta inefficacia dell’originaria ordinanza di rimessione in pristino avrebbero dovuto essere dedotte avverso gli atti con i quali il Comune aveva disposto l’immissione nel possesso dei beni, ma che in occasione del ricorso avverso tali atti proposto non sono state formulate, mentre, come sopra ricordato, il suddetto gravame è comunque perento, con relativa declaratoria ormai divenuta inoppugnabile; ne deriva quindi, come osservato correttamente dalla difesa resistente, che anche nell’ipotesi in cui detta immissione in possesso fosse stata viziata per mancata riedizione dell’ordine di rimessione in pristino dopo il rigetto dell’istanza di sanatoria, detta illegittimità avrebbe dovuto essere evidenziata in occasione del ricorso proposto avverso gli atti che hanno consentito al Comune di acquisire la proprietà del bene; ritenuto che una diversa conclusione costituirebbe un’inammissibile revisione delle pronunce ormai divenute definitive e degli atti per effetto delle stesse divenuti inoppugnabili, risultando così contraria alla certezza della situazione di diritto ormai consolidatasi con l’acquisizione in proprietà del bene da parte del Comune, il quale, proprio in qualità di proprietario, ha disposto l’alienazione con i provvedimenti contestualmente qui impugnati".

sentenza TAR Veneto 1209 del 2013

Le controversie in materia di canalette di scolo spettano alla giurisdizione del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1212 del 2013.

Scrive il TAR: "le Sezioni Unite hanno costantemente affermato che la giurisdizione di legittimità in unico grado attribuita al Tribunale superiore delle acque pubbliche con riferimento ai "ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere e per violazione di legge avverso i provvedimenti definitivi presi dall'amministrazione in materia di acque pubbliche", sussiste quando i provvedimenti amministrativi impugnati incidano direttamente sul regime delle acque pubbliche, nel senso che concorrano, in concreto, a disciplinare la gestione e l'esercizio delle opere idrauliche o a determinare i modi di acquisto dei beni necessari all'esercizio e alla realizzazione delle opere stesse od a stabilire o modificarne la localizzazione o a influire nella loro realizzazione mediante sospensione o revoca dei relativi provvedimenti (cfr. Cass., Sez. Un., n. 27528/08 e 10848/09). Nello stesso senso il Cons. di Stato (Cons. di Stato, n. 928 - 21 febbraio 2012 - Sez. V che conferma T.A.R. Molise 6 giugno 2007 n. 496). Nel caso di specie, è pacifico che il progetto definitivo approvato con le delibere in questa sede impugnate riguardi direttamente complessi lavori di sistemazione e messa in sicurezza della rete scolante di Tavo di Vigodarzene (della quale fa parte la nuova canaletta in discussione), cosicchè le relative censure, stante l'incidenza diretta sul regime delle acque pubbliche (confermata dal carattere tecnico idraulico delle censure) rientrano nella speciale sfera riservata al Tribunale predetto. In particolare, va evidenziato che l’opera idraulica in questione va considerata unitariamente al più ampio progetto di sistemazione della rete idrografica regionale del quale fa parte (come da accordo di programma del 2010), progetto di considerevole rilievo per l’assetto idrogeologico regionale. Inoltre, i canali di bonifica risistemati o nuovamente realizzati verranno acquisiti al demanio idrico comunale, per essere destinati ad un uso di pubblico interesse. Pertanto, non essendo le opere in questione riferibili direttamente al sistema fognario comunale, come riduttivamente asserito dal difensore dei ricorrenti in sede di discussione, non appare conferente il richiamo, dal medesimo difensore effettuato, alla sentenza della Cass. n. 14883/2012. Inoltre, sempre con riferimento agli argomenti avanzati dalla parte ricorrente in sede di discussione, si osserva che il presente ricorso non ha direttamente ad oggetto questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione dell’accordo di programma, sottoscritto dalle amministrazioni interessate nel 2010, così che non si giustifica l’attrazione della presente controversia alla giurisdizione esclusiva del TAR ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, c.p.a. . In conclusione il Collegio ritiene che difetti la giurisdizione in capo al giudice amministrativo spettando essa al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto n. 1212 del 2013

Il Sindaco non può annullare gli atti dei dirigenti e un regolamento comunale non può prevedere tale potere

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Segnaliamo sulla questione la sentenza del Consiglio di Stato n. 4778 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "l’appellante ha denunciato l’illegittimità dell’impugnato provvedimento sindacale, prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento in autotutela della precedente determinazione n. 348 del 31 luglio 2001, per l’incompetenza del sindaco.
5.1. Giova al riguardo rilevare che l’art. 51 della legge 8 giugno 1990, n. 142, aveva già stabilito, al comma 2, che “spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti che si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo spettano agli organi elettivi mentre la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti”, aggiungendo al successivo terzo comma che  “spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l’adozione di atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto espressamente non riservano agli organi di governo dell’ente. Sono ad essi attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente:…b) la responsabilità delle procedure di appalto e di concorso”. Tale disposizione ha trovato conferma nell’art. 107 del D. Lgs, 18 agosto 2000, n. 267, laddove è stato previsto al comma 4 che “le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative” e al comma 5 che, “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dall’art. 54”. Il principio contenuto nei ricordati articoli 51 della l. n. 142 del 1990 e 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000, circa il riparto tra compiti di governo, di indirizzo e di controllo, spettanti agli organi politici elettivi, e compiti di gestione, spettanti ai dirigenti, costituisce “struttura fondante dell’intera riforma delle autonomie locali” (C.d.S., sez. V, 15 novembre 2001, n. 5833), di per sé immediatamente applicabile senza la necessità dell’interposizione di fonti secondarie, cui spetta soltanto la determinazione delle modalità di esercizio della competenza, comunque indefettibile e tale da non tollerare impedimenti e soluzioni di continuità (C.d.S., sez. V, 23 marzo 2000, n. 1617; 21 novembre 2003, n. 7632). Su un piano più generale è stato sottolineato che, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, ai dirigenti è stata attribuita la competenza esclusiva nella gestione dell’attività amministrativa, compresa l’adozione degli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mentre agli organi di governo sono rimaste le funzioni di indirizzo politico, aggiungendosi che, con specifico riferimento agli enti locali, proprio l’art. 107 del D. Lgs. n. 267 del 2000 dispone che gli statuti ed i regolamenti si uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e controllo politico – amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica compete in via esclusiva ai dirigenti (C.d.S., sez. V, 16 ottobre 2004, n. 6029; 5 ottobre 2005, n. 5312; 10 dicembre 2012, n. 6277), con la precisazione che l’attività di indirizzo, riservata agli organi elettivi o politici del comune, si risolve nella fissazione delle linee generali da seguire e degli scopi da perseguire con l’attività di gestione (C.d.S., sez. V, 9 settembre 2005, n. 4654).
5.2. Sulla scorta di tale substrato normativo (e giurisprudenziale) il sindaco del Comune di Avetrana non poteva adottare, come invece è avvenuto, la disposizione prot. n. 2332 del 19 marzo 2002, di annullamento, in autotutela, della determinazione n. 348 del 31 luglio 2001 e, conseguentemente, dell’intera procedura del concorso pubblico per titoli ed esami per l’assunzione di un istruttore contabile, trattandosi di un’attività di gestione, non appartenente come tale ai compiti di governo, indirizzo e controllo propri di un organo politico, quale appunto è il sindaco. Questi invero, proprio nell’esercizio dei predetti poteri di indirizzo e controllo, avrebbe potuto - e dovuto - sollecitare, anche sulla scorta degli indirizzi forniti dall’organo giuntale, il responsabile del servizio ovvero il dirigente competente all’adozione degli atti opportuni e necessari a rimuovere la pretesa illegittimità verificatasi nella procedura concorsuale in esame, così rispettando il fondamentale ed insuperabile principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione (potendo del resto eventualmente utilizzare nei confronti del funzionario o del dirigente, riottoso o inadempiente, gli ordinari poteri
disciplinari fino a giungere anche alla rimozione dall’incarico o dalla funzione). Né, a fondamento della sussistenza del potere esercitato nel caso in esame, possono invocarsi, come indicato nel provvedimento impugnato, l’articolo 50, comma 3, del D. Lgs. n. 267 del 2000 e l’art. 44, ultimo comma, del Regolamento recante l’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Avetrana (quest’ultimo nella parte in cui autorizza il sindaco ad annullare, di propria iniziativa o su istanza di parte, per motivi di legittimità gli atti dei responsabili dei servizi degli organi dell’amministrazione).
Sotto un primo profilo deve infatti osservarsi che, se è vero che il ricordato terzo comma dell’art. 50 del D. Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che il sindaco esercita le funzioni attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti, è altrettanto vero che tale norma fa espressamente salvo quanto stabilito dall’articolo 107 che, come già si è avuto modo di osservare, delimita e distingue nettamente l’attività politica da quella di gestione, attribuendo solo ai dirigenti quest’ultima, in cui è  espressamente ricompresa, secondo l’esemplificativa normativa, la “responsabilità delle procedure di concorso”, formulazione in cui deve farsi ragionevolmente rientrare, anche per coerenza sistematica, l’eventuale esercizio del potere di autotutela. A ciò consegue, sotto altro concorrente profilo, che nessun autonomo rilievo può essere attribuito alla previsione contenuta nell’articolo 44 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, approvato con delibera della Giunta comunale n. 640 del 22 novembre 1999, da ritenersi tacitamente abrogata o comunque inapplicabile per effetto della disposizione contenuta nel quinto comma dell’articolo 107 del più volte citato D. Lgs. n. 267 del 2000, secondo cui “A decorrere dall’entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al capo I, titolo III l’adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall’art. 50, comma 3, e dell’art. 54”. Ciò senza contare che ad identiche conclusioni del resto si giunge anche disapplicando la predetta norma regolamentare, proprio a causa del suo insanabile contrasto con il disposto legislativo primario, essendo appena il caso di rilevare che la disapplicazione della norma secondaria regolamentare, al fine della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo impugnato, è in questi casi (di macroscopico contrasto con la norma primaria) consentita al giudice amministrativo, a prescindere dall’impugnazione congiunta del regolamento e quindi anche in mancanza di richiesta delle parti (C.d.S., sez. V, 25 settembre 2006, n. 5625; 11 maggio 2004, n. 2966; 13 novembre 2002, n.6293; sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2142; sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 5098)".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 4778 del 2013

Il contatore del debito pubblico italiano

29 Ott 2013
29 Ottobre 2013

Vi interessa sapere a quale velocitĂ  aumenta il debito pubblico italiano?

Cliccando sul link che segue scopriremo che aumenta di circa 11.000 euro ogni 3 secondi.

La questione ci riguarda perchè va poi a influire sulla quantità di tasse che ciscuno di noi paga.

http://www.borsaforextradingfinanza.net/pages/CONTATORE_DEBITO_PUBBLICO-5807662.html

 http://www.italiaora.org/

 

 

 

 

 

Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 40 del 21 ottobre 2013: il “DURC EX ART. 13 BIS, COMMA 5, DEL D.L. n. 52/2012”

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Con la circolare n. 40 del 21 ottobre 2013, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito alcuni chiarimenti in ordine alle modalità di rilascio e di utilizzo del DURC, nel caso in cui l’interessato certifichi di avere crediti certi liquidi ed esigibili nei confronti delle PA di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte del medesimo soggetto.

Si ricorda che la disciplina di riferimento è costituita dall’art. 13-bis, comma 5, del D.L. n. 52/2012, convertito in L. n. 94/2012 e dal relativo decreto attuativo, il Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 13.3.2013.

Per quanto riguarda, in particolare, la disciplina della certificazione dei crediti nei confronti della PA, occorre invece fare riferimento all’art. 9, comma 3 bis del D.L. n. 185/2008, convertito in L. n. 2/2009 (“Su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, le regioni e gli enti locali nonché gli enti del Servizio sanitario nazionale certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione dell’istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il predetto termine, su nuova istanza del creditore, è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell’ente debitore. La nomina è effettuata dall’Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale. La cessione dei crediti oggetto di certificazione avviene nel rispetto dell’articolo 117 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Ferma restando l’efficacia liberatoria dei pagamenti eseguiti dal debitore ceduto, si applicano gli articoli 5, comma 1, e 7, comma 1, della legge 21 febbraio 1991, n. 52.”)

Il soggetto interessato a questo tipo di DURC ha l’onere di specificare nella relativa richiesta (o nell’avvio della procedura per l’acquisizione d’ufficio del DURC) di vantare crediti nei confronti della PA, per i quali ha ottenuto la certificazione tramite la Piattaforma informatica.

Egli deve contestualmente comunicare gli estremi delle certificazioni di credito e il codice a lui rilasciato dalla Piattaforma Informatica per l’accesso, attraverso il quale potrà essere verificata (da parte di chi rilascia il DURC – Casse edili e istituti previdenziali) la certificazione direttamente nella Piattaforma Informatica. La Piattaforma rilascerà un documento informatico che attesta l’esistenza del credito certificato.

La procedura di acquisizione di attestazione dalla Piattaforma è tuttavia ancora sulla carta, dal momento che la Circolare stessa precisa che occorrerà un accordo tra Enti previdenziali e Ispettorato Generale per l’informatizzazione della contabilità di Stato. Nelle more, la trasmissione della certificazione viene spedita via pec o presentata direttamente dall’interessato all’Ente previdenziale sotto la propria responsabilità. Gli enti acquisiranno poi dall’Amministrazione certificatrice la conferma dell’esistenza e della validità della certificazione.

La circolare conferma che anche il DURC così rilasciato ha validità di 120 gg. dal rilascio, ai sensi dell’art. 31, comma 5 D.L. 69/2013.

La Circolare prosegue fornendo indicazioni sugli utilizzi del DURC ex art.13-bis comma 5 del D.L. 52/2012. Esso può essere utilizzato per:

- la verifica della dichiarazione sostituiva ex art. 38, comma 1, lettera i) del Codice dei Contratti;

- per il pagamento dei SAL, con applicazione della disciplina del c.d. “intervento sostitutivo” di cui all’art. 4, comma del Regolamento di cui al D.P.R. n. 207/2010 (“in caso di ottenimento da parte del responsabile del procedimento del documento unico di regolarità contributiva che segnali un’inadempienza contributiva relativa a uno o più soggetti impiegati nell’esecuzione del contratto, il medesimo trattiene dal certificato di pagamento l’importo corrispondente all’inadempienza.”.)

La Circolare sottolinea, in particolare, che, attraverso l’art. 3, comma 3 del D.M. 13.3.2013, è stato generalizzato il ricorso all’istituto dell’intervento sostitutivo, il quale non è più limitato al caso in cui la P.A. /Stazione appaltante debba erogare i corrispettivi nell’ambito dei contratti pubblici, ma è esteso a tutte le ipotesi in cui la PA debba effettuate erogazioni a qualsiasi titolo a favore di soggetti privati titolari di crediti certificati. La regola è che, prima di effettuare le erogazioni, la PA sia obbligata a garantire previamente la copertura del debito evidenziato nel DURC. Viene richiamato in proposito l’art. 31 del D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013, il quale ha confermato questa previsione.

Anche l’operatività delle previsioni appena illustrate è tuttavia condizionata all’intervento degli Enti previdenziali, che sono chiamati a regolamentare il relativo procedimento.

La Circolare si dedica, infine, all’ipotesi della cessione o anticipazione dei crediti indicati nella certificazione esibita per il rilascio del DURC.

La cessione e l’anticipazione sono possibili solo a condizione che venga integralmente estinto il debito indicato nel DURC, con la precisazione che deve trattarsi di DURC aggiornato che attesti la reale situazione nei confronti degli enti previdenziali.

Il decreto Ministeriale prevede che, qualora l’irregolarità persista, il titolare del credito certificato che faccia ricorso alla banca o all’intermediario finanziario per farsi anticipare le somme o per cedere il credito debba rilasciare a costoro una delegazione di pagamento ex art. 1269 c.c. affinché provvedano a pagare agli Enti previdenziali il debito residuo.  

avv. Marta Bassanese

20131021_Circ_40

Anche il contratto preliminare è nullo se ha per oggetto un immobile irregolare dal punto di vista urbanistico

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23591 del 2013, in relazione alla nullitĂ  prevista dall'art. 40, comma 2, della L. 47/1985. Si veda ora l'art. 46 del DPR 380 del 2001.

Sentanza Corte di Cassazione n. 23591_del 2013

http://www.cortedicassazione.it/Documenti/23591_10_13.pdf

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC