Adozione del “Piano Energetico Regionale – Fonti Rinnovabili – Risparmio Energetico -Efficienza Energetica” (L.R. 25/2000, art. 2)‏

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Il Presidente della Giunta Regionale del Veneto

Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 14 del D.Lgs n. 152/2006 e s.m.i. e dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241

rende noto

che in data 15 ottobre 2013 la Giunta Regionale, con deliberazione n. 1820, ha adottato il “Piano Energetico Regionale - Fonti rinnovabili - Risparmio Energetico - Efficienza Energetica”, ed ha disposto il deposito di tutti gli elaborati in forma integrale presso le sedi degli Uffici regionali per le relazioni con il pubblico della Regione del Veneto (U.R.P.) con sede in ciascun capoluogo di provincia e presso la sede di tutte le province del Veneto per l’avvio della procedura di consultazione prevista per legge.

Il termine utile per la presentazione delle osservazioni da parte di chiunque ne abbia interesse è fissato, secondo le modalità indicate nell’allegato E) alla deliberazione medesima, in sessanta giorni dalla data di pubblicazione del presente avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Veneto (BURV).

Per lo stesso fine sono pubblicati sul sito web regionale http://www.regione.veneto.it/web/energia/ la proposta del Piano, il Rapporto ambientale, la Sintesi non tecnica e le modalità di presentazione delle osservazioni.

(Avviso costituente parte integrante della Deliberazione della Giunta regionale n. 1820 del 15 ottobre 2013, pubblicata in parte seconda - sezione seconda del presente Bollettino, ndr)

(seguono allegati)

Allegato avviso Dgr 1820 AllegatoE_260011.pdf

DGRV 1820 del 2013

La DGR 1721 del 2013 sull’articolo 38 del PTRC è stata pubblicata sul Bur n. 90 del 25 ottobre 2013

28 Ott 2013
28 Ottobre 2013

Con la DGR 1721 del 2013 la Giunta Regionale ha deliberato quanto segue:

1.       di dare atto che restano confermati gli elaborati della variante parziale del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) con attribuzione della valenza paesaggistica, adottato con DGR n. 427 del 10 aprile 2013;

2.       di prendere atto della Valutazione Tecnica Regionale n. 44 del 18.9.2013 (Allegato A) su supporto digitale che esplicita il significato e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all'art. 38 delle norme tecniche al "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", che recepisce e fa proprie le considerazioni e conclusioni del parere del Comitato previsto dall'art. 27 della Legge regionale n. 11/2004 (Allegato A1) su supporto digitale, contenente l'elaborato grafico derivato dalla tav. 04 del PTRC;

3.       di prendere atto che l'ambito di applicazione dell'articolo 38 delle norme tecniche al "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", è esplicitato nell'elaborato grafico allegato al parere del Comitato previsto dall'art. 27 della Legge regionale n. 11/2004 che indica i comuni interessati;

4.       di incaricare il Dirigente della Direzione Urbanistica e Paesaggio, nelle more di approvazione del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", di coordinare l'istruttoria degli strumenti urbanistici, interessati dalle disposizioni contenute nell'art. 38, delle norme tecniche del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica;

5.       di incaricare il Dirigente della Direzione Pianificazione Territoriale e Strategica, nelle more di approvazione del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica", ad assumere i provvedimenti e gli adempimenti previsti dalle diverse fattispecie contemplate al comma 4 dell'articolo 38, delle norme tecniche del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica";

6.       di dare atto che il presente provvedimento non comporta spese a carico del bilancio regionale;

7.       di pubblicare la presente deliberazione nel Bolletino Ufficiale della Regione.

 DGRV 1721 del 2013

1721_ALLEGATO_A0_SCHEDA_VALUTATORE_01_259926.pdf
1721_ALLEGATO_A1_PARERE_COMITATO_VTR_259926.pdf
1721_ALLEGATO_A1_elaborato_cartografico_derivatro_dalla_tav_04_ptrc_var_259926.pdf

IL TAR ribadisce che il piano casa deroga alle distanze dai confini

25 Ott 2013
25 Ottobre 2013

La legge più iniqua approvata dalla Regione Veneto è il piano casa, interpretato nel senso che consenta di derogare alle distanze dai confini previste dalle NTA del PRG.

E il TAR Veneto conferma che va interpretato così nella sentenza n. 1213 del 2013, dove ritiene illegittime le disposizioni comunali che hanno previsto il contrario.

Scrive il TAR: "2.1. Il ricorso è fondato.
2.2. Ed infatti, l’art. 6 comma 10 della delibera del Consiglio Comunale n. 130/2011, attuativa della L.R. 14/2009 così come integrata e modificata dalla L.R. 13/2011, prevede l’applicabilità agli ampliamenti ex piano casa delle disposizioni del P.R.G. e del Regolamento Edilizio in materia di distanze tra edifici.
2.3. Ritiene il Collegio che tale previsione debba essere armonizzata con l’art. 2 comma 1, della L.R. 14/2009, che invece stabilisce l’operatività della legge sul piano casa in deroga a tutte le regole poste dagli atti di pianificazione di ogni livello (con la sola esclusione, in quanto estranei al campo applicativo della L.R. n. 14 del 2009, di quelle in materia ambientale o paesaggistica), e con l’art. 8, IV comma della L.R. n. 13/2011, che limita la possibilità dei Comuni d’ introdurre integrazioni e limitazioni alla normativa sul piano casa solo relativamente agli interventi sugli edifici non destinati a prima casa di abitazione. 2.4. Conseguentemente, poiché la delibera comunale impugnata non è diretta a regolamentare esplicitamente gli ampliamenti effettuati sulla prima casa di abitazione, bensì riguarda genericamente tutti gli interventi eseguibili in base al “piano casa”, appare possibile adottare un’interpretazione, nello specifico di tale art. 6 della delibera, conforme al dettato della legge regionale, nel senso di ritenerlo applicabile solo agli ampliamenti diversi da quelli effettuati sulla prima casa di abitazione.
2.5. Viceversa, nel caso di specie, trattandosi d’intervento sulla prima casa di abitazione, troverà piena applicazione la legge regionale citata, la quale, da una parte, consente di derogare a tutte le norme in tema di distanze (diverse da quelle di fonte statale), poste da fonti locali in materia urbanistico-edilizia, ivi comprese, quindi, le previsioni, come quella di specie, che subordinano la facoltà di costruire sul confine al previo consenso del vicino; dall’altra, inibisce ai Comuni di estendere la propria disciplina applicativa anche alla “prima casa”.
2.6. Conseguentemente, l’atto di diffida impugnato, poiché si fonda sulla mancata produzione di un atto di consenso del proprietario confinante, richiesto dagli artt. 6.1.2 delle NTGA e 11.1.3 delle NTSA del PRG di Venezia, risulta illegittimo per contrasto con la speciale disciplina derogatoria introdotta dalla normativa sul "Piano Casa".
2.7. Va infine evidenziato come non sia in questione il rispetto delle distanze tra fabbricati di cui all'art. 873 c.c. e al D.M. n. 1444 del 1968, in quanto, nel caso di specie, il fondo confinante è inedificato e la nuova sopraelevazione non avrà aperture verso di esso".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza TAR Veneto 1213 del 2013

Annullamento e revoca

25 Ott 2013
25 Ottobre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 16 ottobre 2013 n. 1178, si occupa dell’annullamento d’ufficio ex art. 21 octies l. 241/1990 e della revoca ex art. 21 quinquies l. 241/1990, chiarendo i poteri del giudice amministrativo in materia di esatta qualificazione della domanda proposta nel processo

Nel caso in esame il provvedimento comunale impugnato dal ricorrente veniva definito dall’ente sia come revoca sia come annullamento.

A tal fine si legge che: “La qualificazione di annullamento, tuttavia, esclude anche la possibile conversione della domanda ex art.32 c.p.a.

Come noto trattasi di disposizione di particolare rilievo precisandosi che spetta al giudice la esatta qualificazione della domanda, operandosi da parte di quest’ultimo, in presenza dei presupposti, la modifica anche di quanto richiesto dalla parte, ove ritenuto non satisfattivo, in sintonia con la volontà legislativa, trasfusa nel codice del processo, mirante a offrire una rinnovata gamma di azioni processuali proponibili davanti al giudice amministrativo, nel perseguimento del principio di effettività della tutela.

Nel caso in esame la domanda risarcitoria non sarebbe apprezzabile, per quanto detto, mentre lo sarebbe quella volta alla condanna al pagamento di un indennizzo, che, se pur non costituisce presupposto di legittimità del provvedimento di revoca, necessariamente deve essere liquidato al soggetto che incolpevolmente ha confidato nella legittimità del provvedimento a efficacia continuativa il quale se ne veda paralizzare gli effetti pro futuro per sopravvenute esigenze di opportunità o di merito, e ciò per espressa menzione normativa contenuta nella citata disposizione di cui all’art. 21 quinques L. n. 241/90.

Trattandosi invece di annullamento d’ufficio, la domanda di indennizzo non è proponibile, neppure mediante la ricordata conversione ex art.32 c.p.a., nonostante la ricorrente qualifichi a sua volta come revoca l’atto impugnato (che per tale non potrebbe essere qualificato, neppure accedendo alla figura della revoca annullamento, intesa cioè non ex art.21 quinquies, ma come impropria dizione di ogni atto di ritiro) (difatti in tema di revoca il Consiglio di Stato ha affermato nella decisione n.662/2012 che “Nel caso in cui l’esercizio del potere di autotutela sia stato determinato da un difetto del presupposto sul quale si fonda l’atto adottato, tale da non avere consentito una corretta e completa valutazione dell’interesse pubblico, e quindi un conseguente legittimo esercizio del potere provvedimentale, ciò non rende illegittimo il provvedimento assunto in via di autotutela (che, anzi, ne risulterebbe necessitato), ma costituisce un elemento sicuramente valutabile sul piano della (eventuale) conseguente responsabilità dell’amministrazione nei confronti dell’incolpevole soggetto già beneficiario dell’atto”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto del 1178 del 2013

Come fa il debito pubblico italiano a aumentare così tanto?

24 Ott 2013
24 Ottobre 2013

Nel secondo trimestre del 2013 il debito pubblico italiano è salito a 2076 miliardi di euro. Nel febbraio del 2011 era pari a 1876 miliari (circa) e nel gennaio 2012 a 1936 miliardi (circa).

Insomma è aumentato di 200 miliardi di euro in due anni.

Di fronte a questo dato è evidente quanto sia surreale la sceneggiata della abolizione dell'IMU e della sua sostituzione con altre imposte (TARES o TASI o come altro le chiameranno).

Qualcuno mi accuserà di disfattismo se dico che mi viene in mente la famosa battuta: "siamo arrivati sull'orlo del baratro, ora bisogna fare un passo in avanti"?

Mi chiedo quanto manchi ancora al punto di rottura del sistema, ma, in tutto sincerità, non lo so, anche se mi sembra realistico pensare che debba esserci un punto di rottura.

Dario Meneguzzo

Il Consiglio di Stato continua a cambiare posizione in materia di oneri specifici

24 Ott 2013
24 Ottobre 2013

Il Consiglio di Stato, sez. III, nella sentenza del 18 ottobre 2013 n. 5070, torna ad occuparsi degli oneri specifici.

Tuttavia, se nella sentenza n. 4964/2013 commentata nel post del 14 ottobre 2013, si era sottolineato che tali oneri dovrebbero essere indicati a pena di esclusione solamente negli appalti di servizi e/o forniture, nella sentenza che ivi si commenta i Giudici di Palazzo Spada sembrano giungere a conclusioni opposte: “Neppure convince la censura dell’appellante sul mancato scorporo, in sede d’offerta economica, degli oneri di sicurezza per rischio specifico, a suo avviso sempre necessario, anche quando la lex specialis non lo preveda espressamente.

Secondo l’appellante, all’uopo citando giurisprudenza di questa Sezione, di tali oneri l’ordinamento prevede comunque l’indicazione di siffatti oneri con norma immediatamente precettiva e tale da eterointegrare ogni diversa regolazione della gara. Detti oneri costituiscono un elemento essenziale dell’offerta, onde l’omessa loro indicazione è vicenda che non sfugge all’elenco delle cause specifiche di esclusione ai sensi dell’art. 46, c. 1-bis del Dlg 163/2006. Se lo scorporo specifico è necessario allo scopo di consentire l’esatta valutazione della congruità dell’offerta, l’indicazione degli oneri stessi non sembra avere, per gli appalti di servizi e di forniture qual è quello in esame, un disciplina simile a quello in tema di ll.pp. —per i quali vige la norma ad hoc contenuta nell’art. 131 del Dlg 163/2006—, fermo restando che sul punto non v’è una giurisprudenza univoca di questo Consiglio (cfr. Cons. St., VI, 20 settembre 2012 n. 4999; contra, id., III, 28 agosto 2012 n. 4622). Pare invece al Collegio che, quando si tratti di appalti diversi dai ll.pp. e non vi sia una comminatoria espressa d’esclusione ove sia omesso detto scorporo matematico degli oneri stessi, il relativo costo, appunto perché coessenziale e consustanziale al prezzo offerto, rileva proprio ai soli fini dell’anomalia di quest’ultimo, nel senso che, per scelta della stazione appaltante (da interpretare sempre a favore del non predisponente), il momento di valutazione degli oneri stessi non è eliso, ma è posticipato al sub-procedimento di verifica della congruità dell’offerta nel suo complesso”.  

Insomma sembra essere ancora lontana una conclusione univoca e chiara sul punto. Ormai sembra inevitabile il rinvio della questione alla Adunanza Plenaria.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 5070 del 2013

Anche le canne fumarie devono rispettare le distanze del D.M. n. 1444/1968

24 Ott 2013
24 Ottobre 2013

 Il T.A.R. Piemonte, Torino, sez. I, nella sentenza del 09 ottobre 2013 n. 1052, chiarisce che la distanza prevista dall’art. 9, c. 1, lett. 1), D.M. n. 1444/1969 per le zone A, secondo cui: “Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue: 1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale”, si applica anche alle canne fumarie: “14.2.3. Peraltro quale sia la misura esatta poco importa al fine di determinare la legittimità della nuova canna fumaria, essendo rilevante solo il fatto che la distanza preesistente è stata ridotta per effetto della realizzazione della canna fumaria esterna. Tale riduzione della distanza preesistente deve ritenersi illegittima per i motivi indicati nella ordinanza di demolizione, e cioè per la ragione che l’art. 9 del D.M. 1444/68 prescrive, nelle zone A, che le distanze tra gli edifici "non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico, ambientale".

E’ noto, infatti, che la giurisprudenza è consolidata nel qualificare le distanze tra fabbricati indicate dal D.M. 1444/68 come inderogabili, in quanto poste a presidio di interessi aventi carattere pubblicistico, e nell’affermare che le Amministrazioni sono tenute a disapplicare le eventuali norme urbanistiche ed edilizie che prevedano distanze inferiori, le quali debbono intendersi automaticamente sostituite nei rapporti tra privati ed Amministrazioni ( C.d.S. sez. IV nn. 6909/2005 e 7731/2010).

Alcuna rilevanza possono quindi esplicare eventuali accordi tra privati che consentano la deroga di tali distanze.

E’ poi da escludersi che la canna fumaria in argomento, che si riferisce avere dimensioni di circa 45 cm x 65 cm e si eleva da terra sino al tetto del fabbricato Centioni, possa qualificarsi quale mero sporto, per tale dovendosi intendere solo le sporgenze quali mensole, lesene, canalizzazioni di gronde e loro sostegni o altre sporgenze aventi funzione decorativa, purché di modeste dimensioni. Tali elementi debbono invece computarsi ai fini del rispetto delle distanze legali quando di fatto siano destinati ad ampliare il fronte abitativo (C.d.S. sez. IV n. 6909/2005 cit.): nel caso di specie è evidente che la realizzazione della canna fumaria esterna ha evitato di perdere superficie e volumetria utile all’interno dell’edificio, ed in tal senso ha contribuito ad espandere la zona di godimento”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Piemonte n. 1052 del 2013

In materia di prestazioni sanitarie da parte dei privati

24 Ott 2013
24 Ottobre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 16 ottobre 2013 n. 1183, si occupa dell’erogazione di prestazioni sanitarie da parte dei privati con oneri a carico del servizio sanitario pubblico, secondo quanto previsto dal D. Lgs. 23.12.1992 n. 502 (“Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”), dalla l. r. Veneto 16.08.2002 n. 22 (Autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali”) e dalla DGRV n. 1765 del 28.08.2012 che, da ultima, adotta lo schema tipo di accordo contrattuale per regolare i rapporti con i soggetti accreditati con il sistema sanitario regionale eroganti le prestazioni specialistiche di tipo ambulatoriale.

In particolare si legge che: “La deliberazione n. 1765 del 28 agosto 2012 dispone che “l’accreditamento, al pari dell’autorizzazione all’esercizio, non è cedibile a terzi in mancanza di un atto regionale che ne autorizzi il trasferimento, previa acquisizione del parere favorevole dell’azienda; la cessione del contratto a terzi non autorizzata, non produce effetti nei confronti dell’azienda, l’erogatore subentrato deve stipulare un nuovo contratto agli stessi patti e condizioni previsti nel presente accordo contrattuale” e che “ogni mutamento incidente su caratteristiche soggettive (ad es. cessione ramo d’azienda, fusione, scorporo, subentro di altro titolare, ecc) ed oggettive (ad es. spostamento sede operativa) dell’erogatore, deve essere tempestivamente comunicato alla Regione e all’Azienda Ulss competente territorialmente. L’Azienda Ulss si riserva di risolvere o meno il presente accordo contrattuale, fornendo all’erogatore decisione motivata. La Regione opererà le verifiche di propria competenza”.

La deliberazione n. 2201 del 6 novembre 2012, ha modificato quest’ultima previsione disponendo che “ogni mutamento incidente su caratteristiche soggettive attuato previa acquisizione di parere favorevole del Direttore Generale dell'Aulss, (ad es. cessione ramo d'azienda, fusione, scorporo, subentro di altro titolare, ecc) ed oggettive (ad es. spostamento sede operativa) dell'erogatore, dev'essere tempestivamente comunicato alla Regione e all'Azienda Ulss competente territorialmente” ad eccezione delle sole modificazioni della persona del legale rappresentante e della denominazione societaria”.

 Inoltre: “va premesso che i rapporti di autorizzazione e di accreditamento hanno carattere personale, e non sono pertanto suscettibili di essere trasferiti ex se mediante negozi privatistici, in applicazione dell'art 2558 c.c. (cfr. Consiglio di Stato, Sez IV, 28 maggio 2002, n. 2940; Tar Campania, Napoli, Sez I, 27 ottobre 2006, n. 9180).

Possono essere oggetto di cessione, ai sensi dell’art. 1406 c.c., solo a condizione che l’altra parte vi consenta (cfr. Tar Puglia, Bari, 17 febbraio 2009, n. 3246).

Orbene, la disciplina introdotta con la deliberazione n. 2201 del 6 novembre 2012, sotto tale profilo, risulta quindi aver corretto delle imprecisioni e delle contraddittorietà presenti nella precedente deliberazione n. 1765 del 28 agosto 2012, che escludeva dalla necessità di acquisire preventivamente un’apposita autorizzazione anche per attuare delle modifiche potenzialmente idonee a comportare il subentro nell’autorizzazione e nell’accreditamento di soggetti diversi da quelli originari per i quali era stato accertato il possesso dei requisiti richiesti, quali la cessione del ramo d’azienda, la fusione, lo scorporo, o il subentro di altro titolare.

Infatti la deliberazione impugnata, nell’estendere il controllo preventivo anche a mutamenti di questo tipo, risulta essersi limitata ad assicurare che le prestazioni sanitarie con oneri a carico del servizio sanitario siano erogate da soggetti in possesso dei requisiti soggettivi normativamente previsti a tutela degli interessi pubblici coinvolti, mediante l’accertamento della loro permanenza in caso di mutamenti soggettivi.

Va peraltro osservato che in tal modo la Regione non risulta aver violato i principi della riserva di legge relativa e di legalità sostanziale, perché nel caso di specie risulta disciplinato l’esercizio di poteri che, anche se non espressamente contemplati dalla legge, devono ritenersi impliciti nella previsione del Dlgs. n. 502 del 1992 e delle legge regionale n. 22 del 2002 che attribuiscono alla Regione l’accertamento del possesso di specifici requisiti soggettivi necessari per l’autorizzazione, l’accreditamento e la stipula dei contratti.

Una volta ammesso un iniziale regime autorizzatorio e di accreditamento (quest’ultimo riconducibile alle concessioni di un servizio pubblico), va riconosciuta, evidenziandosi un identico interesse pubblico, la configurabilità di un analogo potere in caso di modifiche idonee a far venir meno le caratteristiche soggettive accertate in principio come sussistenti”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1183 del 2013

DGRV n. 1765 del 2012

Allegato A DGRV n. 1765 del 2012

Chi inquina paga?

23 Ott 2013
23 Ottobre 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. III, con la sentenza del 16 ottobre 2013 n. 1181, affronta numerose questioni attinenti alla rimozione dei rifiuti versati in una discarica non autorizzata: “Sostenere difatti l’estraneità alla provenienza dei rifiuti illecitamente abbandonati e stoccati nel sito della Sun Oil Italiana Srl, in quanto la ricorrente non avrebbe materialmente posto in essere la condotta tipica descritta dall’art. 192 del Dlgs. n. 152 del 2006, potendo in ogni caso operare in suo favore l’esimente prevista dall’art. 188, comma 3, del Dlgs. n. 152 del 2006, in favore del produttore o detentore di rifiuti munito del formulario controfirmato di cui all’art. 193, di cui la ricorrente è in possesso, significa dimenticare il principio della cosiddetta responsabilità condivisa che discende dall’art.178, comma 3, del Codice dell’Ambiente, laddove considera nella gestione dei rifiuti tutti i soggetti coinvolti nella produzione, distribuzione , utilizzo e consumo dei beni da cui originano i rifiuti.

Sul punto la sentenza n.40 /2009 sull’identica situazione fattuale ha affermato:

“Per chiarezza espositiva è opportuno richiamare testualmente l’art. 188 del Dlgs. n. 152 del 2006, il quale, relativamente agli oneri gravanti sui produttori e detentori di rifiuti dispone che:

1. Gli oneri relativi alle attività di smaltimento sono a carico del detentore che consegna i rifiuti ad un raccoglitore autorizzato o ad un soggetto che effettua le operazioni di smaltimento, nonché dei precedenti detentori o del produttore dei rifiuti. 2. Il produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità:

a) autosmaltimento dei rifiuti;

b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati ai sensi delle disposizioni vigenti;

c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione;

d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate;

e) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall'articolo 194.

3. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa:

a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta;

b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione.

Da tale norma risulta che la responsabilità per la corretta gestione dei rifiuti grava su tutti i soggetti coinvolti nella loro produzione, detenzione, trasporto e smaltimento.”

Anche il produttore e il detentore sono pertanto investiti di una posizione di garanzia in ordine al corretto smaltimento.

Per quanto riguarda più in particolare il produttore o detentore di rifiuti speciali, che sono della tipologia di quelli che la ricorrente ha ceduto, gli obblighi sono assolti solo qualora siano stati conferiti ad un soggetto autorizzato allo smaltimento e il produttore sia in grado di esibire il formulario di identificazione dei rifiuti datato e controfirmato dal destinatario.

In caso contrario il produttore e il detentore rispondono del non corretto recupero o smaltimento dei rifiuti (sul punto cfr. Cass. Pen. Sez. III, 16 febbraio 2000, n. 1767; id. 21 gennaio 2000, n. 4957; id. 27 novembre 2003, n. 7746; id. 1 aprile 2004, n. 21588).

Nel caso all’esame – e il dato non è oggetto di contestazioni nel presente giudizio – la Sun Oil Italiana S.r.l, destinatario dei rifiuti, era priva di qualsiasi autorizzazione (cfr. Tar Veneto, Sez. III, 10 ottobre 2007), e pertanto non può operare la speciale esimente di cui all’art. 188, comma 3, del Dlgs. n. 152 del 2006.

Peraltro, contrariamente a quanto dedotto, a causa dell’estensione della suddetta posizione di garanzia che si fonda sull’esigenza di assicurare un elevato livello di tutela all’ambiente (principio cardine della politica ambientale comunitaria: cfr. l’art. 174, par. 2, del Trattato), la consegna dei rifiuti a degli intermediari muniti di autorizzazione (nel caso all’esame la Imec) non vale a trasferire –solo- su di loro la responsabilità per il corretto smaltimento e non autorizza pertanto il produttore a disinteressarsi della destinazione finale dei rifiuti.

Peraltro, i formulari di identificazione dei rifiuti recano l’indicazione dell’impianto di destinazione e del nome e indirizzo del destinatario (cfr. art. 193, comma 1, lett. c ed e del Dlgs. n. 152 del 2006), correttamente identificati nella Sun Oil Italiana S.r.l, via Molinara 10 del Comune di Sona, cosicché la verifica ed il controllo del possesso delle necessarie autorizzazioni in capo al destinatario rientrava senz’altro tra gli obblighi di diligenza esigibili dal produttore o detentore dei rifiuti”.

Per quanto concerne la competenza per l’ordine di rimozione de quo, il T.A.R. afferma che: “l’art. 192, comma 3, del D.lgs. n. 152 del 2006, che è norma speciale sopravvenuta rispetto all`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000, attribuisce espressamente al Sindaco la competenza a disporre con ordinanza le operazioni necessarie alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti, prevalendo per il criterio della specialità e quello cronologico sul disposto dell`art. 107, comma 5, del D.lgs. n. 267 del 2000 (cfr. Consiglio di Stato, Sez.V, 25 agosto 2008, n. 4061)”, mentre se dai formulari relativi agli scarichi dei rifiuti è possibile risalire al quantitativo di rifiuti depositato dalle singole ditte il Collegio giunge a ritenere che: “Merita accoglimento invece, come già esposto, la censura con cui si lamenta il difetto di istruttoria e motivazione in relazione alla prescrizione con cui è stata ordinata la rimozione di tutti i rifiuti in solido con le altre ditte.

La determinazione viene motivata con riferimento alla circostanza che i rifiuti conferiti da ciascuna delle ditte produttrici o detentrici non sono separabili dal complesso dei rifiuti presenti.

La censura è fondata, in quanto dai formulari di identificazione dei rifiuti utilizzati dall’Amministrazione comunale per risalire ai produttori e detentori dei medesimi, è possibile documentalmente determinare le quantità conferite da ciascuno, e pertanto, essendo possibile la rimozione di rifiuti o una partecipazione alle operazioni di rimozione pro quota, non sono ravvisabili elementi tali da qualificare come indivisibile la prestazione”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1181 del 2013

Linee di indirizzo applicativo agli operatori del settore siano essi soggetti pubblici, proponenti privati o professionisti per la VAS a seguito della Sentenza n. 58/2013 della Corte Costituzionale

23 Ott 2013
23 Ottobre 2013

Sul BUR n. 89 del 22 ottobre 2013 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1717 del 03 ottobre 2013, recante la presa d'atto del parere n. 73 del 2 luglio 2013 della Commissione regionale VAS "Linee di indirizzo applicative a seguito della sentenza n. 58/2013 della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 40, comma 1, della Legge della Regione Veneto 6 aprile 2012, n. 13, nella parte in cui aggiunge la lettera a) del comma 1-bis all'art. 14 della Legge della Regione Veneto 26 giugno 2008, n. 4."

Scarica la versione stampabile del BUR n. 89 del 22/10/2013
Scarica la versione firmata del BUR n. 89 del 22/10/2013
Scarica versione stampabile Deliberazione della Giunta Regionale

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC