Il piano casa deroga anche ai vincoli di non edificazione in zona agricola di cui alle L.R. 58/78 e 24/1985

10 Lug 2013
10 Luglio 2013

Lo dice il TAR Veneto nella sentenza n. 929 del 2013.

Scrive il TAR: "2.1 Ai fini della decisione del caso in esame risulta dirimente evidenziare il carattere eccezionale previsto dall’art. 2 della L. Reg. n. 14/2009 (c.d. legge sul piano casa) nella parte in cui detta disciplina consente di derogare alle norme di carattere comunale e, di conseguenza, anche a quei vincoli imposti dal Comune che, in quanto tali, siano assimilabili alle prescrizioni urbanistiche previste nel piano regolatore e negli strumenti di pianificazione del territorio.
2.2 L’esame dell’art. 39 sopra citato, unitamente agli atti in causa, consente di evidenziare come detti vincoli siano stati apposti in funzione dell’avvenuto rilascio dei permessi di costruire che hanno interessato l’immobile di cui si tratta, vincoli che, a tal fine, risultano apposti sul fondo, e non sull’immobile, nell’intento di tutelare il “consumo” del fondo agricolo.
2.3 Si consideri, ancora, che l’esame del contenuto del permesso di costruire ora impugnato consente di evincere come l’Amministrazione comunale abbia espressamente dato conto dell’esistenza di detti vincoli, esaminandone il contenuto in relazione alle caratteristiche dell’area e, concludendo, con l’esprimere una valutazione di inesistenza di pregiudizi nei confronti di terzi correlati alla realizzazione dell’ampliamento richiesto che, è utile ricordarlo, non prevedeva la consumazione di ulteriore suolo agricolo, ma l’edificazione sopra una struttura già esistente.
2.4 Le caratteristiche degli stessi vincoli, la loro costituzione in conseguenza del rilascio di una precedente concessione edilizia, la finalità degli stessi di tutelare il suolo agricolo dalla realizzazione di nuove costruzioni, integrano il venire in essere di elementi e caratteristiche che permettono di qualificare gli stessi, quali vincoli a carattere relativo.
2.5 Ne consegue come l’imposizione dei vincoli di cui si tratta, lungi dal trovare il fondamento in una disposizione di legge a carattere nazionale, deve essere ricondotta all’applicazione di una disciplina prettamente comunale (le Norme di attuazione sopra citate) e, quindi, ad una normativa strettamente correlata al territorio nell’ambito del quale essa incide.
2.6 E’, altresì, evidente come detti vincoli, in quanto assimilabili alle prescrizioni urbanistiche delle singole aree, non sono suscettibili di essere assimilati ai vincoli di inedificabilità assoluta di cui all’art. 33 della L. n. 47/1985, circostanza quest’ultima che avrebbe consentito di ritenere inderogabili le prescrizioni in esse contenute.
2.7 Detta interpretazione risulta conforme a quanto previsto dalla L. Reg. 24/85 che, agli artt. 4 e 8, ammettevano l’ampliamento su area agricola fino al limite massimo di 800 mc, ampliamento che si riteneva concesso anche per quanto attiene il vincolo di inedificabilità e in relazione alla tipologia sopra citata.
3. In considerazione a quanto sopra risulta legittimo il comportamento dell’amministrazione comunale che, nel permesso di costruire, ha esaminato la natura del vincolo in relazione alla disciplina sul c.d. piano casa, affermandone la sua derogabilità proprio in funzione dell’ampliamento richiesto".

sentenza TAR Veneto 929 del 2013

Questioni concernenti l’edificazione in zona agricola

10 Lug 2013
10 Luglio 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. II, con la sentenza del 08 luglio 2013 n. 929, affronta alcune importanti questioni concernenti l’edificazione in zona agricola.

Il caso di specie riguarda un permesso di costruire (in ampliamento) in un’area agricola sottoposta a due vincoli di inedificabilità ex art. 7, c. 1, l. r. Veneto n. 58/1978 secondo cui: “All'atto del rilascio della concessione edilizia per le abitazioni previste dalla presente legge, verrà istituito un vincolo di “non edificazione” accettato dal Comune, debitamente registrato e trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari sul fondo di pertinenza dell'edificio richiesto, secondo i limiti fissati agli articoli precedenti”.

Parte ricorrente censura che il permesso di costruire rilasciato dall’Amministrazione comunale violi gli artt. 44 e 45 l. r. Veneto n. 11/2004 disciplinanti l’edificabilità nelle zone agricole. Il T.A.R., però, afferma la legittimità dell’intervento edilizio che, comportando l’edificazione sopra un garage interrato, non determina consumo di suolo agricolo: “2.1 Ai fini della decisione del caso in esame risulta dirimente evidenziare il carattere eccezionale previsto dall’art. 2 della L. Reg. n. 14/2009 (c.d. legge sul piano casa) nella parte in cui detta disciplina consente di derogare alle norme di carattere comunale e, di conseguenza, anche a quei vincoli imposti dal Comune che, in quanto tali, siano assimilabili alle prescrizioni urbanistiche previste nel piano regolatore e negli strumenti di pianificazione del territorio.

2.2 L’esame dell’art. 39 sopra citato, unitamente agli atti in causa, consente di evidenziare come detti vincoli siano stati apposti in funzione dell’avvenuto rilascio dei permessi di costruire che hanno interessato l’immobile di cui si tratta, vincoli che, a tal fine, risultano apposti sul fondo, e non sull’immobile, nell’intento di tutelare il “consumo” del fondo agricolo.

2.3 Si consideri, ancora, che l’esame del contenuto del permesso di costruire ora impugnato consente di evincere come l’Amministrazione comunale abbia espressamente dato conto dell’esistenza di detti vincoli, esaminandone il contenuto in relazione alle caratteristiche dell’area e, concludendo, con l’esprimere una valutazione di inesistenza di pregiudizi nei confronti di terzi correlati alla realizzazione dell’ampliamento richiesto che, è utile ricordarlo, non prevedeva la consumazione di ulteriore suolo agricolo, ma l’edificazione sopra una struttura già esistente”.

Il Collegio, fermo restando che quanto esposto “risulta conforme a quanto previsto dalla L. Reg. 24/85 che, agli artt. 4 e 8, ammettevano l’ampliamento su area agricola fino al limite massimo di 800 mc, ampliamento che si riteneva concesso anche per quanto attiene il vincolo di inedificabilità e in relazione alla tipologia sopra citata”, ritiene “relativi” i vincoli di inedificabilità gravanti sull’area agricola: tali vincoli infatti sono equiparabili alle prescrizioni urbanistiche comunali derogabili dal Piano Casa, al contrario dei vincoli (inderogabili) di inedificabilità assoluta ex art. 3 l. n. 47/1985.

Priva di fondamento è anche l’impugnativa secondo cui l’art. 9 l. r. Veneto n. 14/2009 avrebbe dovuto essere interpretato nel senso di impedire gli ampliamenti nelle aree dichiarate inedificabili: sul punto si legge che “6.1 Detta norma, nel far riferimento alle aree dichiarate inedificabili con provvedimento amministrativo, prevede una disposizione (la lettera d), diretta ad escludere l’applicazione della c.d. legge sul piano casa in quelle aree ritenute di inedificabilità assoluta, in quanto così classificate da una disposizione di legge o da una sentenza o da un provvedimento amministrativo.

6.2 L’esame del contesto in cui è inserito il riferimento al “provvedimento amministrativo” consente di ritenere come quest’ultimo debba essere necessariamente riferito ai vincoli e alle prescrizioni che trovino il fondamento in una disposizione di carattere nazionale.

6.3 E’ evidente, allora, come detta norma abbia inteso sancire l’inedificabilità di quelle aree sottoposte, ad esempio, ad un vincolo preordinato all’esproprio o a quei vincoli riconducibili all’applicazione di leggi speciali, introducendo una disposizione nell’ambito della quale il riferimento ai “provvedimenti amministrativi” costituisce una “chiosa”, dal carattere evidentemente residuale, di un principio a carattere generale e pur sempre riferito ai vincoli di inedificabilità assoluta”.

Infine, per quanto riguarda i requisiti dell’imprenditore agricolo, il Collegio afferma che: “5. Sul punto va rilevato come sia, l’art. 4 della L. Reg. 24/85 sia, ancora il vigente art. 44 comma 5 della L. Reg. 11/2004, consentono l’edificazione, seppur entro un determinato limite di volumetria, prescindendo dal requisito soggettivo sopra individuato e, ciò, nel momento le disposizioni di cui si tratta fanno riferimento alle costruzioni e ai fabbricati esistenti in zona agricola.

5.1 E’, inoltre, necessario considerare che l’art. 5 della L. Reg. n.30/2010 ha di fatto introdotto un’interpretazione “autentica” dell’art. 44 sopra citato, rendendo ammissibili gli interventi previsti nella stessa disposizione e, ciò, a prescindere sia dal possesso del requisito soggettivo sopra ricordato sia, ancora, della presentazione del piano aziendale”.

dott. Matteo Acquasaliente

Appunti in vista del terzo piano casa

09 Lug 2013
9 Luglio 2013

Pubblichiamo il testo della relazione dell'avv. Dario Meneguzzo sul terzo piano casa (che la Regione Veneto intende approvare), esposta al convegno di Cortina del 5-6 luglio 2013, organizzato dalla Associazione Veneta degli Avvocati Amministrativisti.

Relazione Dario Meneguzzo convegno Cortina 2013

Il piano di riordino territoriale per l’esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali

09 Lug 2013
9 Luglio 2013

Il 28 giugno 2013 la Giunta Regionale Veneto ha approvato il provvedimento CR n 74 intitolato “Legge Regionale n. 18/2012, art. 8. Approvazione Piano di riordino territoriale. Richiesta di parere alla Commissione consiliare. Art. 8, comma 8, L.R. n.18/2012.”.

Pubblichiamo sulla questione una nota della dott.sa Giada Scuccato.

PIANO Riordino territoriale

Un tecnico comunale chiede un aiuto ai lettori a proposito delle zone agricole

08 Lug 2013
8 Luglio 2013

Ho ricevuto una richiesta per l'ampliamento di un annesso rustico in base alla nuova LR 11/2004 art. 44. Il PI , prevede il cambio d'uso per un volume complessivo di 400 mc, senza altro ampliamento ulteriore. La legge dice che: "Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell’articolo 43."

Allora:

1 se rispettiamo la schedatura, si fa solo il cambio d'uso e non l'ampliamento fino agli 800 mc;

2 se applichiamo l'articolo 44 (che stabilisce che: "Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia” e successive modificazioni, nonché l’ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell’esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale.”) l'annesso rustico da 400 diventa 800; magari poi gli applico il piano casa  e per magia ho il mio edificio di 960 mc urbanistici; con altri volumi non conteggiati ottengo circa 1300 mc su cui posso fare 2 unità abitative.

Il Comune ha circa 28 schede del genere e altri annessi, garage e altro, non schedati che non so, pertanto si potrà avere potenzialmente circa 50-60 nuove unità abitative in zona agricola......interessante !

Cosa faccio?

Grazie

Un tecnico comunale

Banca dati delle prestazioni sociali agevolate: obblighi dei comuni

08 Lug 2013
8 Luglio 2013

Segnaliamo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale n. 149 del 27 giugno 2013 del Decreto 8 marzo 2012 recante “Definizione delle modalità di rafforzamento del sistema dei controlli dell’ISEE”.

Lo strumento utilizzato per il rafforzamento dei controlli sulle dichiarazioni ISEE rese dai cittadini per accedere alle prestazioni sociali agevolate è costituito dalla Banca dati delle Prestazioni sociali agevolate, prevista dall’art. 2 del Decreto.

La banca dati è istituita presso l’INPS e raccoglie le informazioni sulle prestazioni sociali agevolate condizionate all’ISEE e suoi soggetti che ne hanno beneficiato.

Le informazioni raccolte sono le seguenti (art. 2, comma 2):

a)      dati identificativi dell’ente erogatore e del beneficiario;

b)      tipologia delle prestazioni sociali agevolate (elencate nella tabella 1 allegata al decreto);

c)       informazioni relative alle caratteristiche e al valore economico delle prestazioni sciali agevolate.

Gli enti locali (e ogni altro ente erogatore di prestazioni sociali agevolate) mettono a disposizione della Banca dati le informazioni di propria competenza (art. 2, comma 3).

In concreto, l’obbligo di trasmissione delle informazioni per i comuni e per gli altri enti erogatori dovrebbe scattare solo allorquando interverrà il decreto direttoriale dell’INPS previsto dall’art. 2, comma 5, al quale è affidato il compito di definire le modalità attuative e le specifiche tecniche per l’acquisizione, la trasmissione e lo scambio delle informazioni e dei dati.

L’art. 3 prevede che nella Banca dati confluiscano anche le informazioni sull’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate di un maggior reddito rispetto a quello dichiarato ai fini ISEE. Sulla base di queste informazioni, ai sensi dell’art. 4 del decreto,  il valore dell’ISEE viene ricalcolato e comunicato dall’INPS agli Enti erogatori (tra cui i Comuni), in modo da verificare se il beneficiare non avrebbe potuto fruire della presentazione sociale agevolata o avrebbe potuto fruirvi in maniera minore ed applicare eventualmente  la sanzione ai sensi dell’art. 38 comma 3 del d.l. 78/2010.

avv. Marta Bassanese

nuovo ISEE

 

Gli oneri per la sicurezza devono essere indicati a pena di esclusione

08 Lug 2013
8 Luglio 2013

Il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza del 03 luglio 2013 n. 3565, conferma la sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 20.02.2013 n. 934, secondo cui la mancata indicazione degli oneri della sicurezza determina ex se l’esclusione della ditta partecipante, ancorché gli stessi non siano previsti come obbligatori dal bando di gara.

Nel caso di specie, infatti, né la lex specialis né il modulo da compilare per presentare l’offerta prevedevano l’inserimento di tali oneri: tale carenza tuttavia è integrata di diritto dalle norme di legge atteso che: “Nel merito, il primo, articolato motivo di gravame è infondato alla stregua dei principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr. sez. V, 23 luglio 2010 n. 4849, 8 febbraio 2011 n. 846 e 29 febbraio 2012 n. 1172, nonché sez. III, 3 ottobre 2011 n. 5421), pienamente condivisi dal Collegio, secondo cui:

- l’indicazione in sede di offerta degli oneri aziendali di sicurezza, non soggetti a ribasso, costituisce – sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture - un adempimento imposto dagli artt. 86, co. 3 bis, e 87, co. 4, del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 ss.mm.ii. all’evidente scopo di consentire alla stazione appaltante di adempiere al suo onere di verificare il rispetto di norme inderogabili a tutela dei fondamentali interessi dei lavoratori in relazione all’entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura da affidare;

- stante la natura di obbligo legale rivestita dall’indicazione, resta irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non abbia richiesto la medesima indicazione, rendendosi altrimenti scusabile una ignorantia legis;

- poiché la medesima indicazione riguarda l’offerta, non può ritenersene consentita l’integrazione mediante esercizio del potere/dovere di soccorso da parte della stazione appaltante (ex art. 46, co. 1 bis, cit. d.lgs. n. 163 del 2006), pena la violazione della par condicio tra i concorrenti”.

Di conseguenza: “per i principi giurisprudenziali sopra ricordati, le asserite ambiguità del bando e l’insufficienza della formulazione della richiesta di chiarimenti, in ordine alla necessità di individuare ed esplicitare puntualmente e separatamente i costi di sicurezza, non sono idonee a rimuovere il chiaro ed ineludibile onere di legge” cosicché “deve ritenersi che, come statuito dal primo giudice, l’attuale appellante avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per la causa sopra esaminata”.

In ogni caso si sottolinea che, per quanto concerne gli appalti di lavori, tale conclusione non appare così incontrovertibile.

Seppur una parte della giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, 19.02.2013, n. 181) ritiene che “anche negli appalti di lavori (dunque non soltanto negli appalti di servizi e/o forniture) l’Amministrazione debba escludere la ditta che non indichi espressamente ed distintamente gli oneri per la sicurezza (indipendentemente dal fatto che la lex specialis preveda un obbligo a pena di esclusione in tal senso), a contrariis il parere dell’AVCP n. 27 del 08.03.2012 sottolinea che l’art. 87, c. 4, D. Lgs. 163/2006 (secondo cui: “Non sono ammesse giustificazioni in relazione agli oneri di sicurezza in conformità all'articolo 131, nonché al piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 12, decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 e alla relativa stima dei costi conforme all'articolo 7, d.P.R. 3 luglio 2003, n. 222. Nella valutazione dell'anomalia la stazione appaltante tiene conto dei costi relativi alla sicurezza, che devono essere specificamente indicati nell'offerta e risultare congrui rispetto all'entità e alle caratteristiche dei servizi o delle forniture”) non commina - né direttamente né implicitamente - la sanzione dell’esclusione dalla gara per l’omessa indicazione di tali oneri.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 3565 del 2013

Variante al PTRC con valenza paesaggistica: ha bloccato il PAT e il PI dei comuni a loro insaputa?

05 Lug 2013
5 Luglio 2013

Con D.G.R. n. 427 del 10 aprile scorso è stata adottata la “Variante Parziale con attribuzione della Valenza Paesaggistica”, al PTRC (che a sua volta era stato adottato con DGR 372/’09 e ad oggi non ancora approvato).

La Variante, come si legge nel prologo del provvedimento,  è improntata alla semplificazione della pianificazione sovracomunale (La semplificazione non è solo un’esigenza astratta condivisa: va calata nei fatti e negli atti) e il metodo adottato è definito da tre concetti chiave: “concertazione,informazione, semplificazione”.

Infatti l’art. 38 delle Norme Tecniche (“Aree afferenti ai caselli autostradali, agli accessi alla rete primaria alle superstrade e alle stazioni SFMR”),  riconosce che “Le aree afferenti ai caselli autostradali, agli accessi alle superstrade, di cui alla tav. 04, e alle stazioni SFMR, per un raggio di 2 Km dalla barriera stradale, sono da ritenersi aree strategiche di rilevante interesse pubblico ai fini della mobilità regionale.

Si tratta di decine di ambiti (una quarantina nella sola provincia di Vicenza), ciscuno con estensione di 1.256 ha, nei quali la trasformazione delle aree esterne ai tessuti urbani consolidati “sono da pianificare sulla base di appositi progetti strategici regionali(art. 38.2) che al momento non ci sono.

Ma anche per la pianificazione dei tessuti urbani consolidati “gli enti territorialmente competenti, in sede di adeguamento dei propri strumenti di pianificazione, devono tener conto della rilevanza strategica delle aree” efino all’adeguamento, le previsioni contenute negli strumenti urbanistici vigenti possono essere attuate solo previo accordo con la Regione tenendo conto della rilevanza strategica ai fini della mobilità regionale.”(art. 38.3 e art. 38.4).

Dal combinato disposto dei commi sopra richiamati si deduce che l’assenso preliminare della Regione non solo sia necessario in caso di nuove previsioni urbanistiche, ma sia richiesto anche per l’attuazione di qualsiasi previsione, urbanistica o edilizia, già contenuta negli strumenti urbanistici vigenti.

Tale interpretazione sembra confermata dal nuovo art. 72 bis (Adeguamento degli strumenti territoriali e urbanistici e misure di salvaguardia) che precisa al comma 3 come, “dall’adozione del PTRC o di sue eventuali varianti e fino alla loro entrata in vigore, e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione, i Comuni sono tenuti a sospendere ogni determinazione sulle domande relative ad interventi di trasformazione edilizia e urbanistica che risultino in contrasto con le prescrizioni contenute nel piano”.

 I comuni interessati ne sono consapevoli?

Fernando Lucato

Loris Dalla Costa

DGRV n. 427 del 2013

Comunicato della Corte Costituzionale sulle province: la riforma annullata

04 Lug 2013
4 Luglio 2013

Pubblichiamo il comunicato della Corte Costituzionale, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale di alcuni decreti legge in  materia di riordino delle province.

Segnaliamo che, peraltro, ci  sono altri decreti legge sulla riforma delle province, che non sono stati oggetto della pronuncia (per esempio il D.L. 78/2010 e il D.L. 138/2011).

CC_CS_20130703195239

Gli accordi ex art. 6 della L. reg. 11/2004 e l’inclusione di un’area nel programma triennale delle opere pubbliche non impongono vincoli preordinati all’esproprio

04 Lug 2013
4 Luglio 2013

La sentenza del TAR Veneto n. 895 del 2013 decide un ricorso col quale è stato impugnato un accordo di pianificazione ai sensi degli artt. 6, 35, 36 e 37 della L.R. n. 11/2004 e la relativa deliberazione approvativa. Il ricorrente censurava la violazione delle norme sulla partecipazione, in quanto  asseriva di non essere mai stato edotto circa l’esistenza del procedimento di approvazione dell’accordo e che, in quanto tale, ha portato all’emanazione delle delibere impugnate. Sempre a parere della parte ricorrente detta mancata partecipazione procedimentale sarebbe stata  in contrasto sia, con l’art. 11 del Dpr 327/2001 - nella parte in cui prevede che “al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all’esproprio, va inviato l’avviso del procedimento” - sia, ancora, con l’art. 20 sempre del Dpr 327/2001,  nella parte in cui, in materia di determinazione dell’indennità di esproprio, prevede la partecipazione del soggetto interessato al procedimento sopra ricordato.

Il TAR respinge il ricorso, rilevando che: "3.1 L’art. 6 della L. reg. 11/2004, nella parte in cui disciplina l’ammissibilità degli accordi di pianificazione urbanistica, non attribuisce a detto istituto l’effetto ulteriore diretto ad imporre il vincolo di esproprio. L’imposizione di quest’ultimo è strettamente correlata all’approvazione del Piano degli interventi, provvedimento a carattere generale al quale il contenuto dell’accordo accede, per trovare definitiva disciplina proprio  in detto atto di pianificazione urbanistica, riferito a tutto il territorio in cui esso incide.
3.2 Si consideri ancora che, il Piano degli Interventi, nella sua originaria formulazione, aveva già apposto il vincolo preordinato all’esproprio e, ciò, senza essere impugnato dagli attuali ricorrenti e, in ciò peraltro, confermando la classificazione già introdotta dal precedente Piano regolatore. Non è suscettibile di determinare un effetto conformativo dell’area nemmeno l’inclusione della stessa nel programma triennale delle opere pubbliche e, ciò, considerando come detta peculiare tipologia di provvedimento non rientra tra quelle disposizioni idonee ad apporre il vincolo preordinato all’esproprio, disposizioni elencate nell’art. 12 del Dpr 327/2001. Costituisce l’espressione, infatti, di un principio consolidato che solo l’approvazione dello strumento urbanistico generale, o una sua variante, costituisce strumento idoneo all’apposizione di un vincolo espropriativo (in questo senso si veda Tar Lazio- Latina n. 1652 del 06/10/2010).
3.3 A dette conclusioni è possibile pervenire anche considerando che il procedimento di formazione dell’accordo di cui all’art. 6 della L. reg. 11/2004, in quanto diretto a disciplinare gli oneri conseguenti ad una determinata classificazione delle aree, non è suscettibile di ledere alcun pregiudizio della parte ricorrente e, ciò, in considerazione del suo contenuto, tipicamente obbligatorio e circoscritto ad impegnare unicamente i soggetti sottoscrittori.
3.4 Detta interpretazione è, peraltro, confortata anche dall’esame del testo della delibera impugnata, nella parte in cui è possibile evincere  l’inesistenza di una volontà dell’Amministrazione comunale di determinare l’apposizione di un vincolo preordinato all’esproprio.
3.5 Alla luce di dette circostanze va, al contrario, considerata condivisibile la ricostruzione della società controinteressata laddove rileva che, anche la previsione di un’indennità di esproprio contenuta nella delibera impugnata, lungi dal costituire un elemento a favore dell’imposizione del vincolo, va valutata nell’ambito della quantificazione delle prestazioni e degli oneri che il Comune intendeva porre a carico della società Albera.
3.6 Si consideri, inoltre, che ai sensi degli art. 20 e 21 del Dpr 327/2001 la determinazione dell’indennità di esproprio deve essere effettuata dopo la dichiarazione di pubblica utilità, fase quest’ultima successiva a quella di approvazione degli atti impugnati nel presente ricorso. Ne consegue che il relativo conteggio è stato posto in essere al fine di valutare l’entità degli oneri economici da sostenere (laddove si addivenisse ad una espropriazione dell’area) e di conseguenza la volumetria da attribuire in compensazione.
3.7 In considerazione del tenore dei provvedimenti impugnati è del tutto evidente come non sussistesse alcun onere di comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento espropriativo e, ciò, proprio in considerazione del fatto che detto procedimento non era evidentemente ancora iniziato nel momento in cui vi era l’approvazione della delibera che faceva proprio l’accordo programma di pianificazione dell’area di cui si tratta. Le censure proposte sono, pertanto, infondate".

sentenza TAR Veneto 895 del 2013

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