Rapporto tra le concessioni amministrative e la giurisdizione

26 Nov 2013
26 Novembre 2013

Nella medesima sentenza n. 5421/2013, già allegata al post che precede, il Consiglio di Stato, con specifico riferimento al rapporto intercorrente tra le concessioni amministrative e la giurisdizione amministrativa/ordinaria, afferma che: “Infatti, la Corte regolatrice della giurisdizione, da un lato, ha ripetutamente affermato che sulle concessioni amministrative il giudice ordinario è dotato di giurisdizione esclusivamente nelle controversie concernenti il corrispettivo dovuto al concessionario, nelle quali non venga in rilievo l’esercizio di poteri pubblicistici dell’autorità concedente, e, dall’altro lato, che rientrano invece nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ai sensi dell’art. 5 l. n. 1034/1971, ora sostituito dall’art. 133, comma 1, lett. c, cod. proc. amm.) tutte le controversie che in qualche modo attengano al rapporto concessorio, incidendo sulla durata o sull’esistenza stessa, nonché sulla sua rinnovazione. In particolare, per venire ai casi di decadenza, che più rilevano ai fini della presente controversia, le Sezioni Unite hanno attribuito le relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in base alla considerazione che, in tali casi, ciò che viene posto in discussione è “il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale e ciò anche in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento della autorità pubblica e indipendentemente dalla natura delle posizioni giuridiche dedotte alla fonte” (Cass., Sez. Un., 20 novembre 2007, n. 24012, relativa ad un caso di decadenza da una concessione di bene pubblico). Nella pronuncia ora citata, la Suprema Corte ha quindi ribadito il proprio indirizzo, a mente del quale rientrano nella giurisdizione esclusiva sulle concessioni di beni e servizi “tutte le controversie in cui si discute sulla asserita violazione degli obblighi nascenti dal rapporto concessorio”, confinando per contro quella del giudice ordinario sulle sole questioni concernenti la determinazione delle “indennità, canoni ed altri corrispettivi” spettanti al concessionario, sempre che, in conformità al criterio di riparto generale fondato sulla consistenza delle posizioni giuridiche soggettive, la determinazione di tali remunerazioni non sia condizionata da atti autoritativi dell’amministrazione concedente.

In termini si registra l’ordinanza n. 8094 del 2 aprile 2007, relativa ad un caso analogo, in cui, disposta la decadenza nei confronti di un concessionario di servizio pubblico a causa del suo fallimento, il Comune aveva azionato in giudizio la pretesa a subentrare nella gestione del servizio medesimo. Degno di menzione è il passaggio motivazionale nel quale le Sezioni unite affermano che la giurisdizione esclusiva in materia di concessioni di servizi concerne “tutte le controversie” attinenti a tali rapporti, “ancorché non originate da provvedimenti della pubblica amministrazione”, ma nelle quali l’amministrazione concedente, intenzionata ad internalizzare il servizio, “fa comunque valere le proprie prerogative di persona giuridica pubblica, anche laddove faccia ricorso a strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo, trattandosi di facoltà “il cui esercizio, tuttavia, presuppone l'esistenza del potere autoritativo".”.

In sostanza, il criterio discretivo che deve essere applicato al fine di stabilire il riparto di giurisdizione è quello, pienamente conforme ai principi sanciti dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 204/2004, della spendita di poteri autoritativi da parte della pubblica amministrazione, a prescindere dalla forma di cui questi sono concretamente rivestiti.

2.5 Sulla medesima linea si pone la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato.

Questa Sezione ha di recente ritenuto la propria giurisdizione in una controversia nella quale l’amministrazione concedente aveva avanzato la pretesa alla restituzione degli impianti strumentali all’esercizio del servizio pubblico (sentenza 2 ottobre 2012, n. 5173). Disattendendo l’obiezione della parte privata, si è affermato in detta decisione che “la giurisdizione esclusiva sulle concessioni di pubblici servizi abbraccia non solo l’affidamento di questi ultimi, ma anche la fase di esecuzione dei relativi rapporti, escluse solo le controversie di carattere patrimoniale (indennità, canoni e corrispettivi)”.

Sovviene ancora una più recente pronuncia della Sezione che ha affermato appartenere alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia instaurata dal privato concessionario il quale, adducendo un inadempimento contrattuale dell’amministrazione concedente, faccia valere la propria pretesa “ad ottenere la continuazione del rapporto di concessione, previa interpretazione degli atti che costituiscono la fonte dello stesso rapporto” (sentenza 6 febbraio 2013, n. 698).

2.6 Per contro, i precedenti richiamati dal Comune di Sezze non sono pertinenti, giacché attengono a contratti di appalti pubblici, per le quali non vi è alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva, eccezion fatta per la “dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell'aggiudicazione” (art. 133, comma 1, lett. d), 1), cod. proc. amm.).

E’ poi doveroso segnalare che questa Sezione (sentenza 9 ottobre 2013 n. 4960) si è recentemente pronunciata a favore della legittimità di una clausola compromissoria contenuta in un contratto di concessione di servizi pubblici, proprio in relazione ad un’azione di impugnazione di un atto di decadenza pronunciato dall’amministrazione concedente, sul rilievo che tale domanda attiene all’esecuzione del contratto. Nondimeno, si tratta di una pronuncia che non esplica, nella presente fattispecie, alcuna autorità di precedente.

In primo luogo la clausola arbitrale in contestazione in quel giudizio conteneva una espressa rinuncia alla giurisdizione statale, diversamente da quelle in virtù della quale è stato emesso l’atto qui impugnato.

In secondo luogo per la decisiva considerazione che, in questo giudizio, nessuna delle due parti, ed in particolare il Comune di Sezze convenuto davanti al TAR Latina, ha opposto l’esistenza della clausola arbitrale, eccependo l’improponibilità della domanda (sul punto, cfr. Cass., Sez. II, 30 maggio 2007, n. 12736, che ha ritenuto che il convenuto abbia manifestato la volontà di rinunciare all'eccezione di arbitrato nel caso in cui, pur avendola dedotta in liminelitis, abbia successivamente proposto domanda riconvenzionale)”.

Alla luce di ciò i Giudici di Palazzo Spada giungono ad affermare che: “si coglie infatti l’essenza dell’istituto concessorio, il quale costituisce in ogni caso uno strumento volto al perseguimento delle finalità di carattere generale demandate alla pubblica amministrazione. In particolare, nei servizi pubblici esso costituisce una delle forme di organizzazione cui l’amministrazione può ricorrere per lo svolgimento di attività di interesse generale, in alternativa alla gestione diretta, interponendo il concessionario privato tra sé e la collettività.

In passato questo profilo era particolarmente valorizzato ponendo in rilievo l’effetto traslativo di pubblici poteri che si determinava (in particolare cfr. Cass., Sez. Un., 8 agosto 1990, n. 8058; 3 dicembre 1991, n. 12966; ord. 9 maggio 2002, n. 6687).

Attualmente, invece, per la decisiva spinta del diritto comunitario, i profili di stampo pubblicistico risultano fortemente attenuati, tantoché l’art. 3, comma 12, cod. contratti pubblici assimila le concessioni di servizi agli appalti di servizi, salvo che per la remunerazione del prezzo (in quanto non proveniente dall’amministrazione ma attraverso la gestione economica del servizio medesimo e dunque dall’utenza privata).

Non vi è tuttavia dubbio sul fatto che il rapporto trilaterale che nelle concessioni si instaura rende l’interesse pubblico comunque predominante anche nel corso dell’esecuzione del rapporto scaturente dalla concessione. A differenza dell’appalto, l’amministrazione concedente conserva un indubbio interesse circa le modalità con le quali il servizio viene gestito dal concessionario in propria sostituzione, poiché esso, anche quando affidato a privati, non perde la caratteristica fondamentale della sua finalizzazione a bisogni collettivi.

E’ proprio alla luce di questo ineliminabile connotato che si giustifica dal punto di vista logico, oltre che costituzionale, l’ampiezza della giurisdizione esclusiva, mentre, per contro, quest’ultima viene esclusa quando la controversia tra autorità concedente e privato concessionario verta su questioni puramente civilistiche, attinenti gli aspetti patrimoniali scaturenti dal rapporto.

Ed è per queste ragioni che deve essere affermata la giurisdizione amministrativa anche nella presente controversia, visto che l’atto di decadenza/risoluzione dal quale essa scaturisce attiene a supposti inadempimenti nello svolgimento del servizio idrico integrato i cui effetti non sono circoscritti al suddetto rapporto, ma si riflettono anche sulla collettività”.

dott. Matteo Acquasaliente

 

 

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