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I commi 2 e 3 dell’art. 9 del D.M. 1444 del 1968 si riferiscono solo alle zone C

15 Lug 2014
15 Luglio 2014

I commi 2 e 3 dell'articolo 9 del D.M. 1444 del 1968 stabiliscono quanto segue:

"Le distanze minime tra fabbricati -tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti)- debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

- ml 5 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml 7;  

- ml 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml 7 e ml 15;                        

- ml 10,00 per lato, per strade di larghezza superiore a ml 15.

Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con
previsioni planovolumetriche".

La sentenza del TAR Veneto n. 918 del 2014 ribadisce che tali commi si applicano solo alle zone C: "Come ha già avuto modo di precisare questo Tribunale (T.A.R. Veneto Sez. II, Sent., 20-03-2014, n. 364) “i comma 2 e 3 dell'art. 9 si riferiscono esclusivamente alle zone urbanistiche contrassegnate come zone "C)", fattispecie pertanto estranea ai manufatti, come quello in esame, che rientra nell'ambito delle zone classificate come "B)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 918 del 2014

Le sanzioni per il ritardato pagamento delle rate del contributo di concessione

14 Lug 2014
14 Luglio 2014

La interessante sentenza del TAR Veneto n. 879 del 2014  puntualizza alcuni punti della annosa questione delle sanzioni da applicare nel caso di ritardato versamento delle rate del contributo di concessione.

Scrive il TAR: "Con il ricorso in oggetto e per i motivi in esso dedotti parte istante denuncia, sotto diversi profili, il provvedimento impugnato, con il quale l’amministrazione intimata ha provveduto a dare comunicazione dell’ammontare dell’importo dovuto per il mancato versamento, nei termini previsti, della seconda e terza rata del costo di costruzione e  della seconda e terza rata degli oneri di urbanizzazione, relativi al permesso di costruire n. 92/10, ingiungendone il relativo pagamento. .. la medesima amministrazione, a fronte dell’oggettiva inosservanza dei termini previsti in occasione del rilascio del permesso di costruire per effettuare il versamento della seconda e terza rata degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, ha provveduto ad inoltrare alla ricorrente la comunicazione qui contestata, applicando la maggiorazione prevista ai sensi dell’art. 81 della L.r. 61/85, ossia ingiungendo il pagamento delle somme dovute maggiorate nella percentuale di 4/3.  I motivi dedotti in ricorso si rivolgono a contestare sia la pretesa dell’amministrazione, a fronte della volontà manifestata di ridurre l’entità dell’intervento originariamente assentito, sia il computo delle somme dovute a titolo di sanzione per ritardato pagamento, invocando l’applicazione dei criteri dettati dall’art. 42 del D.P.R. 380/01.  Quanto alla mancata escussione della fideiussione, il Collegio, pur dando atto dei diversi orientamenti espressi riguardo all’obbligo da parte delle amministrazione di escutere la fideiussione rilasciata a prima richiesta, non può non osservare come, nello specifico caso in oggetto, il comportamento del Comune sia stato determinato proprio dall’intenzione manifestata dalla ricorrente di apportare una variante, di modo che, proprio nell’ambito dei rapporti di correttezza tra debitore e creditore, ha ritenuto di non procedere immediatamente all’escussione della fideiussione. Per tali ragioni quindi, il ricorso deve essere respinto con riferimento a tutti i profili che ineriscono la legittimità della pretesa avanzata dall’amministrazione in conseguenza dei ritardati versamenti. A diverse conclusioni è invece possibile giungere con riguardo all’ultimo motivo, con il quale è stato contestato il computo delle somme dovute a titolo di sanzione per il ritardo. In ordine a tale profilo il Collegio ritiene di poter confermare e ribadire anche nel caso di specie l’orientamento già manifestato in fattispecie analoga, circa la diretta applicabilità dei criteri di computo dettati dall’art. 42 del D.P.R. 380/01 (cfr. T.A.R Veneto, II, n. 648/2012). Coerentemente con l’indirizzo richiamato, va dichiarata l’incompatibilità dell’art. 81 della L.r. 61/85 con l’art. 42 del D.P.R. 380/01, laddove il primo articolo prevede, per il caso di ritardo oltre 180 giorni, una sanzione pari ai 4/3 del contributo di costruzione, la quale è superiore al limite massimo entro il quale alla Regione è consentito di stabilirne l’importo (pari al doppio del 40% del contributo di costruzione).  In applicazione dei principi generali, atteso che ai sensi dell’art. 10 della legge n. 62/1953, le leggi regionali possono essere abrogate, oltre che da leggi regionali sopravenute, anche per effetto di normative statali sopravvenute recanti norme di principio rispetto alle quali la previgente normativa regionale risulti incompatibile, ne discende che nella specie, non essendo la Regione intervenuta a disciplinare la materia, possa trovare diretta applicazione il disposto normativo dettato dalla disciplina statale, di modo che la sanzione deve essere calcolata nei termini dettati dall’art. 42, lettera c) del D.P.R. 380/01. Conseguentemente, in accoglimento parziale del presente ricorso, il provvedimento impugnato va annullato nella parte in cui stabilisce ed ingiunge alla ricorrente il pagamento di una sanzione d’importo superiore a quello determinabile sulla base dell’art. 42, lettera c) del D.P.R. 380/01".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 879 del 2014

Quando viene presentata una DIA/SCIA il Comune non può creare risposte diverse dal “modello legale” disciplinato dall’art. 23, comma 6, del t.u. dell’edilizia

14 Lug 2014
14 Luglio 2014

L'opportuno insegnamento è contenuto nella sentenza del TAR Veneto n. 760 del 2014. Il Comune, infatti aveva disposto la "sospensione" dell'atto, concedendo un termine per eventuali integrazioni e preannunciando eventuali futuri dinieghi.

Il TAR censura il Comune: "Il ricorso deduce il seguente primo motivo, che il Collegio ritiene fondato e assorbente: 1) Violazione dell’art. 23, comma 6, del t.u. approvato con d.P.R. 06.06.2001, n. 380. Violazione dei principi di tipicità e nominatività degli atti amministrativi; nell’assunto che tutti gli atti emessi dal Comune di Arcugnano sarebbero stati emessi in violazione del “modello legale” disciplinato dall’art. 23, comma 6, del t.u. dell’edilizia. Osserva il Collegio che la norma richiamata in effetti dispone che : “6. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. E' comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni  necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. “ Il tenore letterale della legge è chiarissimo e non lascia spazio ad ambiguità interpretative di sorta: l’unico provvedimento che l’Amministrazione può (e deve) assumere a seguito della presentazione di una d.i.a., allorché ritenga che non sussistano le condizioni per l’esecuzione dei lavori, è l’“ordine motivato di non effettuare il previsto intervento”, che deve intervenire entro il termine di legge dei 30 giorni e che, ovviamente, non preclude la facoltà della parte di ripresentare la DIA, modificata o integrata anche nel modo eventualmente suggerito dal Comune. Invece l’atto del 27.2.2014, nonostante gli erculei sforzi “interpretativi” della difesa comunale, non può essere in alcun modo ricondotto al provvedimento tipico previsto dalla legge, proprio perché risulta finalizzato a realizzare una del tutto atipica “sospensione della denuncia di attività” , dando termine per la presentazione di integrazioni ( che, tra l’altro, non è nemmeno chiaramente comprensibile come potessero ritenersi “richieste”) e preannunciando una futura (ed eventuale) emissione del provvedimento di diniego. E’ evidente che già con questo atto il Comune si è posto del tutto al di fuori del procedimento tipico previsto dalla legge! Quindi, la logica conseguenza di questo primo macroscopico errore comunale è che non si è potuto avverare alcun effetto “sospensivo” e basta questo a dimostrare che il provvedimento “tipico”, che è quello che è finalmente intervenuto in data 1 aprile 2014, deve ritenersi palesemente tardivo! Né tale atto può in alcun modo essere salvato mediante l’escamotage di ritenere che la integrazione documentale depositata in data 3.3.2014 costituisse nuova  DIA ( come pure argomentano le difese comunali) e che, rispetto a tale data, il provvedimento inibitorio fosse intervenuto in termine; infatti con tale atto il Comune afferma chiaramente, espressis verbis, che intende inibire l’intervento di cui alla DIA del 22.2.14 e, anche dalla nota di riscontro del 10.3.2014, si evince in maniera evidente che il Comune non ha inteso affatto la succitata integrazione documentale come una nuova DIA, ma ha semplicemente preteso di far decorrere ex novo i termini ritenendo che la stessa integrasse un nuovo progetto. E’ evidente che l’intero iter procedimentale ha completamente stravolto le previsioni normative inerenti la DIA, con la conseguente palese fondatezza del primo motivo di ricorso, che è anche palesemente assorbente rispetto a tutti gli altri motivi e comporta l’accoglimento del ricorso con il conseguente annullamento degli atti comunali impugnati".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 760 del 2014

Sul termine per il deposito del ricorso (e dell’integrazione del contraddittorio) in materia di espropri

14 Lug 2014
14 Luglio 2014

Segnaliamo la sentenza del TAR Veneto n. 784 del 2014 per alcune questioni processuali in materia di esproprio.

La sentenza  ricorda che i termini per il deposito del ricorso presso la segretaria del TAR sono dimezzati e che questo vale anche per l'atto con cui si integra il contraddittorio a seguito dell'ordine del TAR.

L'omesso deposito in termini dell'atto di integrazione del contraddittorio rende il ricorso improcedibile.

 Per l'integrazione del contraddittorio si veda l'art. 49 c.3 del d.lgs 104/2010: "Il giudice, nell'ordinare l'integrazione del contraddittorio, fissa il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Può autorizzare, se ne ricorrono i presupposti, la notificazione per pubblici proclami prescrivendone le modalità. Se l'atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato, il giudice provvede ai sensi dell'articolo 35".

Il termine è dimidiato ai sensi dell’art. 119 c.p.a.,

L'articolo 35 prevede che nel caso in esame il ricorso venga dichiarato improcedibile.

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 784 del 2014

Come incide il mutamento di un’ATI?

14 Lug 2014
14 Luglio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 01 luglio 2014 n. 970 si occupa dei mutamenti nella compagine di un’Associazione Temporanea d’Impresa (ATI): “Ora osserva il Collegio che, nel caso in questione, si è assistita ad una sostituzione del soggetto partecipante alla gara, atteso che la RTI, invero, non si è mai costituita, così che il soggetto che ha partecipato alla gara ed avanzato l’offerta contrattuale, con la rinuncia del mandante alla costituzione del raggruppamento temporaneo, in realtà ha modificato la originaria compagine per assumere una nuova e diversa veste.

Secondo la ricorrente tale evenienza non assume alcuna giuridica rilevanza, atteso che la predetta possiede tutti i requisiti formali e sostanziali per partecipare e svolgere il lavoro previsto dal bando.

Invero il disposto normativo di cui all’art. 37, commi 9, 18 e 19 statuisce una immodificabilità della compagine che ha partecipato alla gara e che si è impegnata in sede di offerta.

L’ordinamento prevede, in via di eccezione, le ipotesi in cui, come nel caso di specie, il mandante del RTI può essere sostituito.

Si tratta all’evidenza di ipotesi eccezionali e di stretta interpretazione che non consentono una possibile estensione analogica per le evenienze non previste (Cons. St., sez. V, 7 aprile 2006, n. 1903; Cons. St., sez. V, 30 agosto 2006, n. 5081).

Né la presente vicenda può essere ricondotta nell’ambito della fattispecie di cui all’art. 51 D.lgs 12 aprile 2006, n.163, atteso che nessuna delle ipotesi ivi previste può essere ravvisata nel fatto che la mandante ha ritenuto di non costituire il raggruppamento temporaneo e ritirarsi dell’esecuzione dei lavori già provvisoriamente aggiudicati.

Invero al rigoroso orientamento giurisprudenziale sopra riportato, si è opposto, sempre dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, una diversa e più aperta interpretazione della norma proprio per consentire la sostituzione di componenti l’ATI ed il contestuale mantenimento dell’impegno contrattuale.

Anche la Plenaria con la decisione n.8/2012, sembra aderire a tale impostazione con la precisazione che tale evenienza non deve costituire, però, un motivo per eludere una eventuale e successiva esclusione dalla gara.

Ora, osserva il Collegio che era onere della ricorrente dimostrare che il rifiuto della mandante di perfezionare la costituzione del raggruppamento temporaneo non era dettato da sopraggiunte inidoneità soggettive od oggettive a contrattare e che tale evenienza era frutto di una mera scelta organizzativa della mandante.

Solo in tali termini, pertanto la modifica, in senso recessivo del soggetto partecipante alla gara può superare il rigido criterio espresso dall’art. 37 cit. e risultare conforme all’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Plenaria e sopra riportata.

E’ di tutta evidenza, infatti, che eventuali e negativi accadimenti che possono aver coinvolto uno dei componenti il RTI comportano, in sede di verifica, la conseguente decadenza del lavoro eventualmente aggiudicato, così coinvolgendo l’intero raggruppamento.

Né tale evenienza potrebbe essere superata attraverso una formale recessione dal raggruppamento proprio in considerazione degli impegni congiuntamente assunti.

Allora, ritiene il Collegio che è onere della componente e dei componenti rimasti quello di rappresentare in modo obiettivo che tale recesso non è elusivo delle regole di gara, onere che il ricorrente non ha punto assolto con il ricorso in questa sede scrutinato”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 970 del 2014

Lo spunto del sabato: on the road

12 Lug 2014
12 Luglio 2014

E' normale che essi siano smarriti. E' normale che noi lo siamo. Come potrebbero non essere smarriti? Come potremmo non esserlo? Siamo capitati qui senza chiederlo e ce ne andremo per lo più senza volerlo. Cos'altro essi potrebbero fare, se non vagare smarriti? Come potremmo anche noi non vagare smarriti?

Non meravigliarti se per questo essi siano anche arrabbiati. Non meravigliarti se scoprirai che per questo lo siamo anche noi e che lo siamo da sempre e per sempre. In fondo tutto questo ci fa paura e per questo siamo arrabbiati. Questo è il destino che ci è toccato in sorte: non sapere nulla di noi, avere paura  e essere intimamente arrabbiati.

E cos'altro potremmo fare, se non percorrere qualche tratto di strada insieme a chi è ancora più smarrito, impaurito e arrabbiato di noi? Più di questo io non so e non posso lasciarti in eredità, ma, credimi, non è poco. Se puoi, evita di sprecare i tuoi giorni confuso dal fumo evanescente delle illusioni.

Se non potrai, almeno ricordati che è solo fumo.

(dal Testamento Segreto di A.G. - inedito)

Annullata l’aggiudicazione dell’appalto Expo 2015 per i fatti emersi a seguito dell’indagine penale

11 Lug 2014
11 Luglio 2014

Il TAR Lombardia, con la sentenza n.  1802 del 2014, ha annullato l’aggiudicazione definitiva dell’appalto integrato di progettazione ed esecuzione dei lavori di realizzazione delle architetture di servizio del sito Expo 2015, a seguito degli sviluppi dell’indagine condotta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano (riguardante la turbativa – consumata o, comunque, tentata – della procedura di affidamento).

sentenza TAR Milano 1802 del 2014

Come accade che un senatore americano scriva a uno studente italiano?

11 Lug 2014
11 Luglio 2014

Sono un docente di un liceo scientifico in provincia di Padova e insegno matematica e fisica da 15 anni a studenti dai 14 ai 19 anni: ho visto molti cambiamenti nel mondo della scuola, sempre peggiorativi nei confronti della qualità del sistema di istruzione a causa dei continui tagli alle risorse, dell’aumento smisurato del carico di lavoro e della crescente ( e inutile ) burocrazia. Eppure, nonostante i continui attacchi e la perdita di potere economico e sociale, assieme a tanti colleghi si continua a lavorare con dedizione e spirito di servizio garantendo una formazione solida e competitiva ai nostri studenti. La dimostrazione? Qualche giorno fa un mio studente è tornato dopo un’esperienza annuale all’estero tramite l’associazione internazionale “Intercultura”, precisamente negli Stati Uniti dove ha frequentato una scuola statale. Le sorprese? Al test di ingresso ha sbaragliato tutti i suoi coetanei americani e stupito i docenti che conseguentemente l’hanno inserito all’ultimo anno di corso pur non avendo l’età corrispondente. Durante l’anno scolastico, i suoi risultati sono stati eccellenti in tutte le discipline ma particolarmente in matematica e fisica ( dove ha ottenuto pure la lode ). Per la cronaca devo informare che non si tratta di un genio, ma di uno dei tanti studenti che istruiamo nei nostri Istituti Statali Italiani tramite un sistema di istruzione che secondo i vari ministri e sottosegretari succeduti nelle varie legislature sarebbe niente più di un ammortizzatore sociale, spreco di risorse e corporazione di lavoratori fannulloni e privilegiati. Eppure Francesco ( nome  inventato ) è arrivato al “top notch” dell’istruzione americana destando addirittura l’attenzione di un senatore: probabilmente in America si usa così, i senatori non solo sono attenti al mondo reale del loro Paese, ma se ne prendono cura. Dopo gli elogi iniziali e le congratulazioni di rito, il senatore infatti si congeda invitando Francesco a contattarlo per qualsiasi richiesta per il futuro. Non pretendo che i senatori italiani si informino sull’andamento scolastico degli studenti, ma mi aspetterei un po’ più di riconoscimento ed attenzione al mondo della scuola così tanto sacrificato in questi ultimi 15 anni di tagli e riduzioni. Purtroppo, la tendenza dell’attuale governo, come dei precedenti, è quella di tagliare ulteriormente le risorse all’istruzione tanto che risulta ormai difficile pensare a un futuro.

Ora Francesco è tornato nella sua classe, in una scuola senza mensa, senza spazi adeguati per lo studio, ma costipata di classi pollaio, dotata di poche attrezzature, soffocata dalla burocrazia e che sopravvive a stento con i contributi volontari delle famiglie: ma mi ha già confidato che l’università la farà negli Stati Uniti, dove se sei bravo e impegnato allora sei riconosciuto e valorizzato…e poi c’è sempre il senatore!

 Un docente italiano

Non chiedete alla Corte dei Conti se sia possibile cumulare sullo stesso soggetto la posizione organizzativa e l’alta professionalità

11 Lug 2014
11 Luglio 2014

Un Sindaco ha chiesto alla Corte dei Conti del veneto di esprimersi sulla possibilità di cumulare sullo stesso soggetto la posizione organizzativa, con responsabilità di struttura, e la posizione di alta professionalità, con riconoscimento di un'unica retribuzione, ossia quella più elevata prevista per le posizioni di alta professionalità.

La Corte non ha risposto, precisando che la domanda è inammissibile sotto il profilo oggettivo, per scongiurare possibili interferenze e condizionamenti rispetto alle competenze di altri organi istituzionalmente preposti  a esprimersi in merito (nel caso specifico l'ARAN).

Dario Meneguzzo - avvocato

parere Corte dei Conti

Nel cambio d’uso senza opere la normativa sanitaria prevale su quella urbanistica

11 Lug 2014
11 Luglio 2014

Il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza del 07 luglio 2014 n. 3415 stabilisce che, in materia di mutamento della destinazione d’uso senza opere, le norme igienico-sanitarie statali prevalgono su quelle urbanistico-edilizie più restrittive previste dai regolamenti comunali. Nel caso di specie, infatti, il Comune aveva negato l’intervento de quo perché l’art. 20 delle N.T.A. prescriveva una distanza minima di 200 m dal vicino all’allevamento distante poco più di 100 m. Il privato, però, insisteva per l’accoglimento della richiesta perché la normativa igienico-sanitaria imponeva soltanto il rispetto dei 100 m.

Chiarito ciò i Giudici affermano che: “Come già affermato in sede cautelare, l’art. 20 delle NNTTA del Comune di Trescore Cremasco, di cui il Comune ha fatto applicazione per inibire il cambio di destinazione d’uso del manufatto senza opere, da magazzino ad abitazione, tutela interessi di natura igienico-sanitaria, alla cui cura sono preposti, ai sensi dell’art. 55 della legge regionale lombarda n. 64/1981, gli enti responsabili dei servizi di zona.

Deve quindi convenirsi con l’appellante che debba essere accordata prevalenza al Regolamento Locale di Igiene, che prescrive una distanza di 100 tra abitazioni e allevamenti di suini, in quanto disposizione speciale e successiva, dettata in attuazione dell’art. 9, commi 2 e 3 della l.r. n. 64/1981 sull’esercizio di funzioni in materia di igiene e sanità, rispetto alla menzionata norma urbanistica , di carattere evidentemente recessivo.

Conseguentemente, trova applicazione l’art. 52 , comma 2 della l.r. 11.3.2005, n. 12, in base alla quale i mutamenti d’uso degli immobili non comportanti la realizzazione di opere edilizie, purchè conformi alle prescrizioni urbanistiche ed igienico – sanitarie, sono soggetti esclusivamente a comunicazione preventiva dell’interessato.

L’annullamento del diniego comporta anche l’illegittimità derivata dell’ingiunzione di rimessione in pristino, parimenti impugnata, così come, per le ragioni sopra esposte, la caducazione automatica della sanzione dell’acquisizione dell’immobile e dell’area di sedime al patrimonio comunale”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n 3415 del 2014

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