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Prime linee guida per l’avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG e Enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l’attuazione della trasparenza amministrativa

22 Lug 2014
22 Luglio 2014

MINISTERO DELL'INTERNO

PROTOCOLLO DI INTESA 15 luglio 2014 

Prime linee guida per l'avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG e Enti locali per la prevenzione dei fenomeni di corruzione e l'attuazione della trasparenza amministrativa. (14A05669) (GU Serie Generale n.165 del 18-7-2014) 

Prime linee guida per l'avvio di un circuito collaborativo tra ANAC-Prefetture-UTG e Enti locali

geom. Daniele Iselle

D. LGT. 102/2014: Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica

22 Lug 2014
22 Luglio 2014

DECRETO LEGISLATIVO 4 luglio 2014, n. 102 

Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE. (14G00113) (GU Serie Generale n.165 del 18-7-2014)

Entrata in vigore del provvedimento: 19/07/2014 

Art. 14 Servizi energetici ed altre misure per promuovere l'efficienza energetica 1. I contratti di prestazione energetica stipulati dalla pubblica amministrazione contengono gli elementi minimi di cui all'allegato 8 al presente decreto. 2. All'articolo 4, comma 1 dell'allegato 2 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n 115, dopo la lettera a) e' aggiunta la seguente: «aa) per la prima stipula contrattuale, la riduzione stimata dell'indice di energia primaria per la climatizzazione invernale di almeno il 5 per cento rispetto al corrispondente indice riportato sull'attestato di prestazione energetica, nei tempi concordati tra le parti e, comunque, non oltre il primo anno di vigenza contrattuale;». 3. Le Regioni e le Province Autonome forniscono assistenza tecnica alle pubbliche amministrazioni nella stesura dei contratti di rendimento energetico e rendono disponibili al pubblico informazioni sulle migliori pratiche disponibili nell'attuazione dei suddetti contratti anche con il supporto di ENEA. 4. L'ENEA, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, in collaborazione con le Regioni, integra il contratto-tipo per il miglioramento del rendimento energetico dell'edificio di cui all'articolo 4-ter, comma 3, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, con gli elementi minimi di cui all'allegato 8. 5. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, il Ministro delle infrastrutture e trasporti e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, d'intesa con la Conferenza unificata, sono approvate entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, linee guida per semplificare ed armonizzare le procedure autorizzative per l'installazione in ambito residenziale e terziario di impianti o dispositivi tecnologici per l'efficienza energetica e per lo sfruttamento delle fonti rinnovabili nonche' per armonizzare le regole sulla attestazione della prestazione energetica degli edifici, i requisiti dei certificatori e il sistema dei controlli e delle sanzioni. Tali linee guida sono finalizzate, in particolare, a favorire: a) la gestione delle procedure autorizzative attraverso portali on-line accessibili da cittadini ed imprese e contenenti altresi' informazioni su vincoli emergenti dalla pianificazione urbanistica territoriale; b) uniformita' e snellimento della documentazione a supporto delle richieste autorizzative; c) applicazione di costi amministrativi o d'istruttoria massimi, tali da non scoraggiare l'installazione di tecnologie efficienti. 6. Nel caso di edifici di nuova costruzione, con una riduzione minima del 20 per cento dell'indice di prestazione energetica previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalita' di cui al medesimo decreto legislativo, lo spessore delle murature esterne, delle tamponature o dei muri portanti, dei solai intermedi e di chiusura superiori ed inferiori, eccedente ai 30 centimetri, fino ad un massimo di ulteriori 30 centimetri per tutte le strutture che racchiudono il volume riscaldato, e fino ad un massimo di 15 centimetri per quelli orizzontali intermedi, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e nei rapporti di copertura. Nel rispetto dei predetti limiti e' permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprieta', alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonche' alle altezze massime degli edifici. Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile. 7. Nel caso di interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti che comportino maggiori spessori delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori necessari ad ottenere una riduzione minima del 10 per cento dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalita' di cui al medesimo decreto legislativo, e' permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprieta' e alle distanze minime di protezione del nastro stradale, nella misura massima di 25 centimetri per il maggiore spessore delle pareti verticali esterne, nonche' alle altezze massime degli edifici, nella misura massima di 30 centimetri, per il maggior spessore degli elementi di copertura. La deroga puo' essere esercitata nella misura massima da entrambi gli edifici confinanti. Le deroghe vanno esercitate nel rispetto delle distanze minime riportate nel codice civile.  8. Al comma 9-bis, dell'articolo 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti: «d) si procede alle ristrutturazioni di impianti termici individuali gia' esistenti, siti in stabili plurifamiliari, qualora nella versione iniziale non dispongano gia' di camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione con sbocco sopra il tetto dell'edificio, funzionali e idonei o comunque adeguabili alla applicazione di apparecchi a condensazione; e) vengono installati uno o piu' generatori ibridi compatti, composti almeno da una caldaia a condensazione a gas e da una pompa di calore e dotati di specifica certificazione di prodotto.» 9. II comma 9-ter, dell'articolo 5, del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e successive modificazioni, e' sostituito da seguente: «9-ter. Per accedere alle deroghe previste al comma 9-bis, e' obbligatorio: i. nei casi di cui alla lettera a), installare generatori di calore a gas a camera stagna il cui rendimento sia superiore a quello previsto all'articolo 4, comma 6, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica, del 2 aprile 2009, n. 59; ii. nei casi di cui alle lettere b), c), e d), installare generatori di calore a gas a condensazione i cui prodotti della combustione abbiano emissioni medie ponderate di ossidi di azoto non superiori a 70 mg/kWh, misurate secondo le norme di prodotto vigenti; iii. nel caso di cui alla lettera e), installare generatori di calore a gas a condensazione i cui prodotti della combustione abbiano emissioni medie ponderate di ossidi di azoto non superiori a 70 mg/kWh, misurate secondo le norme di prodotto vigenti, e pompe di calore il cui rendimento sia superiore a quello previsto all'articolo 4, comma 6, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica, del 2 aprile 2009, n. 59; iv. in tutti i casi, posizionare i terminali di scarico in conformita' alla vigente norma tecnica UNI7129 e successive modifiche e integrazioni.». 10. I provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 1 e all'articolo 6, comma 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 sono adottati entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, favorendo l'applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale di regole semplici per la valutazione della prestazione energetica e l'attestazione della prestazione energetica degli edifici. 11. Ai progetti di efficienza energetica di grandi dimensioni, non inferiori a 35.000 TEP/anno, il cui periodo di riconoscimento dei certificati bianchi termini entro il 2014, e' prorogata la durata degli incentivi per i soli anni 2015 e 2016, a fronte di progetti definiti dallo stesso proponente e previa verifica tesa a valutare in maniera stringente le reali peculiarita' dei progetti e purche' i progetti stessi siano in grado di produrre nuovi risparmi di energia in misura complessivamente equivalente alla soglia minima annua indicata, siano concretamente avviati entro il 31 dicembre 2015 e rispondano a criteri di: collegamento funzionale a nuovi investimenti in impianti energeticamente efficienti installati nel medesimo sito industriale; efficientamento energetico di impianti collegati alla medesima filiera produttiva, anche in siti diversi, avviati nella medesima data; risanamento ambientale nei siti di interesse nazionale di cui all'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; salvaguardia dell'occupazione. 12. E' fatto divieto ai distributori di energia, ai gestori dei sistemi di distribuzione e alle societa' di vendita di energia al dettaglio, di tenere comportamenti volti ad ostacolare lo sviluppo del mercato dei servizi energetici e ad impedire la richiesta e la prestazione di servizi energetici o altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica, compresa la preclusione dell'accesso al mercato per i concorrenti o l'abuso di posizione dominante. 
geom. Daniele Iselle
D_LGT_102-2014

Quando l’omissione dell’avviso di avvio del procedimento rende illegittimo il provvedimento finale

21 Lug 2014
21 Luglio 2014

Anche di questa questione si occupa la sentenza del Consiglio di Stato n.  3508 del 2014.

Si legge nella sentenza: "la giurisprudenza ha sempre affermato che la violazione dell'art. 7, l. n. 241 del 1990 non produce ex se l'illegittimità del provvedimento terminale, dovendo la disposizione essere interpretata alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, che impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento, e quindi di non annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo.

Il privato pertanto non può limitarsi a dolersi della mera circostanza della mancata comunicazione di avvio, ma deve anche indicare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione. Ne consegue che, ove il privato si limiti a contestare la mancata comunicazione di avvio, senza nemmeno allegare le circostanze che intendeva sottoporre all'amministrazione, il motivo con cui si lamenta la mancata comunicazione deve intendersi inammissibile per assoluta genericità (cfr Consiglio Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786; idem sez. V, 19 marzo 2007, n. 1307).
Nel caso poi, il Comune aveva più volte rappresentato alla società ricorrente l’esigenza di produrre un titolo idoneo a provare i proprio diritti reali sull’accesso sia nel 2007 che nel 2008, per cui nella specie non può riscontrarsi alcun difetto sostanziale di contraddittorio".

Dario Meneguzzo - avvocato

CdS n. 3508 del 2014

Per il Consiglio di Stato non si può rilasciare il permesso di costruire se il fondo è intercluso

21 Lug 2014
21 Luglio 2014

In data 18 luglio abbiamo pubblicato un post relativo alla possibilità di rilasciare un titolo edilizio per un fondo intercluso.

Nel post si dava conto della sentenza del TAR Veneto n.  37 del 2011 sul tema.

L'avv. Paola Mistrorigo, che sentitamente ringraziamo, ci ha segnalato la sentenza del Consiglio di Stato n.  3508 del 2014, che ha riformato la suddetta sentenza del TAR Veneto.

Si legge nella sentenza: "In linea teorica è esatto il richiamo della sentenza appellata all’orientamento giurisprudenziale per cui il rilascio del permesso di costruire avviene nell'ambito del rapporto pubblicistico, e non si estende ai rapporti tra privati, in quanto la lesione di diritti dei terzi non discende direttamente dal rilascio del titolo, ma solo dalla fisica realizzazione dell’opera contro la quale può chiedersi tutela davanti al giudice civile (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332). 

In quanto atto amministrativo che legittima l'attività edilizia nell'ordinamento pubblicistico, il permesso non attribuisce però alcun diritto soggettivo alla stregua del diritto comune a favore di tale soggetto. La rilevanza giuridica della licenza edilizia va circoscritta infatti ai rapporti tra p.a. e costruttore ed ai possibili riflessi sulle correlate posizioni di interesse legittimo dei terzi, ma comunque presuppone pur sempre il necessario ed ineludibile possesso dei titoli proprietari da parte del richiedente .
Il primo comma dell’art. 11, d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, infatti, prevede espressamente che il permesso di costruire è “rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. La legge specificamente impone, tra i requisiti di legittimazione, il possesso dei titoli reali per poter intervenire sull'immobile per il quale è chiesta la concessione edilizia (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 07 settembre 2009 , n. 5223; Consiglio Stato, sez. IV, 7 settembre 2007 n.4703; idem 7 luglio 2005 n.3730).
Certamente deve escludersi un obbligo del Comune di effettuare complessi accertamenti diretti a ricostruire tutte le vicende riguardanti la titolarità dell'immobile,ovvero a ricercare le limitazioni negoziali al diritto di costruire (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 6332).
Tuttavia, secondo le regole generali, l'Amministrazione comunale, nel corso dell'istruttoria sul rilascio del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 6, I° co. lett. a) della L. n. 241/1990 e s.m.i. deve verificare “…le condizioni di ammissibilità, i requisiti di legittimazione ed i presupposti rilevanti …” per l’adozione del provvedimento finale.
La proprietà, o comunque il possesso dei titoli civilisticamente idonei a legittimare la situazione giuridica del richiedente, per tutte le aree direttamente interessate dall’intervento, costituisce dunque un requisito di legittimazione dell’istanza che deve essere procedimentalmente dimostrato ai fini dell’ammissibilità stessa della domanda.
I titoli per l'esercizio dello "ius aedificandi" costituiscono un presupposto legale la cui mancanza impedisce infatti all'amministrazione di procedere oltre nell'esame del progetto (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 12 maggio 2003, n. 2506).
Nel caso, quindi, l’interclusione del fondo oggetto della richiesta di intervento non attiene ai generici rapporti civilistici del richiedente con i terzi alle quali l’amministrazione è del tutto estranea -- come erroneamente affermato dal TAR -- ma invece concerne propriamente un presupposto necessario di legittimazione della società richiedente, ai sensi del cit. art. 11. primo co. del d.lgs. n.380, la quale avrebbe quindi dovuto allegare all’istanza tutti i titoli di servitù di transito veicolare sulla proprietà altrui.
Il difetto del possesso dei titoli reali relativi ai diritti di passaggio veicolare attraverso il cortile altrui costituisce un elemento procedimentalmente ostativo, per il quale legittimamente si nega il rilascio del permesso di costruire". 

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 3508 del 2014

Ancora sulle opere di miglioramento fondiario e sulla compatibilità paesaggistica

21 Lug 2014
21 Luglio 2014

In data 16 luglio 2014 abbiamo pubblicato un post relativo alla  possibilità di ottenere la compatibilità paesaggistica per le opere di miglioramento fondiario.

Il geom. Bottone Marcellino di Piedimonte Matese (CE), che sentitamente ringraziamo, ci invia un suo contributo sul tema, che pubblichiamo in allegato.

In ogni caso, va tenuto presente che la giurisprudenza ritiene che i concetti di volume e di superficie ai fini paesaggistici non coincidano con quelli che si usano in edilizia, ma siano più ampi.

Contributo

 

Quando la morte dell’avvocato determina l’interruzione del processo?

21 Lug 2014
21 Luglio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 16 luglio 2014 n. 1033 si occupa della interruzione e della riassunzione del processo ammnistrativo affermando che il deposito in giudizio del certificato di morte dell’avvocato che difendeva una parte non determina automaticamente l’interruzione del processo, perché l’evento deve essere portato a conoscenza delle altre parti con una dichiarazione in udienza o con una notificazione: “L’eccezione di estinzione del giudizio deve essere respinta.

La tesi secondo la quale il termine per la riassunzione del giudizio a cura della parte più diligente di cui all’art. 80 cod. proc. amm., decorerebbe dalla data del 23 maggio 2013, quando il difensore del Comune di Schio ha depositato in giudizio il certificato di morte dell’avv. Franco Pasquariello, unico difensore della parte controinteressata, non può essere condivisa.

Infatti il deposito di documenti presso la Segreteria della Sezione non comporta forme di avviso tali da rendere le parti edotte del tipo di documentazione depositata e pertanto il mero deposito del certificato di morte non vale ad integrare una idonea comunicazione dell'evento interruttivo alle altre parti, rispetto alle quali non è neppure configurabile in via generale un onere di verifica periodica del contenuto del fascicolo processuale (cfr. in termini Consiglio di Stato Sez. V, 16 aprile 2014, n. 1954; Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 aprile 2003, n. 1906; Consiglio di Stato, Sez. IV 30 marzo 1987, n. 199), che nel caso di specie non è avvenuto.

Ne consegue che non si è verificata l’estinzione del giudizio perché il termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell'evento interruttivo di cui al’art. 80 comma 3, cod. proc. amm., non ha cominciato a decorrere, dato che l'effetto interruttivo del processo non è frutto di un automatismo, ma è il prodotto di una fattispecie complessa, costituita dal verificarsi dell'evento e dalla conoscenza di esso acquisita mediante dichiarazione in udienza o notificazione (Consiglio di Stato, Ad. Plen, 10 ottobre 1983, n. 24; Corte Costituzionale sentenze n. 36 del 1976, n. 159 del 1971, n. 34 del 1970 e n. 139 del 1967).

Anche l’istanza formulata nel corso della trattazione orale dai difensori del Comune di Schio e della controinteressata di dichiarare l’interruzione del processo non può essere accolta.

Infatti la controinteressata, che è la parte colpita dall’evento interruttivo, si è costituita in giudizio con un nuovo difensore con memoria del 7 maggio 2014, e la costituzione del nuovo difensore, qualora avvenga con procura rilasciata prima dell’udienza già fissata (nel caso di specie l’istanza di fissazione udienza è stata presentata dal ricorrente il 20 febbraio 2013), deve ritenersi sufficiente, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, ai fini della prosecuzione del processo (cfr. Consiglio di Stato, Ad. Plen, 10 ottobre 1983, n. 24; Tar Sicilia, Palermo, 26 gennaio 1988 n. 53; Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 novembre 1997 n. 1599).

Pertanto non deve essere disposta l’interruzione del processo”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1033 del 2014

Ecco perché il G.A. può disapplicare le norme regolamentari

21 Lug 2014
21 Luglio 2014

Il Consiglio di Stato, sez. VI, nella sentenza del 14 luglio 2014 n. 3623 conferma il potere del Giudice Amministrativo di disapplicare le norme regolamentari statuendo che: “7.1. Il Collegio osserva preliminarmente che il potere di disapplicazione degli atti regolamentari è principio da lungo tempo recepito dal giudice amministrativo.

“Al giudice amministrativo è consentito disapplicare, ai fini della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo, la norma secondaria di regolamento, qualora essa contrasti in termini di palese contrapposizione con il disposto legislativo primario, cui dovrebbe dare esecuzione” (Cons. Stato, sez. VI, 29 maggio 2008, n. 2535).

“Il giudice amministrativo, in applicazione del principio della gerarchia delle fonti, può valutare direttamente, attraverso lo strumento della disapplicazione del regolamento, il contrasto tra provvedimento e legge, eventualmente annullando il provvedimento a prescindere dell’impugnazione congiunta del regolamento” (Cons. Stato, sez. VI, 3ottobre 2007, n. 5098).

“Al giudice amministrativo è consentito disapplicare, ai fini della decisione sulla legittimità del provvedimento amministrativo, la norma secondaria di regolamento, qualora essa contrasti con il disposto legislativo primario, del quale è intesa a dare esecuzione” (Cons. di Stato, sez. VI, 12 aprile 2000, n. 2183).

7.2. Ciò premesso il Collegio ritiene di dover ancora preliminarmente osservare che l’istituto della disapplicazione di una norma regolamentare, per la sua intima struttura, non richiede che siano evocate in giudizio le autorità che quel regolamento hanno adottato, perché quell’atto, dopo la pronuncia del giudice, conserva la sua efficacia nell’ordinamento giuridico; la notificazione del ricorso è indispensabile allorquando la pronuncia del giudice elimini dall’ordinamento gli atti impugnati, perché l’autorità emanante ha l’interesse, tutelato dall’art. 24 della Costituzione, alla loro conservazione.

7.3. L’eccezione relativa all’omessa notificazione a tutte le autorità che hanno partecipato alla formazione del Regolamento per la circolazione acquea del Comune di Venezia, a parte le osservazioni dell’appellante, resta superata ove il giudice degradi la richiesta di annullamento a richiesta di disapplicazione, che, come evidenziato al paragrafo precedente, non richiede l’evocazione in giudizio delle autorità emananti.

7.4. La disapplicazione è operazione ermeneutica che può essere compiuta anche d’ufficio dal giudice e, pertanto, non richiede apposita richiesta da parte del ricorrente.

7.5. La deduzione dell’appellato, circa l’impossibilità di operare la disapplicazione del regolamento in assenza di apposita indicazione, così come previsto dall’art. 73, comma 3, Cod. proc. amm., nel caso di specie è irrilevante perché alla questione di diritto ha fatto esplicito riferimento l’appellante nel ricorso in appello: si tratta, quindi, di questione già sottoposta al contraddittorio delle parti, non già rilevata d’ufficio dal giudice.

7.6. Il Collegio osserva preliminarmente che, in sede d’appello, possono esser denunziati, con pertinenti censure, tutti i vizi, che l’appellante ritiene di individuare nella sentenza appellata.

In questa prospettiva l’appellante non può esser privato del bene della vita cui aspira se il giudice di primo grado abbia scelto di adottare una sentenza in forma semplificata, senza pronunciare sulla possibile disapplicazione del regolamento.

Poiché la disapplicazione attiene all’interpretazione delle norme che disciplinano il rapporto controverso, può essere disposta d’ufficio e, quindi, per la prima volta in grado d’appello”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 3623 del 2014

Lo spunto del sabato: la sottile differenza tra vincere e perdere

19 Lug 2014
19 Luglio 2014

Novella degli scacchi (1941) è l'ultimo racconto scritto da Stefan Zweig prima del suo suicidio, avvenuto il 22 febbraio 1942.

La novella racconta la storia di un viaggio in nave durante il quale Mirko Czentovič, il campione mondiale degli scacchi, incontra il misterioso dottor B., altrettanto bravo, che lo sfida a scacchi.

Alla fine uno dei due vince (non dico quale, per non rovinare la lettura): egli vince, però, non perchè sia il più bravo a giocare a scacchi, ma perchè riesce a fare perdere la pazienza all'avversario, che così commette un errore fatale.

Dedicato a quelli che pensano di sapere tutto.

Dario Meneguzzo - uno dei tanti

La mancata dimostrazione dell’esistenza di una servitù di passaggio (quindi c’è un fondo intercluso) non osta al rilascio del titolo edilizio (secondo il TAR ma non per il Consiglio di Stato)

18 Lug 2014
18 Luglio 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 12.01.2011 n. 37 chiarisce che l’Amministrazione comunale può rilasciare un permesso di costruire (per realizzare un parcheggio interrato) anche laddove vi sia un contezioso sul diritto di passaggio, poiché l’esistenza di un fondo intercluso non osta ex se al rilascio del suddetto titolo edilizio che viene concesso “fatto salvo i diritti dei terzi”.

Segnaliamo fin d'ora che tale sentenza è stata riformata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 3508 del 2011 (che pubblicheremo lunedì 21 luglio 2014, ringraziando sentitamente l'avv. Paola Mistrorigo, per la segnalazione).)

Nella sentenza del TAR  si legge che: “La questione decisiva verte quindi solo su tale aspetto della motivazione e più in sintesi sul se il proprietario di un fondo intercluso debba dimostrare di disporre del diritto di accesso – nella specie oggetto del contenzioso con i proprietari del fondo servente – ovvero se questo costiuisca un presupposto meramente civilistico sul quale l’amministrazione non può e non deve fondare alcuna preclusione al rilascio del titolo edilizio se ed in quanto il sottostante intervento sia, indipendentemente dalla controversia civile in atto, legittimamente assentibile in quanto ” conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti e della disciplina urbanistico edilizia vigente”.

Orbene, il Collegio, premesso che sul punto non sono reperibili che pochi precedenti e che gli indirizzi giurisprudenziali non sono uniformi, ritiene, aderendo alla tesi sostenuta dal ricorrente, che il motivo di ricorso sia fondato e meritevole di condivisione.

In questo senso, peraltro, in una caso che presenta evidenti analogie rispetto a quello in esame, si è pronunciato il Consiglio di Stato (cfr. C.d.S sez. 4^ n. 7263/2005) affermando che la concessione edilizia si configura come un provvedimento amministrativo di conformità del progetto alla disciplina urbanistica ed edilizia della zona, di natura assolutamente vincolata e non discrezionale e escludendo che il rilascio della concessione edilizia possa essere denegato, in presenza di intervento perfettamente conforme alle norme urbanistiche edilizie, per il fatto, nella specie assunto a motivo del diniego della domanda, che i realizzandi parcheggi, interessando un’area che i privati avevano ceduto al Comune ai fini di standard, creavano, di fatto, una servitù a carico di un bene pubblico.

E ancora (cfr. parere C.d.S. sez. 2^ n. 2559 del 27 febbraio 2002 reso in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato) “che una volta accertata la conformità dell’intervento agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, l’assumere a presupposto del diniego un elemento estraneo a tale verifica, qual’è la viabilità di accesso al lotto sul quale si chiede di costruire, esula dai poteri assegnati al Comune dalla legge in sede di rilascio dl permesso di costruire”.

Non appare invece conferente il richiamo alla giurisprudenza invocata dalle parti resistenti (TAR Puglia Bari 3^ sezione n. 2994/2004 e TAR Piemonte 1^ sez. 7 maggio 2003 n. 673) che assumono che il rilascio del permesso di costruire deve ritenersi subordinato all’accertata insussistenza di posizioni soggettive di terzi suscettibili di essere pregiudicate dalle opere assentite, come comprova la clausola “salvi i diritti dei terzi” che è ritualmente apposta nei provvedimenti concessori.

Tale clausola, infatti, ritiene il Collegio, indebolisce, anziché rafforzare, la tesi che il permesso di costruire, come ogni altro provvedimento suscettibile di incidere sulla proprietà privata, in quanto rilasciato, sempre e comunque espressamente, senza pregiudizio di eventuali diritti di terzi sui beni che ne sono oggetto, sia condizionato dalla pax inter cives e quindi da eventuali pretese avanzate da soggetti estranei al rapporto amministrativo.(cfr. C.d.S sez. 4^ n. 3201/2006), quali, in ipotesi i terzi che si oppongono al riconoscimento della servitù coattiva di accesso al fondo e solo ad esso

In realtà tale clausola, ad avviso del Collegio, nella fattispecie non rileva perché il permesso di costruire denegato a Bica, se assentito, non avrebbe comportato ex se alcuna lesione di diritti di terzi, né in atto né in prospettiva, poiché l’intervento edilizio si realizza sulla proprietà esclusiva ed incontroversa di Bica e non lede, sotto tale profilo, alcun diritto dei terzi.

In particolare non lede il diritto dei condomini intervenienti che restano proprietari e fruitori del varco di accesso sul quale Bica ha chiesto, in quanto proprietario di fondo intercluso, di acquisire la servitù coattiva di transito sin dal 2005, e cioè ben prima di richiedere il permesso di costruire e indipendentemente da esso.

D’altra parte sarebbe paradossale, a giudizio del Collegio, sostenere che l’azione civile intrapresa da Bica per il riconoscimento della servitù coattiva, che assume come presupposto la necessità di accedere al fondo intercluso per poterne sfruttare le potenzialità in funzione della destinazione ammessa dallo strumento urbanistico (rappresentata dal permesso di costruire il garage interrato) possa essere ostativa ex se del rilascio della stessa concessione perché la servitù, e quindi il c.d. diritto di accesso al fondo, non è stato ancora riconosciuto.

Il Commissario ad acta, va aggiunto, confonde peraltro, l’accesso materiale al fondo, che naturalmente esiste (ed anzi esistono più soluzioni virtuali, tra cui quella ritenuta “più breve e meno onerosa per il fondo servente” nella CTU dep. come doc. n. 16 il 12 giugno 2008) con il diritto d’esercizio del passaggio con automezzi, che è subordinato all’acquisizione della necessaria servitù coattiva oggetto del ricordato giudizio intrapreso da Bica sin dall’anno 2005, che tuttavia è, come sopra chiarito, irrilevante in sede di rilascio della concessione edilizia, poiché l’interclusione del fondo non è, salvo che una determinata strada accesso rilevi come opera di urbanizzazione specificamente richiesta ai fini dell’approvazione del permesso di costruire, una condizione ostativa per il rilascio del titolo stesso, se il progetto edilizio è, in quanto tale, conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti e della disciplina urbanistico edilizia vigente relative all’area in questione.

Non solo ma a rafforzare tale conclusione concorre: per un verso, il fatto che la costituzione della servitù coattiva di passaggio costituisce un diritto del proprietario del fondo privo di accesso e quindi, salvo stabilire il tracciato meno oneroso per il fondo servente e il relativo indennizzo (cfr. art. 1051 c.c.) è acquisito alle condizioni di legge coattivamente e non per concessione volontaria, posto che altrimenti i fondi interclusi non sarebbero mai utilizzabili dai proprietari secondo la destinazione assegnata dalle norme urbanistico- edilizie e per altro verso che anche se, come nella specie, penda un giudizio inter partes diretto alla costituzione della servitù, non spetta all’amministrazione né il compito di sostituirsi all’autorità giudiziaria per stabilire se tale diritto sussista o meno né di sospendere o negare il permesso di costruire in attesa che tale controversia sia definita, se l’intervento che il privato intende realizzare è del tutto conforme a quella che è la destinazione dell’area e quindi se non sussistono specifici motivi per denegare l’intervento di trasformazione previsto dallo strumento urbanistico e dalle norme edilizie che ne fissano i contenuti (cfr. Cass. Civ. 2^ sez. 9 febbraio 1980 n. 908)..

Né vale, infine, obiettare che se l’azione intrapresa da Bica per far accertare il diritto di passaggio coattivo (il cui prolungarsi sembra, allo stato, giustificata più da questioni di indennizzo che dall'esistenza di soluzioni di accesso diverse e meno impattanti, già escluse dalla C.T.U. dimessa in atti) non dovesse avere successo, quantomeno nei confronti dei soggetti aditi, o comunque prolungarsi, lo sfruttamento dell’intervento (il parcheggio interrato) sarebbe vanificato, poiché questo rischio non attinge le condizioni di legittimità dell’intervento edilizio e non esclude che per l’amministrazione l’approvazione del progetto costituisca attività vincolata, tale quindi, come sostiene la ricorrente nel motivo in disamina, da non potere essere ostacolata o condizionata da eventuali controversie tra soggetti privati, estranee e ininfluenti sulla legittimità del titolo edilizio”.

dott. Matteo Acquasaliente 

TAR Veneto n. 37 del 2011

ANAC: Trasmissione delle varianti in corso d’opera di cui al comma 1, lettere b), c) e d), dell’art.132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163‏

18 Lug 2014
18 Luglio 2014

In data 16 luglio 2014, il Presidente dell'ANAC ha emesso il seguente comunicato, relativo alla trasmissione delle varianti in corso d’opera di cui al comma 1, lettere b), c) e d), dell’art.132 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163‏ 

 Le stazioni appaltanti tenute all’adempimento di cui all’oggetto sono invitate a trasmettere all’Autorità, per ciascuna variante in corso d’opera, i seguenti atti:
 -          Relazione del responsabile del procedimento;

 -          Quadro comparativo di variante;

 -          Atto di validazione;

 -          Provvedimento definitivo di approvazione;

 avendo cura di indicare il numero di CIG, ove non riportato in uno dei suddetti atti e con riserva di fornire una più ampia documentazione progettuale, qualora gli Uffici preposti dell’Autorità lo ritenessero necessario.

 La trasmissione dovrà riguardare le varianti approvate a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto legge 24 giugno 2014 n. 90 e dovrà avvenire utilizzando – ove possibile – la posta elettronica certificata (PEC) all’indirizzo protocollo@pec.avcp.it, entro il termine di 30 giorni, previsto dalla norma, a decorrere dall’approvazione da parte della stazione appaltante.

 In caso di ricorso alla posta ordinaria, l’indirizzo di riferimento dovrà essere il seguente:

Autorità Nazionale Anticorruzione – Via di Ripetta, 246 – 00186 ROMA.

 Ai fini del più rapido ed efficace indirizzamento della corrispondenza in questione, all’atto dell’invio si prega di riportare nell’oggetto il seguente testo: “Trasmissione all’A.N.AC. delle varianti in corso d’opera ex art.37 del D.L.n.90/2014 – cig.appalto n.”.

 
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