Tag Archive for: Veneto

L’inedificabilità della fascia di rispetto stradale riguarda anche le opere arretrate rispetto ad opere preesistenti

03 Feb 2014
3 Febbraio 2014

Lo dice il TAR Veneto nella sentenza n. 24 del 2014, dove si legge che: "Tale intervento ricadeva all’interno di una fascia di rispetto stradale che, ai sensi, dell’art. 39 comma 1 delle NTA, costituisce area “destinata alla conservazione, alla protezione, all’ampliamento e alla creazione di spazi per il traffico pedonale e veicolare”.

2.3 Ne consegue come risulti evidente la legittimità del provvedimento e, ciò, considerando che l’ampliamento proposto andava a costituire un avanzamento verso la strada, ipotesi quest’ultima espressamente vietata dalle disposizioni sopra citate.

2.4 Si consideri, inoltre, che un costante orientamento giurisprudenziale (per tutti si veda T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 24-01-2013, n. 112) ha affermato che “il vincolo di inedificabilità gravante sulla fascia di rispetto stradale ha carattere assoluto e prescinde dalle caratteristiche dell'opera realizzata, in quanto il divieto di costruzione connesso al vincolo sancito dal D.M. 1 aprile 1968, n. 1404 non può essere inteso restrittivamente ……. ma appare correlato alla più  ampia esigenza di assicurare un'area contigua all'arteria stradale utilizzabile in qualsiasi momento dall'Ente proprietario o gestore per l'esecuzione di lavori ivi compresi quelli di ampliamento senza limiti connessi alla presenza di costruzioni; pertanto tale distanze vanno mantenute anche con riferimento ad opere che pur rientrando nella fascia stessa, siano arretrate rispetto ad opere preesistenti”.

sentenza TAR Veneto n. 24 del 2014

Rapporto tra ordinanza di demolizione e accertamento inottemperanza: dove vanno indicati i mappali?

03 Feb 2014
3 Febbraio 2014

La sentenza del TAR Veneto n. 25 del 2014 afferma che i mappali vanno indicati già nell'ordinanza di demolizione.

Si legge nella sentenza: "4.4 Costituisce espressione di un costante orientamento (per tutti si veda T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, 2 gennaio 2012, n. 9) in base al quale “in materia di abusivismo edilizio l'individuazione dell' area di pertinenza della "res abusiva" deve compiersi al momento dell'emanazione del provvedimento con il quale viene accertata l'inottemperanza all'ordinanza di demolizione e con cui si procede all'acquisizione gratuita del bene al patrimonio del Comune, ai sensi dell'art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, indicazione che deve, quindi, essere contenuta nell'atto d'acquisizione, a pena d'illegittimità di quest'ultimo, costituendo esso titolo per l'immissione in possesso dell'opera e per la trascrizione nei registri immobiliari".                                                                                     

4.5 Si è altresì, affermato che l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive, prevista dall'art. 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985 n. 47, è collegata direttamente all'accertamento dell'inottemperanza (volontaria) all'ordine di demolizione, accertamento che ha carattere dichiarativo, mentre gli effetti della trascrizione sono collegati dalla legge direttamente alla inosservanza del termine (in questo senso si veda Consiglio di Stato Sez. V, sent. n. 333 del 20-04-1994).

5. Ne consegue che l’Amministrazione comunale, una volta che aveva verificato che l’abuso contestato non riguardava solo i mappali 272, 273 e 270, avrebbe dovuto notificare, alle attuali ricorrenti, un nuovo ordine di ripristino dello stato dei luoghi, ricomprendendo anche il mappale successivamente ritenuto ricompreso negli abusi di cui si tratta.
5.1 E’ del tutto evidente che, sulla base degli orientamenti sopra citati, l’ordinanza di demolizione costituisca il necessario presupposto dell’atto di acquisizione in proprietà, nell’ambito del quale, la stessa Amministrazione avrebbe dovuto indicare esattamente le aree da
acquisire in proprietà. 

5.2 Nemmeno è possibile accogliere le tesi di parte resistente, laddove ritengono che il mappale n. 271 sia stato “implicitamente” ricompreso nella descrizione del manufatto contenuta nell’ordinanza di demolizione.
5.3 Non solo detta affermazione non trova una conferma dall’esame degli atti impugnati, ma va rilevato come restasse comunque indispensabile che l’Amministrazione determinasse, con certezza, i mappali interessati dagli abusi di cui si tratta e, ciò, considerando l’effetto di acquisizione della proprietà conseguente all’inadempimento dell’ordinanza di demolizione.
5. E' inoltre necessario ricordare che nel caso di specie sussiste, altresì, la violazione dell'art. 31 del Dpr 380/2001 nella parte in cui attribuisce rilievo sostanziale alla “notifica” all’interessato, per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, notifica che nel caso di specie e con riferimento al mappale n. 271 non era avvenuta nemmeno nei confronti dell’originario destinatario dell’ordinanza di demolizione del 1988".

sentenza TAR Veneto n. 25 del 2014

Beni Culturali: per le opere che modificano il perimetro (aderenza / appoggio) occorre l’autorizzazione della Soprintendenza senza necessità della previa imposizione di un vincolo indiretto

03 Feb 2014
3 Febbraio 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del Consiglio di Stato 427 del 2014.

Scrive il Consiglio di Stato: "....Ciò comporta l’applicazione della regola generale, anch’essa risalente alla legge n. 1089 del 1939 e ora contenuta nell’art. 21, comma 4, del medesimo Codice, secondo cui occorre l’autorizzazione della Soprintendenza per “l’esecuzione di opere e di lavori di qualunque genere su beni culturali”.

Con tale risalente disposizione, il legislatore non si è inteso riferire soltanto ai lavori ed alle opere da realizzare sul bene sottoposto al vincolo (cioè al suo interno o sulle sue facciate), ma anche ai lavori ed alle opere realizzate all’esterno dell’edificio stesso, che alterino la consistenza dell’edificio nel suo complessivo perimetro.

Mentre per le opere ‘staccate’ dall’edificio sottoposto a vincolo rilevano le disposizioni e gli atti riguardanti il c.d. vincolo indiretto (volto a salvaguardare la visibilità e lo stesso decoro e il pregio artistico e storico dell’edificio tutelato in via diretta), per le opere che comportino la modifica del perimetro, e comunque implichino ‘l’aderenza’ o ‘l’appoggio’ di un nuovo manufatto a quello vincolato, occorre senz’altro l’autorizzazione della Soprintendenza, senza necessità della previa imposizione di un vincolo indiretto: non v’è dubbio che, nel realizzare l’edificio in aderenza o in appoggio, siano ‘toccate’ le stesse strutture dell’edificio sottoposto al vincolo e cioè vi sono opere e lavori “su” un bene culturale...".

geom. Daniele Iselle

sentenza CDS 427 del 2014

Riaperto il condono edilizio per la valorizzazione degli immobili pubblici

31 Gen 2014
31 Gennaio 2014

TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 30 novembre 2013, n. 133, coordinato con la legge di conversione 29 gennaio 2014, n. 5 

Vigente al: 29-1-2014   
 Titolo I Disposizioni fiscali ed in materia di immobili pubblici 

                               Art. 3
Disposizioni in materia di immobili pubblici

  1.  Ai  fini  della  valorizzazione  degli  immobili  pubblici,  in relazione ai processi di  dismissione  finalizzati  ad  obiettivi  di finanza  pubblica  ((,  anche   allo   scopo   di   prevenire   nuove urbanizzazioni e di ridurre il consumo di suolo )) le disposizioni di cui al (( sesto comma )) dell'articolo 40  della  legge  28  febbraio 1985, n. 47, si applicano anche alle alienazioni di immobili  di  cui all'articolo 11-quinquies del decreto-legge  30  settembre  2005,  n. 203, convertito in legge 2 dicembre 2005, n. 248; per esse la domanda di sanatoria di cui al citato ((  sesto  comma  ))  dell'articolo  40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, puo' essere presentata entro  un anno dall'atto di trasferimento dell'immobile.

Riferimenti normativi: 
 
Si riporta il testo vigente  dell'articolo  40  della legge  28  febbraio  1985,  n.  47  (Norme  in  materia  di controllo 

dell'attivita'  urbanistico-edilizia,  sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie):
             

Art. 40 (Mancata presentazione dell'istanza).
 
comma 6.  Nella  ipotesi  in   cui   l'immobile   rientri   nelle previsioni di sanabilita' di cui al capo IV della  presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria puo'  essere  presentata entro  centoventi   giorni   dall'atto   di   trasferimento dell'immobile purche' le ragioni  di  credito  per  cui  si interviene o procede siano di data anteriore all'entrata in vigore della presente legge.". 
geom. Daniele Iselle

I chiarimenti della regione (FAQ) sull’applicazione delle nuove disposizioni regionali per l’insediamento di medie e grandi strutture di vendita

31 Gen 2014
31 Gennaio 2014
Adeguamento dello strumento urbanistico comunale

D: Il comune che ad oggi non sia dotato di Piano di Assetto del Territorio (PAT) e di Piano degli Interventi (PI) può rimuovere eventuali limitazioni contenute nel proprio strumento urbanistico generale (PRG) al fine di consentire l’insediamento di medie e grandi strutture di vendita nei centri storici ?

R: Sì, il comune ad oggi non dotato di PAT e PI può rimuovere eventuali limitazioni all’insediamento di medie e grandi strutture di vendita all’interno dei centri storici con una variante al vecchio PRG secondo la procedura prevista dall’articolo 50, commi 6, 7 e 8 della legge regionale 27 giugno 1985, n. 6 (vedasi in tal senso l’articolo 48, comma 7 octies della legge regionale urbanistica 23 aprile 2004, n. 11)

D: Entro quale termine devono essere adeguati gli strumenti urbanistici e territoriali ai criteri del regolamento regionale ?

R: Entro il termine di un anno dalla pubblicazione del regolamento regionale nel Bollettino Ufficiale della Regione, ossia entro il 25 giugno 2014.

D: Cosa accade nelle more dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e territoriali ai criteri fissati dal regolamento regionale oppure in caso di inosservanza del termine di adeguamento ?

R: Il comune non può individuare nuove aree o ampliare le aree esistenti con destinazione commerciale per grandi strutture di vendita o medie strutture con superficie di vendita superiore a mq. 1.500 al di fuori dai centri storici e non può rilasciare l’autorizzazione commerciale in presenza di una variante approvata in violazione del predetto divieto (vedasi in tal senso l’articolo 4, comma 3 della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 50)
 
Perimetrazione del centro urbano e individuazione delle aree dismesse e degradate

D: Ai fini degli adempimenti comunali relativi alla perimetrazione del centro urbano e  all’individuazione delle aree oggetto di riqualificazione urbanistica, è necessaria l’approvazione di una deliberazione del Consiglio comunale oppure è sufficiente una deliberazione della Giunta comunale ?

R: La competenza ad adottare gli adempimenti relativi alla perimetrazione del centro urbano e all’individuazione delle aree oggetto di riqualificazione urbanistica va individuata all’interno della vigente normativa che disciplina l’ordinamento degli enti locali e secondo i rispettivi statuti.
Ciò premesso, trattandosi di adempimenti di carattere ricognitivo volti ad effettuare una fotografia della situazione esistente, può risultare idonea una deliberazione della Giunta comunale, fermo restando che detta deliberazione deve essere preceduta da adeguate forme di pubblicità, come previsto dal regolamento regionale n. 1 del 2013.

D: La perimetrazione del centro urbano e l’individuazione delle aree oggetto di riqualificazione urbanistica, costituiscono variante allo strumento urbanistico ?

R: No. Si tratta di adempimenti necessari ai fini della variante allo strumento urbanistico comunale per la localizzazione degli interventi commerciali con superficie di vendita superiore a mq. 1.500 fuori dei centri storici, ma non costituiscono essi stessi variante.

D: L’individuazione delle aree oggetto di riqualificazione urbanistica può avvenire anche su indicazione del soggetto privato ?

R: Sì, il regolamento regionale prevede che la deliberazione comunale con la quale sono individuate le aree oggetto di riqualificazione urbanistica sia preceduta da adeguate forme di pubblicità che consentano all’amministrazione comunale di acquisire eventuali proposte da parte di soggetti privati.
 
Interventi commerciali in aree per grandi strutture di vendita alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 50 del 2012 

D: Cosa s’intende per compatibilità urbanistica per grandi strutture di vendita alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 50 del 2012 ?

R: S’intende la previsione urbanistica di aree idonee all’insediamento di grandi strutture di vendita (o parchi commerciali) da parte del PRG oppure da parte del PI alla data del 1 gennaio 2013, data di entrata in vigore della legge regionale n. 50 del 2012.

D: I criteri per la pianificazione locale di cui all’articolo 2 del regolamento regionale debbono essere applicati anche per le aree già idonee all’insediamento di grandi strutture di vendita alla data di entrata in vigore della legge regionale ?

R: I criteri per la pianificazione locale di cui all’articolo 2 del regolamento trovano applicazione ai fini della localizzazione urbanistica di nuove aree per gli interventi commerciali con superficie di vendita superiore a mq. 1.500 da ubicarsi fuori dai centri storici; in caso di interventi in aree urbanisticamente idonee all’insediamento di grandi strutture di vendita alla data di entrata in vigore della legge regionale, la conferenza di servizi in materia di commercio valuta la compatibilità dell’intervento commerciale applicando la cd. “valutazione integrata degli impatti” di cui all’articolo 4 del regolamento regionale.
Rimane inteso, tuttavia, che qualora l’intervento commerciale in aree urbanisticamente idonee per l’insediamento di grandi strutture di vendita alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 50 del 2012 non risponda ai criteri di cui alla lettera A.2 dell’articolo 4 del regolamento regionale, si rende necessaria una nuova localizzazione dell’area secondo il criterio dell’approccio sequenziale previsto all’articolo 2 del regolamento medesimo.

Varianti di trasformazione da destinazione agricola a destinazione commerciale

D: Possono essere approvate varianti di trasformazione da destinazione agricola a destinazione commerciale per interventi commerciali con superficie di vendita superiore a mq. 1.500 ?

R: No, tranne che per gli interventi di cui all’articolo 9, comma 2 del regolamento regionale, oggetto di accordi di programma ai sensi dell’articolo 26 della legge regionale n. 50 del 2012 ovvero ai sensi delle vigenti normative regionali, relativi a:
a) varianti funzionali ad un intervento commerciale di ampliamento;
b) varianti funzionali ad interventi commerciali di valorizzazione di complessi sportivi di interesse regionale situati all’interno dei comuni capoluogo.

Accordi di programma per interventi di rilevanza regionale

D: I criteri per l’approccio sequenziale di cui all’articolo 2 del regolamento regionale trovano applicazione anche nelle fattispecie di accordo di programma in variante di cui all’articolo 26 della legge regionale n. 50 del 2012 ovvero ai sensi delle vigenti normative regionali (es. art. 32 della legge regionale n. 35 del 2001)?

R: Sì, detti criteri di cui all’articolo 2 del regolamento regionale si applicano anche agli accordi di programma in variante ai sensi della legge regionale n. 50 del 2012 ovvero ai sensi delle vigenti normative regionali, ad eccezione delle fattispecie previste dall’articolo 9, comma 2 del regolamento regionale ed elencate nella risposta che precede.

Tutela ambientale in tema di medie strutture di vendita

D: Quale effetto si è determinato nell’ordinamento regionale a seguito della sentenza n. 251 del 28 ottobre 2013, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della legge regionale n. 50 del 2012 in materia di requisiti ambientali delle strutture commerciali ?

R: La Corte Costituzionale, con la citata sentenza, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 della legge regionale n. 50 del 2012 nella parte in cui non prevede l’assoggettamento delle medie strutture di vendita in forma di centro commerciale alla procedura di verifica di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni.
A seguito della citata sentenza non si è verificato alcun effetto nell’ordinamento regionale poiché già con deliberazione n. 575 del 10 maggio 2013, la Giunta regionale aveva emanato alcuni criteri di indirizzo e coordinamento normativo tra le disposizioni regionali e le disposizioni statali in materia di tutela ambientale, precisando in sostanza che le medie strutture di vendita, qualora articolate in forma di centro commerciale, debbano rimanere assoggettate alla procedura di verifica prevista dalla citata normativa statale.

Ultimo aggiornamento: 18/12/2013

DGRV n. 2879 del 30/12/2013: Modifica atti d’indirizzo per la predisposizione del Piano Aziendale ai fini dell’edificabilità del territorio agricolo

31 Gen 2014
31 Gennaio 2014

Sul Bur n. 11 del 28 gennaio 2014 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 2879 del 30 dicembre 2013, recante "Semplificazione dei procedimenti nel Settore primario. Atti di indirizzo ai sensi dell'art. 50, comma 1, lett. d), della LR 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio". Modifiche alla lett. d) "Edificabilità zone agricole", punto 1): "Definizione dei parametri di redditività minima delle imprese agricole sulla base di quanto stabilito dalla Giunta regionale ai sensi dell'articolo 18 della LR 40/2003" e punto 2): "Definizione dei parametri per la redazione e per la valutazione della congruità del piano aziendale di cui all'articolo 44, comma 3.".

Secondo le note per la trasparenza "Il provvedimento, sulla scorta di quanto elaborato dai 2 Gruppi tecnici di semplificazione del settore Primario, 01.217-A e 01.105-N, introduce una modifica del procedimento per l'edificabilità in territorio agricolo in grado di snellire il carico degli oneri documentali che le imprese agricole sono chiamate a compiere per poter edificare, garantendo nel contempo la tutela del territorio rurale".

DGRV 2879 del 2013

Raccolta dei pareri della Corte dei Conti del Veneto sull’applicazione dell’art. 92, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 (trenta per cento della tariffa professionale per la redazione di un atto di pianificazione)

30 Gen 2014
30 Gennaio 2014
Sezione Controllo Regione Veneto - SRCVEN/382/2013/PAR
Parere formulato ai sensi dell'articolo 7, comma 8, della Legge 131/2003, in merito alla corretta interpretazione dell _ art. 92, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006, in particolare:se il riferimento ad "un atto di pianificazione" contenuto al comma 6 dell'art. 92 è da intendersi limitato agli atti che abbiano ad oggetto la pianificazione collegata alla realizzazione di opere pubbliche; se il Piano degli Interventi di cui alla L.R. 11/2004 art. 17, dovendosi rapportare con il Bilancio Pluriennale Comunale, con il programma triennale delle opere pubbliche e con altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi statali e regionali possa essere comunque considerato oggetto di pianificazione collegato alla realizzazione di opere pubbliche; se l'attività di redazione di un Piano di cui alla L.R. 11/2004 possa essere affidata in parte al personale interno e in parte attribuita all'esterno riducendo proporzionalmente il premio incentivante attribuito ai dipendenti.
 
Sezione Controllo Regione Veneto - SRCVEN/381/2013/PAR
Parere formulato ai sensi dell'articolo 7, comma 8, della Legge 131/2003, in merito alla corretta interpretazione dell _ art. 92, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 che prevede che il trenta per cento della tariffa professionale relativa alla redazione di un atto di pianificazione comunque denominato, sia ripartito tra i dipendenti che lo hanno redatto.
 
Sezione Controllo Regione Veneto - SRCVEN/380/2013/PAR
Parere formulato ai sensi dell'articolo 7, comma 8, della Legge 131/2003, in merito alla corretta interpretazione dell _ art. 92, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006 che prevede che il trenta per cento della tariffa professionale relativa alla redazione di un atto di pianificazione comunque denominato, sia ripartito tra i dipendenti che lo hanno redatto.
 
Sezione Controllo Regione Veneto - SRCVEN/361/2013/PAR
Parere formulato ai sensi dell'articolo 7, comma 8, della Legge 131/2003, in merito alla corretta interpretazione dell _ art. 92, comma 6, del D.Lgs. n. 163/2006, disposizione che prevede che il trenta per cento della tariffa professionale relativa alla redazione di un atto di pianificazione comunque denominato, sia ripartito tra i dipendenti che lo hanno redatto, con le modalità ed i criteri previsti nel regolamento in materia approvato dall _ Amministrazione; in particolare se tale dettato riguardi anche la redazione degli atti di pianificazione urbanistica non esclusivamente finalizzati alla realizzazione di un _ opera pubblica, come è stato recentemente confermato dall _ Avcp _ Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di lavori, servizi e forniture con parere n. AG 22/12 del 21 novembre 2012
 
geom. Daniele Iselle

PTRC: presa d’atto delle valutazioni tecniche per l’analisi delle osservazioni

30 Gen 2014
30 Gennaio 2014

Sul Bur n. 12 del 28 gennaio 2014 è stata pubblicata la Deliberazione della Giunta Regionale n. 2610 del 30 dicembre 2013, recante la presa d’atto del parere del Comitato previsto ai sensi dell'art. 27 della L.R. 11/2004 (Allegato A) e della Valutazione Tecnica Regionale n. 66 dell’18 dicembre 2013 (Allegato A1), in ordine a “Valutazioni tecniche per l’analisi delle osservazioni pervenute al Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (PTRC 2009) - Variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica – DGR n. 427 del 10 aprile 2013. L.R. 23 aprile 2004, n. 11”.

DGRV 2630 del 2013

La motivazione del diniego paesaggistico può essere sintetica (“uso di materiali impropri”) se le ragioni risultino evidenti dal contesto

30 Gen 2014
30 Gennaio 2014

La sentenza del TAR Veneto n. 21 del 2014 si occupa ancora una volta della motivazione dei dinieghi in materia di vincolo paesaggistico.

Nel caso specifico il diniego era stato motivato dicendo che “l’uso di materiali impropri altera negativamente il sito tutelato”.

Anche se tale motivazione risulta piuttosto trasandata, il TAR non ha accolto il ricorso, dicendo sostanzialmente che basta poco per rendersi conto che il Comune aveva ragione (evidentemente chi ha ragione non sempre però riesce a spiegarlo adeguatamente agli altri).

Dice, infatti, il TAR: "Invero, esaminati gli atti di causa e rilevate le caratteristiche dei due manufatti abusivi, risulta agevole comprendere le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a non concedere la sanatoria. Infatti, tenuto conto dell’espresso riferimento all’uso di materiali impropri, la rilevabile presenza di lastre ondulate in plastica e di una tettoia in lamiera, consentono di comprendere in maniera adeguata le motivazioni, seppure succintamente espresse, che hanno determinato l’amministrazione a non concedere la sanatoria. Come già affermato da questa Sezione, in materia di dinieghi di condono, le specifiche caratteristiche dei manufatti, nel concreto spazio in cui insistono, possono consentire al giudice, cui sia offerto un adeguato supporto probatorio, di intendere ed eventualmente approvare (sempre, naturalmente, nei limiti del sindacato di legittimità) le ragioni del diniego stesso, per quanto solo compendiate nel provvedimento: ed in tal senso va intesa la decisione (T.A.R. Veneto, II, 24 gennaio 2009, n. 151) in cui la Sezione ha rammentato che l'obbligo di motivazione, ex art. 3 l. 241/90, può essere assolto in forma sintetica, laddove le ragioni della determinazione amministrativa risultino dal contesto evidenti (cfr. anche T.A.R. Veneto, II, n. 6427/2010). La fattispecie all'esame del Collegio rientra in quest'ultima ipotesi. Come già osservato, infatti, dalla documentazione prodotta in giudizio dall’amministrazione, emerge che i due manufatti hanno caratteristiche tali, proprio con riferimento ai materiali utilizzati, da porsi in contrasto con l’ambito tutelato nel quale insistono, da cui la ritenuta in suscettibilità alla sanatoria. Esclusa ogni rilevanza dell’invocato affidamento, stante la permanenza dell’illecito derivante dalla realizzazione di opere abusive, e ritenuto quindi che il diniego, seppure sinteticamente motivato, abbia adeguatamente focalizzato le problematiche ostative al rilascio del condono, il ricorso non può trovare accoglimento e va pertanto respinto".

sentenza TAR Veneto n. 21 del 2014

Il rinnovo del permesso di costruire comporta il pagamento di un nuovo contributo di costruzione?

29 Gen 2014
29 Gennaio 2014

La risposta è positiva (perchè non si tratta della proroga di un titolo già esistente), ma con qualche precisazione:

1) questo non significa  che il richiedente perda il contributo versato in precedenza;

2) il contributo per il rinnovo si calcola con le tabelle vigenti al momento del rinnovo.

Dalla somma risultante dall’applicazione delle tabelle vigenti al momento della richiesta del rinnovo, va sottratto l’importo già pagato, in relazione alle opere che non si sono realizzate e di cui il privato ha diritto di chiedere il rimborso all’Amministrazione. Di conseguenza, l’Amministrazione dovrebbe compensare questa somma con quella risultante dall’applicazione della tabelle di cui supra. Questo vale anche per il costo di costruzione.

Ovviamente, se con il rinnovo del Permesso di Costruire venissero previsti degli ulteriori opere, per queste è dovuto ex se il pagamento del costo di costruzione, salvo detrarre l’importo già pagato per le opere non realizzate.

A tal fine il T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. II, nelle sentenza del 31.01.2011, n. 188 ha deciso che: “II. Sull’an della pretesa del ricorrente va osservato quanto segue.

Il contributo di costruzione è il corrispettivo del diritto di costruire e quando il diritto di costruire non è esercitato viene meno il titolo in forza del quale il Comune ha incassato il contributo di costruzione. Questo principio vale anche quando il titolo edilizio è stato utilizzato soltanto in parte, nel qual caso esso viene meno pro quota (T.a.r. Lombardia, Milano, sez. II, sentenza n. 728 del 24/03/2010: il diritto alla restituzione sorge non solamente nel caso in cui la mancata realizzazione delle opere sia totale, ma anche ove il permesso di costruire sia stato utilizzato soltanto parzialmente, tenuto conto che sia la quota degli oneri di urbanizzazione che la quota relativa al costo di costruzione sono correlati, sia pure sotto profili differenti, all'oggetto della costruzione. L'avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie consentite da un permesso di costruire comporta dunque il sorgere, in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata).

Il ragionamento del Comune - secondo cui occorre pagare tutto ciò che è dovuto per la nuova concessione senza stornare il pregresso di cui al limite verrà chiesto il rimborso -, al di là del fatto che il rimborso è stato chiesto e non ottenuto, non può reggere perché la seconda concessione, rilasciata dal Comune ai ricorrenti sullo stesso edificio del titolo precedente e per completare i lavori rimasti in sospeso a seguito dell’abbandono di quel titolo edilizio, è di rinnovo della concessione.

L’argomento della unicità del titolo è stata quindi valutata anche dal Comune e risolta in senso positivo. Nel momento in cui si ragiona in termini di titolo unico tra concessione del 1994 e concessione del 1998 non si può far pagare il contributo di costruzione due volte, e doveva quindi stornarsi per sottrazione quanto pagato dai ricorrenti in occasione della prima concessione.

II. Sul quantum della pretesa del ricorrente.

Della somma originariamente chiesta dal Comune (lire 8.057.423) almeno 302.850 lire erano dovute, perché nella concessione rinnovata erano stati aggiunti lavori ulteriori che contribuivano ad aumentare l’importo del contributo e che non erano assorbiti dal pagamento precedente.

Lo stesso ricorrente riconosce la circostanza nella memoria conclusiva, rettificando parzialmente la somma richiesta.

Ne consegue che il Comune deve essere condannato alla restituzione di soli 7.754.573 lire”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Brescia n. 188 del 2011

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