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Ratifica del Protocollo di legalità tra Regione del Veneto, Uffici territoriali del Governo del Veneto, ANCI e UPI ai fini della prevenzione dei tentativi d’infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture

03 Set 2014
3 Settembre 2014

Pubblichiamo la Deliberazione della Giunta Regionale n. 1367 del 28 luglio 2014 avente ad oggetto la "Ratifica del Protocollo di legalità tra Regione del Veneto, Uffici territoriali del Governo del Veneto, ANCI e UPI ai fini della prevenzione dei tentativi d'infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sottoscritto in data 23 luglio 2014. Art. 4 L.R. 28 dicembre 2012, n. 48" contenuta nel BUR Veneto n. 80 del 19 agosto 2014. 

DGRV n. 1367 del 2014

Istituzione della banca della terra veneta

02 Set 2014
2 Settembre 2014

Pubblichiamo la Legge Regionale Veneta n. 26 del 08 agosto 2014 che istituisce la banca della terra veneta.

Particolarmente interessante è l'articolo 8 sugli orti sociali urbani.

Lr Veneto n. 26 del 2014

Approvazione delle disposizioni attuative sugli adempimenti previsti per gli impianti di climatizzazione degli edifici

02 Set 2014
2 Settembre 2014

Pubblichiamo la DGRV n. 1363 del 28 luglio 2014 avente ad oggetto l'"Approvazione delle disposizioni attuative sugli adempimenti previsti per gli impianti di climatizzazione degli edifici dal Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, dal Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n.74 e dai Decreti 10 febbraio 2014 e 20 giugno 2014 del Ministro dello Sviluppo Economico. Riapprovazione del Libretto di impianto" e che individua le disposizioni attuative della normativa statale vigente sugli impianti di climatizzazione, al fine di uniformare l’applicazione della disciplina su tutto il territorio della Regione del Veneto in materia di esercizio, conduzione, manutenzione, controllo ed ispezione degli impianti di climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici e sanitari, con l’obiettivo di sostenere il contenimento dei consumi energetici negli edifici privati e pubblici. Inoltre riapprova il Libretto di impianto per rimediare taluni refusi di stampa e precisare le istruzioni per la compilazione.

DGRV 1363 del 2014


 

Il Piano Casa non deroga ai limiti sul cambio d’uso già esistenti nelle zone agricole

01 Set 2014
1 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. II, nella sentenza del 26 agosto 2014 n. 1179 conferma che, nelle zone agricole, neppure con il c.d. Piano Casa è sempre consentito il mutamento della destinazione d’uso. In queste zone, infatti, è necessaria una specifica previsione di piano che consenta espressamente tale mutamento.

Ecco il passo della sentenza: “Dispone l’art. 9 della l.r. 14/2009 ai commi 2 e 2 bis ( come modificati dall’art. 6, comma 2, L.R. 8 luglio 2011, n. 13 e prima dell’ulteriore modifica apportata dall’art. 10, comma 7, L.R. 29 novembre 2013, n. 32) che:

“2. Con gli interventi previsti dagli articoli 2, 3 e 4 può essere modificata la destinazione d’uso degli edifici, purché la nuova destinazione sia consentita dalla disciplina edilizia di zona e salvo quanto previsto dal comma 2-bis .

2-bis. Nel caso in cui gli interventi di cui agli articoli 2, 3 e 4 riguardino edifici situati in zona impropria, purché diversa dalla zona agricola, la destinazione d’uso degli edifici può essere modificata limitatamente al volume che sarebbe realizzabile ai sensi della specifica disciplina di zona, incrementato della percentuale di ampliamento consentita dalla presente legge. Sono fatti salvi eventuali accordi o convenzioni precedentemente sottoscritti.”

La situazione è quindi regolamentata dal comma 2 soprariportato che, al contrario di quanto argomentato in ricorso, non ammette una generale liberalizzazione del cambio di destinazione d’uso a residenziale anche in zona agricola, perché invece espressamente richiede che la nuova destinazione d’uso sia consentita dalla disciplina edilizia di zona.

La norma del piano casa quindi ricalca sostanzialmente la previsione dell’art. 44 c. 5 l.r. 11/2004 , secondo cui : “ Gli interventi di recupero dei fabbricati esistenti in zona agricola sono disciplinati dal PAT e dal PI ai sensi dell'articolo 43. Sono sempre consentiti, purché eseguiti nel rispetto integrale della tipologia originaria, gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 "Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia" e successive modificazioni, nonché l'ampliamento di edifici da destinarsi a case di abitazione, fino ad un limite massimo di 800 mc. comprensivi dell'esistente, purché la destinazione abitativa sia consentita dallo strumento urbanistico generale.”

Ritiene pertanto il Collegio che il legislatore regionale abbia inteso mantenere una peculiare e restrittiva disciplina delle aree agricole alle cui prescrizioni l’intervento progettato non risulta effettivamente conformarsi, non essendo in alcun modo messa in discussione la circostanza che lo strumento urbanistico non contempla l’attribuzione all’annesso rustico in questione di una diversa destinazione d’uso, che è cosa diversa dalla generale compatibilità della destinazione residenziale in zona agricola perché presuppone una specifica valutazione in relazione al singolo edificio ed alla sua funzione rispetto al territorio agricolo. E’ evidente pertanto che neppure la circostanza che si tratti di prima casa permette di prescindere dal puntuale rispetto dei requisiti di cui al comma 2 dell’art. 9”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1179 del 2014

La legge che attribuisce alla Giunta il potere di approvare i piani attuativi non è incostituzionale

18 Ago 2014
18 Agosto 2014

La questione è esaminata dal TAR Veneto nella sentenza n. 986 del 2014.

Si legge nella sentenza: "La riconosciuta inammissibilità del ricorso per quanto riguarda i ricorrenti Gradini, Florean e Geronazzo, richiede, tuttavia, la delibazione circa i profili di incostituzionalità prospettati, in via subordinata, dai ricorrenti con riguardo proprio alla disposizione introdotta dall’art.5, comma 13 della legge 106/11. La difesa istante ha infatti evidenziato come detta norma si ponga in palese contrasto con i principi di rispetto delle autonomie dettati dalla Costituzione, così come espressamente richiamati nel T.U.E.L., nella parte in cui rileva come le norme in esso contenute siano espressione di principi generali, non modificabili se non per espressa previsione normativa, nonché dal richiamo contenuto nel medesimo corpo normativo all’art. 128 della Costituzione, che ribadisce il rispetto delle autonomie, principio che, proprio attraverso la sottrazione della competenza all’approvazione del PUA al Consiglio Comunale, sarebbe stato violato dalla norma contestata. Ritiene il Collegio che la questione di legittimità costituzionale, sebbene rilevante ai fini della decisione in esame, non presenti elementi di manifesta fondatezza per le considerazioni che seguono. In primo luogo, vanno ribadite le considerazioni sopra accennate circa la ratio della norma e la conseguente insussistenza di un reale pregiudizio per le funzioni assegnate al Consiglio. Al riguardo è stato messo in rilievo come detta previsione, da un punto di vista squisitamente politico, attribuendo il compito di approvazione dei PUA ad un organo di maggioranza, faccia di per sé venire meno il ruolo dell’opposizione (ed è infatti questo il punto che ha spinto i ricorrenti a impugnare le delibere): tuttavia, come già osservato, il profilo non è dirimente, in quanto i piani di cui si discute debbono essere conformi al PRG, che a sua volta è stato, seppur in passato, votato dal Consiglio comunale. Invero, proprio tenuto conto delle specifiche condizioni in presenza delle quali è possibile concentrare in capo alla Giunta l’adozione e l’approvazione del PUA, ossia la sua conformità alle previsioni di PRG, è evidente che se il PUA non presenta innovazioni rispetto al PRG, esso si porrà in sintonia con ciò che il Consiglio Comunale ha già deliberato in occasione della redazione del PRG. La concentrazione dell’intera procedura in capo alla Giunta, quindi, risponde ad esigenze di celerità e semplificazione che comunque non diminuiscono le competenze del Consiglio, trattandosi  dell’approvazione di uno strumento urbanistico di secondo grado coerente e conforme a quanto già deliberato dal Consiglio Comunale. Per altro verso e con espresso riguardo al rispetto delle disposizioni costituzionali che assicurano le autonomie ed al richiamo contenuto nel T.U.E.L. all’art. 128 Cost. (proprio al fine di impedire, quale norma di salvaguardia, la deroga o, più correttamente, l’abrogazione tacita delle disposizioni in esso contenute per effetto di leggi sopravvenute, non aventi tale specifica e conclamata finalità), il Collegio osserva in primo luogo come detto richiamo alla norma costituzionale non abbia più valore, per effetto dell'art. 9, comma 2, L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, che ne ha disposto l’abrogazione. Eliminato il richiamo costituzionale, l’analisi della norma dell’art.5, comma 13 – ferme restando le considerazioni sopra espresse circa il rispetto delle autonomie e delle competenze degli organi - deve quindi essere operata solo attraverso il rapporto che intercorre tra le due fonti normative, da un lato un T.U.E.L., decreto legislativo 267/01, normazione delegata dal Parlamento, e dall’altro una legge ordinaria, L. n. 106/11. In punto di stretto diritto, se sussiste un rapporto di sovra ordinazione gerarchica fra le due norme, il problema è pacificamente risolto nel senso che sarà la norma superiore a prevalere, rendendo l’altra invalida. Diversamente, nell’ipotesi in cui siano norme di pari rango normativo, dovrà essere seguito il criterio cronologico, per cui la norma successiva abrogherà quella precedente. Seguendo la tesi maggioritaria che attribuisce ai Testi Unici il medesimo livello gerarchico delle leggi del Parlamento, applicando anche nel caso  in esame il criterio cronologico, la legge 106/11 deve prevalere ed abrogare, nelle specifiche ipotesi, la norma dell’art. 42 del T.U.E.L. Essendo venuto a mancare il richiamo all’art. 128 Cost. contenuto nell’art. 1 T.U.E.L., difettando un ulteriore fondamento costituzionale delle disposizioni contemplate dal testo unico, e applicando dunque il  principio cronologico, la nuova disciplina, avente pari forza della precedente, ne determina l’abrogazione. Non profilandosi, quindi, neppure sotto il profilo del contrasto con i principi costituzionali, ragioni per  non dare applicazione alla normativa applicata nel caso in esame, restano confermate le conclusioni sopra espresse circa l’inammissibilità del ricorso proposto dai tre Consiglieri comunali".

Dario Meneguzzo - avvocato 

sentenza TAR Veneto n. 986 del 2014

Un accordo di pianificazione ex art. 6 L. 11/2004 non è impugnabile fino a quando non diventi efficace dopo il recepimento nel PAT o nel PI

18 Ago 2014
18 Agosto 2014

Segnaliamo su questa questione la sentenza del TAR Veneto n. 986 del 2014.

Scrive il TAR: "è da osservare come, anche a voler superare la dedotta tardività, sia indubitabile che in ogni caso la lesività di detto accordo si paleserà soltanto una volta che lo stesso sarà divenuto efficace e operativo. Infatti, come la stessa difesa di parte ricorrente ha riconosciuto, detto accordo necessita, per essere efficace, di essere recepito e divenire parte integrante dello strumento urbanistico, ossia del PAT e quindi del PI. Prima di tale momento, l’accordo - sebbene esprima la volontà, politica, del Comune di dare avvio ad un intervento che darà luogo, nella specie, alla realizzazione di un parcheggio pubblico sotterraneo e che prevede anche una ben precisa contropartita in favore della Parrocchia - non è tuttavia in grado di produrre alcun effetto: ne consegue che, in ogni caso, le censure dedotte avverso tale atto sono comunque inammissibili in quanto riferite a contenuti dell’accordo che, quanto meno al momento in cui è stato proposto il ricorso, non erano in alcun modo operativi. Solo nell’ipotesi in cui si dovesse accertare che il contenuto dell’accordo è già stato recepito nel PUA impugnato, allora si potrà valutare l’eccezione di tardività".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 986 del 2014

L’art. 34 della L. Reg. n. 11/2004 vieta di reiterare il vincolo espropriativo più di una volta anche con variante ordinaria

24 Lug 2014
24 Luglio 2014

La questione è esaminata dalla sentenza del TAR Veneto n. 920 del 2014, dove si legge che: "4. E’ in particolare fondato il secondo motivo, laddove si rileva la violazione dell’art. 34 della L. Reg. n. 11/2004 nella parte in cui prevede il divieto di reiterazione del vincolo espropriativo non più di una volta. 

4.1 La lettura della deliberazione n. 21/2013 conferma la validità della prospettazione dei ricorrenti e, nel contempo, consente di evincere come l’imposizione del vincolo sia avvenuta una prima volta con la deliberazione n. 2733/1995. Si desume, altresì, che una successiva reiterazione è stata posta in essere con la variante n. 18/2004 approvata con la delibera del Consiglio comunale di Vittorio Veneto n. 73/2004.

4.2 E’, allora, evidente che la seconda reiterazione del vincolo è stata “adottata” con la delibera n.21/2013 e poi approvata con la delibera della Provincia di Treviso e, ciò, in violazione dell’espresso divieto in questo senso contenuto nell’art. 34 sopra citato.

4.3 A fronte di detto dato oggettivo non è possibile condividere le tesi dell’Amministrazione comunale laddove evidenzia che la prima
reiterazione sarebbe stata posta in essere in un momento in cui non era ancora entrato in vigore l’art. 34 della L. reg. 11/2004.

4.4 L’infondatezza di detta argomentazione è evidente laddove si consideri che nel momento in cui veniva emanata la delibera di
adozione n. 21/2013 era pienamente vigente il divieto in questione, circostanza che avrebbe dovuto obbligare l’Amministrazione comunale a non procedere ad un’ennesima reiterazione.

5. Nemmeno appaiono di pregio le argomentazioni dirette a sostenere che l’adozione della variante ordinaria ai sensi dell’art. 50 comma 1 e 3 della L. Reg.11/2004 consentirebbe di superare il divieto di reiterazione sopra citato.

5.1 Se così fosse si introdurrebbe un regime differenziato a secondo che il vincolo sia contenuto in una variante ordinaria o semplificata. 

5.2 La differenza tra variante predisposta in forma semplificata (ai sensi dell’art. 50 comma 4 della L. Reg. 61/1985), e quella predisposta ai sensi del comma 1, va individuata nel solo fatto che la variante ordinaria ha lo scopo di modificare la destinazione urbanistica per le aree non conformi, introducendo un vincolo espropriativo in precedenza non previsto".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 920 del 2014

Richiesta di parere alla seconda commissione consiliare sull’atto di indirizzo relativo al dimensionamento dei piani e degli standard di aree per servizi”

23 Lug 2014
23 Luglio 2014

Pubblichiamo la deliberazione della Giunta regionale n.  99/CR  del 15 luglio 2014, contenente  la richiesta di parere alla seconda commissione consiliare (lr n. 11/2004 art. 46, comma 1), circa l'atto di indirizzo recante: ''Lr 23.4.2004 n. 11: Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio'', art. 46, comma 1, lett. b): ''Il dimensionamento dei piani e degli standard di aree per servizi''.

richiesta parere II Commissione CR 99]-attiindirizzo aree standard

Il piano casa deroga anche alla previsione urbanistica a verde privato

10 Lug 2014
10 Luglio 2014

Un soggetto aveva  presentato al Comune una istanza ai sensi della legge regionale n. 13/2011 (secondo Piano casa), al fine di ottenere il permesso di costruire, in ampliamento della propria casa di abitazione, un ulteriore appartamento da destinare a sua volta ad abitazione, ampliamento che sarebbe stato realizzato sull’area contermine, avente destinazione urbanistica F5 – Verde privato. Il Comune, dopo aver richiesto una serie di integrazioni documentali (debitamente eseguite dall’interessata), ha opposto il diniego, rilevando l’inaccoglibilità della richiesta in quanto la prima casa di  abitazione ricade in ZTO C1S/19 e l’ampliamento della stessa sarebbe avvenuto in un ambito, classificato come ZTO F5 (verde privato), nel quale è vietato ogni intervento, così concretando (sempre secondo il Comune) l’ipotesi di cui al l’art. 9, comma q), lettera c) della legge regionale n. 14/2009 e smi.  Secondo il Comune, la previsione urbanistica relativa all’area sulla quale sarebbe stato previsto l’ampliamento della prima casa di abitazione, darebbe luogo ad una particolare disciplina di protezione che, impedendo ogni intervento costruttivo – sia ex novo che in ampliamento – non renderebbe possibile nella specie l’applicazione della normativa regionale sul Piano Casa.

Il TAR Veneto, con la sentenza n. 877 ha, però, accolto il ricorso, smentendo la tesi del Comune.

Scrive il TAR: "Invero, non possono in alcun modo essere condivise le argomentazioni difensive svolte dall’amministrazione comunale, che pretende di far assurgere a vincolo di sostanziale protezione, così come richiamato dall’art,. 9, comma q), lettera c) della legge regionale, la sola previsione urbanistica dettata per l’area de qua delle vigenti n.t.a (art. 24). Infatti, detta previsione ha il solo valore di indicare per l’area de qua una determinata previsione urbanistica, assegnandole la relativa classificazione, ma detta previsione assume portata generale, come tale derogabile ai sensi e per gli effetti della normativa regionale sul Piano Casa, la quale, come noto, favorisce gli interventi di ampliamento della prima abitazione, anche in deroga alle previsioni contenute negli strumenti urbanistici comunali.  L’invocato regime di protezione non può quindi essere individuato nel caso di specie, tenuto conto altresì del costante insegnamento che individua tale eventualità con riferimento a singoli edifici, soggetti a specifici gradi di protezione in ragione del loro particolare pregio ovvero, sulla base di espressa e motivata previsione, con riferimento ad ambiti dotati di particolare pregio (ad esempio, sotto il profilo storico o paesaggistico). Poiché dette particolari condizioni non sussistono nel caso di specie, così come peraltro confermato dalla stessa amministrazione comunale, la quale con la delibera consiliare n. 50 del 29.11.2011 (mai revocata sul punto), ha espressamente ritenuto di escludere dagli interventi eseguibili in applicazione della normativa sul Piano Casa le zone F, eccezion fatta per le zone F5, risulta evidente l’illegittimità del diniego opposto. Né può valere l’assunto difensivo di parte resistente che – invocando il punto 1 della lettera A) dell’allegato alla delibera C.C. n. 50/2011 – intende escludere l’applicazione delle disposizioni ivi dettate alle prime case di abitazione, tenuto conto del fatto che comunque troverebbe applicazione, così come ivi parimenti disposto, la disciplina di cui alla L.r. 14/2009 e quindi dei medesimi principi sopra richiamati. Da ultimo, va altresì osservato come il richiamo alla diversa ipotesi di cui alla lettera d) del medesimo art.9, non solo non risulta conferente (non trattandosi di un vincolo di inedificabilità ai sensi dell’art. 33 della legge 47/85), ma soprattutto trattasi di un profilo che non è stato indicato a fondamento del diniego opposto e che, pertanto, costituisce un’inammissibile integrazione della motivazione". 

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 877 del 2014

La circolare sul piano casa approvata dalla 2^ Commissione Consiliare (molto diversa dalla precedente)

04 Lug 2014
4 Luglio 2014
In data 2 luglio 2014 la II Commissione Consiliare ha approvato il testo della circolare sul piano casa, molto diverso da quelli precedenti (che dovrà essere poi recepita con DGRV).
 
Il testo è reperibile al seguente link:
 
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