Quando nasce il diritto all’indennizzo per la reiterazione del vincolo d’esproprio?

21 Mar 2014
21 Marzo 2014

Nella medesima sentenza n. 298/2014 il Collegio chiarisce il momento in cui nasce il diritto ad ottenere l’indennizzo per la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio: “deve richiamarsi il principio secondo cui il diritto all'indennizzo correlato alla formale reiterazione del vincolo compete solo a condizione che tale reiterazione sia stata adottata con piena efficacia, con la conseguenza che il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo non è individuabile nell'imposizione originaria di un vincolo di inedificabilità, e neanche nella protrazione di fatto del medesimo dopo la sua decadenza. Il relativo obbligo, invero, sorge in seguito all'atto che formalmente ed esplicitamente reitera il vincolo una volta superato il primo periodo di ordinaria durata temporanea dello stesso: tale reiterazione non è desumibile nel caso di protrazione di fatto del vincolo, e neppure per implicito da atti di diniego di domande di autorizzazione lottizzatoria o di concessione (Cass. civ., I, 26.1.2007 n. 1754; SS.UU. 19.4.2010 n. 9302).

Nè la situazione che si crea a seguito delle cc.dd. "misure di salvaguardia" è equiparabile alla compressione del diritto dominicale provocata dai vincoli preordinati all'esproprio, attesa la provvisorietà del regime urbanistico caratterizzato dall'applicazione dei limiti di salvaguardia previsti dalla normativa per le aree bianche, che, se da un lato non elimina una redditività del fondo, dall'altro non crea nel proprietario alcuna aspettativa in ordine al conferimento di particolari qualità edificatorie dell’area.

D’altro canto, il proprietario non resta senza tutela a fronte dell'inerzia dell'ente territoriale, ben potendo, ove vi abbia interesse, promuovere gli interventi sostitutivi della Regione oppure reagire alla stessa attraverso la procedura di messa in mora e tipizzazione giurisdizionale del silenzio davanti al giudice amministrativo, con la conseguenza che solo in caso di persistente inerzia a seguito di questa procedura potrà configurarsi la lesione al bene della vita identificabile (non già nello "ius aedificandi", attesa l'impossibilità di affidamento del proprietario in merito a specifiche qualificazioni dei suoli nell'esercizio del potere discrezionale inerente alla pianificazione del territorio, ma) nell'interesse alla certezza circa le possibilità di adeguata e razionale utilizzazione della proprietà (Cass. civ., I, 31.3.2008 n. 8348)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

La reiterazione del vincolo d’esproprio non implica la necessità di impegnare la somma da indennizzare

21 Mar 2014
21 Marzo 2014

Ancora nella sentenza n. 298/2014 il Collegio ritiene che la reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio sia legittima a prescindere dall’impegno di una somma a titolo di indennizzo nel bilancio comunale: “Quanto, poi, alla dedotta, mancata previsione di un adeguato indennizzo con relativa imputazione al bilancio comunale, va osservato che – anche ad accedere alla tesi della ricorrente secondo cui la delibera del 1998 avrebbe reiterato un vincolo finalizzato all’espropriazione - il principio della spettanza di un indennizzo al proprietario nel caso di reiterazione del vincolo preordinato all'esproprio (introdotto nell'ordinamento con la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999) non rileva per la verifica della legittimità del provvedimento che ha disposto la reiterazione, e ciò in quanto in sede di adozione di una variante allo strumento urbanistico, volta all'imposizione del vincolo espropriativo, l'Amministrazione non può impegnare somme di cui non è certa la spettanza in ordine all'an e al quantum, sia perché potrebbe non seguire l'approvazione regionale, sia perché la quantificazione richiede complessi accertamenti su elementi di fatto che solo il proprietario può rappresentare al termine del procedimento di pianificazione (CdS, IV, 27.12.2006 n. 7863)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

Le cause relative all’indennizzo per la reiterazione del vincolo sono di competenza dell’A.G.O. solamente se il vincolo è legittimo

21 Mar 2014
21 Marzo 2014

Nella  sentenza n. 298/2014 il T.A.R. Veneto chiarisce le diverse competenze dell’autorità giudiziaria ordinaria e di quella amministrativa in materia di reiterazione di vincoli espropriativi: “I profili attinenti al pagamento dell'indennizzo non attengono, dunque, alla legittimità del procedimento, ma riguardano questioni di carattere patrimoniale devolute alla cognizione della giurisdizione civile.

Tale principio è stato ora esplicitato dall'art. 39, I comma del DPR n. 327/2001, il quale ha previsto che, a seguito della reiterazione, il proprietario possa attivare un procedimento amministrativo nel corso del quale deve provare "l'entità del danno effettivamente prodotto", quale presupposto processuale necessario per poter agire innanzi alla Corte d'Appello.

Nel quadro normativo vigente, dunque, continua a sussistere il principio per il quale gli atti dei procedimenti di adozione e di approvazione di uno strumento urbanistico, contenente un vincolo preordinato all'esproprio, non devono prevedere la spettanza di un indennizzo, fermo restando il diritto del proprietario di ottenere - in presenza dei relativi presupposti - l'indennità commisurata all'entità del danno effettivamente prodotto” ed ancora: “L’inconferenza dell’ultimo rilievo – volto a censurare i criteri adottati dall’Amministrazione per la liquidazione dell’indennizzo conseguente alla reiterazione dei vincoli preordinati all’esproprio – è conseguente alla considerazione che in materia urbanistica spetta al giudice ordinario, e specificamente alla Corte d’Appello (art. 39, III comma del DPR n. 327/2001), la determinazione dell'indennizzo dovuto "ex lege" per la legittima reiterazione del vincolo di inedificabilità (mentre spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno per l'illegittima reiterazione del vincolo, qualora l'atto di reiterazione sia stato annullato: Cass. civ. SS.UU. 19.4.2010 n. 9302 cit.): sicchè trattandosi, nella specie, di criteri espressamente correlati alla quantificazione dell’indennizzo per (legittima) reiterazione del vincolo, di competenza dell’AGO, è affatto irrilevante la condivisione o meno dei criteri stabiliti dal Comune”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 298 del 2014

Ma il comune può ordinare a chi vuole di rimuovere i rifiuti?

21 Mar 2014
21 Marzo 2014

Il TAR del Veneto, sezione Terza, con la recentissima ordinanza n. 185/2014 pronunciata in sede cautelare, sembra rispondere che, sull’esigenza di individuare il responsabile dell’abbandono dei rifiuti, prevale in ogni caso quella di rimuovere i rifiuti.

I Giudici, omettendo ogni delibazione, anche sommaria, sul fumus di un ricorso che denunciava la carenza di istruttoria di un’ordinanza ex art. 192 del Codice dell’Ambiente (D.Lgs. n. 42/2004) in ordine alla individuazione del responsabile dell’abbandono, hanno così statuito sul periculum: “Non sussiste un pregiudizio grave ed irreparabile. La bonifica dei luoghi (rectius, rimozione dei rifiuti) comporta un pregiudizio patrimoniale che può eventualmente essere ristorato in seguito alla fase di merito del presente giudizio. Inoltre il pregiudizio ambientale da rimuovere è superiore al pregiudizio economico per parte ricorrente. L’istanza cautelare non può dunque essere accolta.”.

Dunque, l’analisi delle responsabilità è rimandata alla fase di merito, con la conseguenza che, se in questa fase emergesse che il provvedimento della P.A. fosse viziato per avere sbagliato mira in ordine alla individuazione del responsabile, colui che intanto ha rimosso i rifiuti potrebbe al più vantare un diritto al risarcimento dei danni a carico del comune.

dott. Matteo Acquasaliente

Segnaliamo che con la sentenza n. 446 del 2019, il TAR Veneto ha dichiarato la illegittimità dell'ordinanza comunale di cui al presente post, ordinanza che nel frattempo era stata annullata dal comune in via di autotutela.

sentenza TAR Veneto 446 del 2019

Una nuova pianificazione urbanistica non equivale di per sè alla reiterazione del vincolo d’esproprio

20 Mar 2014
20 Marzo 2014

Nella sentenza n. 298/2014 il T.A.R. Veneto afferma che la nuova pianificazione impressa ad un’area non permette di considerare reiterato il vincolo d’esproprio decaduto, atteso che gli strumenti urbanistici non necessitano della stessa motivazione stringente e puntuale necessaria - almeno di regola - per la reiterazione del vincolo: “ora, affermare che vi è continuità tra un vincolo scaduto ed il suo ripristino effettuato con modifiche ed assestamenti (essendo parzialmente diversa sia la localizzazione dell’opera, sia le aree effettivamente asservite) quasi vent’anni dopo mediante una variante generale - è “ius receptum” che un atto di pianificazione generale, tranne i casi di incidenza su posizioni consolidate da giudicati o da convenzioni di lottizzazione, non ha bisogno di una motivazione ulteriore rispetto a quella che si esprime con i criteri posti a sua base -, e che quindi tale ripristino ha bisogno di una adeguata motivazione che faccia escludere il contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti, appare quanto meno azzardato, tenuto conto, appunto, del rilievo che assume, onde considerare “reiterato” ai fini della necessità di congrua motivazione, il vincolo imposto “ex novo” dopo molto tempo, durante il quale era inattuale, e per ciò stesso inesistente, l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera. Senza pretermettere che, anche a voler qualificare la nuova imposizione come normale “reitera” di vincolo, la giurisprudenza ritiene che in occasione del primo rinnovo del vincolo è sufficiente richiamarsi alle originarie valutazioni per giustificarne l’ulteriore imposizione (cfr. CdS, Ap, 24.5.2007 n. 7)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 298 del 2014

Il Comune ha l’obbligo di rispondere alle osservazioni connesse al procedimento d’esproprio?

20 Mar 2014
20 Marzo 2014

Nella sentenza n. 298/2014 il T.A.R. Veneto chiarisce che il Comune non ha l’obbligo di controdedurre alle osservazioni pervenute dai privati e connesse al procedimento d’esproprio: “È inammissibile per genericità, e comunque infondata, invece, l’ulteriore doglianza con cui si lamenta la mancata controdeduzione “in modo esaustivo alle osservazioni presentate dalla ricorrente”, nonché la mancata ripubblicazione della variante a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni: inammissibile perchè l’interessata ha omesso di indicare quali sarebbero le proprie osservazioni non esaustivamente controdedotte dal Comune (onde consentire al giudicante il riscontro della fondatezza della censura) e, comunque, infondata perchè le osservazioni presentate ai sensi dell'art. 9 della legge n. 1150 del 1942 hanno natura di meri apporti collaborativi, onde la loro reiezione non richiede una specifica motivazione; quanto, poi, alle osservazioni accolte, non sussiste l'obbligo di ripubblicazione del piano qualora le modifiche conseguentemente apportate non abbiano determinato un mutamento essenziale del suo contenuto, traducendosi in un nuovo progetto di piano (cfr. CdS, IV, 12.2.2013 n. 845): circostanza, questa, che non può essere verificata in difetto di puntuale enucleazione da parte dell’interessata.

4.4.- Né merita accoglimento l’affermazione della ricorrente secondo cui non il Consiglio, ma la Giunta comunale sarebbe competente a controdedurre alle osservazioni.

Poiché, infatti, l'art. 32, II comma, lett. b) della legge n. 142/1990 attribuisce espressamente al Consiglio comunale la competenza in materia di approvazione dei piani territoriali ed urbanistici, rientra parimenti nella competenza dello stesso organo, essendone elemento funzionalmente costitutivo, la formulazione delle controdeduzioni alle osservazioni proposte dagli interessati ai sensi dell'art. 9 della legge n. 1150 del 1942”. 

dott. Matteo Acquasaliente

Negli espropri non c’è incompatibilità tra il processo civile e quello amministrativo

20 Mar 2014
20 Marzo 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 05 marzo 2014 n. 298, affronta numerose questioni relative alla reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio.

Per quanto concerne il rapporto tra l’autorità giudiziaria ordinaria e quella amministrativa, il T.A.R. stabilisce che non vi è alcuna incompatibilità tra il processo civile finalizzato ad ottenere un risarcimento del danno per l’illegittimità del vincolo d’esproprio e quello amministrativo volto ad ottenere la declaratoria di illegittimità dello stesso vincolo: “È infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso sollevata dal Comune per avere l’interessata investito nel 2006 la Corte d’Appello di Venezia al fine di ottenere la quantificazione di un congruo indennizzo conseguente alla reitera del vincolo, indennizzo che presuppone il riconoscimento della (ovvero l’acquiescenza alla) legittimità del vincolo imposto.

Ai sensi dell’art. 39 del DPR n. 327/2001, infatti, il proprietario deve proporre, a pena di decadenza, l’opposizione all’indennizzo offerto dall’Amministrazione entro il termine di trenta giorni dalla notifica dell'atto di stima: è evidente, pertanto, che il proprietario che avesse impugnato avanti al TAR il vincolo, siccome illegittimo, per ottenere il suo annullamento ed il conseguente risarcimento rischierebbe di perdere sia il risarcimento (qualora il TAR giudicasse legittimo il vincolo imposto), sia l’equo indennizzo (qualora non avesse contestato tempestivamente avanti all’AGO l’indennizzo stesso offerto dall’Amministrazione).

Non è, dunque, la contestualità delle domande (di risarcimento del danno da vincolo illegittimo e, rispettivamente, di indennità da vincolo legittimo) a determinare l’incompatibilità tra i relativi procedimenti, ma soltanto l’eventuale, sopravvenuta decisione in merito ad uno di essi: a tal proposito, va osservato che la Corte d’Appello di Venezia ha sospeso il procedimento azionato avanti ad essa in attesa dell’esito del presente giudizio, in attesa di conoscere, cioè, se il vincolo a cui è stata assoggettata l’area dell’interessata sia legittimo o illegittimo”. 

dott. Matteo Acquasaliente

Poteri derogatori ai sindaci per gli interventi nelle scuole

20 Mar 2014
20 Marzo 2014

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 gennaio 2014 

Definizione di poteri derogatori ai sindaci e ai presidenti delle province interessati che operano in qualità di commissari governativi per l'attuazione delle misure urgenti in materia di riqualificazione e di messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali (14A02228) (GU n. 64 del 18-3-2014)

DPCM 22 gennaio 2014

La variante generale che reitera il vincolo espropriativo non richiede la comunicazione di avvio del procedimento

19 Mar 2014
19 Marzo 2014

Nella sentenza del TAR Veneto  n. 298/2014 il Collegio afferma che, se la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio avviene con una variante generale al P.R.G. avente un contenuto generale, e dunque con uno strumento di pianificazione, tale circostanza esenta il Comune dal comunicare ai soggetti interessati l’avvio del procedimento per la sua adozione: “L’art. 11, I comma, lett. a) del DPR 327 del 2001 stabilisce che al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio, che risulti dai registri catastali, va inviato l'avviso dell'avvio del procedimento “nel caso di adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica”.

La norma positivizza l’orientamento giurisprudenziale che riconosceva l’applicazione delle garanzie partecipative esclusivamente ai casi di variante limitata e ad oggetto specifico, di variante, cioè, che riguarda un'area limitata del territorio e si propone la realizzazione di una singola opera pubblica.

Il riconoscimento normativo delle garanzie partecipative è la conseguenza di quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la limitatezza territoriale dell'intervento urbanistico e degli scopi perseguiti impone l'obbligo di una motivazione specifica.

Mentre, invero, il piano regolatore e la variante generale trovano sufficiente motivazione nei criteri posti a base del piano stesso e che sono indicati nella relazione ad esso allegata, in caso di variante parziale il Comune è obbligato ad effettuare una ponderazione comparativa in ordine alla destinazione di zona delle singole aree. La motivazione vale in tal caso a mettere in evidenza le ragioni del mutamento delle originarie valutazioni generali di piano e degli obiettivi da perseguire, in modo che la specifica previsione risulti coerente con le linee di sviluppo dello strumento urbanistico. Spesso, inoltre, quando viene inserito nello strumento urbanistico un vincolo preordinato all'espropriazione che ha per oggetto una singola opera si anticipano scelte discrezionali che sono di regola proprie della pianificazione particolareggiata. Poiché ciò dispensa l'Amministrazione dal dover motivare nella fase attuativa ed in particolare nella dichiarazione di pubblica utilità le scelte discrezionali già effettuate, la giurisprudenza afferma che l'onere della motivazione, ed il contraddittorio, devono risalire al momento in cui tali scelte sono fatte, cioè al momento dell’adozione della variante specifica.

Orbene, nel caso di specie la variante approvata dal Comune, pur non avendo carattere generale, riguarda tuttavia (non già un’unica opera da realizzare sul terreno della ricorrente, ma) una serie di opere, con la conseguenza che non è una variante ad oggetto specifico per la quale si doveva adempiere all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento previsto dal richiamato art. 11, I comma del DPR n. 327/2001.

Né il contraddittorio nella scelta pianificatrice sarebbe necessario ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, poiché, secondo pacifica giurisprudenza, le esigenze di contraddittorio trovano ampio soddisfacimento, in sede di procedimento pianificatorio, negli istituti dell'adozione e pubblicazione dello strumento e delle osservazioni su di esso formulabili dagli interessati (cfr., da ultimo, CdS, IV, 22.11.2013 n. 5547): l’art. 11, V comma del citato DPR n. 327 stabilisce, infatti, che “restano in vigore le disposizioni vigenti che regolano le modalità di partecipazione del proprietario dell'area e di altri interessati nelle fasi di adozione e di approvazione degli strumenti urbanistici””.

TAR Veneto n. 298 del 2014

Il silenzio assenso sul condono non si forma se l’area è vincolata e il vincolo vale anche per le opere antecedenti alla sua istituzione

19 Mar 2014
19 Marzo 2014

Lo ribadisce la sentenza del TAR Veneto n. 277 del 2014.

Scrive il TAR: "Va esclusa preliminarmente la fondatezza dei primi due motivi di ricorso, in quanto conformemente al costante orientamento della giurisprudenza la determinazione del silenzio assenso sul condono per decorso dei ventiquattro mesi dalla data dell’istanza, non è sempre invocabile, bensì solo quando le opere risultino eseguite in aree non sottoposte ad alcun vincolo, sia di inedificabilità ex art. 33 della legge n. 47/1985, sia paesaggistico ambientale, e nella fattispecie l’opera abusiva da sanare ricade in una zona sottoposta a vincolo ambientalistico di cui alla legge n. 1497/1939.  Né può assumere rilevanza la circostanza evidenziata in ricorso per cui trattasi di opere antecedenti l’apposizione del vincolo, in quanto – come più volte sottolineato dalla giurisprudenza - deve ribadirsi l'obbligatorietà dell'acquisizione del parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 47  del 1985. (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 30 giugno 2010, n. 417; T.A.R. Campania Napoli, sez. VII, 14 giugno 2010, n. 14166; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 03 dicembre 2008, n. 2765). Ciò in quanto, anche se l'articolo 32 citato non precisa in quale momento il vincolo debba essere stato imposto perché sorga la necessità di acquisire il suddetto parere, in applicazione del principio tempus regit actum, si ritiene che debba essere applicata la normativa vigente al momento del rilascio della concessione in sanatoria. Peraltro risulta dirimente sul punto la decisione dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 22 luglio 1999, la quale ha enunciato il principio secondo cui “la disposizione dell'art. 32, l. 28 febbraio 1985 n. 47, in tema di condono edilizio, nel prevedere la necessità del parere dell'amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico ai fini del rilascio delle concessioni in sanatoria, non reca alcuna deroga ai principi generali e pertanto essa deve interpretarsi nel senso che l'obbligo di pronuncia dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto. Ciò in quanto tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente.” Pertanto, la necessità dell'acquisizione del parere di cui all'articolo 32 esclude che, nella fattispecie oggetto di giudizio, possa conseguentemente ritenersi formato il silenzio-assenso sull'istanza di condono, atteso il parere sfavorevole espresso dalla competente Commissione". 

sentenza TAR Veneto 277 del 2014

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