Accesso agli atti e informazioni relative a un appalto sui cimiteri

30 Mag 2024
30 Maggio 2024

Nel caso di specie, il Comune incaricava una società, già concessionaria delle concessioni cimiteriali, di eseguire l’ampliamento di uno degli undici cimiteri comunali.

La società presentava un’istanza di accesso agli atti riferita alle informazioni di tutti e undici i cimiteri, all’asserito fine di verificare la sostenibilità del piano economico finanziario posto a base della concessione nonché l’esatto adempimento del Comune concedente alle obbligazioni contenute dell’atto concessorio.

Il TAR Veneto ha affermato la legittimità del diniego all’accesso emesso dal Comune.

Non risultava dimostrata l’effettiva necessità e la stretta indispensabilità per le esigenze di tutela della società, richieste dall’art. 24, co. 7 l. 241/9190, dei dati riferibili ai cimiteri delle frazioni, che risultano esclusi dall’oggetto della convenzione in essere tra le parti.

Post di Alberto Antico – avvocato

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Schema del decreto legge in materia edilizia e relazione illustrativa

29 Mag 2024
29 Maggio 2024

ARTICOLATO DL CASA - 23.5

RELAZIONE ILLUSTRATIVA DL CASA - 23.5

Ordinanza demolizione opere abusive: momento di valutazione della sussistenza del rischio di crollo per la parte conforme

29 Mag 2024
29 Maggio 2024

Il TAR Veneto rileva che, seppur – in via generale – le questioni relative alla possibilità concreta di demolizione della parte non conforme non si possano valutare in sede di impugnazione dell’ordinanza di demolizione, essendo relative alla fase esecutiva e di (in)ottemperanza, tale verifica è possibile se l’ordinanza di demolizione stessa dichiara che l’eliminazione della parte difforme non si ripercuoterà sull’autorizzato.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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Poteri del giudice sulle concrete possibilitĂ  di demolizione

29 Mag 2024
29 Maggio 2024

Il TAR Veneto rileva che la verificabilità della materiale demolizione di un abuso da parte della P.A. è rimessa alla sua fase esecutiva, successivamente all’accertamento dell’inottemperanza. Pertanto, il Giudice Amministrativo non potrebbe pronunciarsi in merito in sede di impugnazione dell’ordinanza di demolizione, ex art. 34, co. 2 c.p.a.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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Quale rischio da demolizione rileva nei casi di cui all’art. 34, co. 2 T.U. Edilizia?

29 Mag 2024
29 Maggio 2024

Il TAR Veneto ricorda che il pregiudizio ex art. 34, co. 2 T.U. Edilizia per il quale la norma prevede la possibilità di prescindere dalla demolizione della parte difforme dal titolo è solo di natura statica, e non anche funzionale o economica.

Post di Alessandra Piola – avvocato

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Muro pericolante: quando è privato o pubblico?

29 Mag 2024
29 Maggio 2024

Il T.A.R. Veneto fornisce alcuni indizi per poter qualificare correttamente un muro pericolante a delimitazione di una roggia come privato, ovvero pubblico.

Post di Matteo Acquasaliente - avvocato

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In zona A non deve rispettarsi la distanza di 10 metri tra pareti finestrate? Dipende dal giorno…

29 Mag 2024
29 Maggio 2024

Il TAR Veneto, in una sentenza diversa da quella pubblicata ieri, ha affermato che l’art. 9, co. 1, n. 2 d.m. 1444/1968 prescrive la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti solo per le nuove costruzioni in zone diverse dalla zona A.

Post di Alberto Antico – avvocato

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La distanza di 10 metri tra pareti finestrate si deve rispettare anche in centro storico?

28 Mag 2024
28 Maggio 2024

Il TAR Veneto, pur dando atto di un contrasto giurisprudenziale sul punto, ha risposto di sì (domani, peraltro, pubblicheremo una precedente sentenza dello stesso TAR veneto che afferma il contrario).

I limiti inderogabili di densità, altezza e distanza tra i fabbricati previsti dall’art. 9, co. 2 d.m. 1444/1968 – che prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica – trovano applicazione anche con riferimento alle nuove costruzioni, quali devono considerarsi le sopraelevazioni effettuate nei centri storici.

Secondo il TAR, la mancata esplicita previsione della medesima distanza minima per le zone A nel d.m. 1444/1968 è dovuta al fatto che in tali zone non sono ammesse nuove costruzioni, ma solo risanamenti o ristrutturazioni nei limiti dei volumi edificati preesistenti.

Nel caso di specie, si trattava di un ampliamento in sopraelevazione con Piano Casa, ma il TAR Veneto sembra estendere questi principi a qualunque edificazione in Zona A.

Post di Daniele Iselle

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Il recepimento della Regione del Veneto dell’art. 2-bis d.P.R. 380/2001

28 Mag 2024
28 Maggio 2024

Il TAR Veneto ha offerto un’applicazione dell’art. 8, co. 4-bis l.r. Veneto 4/2015, introdotto dall’art. 66, co. 1 l.r. Veneto 30/2016, secondo cui, in attuazione dell’art. 2-bis d.P.R. 380/2001, ai fini del calcolo della distanza minima tra pareti finestrate ex art. 9 d.m. 1444/1968, non sono computati gli sporti e gli elementi a sbalzo, compresi terrazze e balconi non chiusi, aggettanti dalla facciata dell’edificio per non più di 1,50 metri. Resta fermo il rispetto delle disposizioni del codice civile relative alle distanze tra costruzioni nonché quelle relative all’apertura di vedute dirette e balconi sul fondo del vicino.

Post di Alberto Antico – avvocato

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AttivitĂ  produttive in zona impropria

28 Mag 2024
28 Maggio 2024

Il TAR Veneto ha affermato che la normativa regionale, susseguitasi nel tempo e disciplinante le attività produttive in zona impropria (ossia la l.r. Veneto 12 gennaio 1982, n. 1; l’art. 126 l.r. Veneto 27 giugno 1985, n. 61; l’art. 17, co. 2, lett. i l.r. Veneto 11/2004, che attualmente disciplina la materia), è stata concepita e deve essere interpretata come eccezionale, non potendosi applicare “oltre i casi e i tempi in essa considerati”, ai sensi dell’art. 14 Preleggi.

La possibilità di mantenere insediamenti produttivi teoricamente contrastanti con la destinazione urbanistica della zona considerata configura per sua natura una situazione temporanea e un’ipotesi straordinaria e derogatoria, che non può generare affidamenti qualificati in ordine allo sviluppo produttivo dell’area né può essere stabilizzata o portata a conseguenze ulteriori.

Nel caso di specie, nell’approvare il nuovo strumento urbanistico, ben poteva il Comune rigettare le richieste del privato, volte ad ottenere la possibilità di cedere o affittare a terzi una parte del suo opificio industriale, con l’effetto di far insediare nell’area (agricola) un nuovo operatore economico: ciò avrebbe comportato sicuramente l’aumento del carico urbanistico della zona e avrebbe finito per trasformare un’area agricola, temporaneamente e straordinariamente adibita ad ospitare una determinata attività produttiva, in una zona produttiva di fatto, tendenzialmente sine die. Ciò è coerente anche con le logiche sottese alla legge regionale sul consumo di suolo.

Post di Alberto Antico – avvocato

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