Tag Archive for: Veneto

L’ulteriore riforma della P.A.

26 Giu 2014
26 Giugno 2014
DECRETO-LEGGE 24 giugno 2014 , n. 90 .
Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari.

Le disposizioni entrano in vigore dal 25.06.2014.

Di particolare interesse:
Art. 1. (Disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni)
Art. 3. (Semplificazione e flessibilità nel turn-over)
Art. 4. (Mobilità obbligatoria e volontaria)
Art. 5. (Assegnazione di nuove mansioni)
Art. 6. (Divieto di incarichi dirigenziali a soggetti in quiescenza)
Art. 7. (Prerogative sindacali nelle pubbliche amministrazioni)
Art. 9. (Riforma degli onorari dell'Avvocatura generale dello Stato e delle avvocature degli enti pubblici)
Art. 10. (Abrogazione dei diritti di rogito del segretario comunale e provinciale e abrogazione della ripartizione del provento annuale dei diritti di segreteria)
Art. 11. (Disposizioni sul personale delle regioni ed egli enti locali)
Art. 13. (Incentivi per la progettazione)

Art. 16. (Nomina dei dipendenti nelle società partecipate)
Art. 17. (Ricognizione degli enti pubblici e unificazione delle banche dati delle società partecipate)
Art. 18. (Soppressione delle sezioni staccate di Tribunale amministrativo regionale e del Magistrato delle acque, Tavolo permanente per l'innovazione e l'Agenda digitale italiana)
Art. 19. (Soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e definizione delle funzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione)
Art. 23. (Interventi urgenti in materia di riforma delle province e delle città metropolitane)
Art. 29. (Nuove norme in materia di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa)
Art. 32. (Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione)
Art. 35. (Divieto di transazioni della pubblica amministrazione con società o enti esteri aventi sede in Stati che non permettono l'identificazione dei soggetti che ne detengono la proprietà o il controllo)
Art. 36. (Monitoraggio finanziario dei lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi)
Art. 37. (Trasmissione ad ANAC delle varianti in corso d'opera)
Art. 39. (Semplificazione degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici)
Art. 40. (Misure per l'ulteriore accelerazione dei giudizi in materia di appalti pubblici)
Art. 41. (Misure per il contrasto all'abuso del processo)
Art. 47. (Modifiche in materia di indirizzi di posta elettronica certificata della pubblica amministrazione) 

(Tratto da http://www.ptpl.altervista.org/)

Daniele Iselle 

Misure urgenti per la semplifi cazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffi ci giudiziari

Prassi di riferimento UNI: linee guida per lo sviluppo sostenibile degli spazi verdi – Pianificazione, progettazione, realizzazione e manutenzione

26 Giu 2014
26 Giugno 2014
La prassi di riferimento fornisce le linee guida per lo sviluppo sostenibile degli spazi verdi urbani e periurbani - quali parchi e giardini pubblici e privati, parchi e giardini storici pubblici e privati, alberate stradali, verde a corredo delle infrastrutture, parcheggi alberati, percorsi ciclo-pedonali, ecc. - orientando la pianificazione, la progettazione, la realizzazione, la manutenzione degli stessi, nonché la produzione di materiale vegetale. 
 
Lo scopo della prassi di riferimento è individuare degli obiettivi di qualità ambientale, economica e sociale relativi alla gestione territoriale.
 
In un’ottica di applicazione della Legge “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani” (n.10 del 14 gennaio 2013, GU n.27 dell’1 febbraio 2013, in vigore dal 16 febbraio 2013), l’utilizzo del presente documento consente alle amministrazioni pubbliche, ma anche ai professionisti del settore e alla società civile, di orientare politiche integrate di sostenibilità urbana finalizzate all’estensione e alla qualità degli spazi verdi.
 
geom. Daniele Iselle
 

Se il privato non rispetta la convenzione urbanistica il comune può chiedere la sentenza ex art. 2932 c.c. e in aggiunta anche il risarcimento del danno

26 Giu 2014
26 Giugno 2014

Segnaliamo anche questo passaggio della sentenza del TAR Veneto n. 765  del 2014, relativa all'inadempimento da parte del privato agli obblighi di trasferimento degli immobili al Comune, obblighi nascenti da una convenzione urbanistica: "Di fronte a tale richiesta la società R. era tenuta ad adempiere, trasferendo senza ritardo la proprietà degli immobili in discussione. Essendo quest’ultima rimasta inerte pur a fronte delle plurime diffide inviate dall’amministrazione, ed avendo costretto il Comune di Padova ad agire in giudizio per l’esecuzione specifica di tale obbligo ai sensi dell’art. 2932 c.c., essa - oltre a soggiacere agli effetti della sentenza costitutiva del trasferimento - essendosi resa responsabile dell’inadempimento alla convenzione, è tenuta al risarcimento del danno derivante al Comune dal mancato godimento di tali tre alloggi e quattro garage nel periodo che va dal 13 agosto 2009 (tre mesi dal collaudo ex convenzione) ad oggi....

Quanto invece alla quantificazione del danno, si ritiene che questa possa essere determinata sulla base del valore del canone di locazione di tali immobili nel periodo di riferimento. Nel caso di specie tale accertamento - per il quale il Comune aveva chiesto l’esperimento di una CTU - risulta nel caso di specie agevolato, essendo stati, gli immobili in questione, effettivamente concessi in
locazione da parte della R. s.r.l. . A tal fine, su sollecitazione del Tribunale, il Comune di Padova ha depositato in giudizio copia delle visure da cui risulta l’effettivo ammontare del canone di locazione annuale di ciascuno dei tre appartamenti con relativi garage. Successivamente, il Comune ha anche prodotto copia dei tre contratti di locazione, e ciò anche al di là del termine assegnato: termine, tuttavia, non perentorio, venendo qui in questione l’esercizio del potere acquisitivo del giudice, ed essendo contraria a principi di economia processuale l’inibita acquisizione di dati conoscitivi – in parte, peraltro, nel caso di specie, già risultanti dagli atti – ove ritenuti utili per la decisione, ferme restando le esigenze di difesa, nella fattispecie soddisfatte con la possibilità di discutere di tali dati all’udienza odierna (cfr., per il principio, Cons. St., sez. VI, 6.4.2007, n. 1560 e 10.3.2011, n. 1538). Peraltro, i dati così acquisiti corrispondono per la gran parte (eccetto il box sub 35 non locato) a quelli posti a base della stima del danno effettuata dal capo settore patrimonio del Comune, sin dall’inizio versata in atti (doc. 13); stima che, dunque, nella parte che qui interessa, viene confermata nella sua attendibilità e può essere posta a fondamento della presente liquidazione del danno, senza necessità di conferire incarico ad un CTU. Ne consegue che, sulla base dei dati acquisiti in esito all’istruttoria e della stima del settore patrimonio del Comune (aggiornata all’attualità sulla base del 75% dell’indice Istat), il danno da mancato godimento degli appartamenti e dei garage, nel periodo gennaio 2010 – maggio 2014, può essere determinato come segue:

canone anno 2010, € 21.702,24
canone anno 2011, € 22.060,33
canone anno 2012, € 22.473,96
canone anno 2013, € 22.844,78
canone anno 2014 (fino a maggio compreso), € 9.561,49;
per un totale di € 98.642,80.
A tale somma, al fine di determinare il mancato utile netto, devono essere sottratte le spese (solo quelle documentate) affrontate, nel periodo in questione, dalla società Relax per IMU, ICI e condominio, come da quest’ultima richiesto. Tali spese, anche sulla base dello schema riepilogativo della società (doc. 3), non oggetto di specifiche contestazioni da parte del Comune, possono essere determinate in: € 9.665,08 per ICI/IMU, ed € 10.573,91 (€ 9.201,65 + € 1.372,26 in relazione al sub 35) per spese condominiali. Per un totale di € 20.239,00. Per cui dalla differenza ne risulta un utile netto mancato di € 78.403,80. Somma che può essere arrotondata in € 80.000,00 considerando, in via equitativa, il valore degli interessi legali maturati anno per anno sulle somme non tempestivamente percepite".

Dario Meneguzzo - avvocato

 

La sentenza di trasferimento di immobili ex art. 2932 c.c. in forza di convenzione urbanistica è emessa dal giudice amministrativo

26 Giu 2014
26 Giugno 2014

La sentenza del TAR Veneto n. 765 del 2014 riguarda il trasferimento mediante sentenza di immobili dovuti in forza di una convenzione urbanistica, chiarendo che la giurisdizione in materia spetta al giudice amministrativo.

Si legge nella sentenza: "Pregiudizialmente, il Collegio ritiene sussistente la giurisdizione del Giudice Amministrativo, posta in dubbio dalla resistente nelle ultime memorie e all’odierna udienza di discussione. La controversia in esame, difatti, attiene all'accertamento ed esecuzione, ex art.2932 c.c., degli obblighi di trasferimento di aree derivanti da una convenzione urbanistica. La materia in oggetto rientra quindi pacificamente nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, trattandosi di questione relativa all'urbanistica e, comunque, vertendosi in tema di controversia relativa all'esecuzione di accordi ex art. 11, comma 5, L. 241/90, per i quali, sotto diverso profilo, sussiste del pari la giurisdizione amministrativa. Ciò comporta che il giudice amministrativo è investito del potere di decidere non soltanto sulle azioni promosse dai soggetti privati coinvolti nell'accordo contro la Pubblica Amministrazione, ma anche su quelle promosse dalla stessa P.A. nei confronti dei privati che hanno aderito all'accordo, per ottenere il rispetto degli obblighi dai medesimi assunti con la sottoscrizione della relativa convenzione e non adempiuti spontaneamente (si veda tra le tante, Cassazione civile, Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9151)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 765 del 2014

L’azione ex art. 2932 si applica alle convenzione urbanistiche ed è compatibile col processo amministrativo

26 Giu 2014
26 Giugno 2014

Lo specifica la sentenza del TAR Veneto n.  765 del 2014.

Si legge nella sentenza: "giova ricordare che la giurisprudenza ha di recente ribadito che il rimedio previsto dall’art. 2932 c.c. deve ritenersi applicabile non solo alle ipotesi di contratto preliminare non seguito dal definitivo, ma anche in qualsiasi altra ipotesi dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto (cfr. Cass. civ. sez. II, 30 marzo 2012, n. 5160; T.A.R. Lombardia, Brescia, 28 novembre 2011, n. 1126). Ed essendo pure pacifico come l’azione ex art. 2932 c.c. sia compatibile con la struttura del processo amministrativo, vertendosi in una ipotesi di giurisdizione esclusiva, la quale, venendo in discussione questioni su diritti, non può che garantire agli interessati la medesima tutela e, dunque, le medesime specie di azioni riconosciute dinanzi al giudice ordinario, e ciò anche quando l’interessato è il Comune, che ben può scegliere la via giudiziale, in luogo di esperire poteri autoritativi, quali, ad esempio, quello espropriativo". 

Dario Meneguzzo - avvocato

La vicinitas legittima l’impugnazione del titolo edilizio del vicino solo se il progetto pregiudica la fruizione o il valore del bene

25 Giu 2014
25 Giugno 2014

E' noto che il TAR Veneto è orientato nel senso che non basta essere il confinante per avere la legittimazione a impugnare il titolo edilizio del vicino.

La sentenza del TAR Veneto n. 777 del 2014 chiarisce la questione: "A tale riguardo il Collegio non può non richiamare l’orientamento espresso in termini generali riguardo alla rilevanza della “vicinitas” ai fini della legittimazione e dell’interesse alla proposizione dei ricorsi in ordine a questioni di pertinenza urbanistico-edilizia.

Si è infatti osservato (cfr. T.A.R. Veneto, II, n. 15 del 16.1.2013) che la condizione di mera vicinitas non è di per sé sola sufficiente a radicare la legittimazione ad impugnare i titoli edilizi rilasciati dall'amministrazione con riguardo ad ambiti confinanti con quello che è nella disponibilità del soggetto proponente il ricorso.

Se, invero, in termini di principio (così come osservato nel precedente citato da parte ricorrente, C.d.S, IV, 5715/2012), la vicinitas assume principale rilievo per qualificare e differenziare l'interesse fatto valere in ricorso, è tuttavia altrettanto indiscutibile come detta circostanza debba essere valutata nel caso concreto, onde accertare quale sia il reale pregiudizio che il rilascio del titolo autorizzatorio produrrebbe sulla vicina proprietà del ricorrente.

In altre parole, il requisito della vicinitas rappresenta uno dei criteri, indubbiamente il primo, per qualificare una posizione differenziata, necessaria per radicare l'interesse e la legittimazione a ricorrere, ma non è di per sé solo sufficiente a rendere ammissibile la proposizione del gravame.

Occorre, infatti, che la posizione del vicino risulti qualificata e quindi emerga dalla mera posizione di "quisque de populo", qualificazione che dovrà essere caratterizzata dal pregiudizio che, anche se in termini astratti o possibilistici, il rilascio del titolo edilizio impugnato e la realizzazione dell'intervento assentito potrebbe produrre a carico dell'area posta nelle vicinanze di quella dell'intervento.

Il mero richiamo al criterio della vicinitas, sebbene costituisca indizio inequivocabile dello stabile collegamento con la zona interessata dall'edificazione, così da differenziare la posizione del terzo, deve essere integrato ed interpretato in modo tale da porre in evidenza l'ulteriore profilo che deve caratterizzare la posizione legittimante, ossia la dimostrazione del pregiudizio derivante a carico del terzo, costituito dall'incidenza negativa che il progetto assentito potrà avere sul bene di proprietà o in godimento del vicino, così da comprometterne la fruizione o il valore.

In tali termini (cfr. C.d.S., IV, n. 8364/2010), il mero principio della vicinitas è stato interpretato ed integrato in rapporto alla dimostrazione da parte del soggetto che intende ottenere l'annullamento del titolo edilizio rilasciato al vicino, del vulnus da tale atto derivante alla propria sfera giuridica, quale deminutio economica e patrimoniale del bene di proprietà.

Riportando i principi testè richiamati al caso di specie, è oggettivo che, almeno per quanto riguarda i principi generali in tema di vicinitas, i ricorrenti, che non risiedono e non abitano negli edifici insistenti nelle aree di proprietà poste nelle vicinanze del sito ove è previsto lo spostamento dell’impianto, né hanno rappresentato il pregiudizio che potrebbe derivare alla proprietà in termini di deminutio economica e patrimoniale, tenuto anche conto della destinazione urbanistica assegnata all’ambito de quo, non risultano in possesso della legittimazione a proporre il ricorso".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 777 del 2014

La questione della “vicinitas” con riferimento alla materia ambientale

25 Giu 2014
25 Giugno 2014

La sentenza del TAR veneto n. 777 del 2014 esamina anche la questione della vicinitas (relativa alla legittimazione a impugnare il titolo edilizio del vicino), riferita alla materia ambientale.

Si legge nella sentenza: "Ma le conclusioni così tratte non esauriscono l’indagine sull’ammissibilità del ricorso, in quanto è del tutto evidente che i ricorrenti, proprio perché non hanno speso alcun argomento relativo alla perdita di valore dei propri beni, che oggettivamente non utilizzano direttamente a scopi abitativi, hanno inteso denunciare l’illegittimità dell’autorizzazione impugnata e del progetto di insediamento dell’impianto di radiodiffusione sotto il profilo del pericolo che detta presenza potrebbe determinare sotto il profilo ambientale e paesaggistico e, non ultimo, tenuto conto delle contestazioni circa le modalità di rilevazione delle emissioni elettromagnetiche effettuate da ARPAV, del pregiudizio che ciò potrebbe rappresentare per la salute. Al riguardo vanno quindi svolte le seguenti ulteriori considerazioni. Va invero richiamato e condiviso l’orientamento secondo il quale “nel nostro ordinamento l'affidamento al Ministero dell'ambiente ex art. 13 l. 8 luglio 1986 n. 349 del potere di accertamento della legittimazione ad agire delle associazioni ambientaliste (e dei comitati), non esclude la possibilità per il giudice di valutare caso per caso l'applicabilità dell'art. 18 l. n. 349 del 1986, accertando la sussistenza della legittimazione in capo ad una determinata associazione ad impugnare provvedimenti lesivi di interessi ambientali.”(Consiglio Stato , sez. IV, 02 ottobre 2006, n. 5760). L’esplicita legittimazione delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e ultraregionale all'azione giudiziale a tutela dell'ambiente non esclude, di per sé sola, analoga legittimazione ad agire in un ambito territoriale ben circoscritto, e ciò anche per i meri comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l'ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio, nonché le singole persone fisiche sulla base del criterio della "vicinitas" quale elemento qualificante dell'interesse a ricorrere.”(T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 23 maggio 2009, n. 249) Il Collegio concorda con la tesi per cui l'esplicita legittimazione, ai sensi degli articolo 13 e 18 della legge 8 luglio 1986 n. 349, delle associazioni ambientalistiche di dimensione nazionale e ultraregionale all'azione giudiziale non esclude, di per sé sola, analoga legittimazione ad agire in un ambito territoriale ben circoscritto, e ciò anche per i meri comitati spontanei che si costituiscono al precipuo scopo di proteggere l'ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio. Deve evidenziarsi infatti che altrimenti opinando, le località e le relative popolazioni, interessate da minacce alla salute pubblica o all'ambiente in un ambito locale circoscritto, non avrebbero autonoma protezione, in caso di inerzia delle associazioni ambientaliste espressamente legittimate per legge. Ai fini della differenziazione delle posizioni azionate (necessaria, in una giurisdizione di tipo soggettivo, in mancanza di espressa previsione di ipotesi di azione popolare) e della qualificazione delle stesse (ai fini del giudizio di meritevolezza di tutela), il Consiglio di Stato ha valorizzato particolarmente il criterio della "vicinitas", al fine di radicare anche la legittimazione ad agire dei singoli, per la tutela del bene ambiente, unitamente all'intera collettività che insiste sul territorio locale. Sulla stessa linea interpretativa, si è collocata anche parte della giurisprudenza di primo grado, affermando che il concetto di vicinitas, cui ancorare la valutazione della differenziazione e qualificazione dell'interesse azionato, ha valore elastico, nel senso che si deve necessariamente estendere, in ragione proporzionale all'ampiezza e rilevanza delle aree coinvolte, come nel caso di interventi rilevanti, che quindi incidono sulla qualità della vita dei residenti in gran parte del territorio (cfr. T.A.R. Lecce, sentenza 6 maggio 2008, n. 1290). Ciò premesso, con riferimento ai ricorrenti, costituiti esclusivamente da persone fisiche in proprio, il Collegio non ritiene che sia stato evidenziato quel particolare collegamento che denota la presenza di un interesse differenziato e qualificato. Invero, proprio con riguardo alla posizione legittimante, isolatamente considerata in rapporto alle censure sollevate dai singoli cittadini, quali sono i ricorrenti, va rammentato che la costante giurisprudenza ritiene che sulla base del criterio della vicinitas, la legittimazione ad agire deve essere riconosciuta ai singoli che agiscono a tutela del bene ambiente e, in particolare, a tutela di interessi incisi da atti e comportamenti dell'Amministrazione che li ledono direttamente e personalmente, unitamente all'intera collettività che insiste sul territorio. (Consiglio Stato , sez. V, 16 giugno 2009, n. 3849). Deve sul punto rammentarsi che la legittimazione a ricorrere nella materia ambientale per le peculiari caratteristiche del bene protetto, si atteggia in modo particolare: la tutela dell'ambiente infatti, lungi dal costituire un autonomo settore d'intervento dei pubblici poteri, assume il ruolo unificante e finalizzante di distinte tutele giuridiche predisposte a favore dei diversi beni della vita che nell'ambiente si collocano (assumendo un carattere per così dire trasversale rispetto alle ordinarie materie e competenze amministrative, che connotano anche le distinzioni fra ministeri); l'ambiente inoltre è un bene pubblico che non è suscettibile di appropriazione individuale, indivisibile, non attribuibile, unitario, multiforme e ciò rende problematica la sua tutela a fronte di un sistema giudiziario che non conosce, se non quale eccezione, l'azione popolare, che guarda con sfavore la legittimazione di aggregazioni di individui che si facciano portatori occasionali di interessi esistenti allo stato diffuso. Ne deriva che il soggetto singolo che intenda insorgere in sede giurisdizionale contro un provvedimento amministrativo esplicante i suoi effetti nell'ambiente in cui vive ha l'obbligo di identificare, innanzitutto, il bene della vita che dalla iniziativa dei pubblici poteri potrebbe essere pregiudicato (il paesaggio, l'acqua, l'aria, il suolo, il proprio terreno) e, successivamente, dimostrare che non si tratta di un bene che pervenga identicamente ed indivisibilmente ad una pluralità più o meno vasta di soggetti, nessuno dei quali ne ha però la totale ed esclusiva disponibilità (la quale costituisce invece il connotato essenziale dell'interesse legittimo), ma che rispetto ad esso egli si trova in una posizione differenziata tale da legittimarlo ad insorgere "uti singulus" a sua difesa -di qui il requisito della finitimità o "vicinitas" in base al quale si è riconosciuta legittimazione ad agire al proprietario del fondo o della casa finitimi, ovvero al comunista che vive e lavora in prossimità della discarica la cui autorizzazione si impugni. (così, Consiglio Stato , sez. VI, 27 marzo 2003, n. 1600 e n. 6554/2010)). Ciò premesso, sebbene i ricorrenti abbiano comprovato di essere proprietari di aree in qualche misura suscettibili di essere incise dall’intervento contestato e che la presenza di tale insediamento produttivo può astrattamente comportare un pregiudizio dei valori della salute e dell’ambiente, è altrettanto oggettivo che, al fine di legittimare, nel senso sopra precisato, l’azione da essi proposta uti singuli, non hanno allo stesso modo dimostrato di essere direttamente pregiudicati in modo differenziato, a giustificazione dell’interesse rivolto all’annullamento dell’atto impugnato. Nessuna argomentazione è stata, invero, spesa dalla difesa istante a corroborare il presupposto legittimante la proposizione del ricorso in esame, se non, come già ricordato, in termini di mera vicinitas (peraltro, sussistente, quanto meno per uno dei ricorrenti, anche con riguardo all’altra area, sempre in località Pianezze, che il Comune aveva individuato come suscettibile di ospitare l’impianto, così da prevedere la diversa zonizzazione ad “F”, come confermato in corso di udienza dal procuratore di parte ricorrente)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 777 del 2014

Se le opere di urbanizzazione di un pua sono in stato di abbandono e degrado, i cittadini non sono legittimati a chiedere al comune la manutenzione (…ma obbligati a pagare oneri e tasse si)

25 Giu 2014
25 Giugno 2014

Alcuni cittadini, tutti proprietari di fabbricati compresi nell’ambito di un piano di lottizzazione, hanno chiesto al TAR Cagliari l’accertamento dell’obbligo del Comune la condanna dello stesso a porre in essere le attività necessarie alla manutenzione delle opere di urbanizzazione primaria in stato di abbandono e degrado.

Il TAR, in sede di esame della domanda di condanna del Comune alla manutenzione - sulla quale maggiormente si concentra l’attenzione dei ricorrenti - dichiara la stessa inammissibile per difetto di legittimazione attiva.

Ritiene il TAR CAGLIARI (sentenza n. 473/2014) che, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato (cfr. TAR Sardegna, II, 10 ottobre 2012, n. 1154 e 13 febbraio 2013; Consiglio di Stato, Sezione V, 29 dicembre 2004, n. 7773) la manutenzione delle opere di urbanizzazione si sostanzia in interventi sostanzialmente rimessi alle scelte politico-amministrative dell’Amministrazione, anche in relazione alle sue concrete disponibilità di bilancio, per cui la relativa pretesa dei ricorrenti non corrisponde ad una posizione soggettiva di vantaggio differenziata e qualificata, giacché attività di questo genere costituiscono un compito attribuito alla pubblica amministrazione per soddisfare bisogni ascrivibili alla collettività nel suo complesso, come tali non differenziabili e in ultima analisi classificabili alla stregua di interessi semplici e di fatto.

geom. Daniele Iselle

TAR Cagliari n. 473 del 2014

Ecco il testo coordinato del Decreto Legge n. 66/2014 in materia di contabilità e bilancio

25 Giu 2014
25 Giugno 2014

Nella Gazzetta Uffcilae n. 143 del 23 giugno 2014 è stato pubblicato il Decreto Legge 24 aprile 2014 n. 66, coordinato con la legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89, recante: «Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonche' per l'adozione di un testo unico in materia di contabilita' di Stato e di tesoreria».

Si richiama l'attenzione in particolare sulle disposizioni dell'articolo 9 Acquisizione di beni e servizi attraverso soggetti aggregatori e disposizioni in materia di contratti pubblici.

L’articolo 9 dispone l’istituzione di un “elenco dei soggetti aggregatori” nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, di cui fanno parte Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ciascuna regione (commi 1, 2, 5 e 6). Si prevede, altresì, l’istituzione di un “Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori” che effettua analisi ai fini dell’individuazione delle categorie dei beni e dei servizi, nonché delle soglie, al di sopra delle quali si prevede il ricorso a Consip S.p.A. o agli altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle relative procedure (commi 2-3). Viene, altresì, definita una nuova disciplina per l’acquisizione di lavori, servizi e forniture per i comuni non capoluogo di provincia (comma 4). È demandata, inoltre, all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione, e la pubblicazione sul proprio sito web dei prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi (commi 7-8). Viene, infine, previsto l’utilizzo di risorse per finanziare le attività dei soggetti aggregatori, per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria e per il finanziamento delle attività svolte da Consip S.p.a. nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (commi 9-10).

Un’ulteriore disposizione inserita nel corso dell’esame al Senato integra i criteri per la valutazione dell’offerta nel caso di contratti da affidare sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa (comma 4-bis).

Istituzione dell’elenco dei soggetti aggregatori (comma 1)

Il comma 1 dispone l’istituzione, nell’ambito dell’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), operante presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) - dell’elenco dei soggetti aggregatori di cui fanno parte:

§  Consip S.p.A.;

§  una centrale di committenza per ciascuna regione, qualora costituita ai sensi dell’art. 1, comma 455, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006).

Tale comma ha previsto la costituzione facoltativa, da parte delle regioni, di centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio.

L’art. 3, comma 34, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), definisce «centrale di committenza» un'amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.

L’art. 33-ter del D.L. n. 179/2012 ha istituito, presso l’Autorità, l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti (AUSA), obbligando le stazioni appaltanti:

- a richiedere l’iscrizione all’AUSA presso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP) istituita dall’art. 62-bis del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005) ed obbligatoria dal 1° luglio 2014[8];

- ad aggiornare annualmente i dati identificativi.

Relativamente alla disciplina relativa alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici si ricorda che essa è stata introdotta dall’art. 20 del D.L. n. 5/2012 con un articolo aggiuntivo (l’art. 6-bis) al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006)[9].

Soggetti aggregatori di riferimento regionale (commi 5 e 6)

Qualora la centrale di committenza regionale prevista dal comma 1 non sia stata costituita, il comma 5 ne prevede l’istituzioneo in alternativa la designazione di un soggetto aggregatore di riferimento regionale – entro il 31 dicembre 2014.

In alternativa, secondo quanto disposto dal comma 6, le regioni possono affidare alla CONSIP[10], tramite apposite convenzioni stipulate con il Ministero dell’economia e delle finanze (il testo pubblicato del decreto-legge fa erroneo riferimento alle convenzioni stipulate con la CONSIP), lo svolgimento delle funzioni di attività di centrale di committenza per gli enti del territorio regionale.

Ulteriori soggetti che possono essere iscritti nell’elenco e requisiti per l’iscrizione (commi 2 e 5)

Oltre alla CONSIP e alle centrali di committenza regionali contemplate dal comma 1, il comma 2 consente l’iscrizione - nell’elenco dei soggetti aggregatori - di altri soggetti che svolgono attività di centrale di committenza.

A tal fine è posto in capo a tali soggetti l’obbligo di inoltrare richiesta di iscrizione all’AVCP.

Il comma 5 stabilisce che, in ogni caso, il numero complessivo dei soggetti aggregatori presenti sul territorio nazionale non può essere superiore a 35.

Requisiti per l’iscrizione

Ai fini dell’individuazione dei requisiti per l’iscrizione, il comma 2 richiede che vengano considerati:

§  il carattere di stabilità dell'attività di centralizzazione;

§  i valori di spesa ritenuti significativi per le acquisizioni di beni e di servizi con riferimento ad ambiti, anche territoriali, da ritenersi ottimali ai fini dell'aggregazione e della centralizzazione della domanda.

L’individuazione puntuale dei requisiti è demandata ad apposito D.P.C.M., che dovrà essere emanato:

§  entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge;

§  di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

§  previa intesa con la Conferenza Unificata. Il testo iniziale, che prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è stato così modificato durante l’esame al Senato.

Istituzione del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori (comma 2)

Il comma 2 prevede altresì l’istituzione, con apposito D.P.C.M., del Tavolo tecnico dei soggetti aggregatori, coordinato dal Ministro (corretto in “Ministero” nel corso dell’esame al Senato) dell’economia e delle finanze.

Relativamente alle modalità di emanazione, il comma 2 stabilisce che il citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà essere adottato:

§  entro 90 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge;

·      di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

·      previa intesa con la Conferenza Unificata. Anche in questo caso, il testo iniziale, che prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, è stato così modificato durante l’esame al Senato.

Lo stesso D.P.C.M. dovrà definire i compiti, le attività e le modalità operative del Tavolo tecnico.

Soggetti obbligati a ricorrere al soggetto aggregatore (comma 3)

Il comma 3 demanda ad un altro D.P.C.M. l’individuazione delle categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali si prevede l’obbligo di ricorrere alla CONSIP o ad altro soggetto aggregatore per lo svolgimento delle relative procedure.

Tale parte della disposizione è stata modificata nel corso dell’esame al Senato, in quanto nel testo originario del decreto-legge si prevede, con una formulazione non chiara, che vi sia l’obbligo di ricorrere sia alla CONSIP che al soggetto aggregatore di riferimento.

Con il medesimo D.P.C.M. sono altresì individuate le modalità di attuazione del presente comma.

Il comma 3 individua altresì i seguenti soggetti obbligati:

§  amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie;

§  regioni ed enti regionali, nonché loro consorzi e associazioni;

§  enti del servizio sanitario nazionale.

Relativamente alle modalità di emanazione del citato D.P.C.M., il comma 3 dispone che esso venga adottato:

§  entro il 31 dicembre di ogni anno;

-     d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni;

-     sulla base di analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori;

-     in ragione delle risorse disponibili ai sensi del comma 9 (tale riferimento è stato corretto nel corso dell’esame al Senato. Il testo iniziale faceva erroneamente riferimento al comma 7).

Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’emanazione del decreto deve avvenire:

§  di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

§  sentita l’AVCP.

Diverse discipline che mantengono validità

La disposizione di cui al comma 3 è introdotta fermo restando quanto previsto da una serie di disposizioni emanate in passato.

La norma fa riferimento:

§  all’articolo 1, comma 449, della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) in cui si dispone che le amministrazioni statali sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro e che le restanti amministrazioni pubbliche possono ricorrere a tali convenzioni, nonché a quelle istituite dalle regioni ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti; dispone altresì che gli enti del Servizio sanitario nazionale sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro Consip;

§  all’articolo 1, comma 455 della medesima legge finanziaria, in cui si prevede che le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio:

§  all’articolo 1, comma 450, inserito nel corso dell’esame presso il Senato della stessa legge, che prevede il ricorso al Mercato elettronico della P.A. (MePA) per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria;

§  all’articolo 2, comma 574, della legge finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) che disciplina le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip Spa per le quali con decreto del Ministero dell’economia entro il mese di marzo di ogni anno, le amministrazioni statali sono tenute a ricorrere alla Consip Spa, in qualità di stazione appaltante ai fini dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro;

§  alle seguenti disposizioni del decreto-legge n. 95/2012:

-     articolo 1, comma 7 che disciplina gli approvvigionamenti delle seguenti categorie merceologiche: energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile;

-     articolo 4, comma 3-quater sull’attività di centra di committenza di Consip S.p.A. relativa alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni e al Sistema pubblico di connettività;

-     articolo 15, comma 13, lettera d) che ai fini della razionalizzazione dell’uso delle risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi, impone agli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, di utilizzare, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento.

Le nuove disposizioni dettate dal comma 3, unitamente per alcuni aspetti anche a quelle dei commi 1 e 2, vengono ad aggiungersi ad un complesso quadro di norme (sopra citate) che nel tempo hanno diversamente articolato il ricorso alla Consip e ad altre categorie di centrali acquisti sia in termini di definizione dei soggetti obbligati che di tipologie di prodotti. Benché tali norme siano espressamente fatte salve dal comma 3, la coerenza del quadro ordinamentale risultante dalla giustapposizione tra la vigente e nuova disciplina, peraltro in buona parte affidata ai tre D.P.C.M. previsti dai commi 2 e 3 potrebbe risultare problematica, in assenza di un più puntuale coordinamento normativo.

Nel corso dell’esame al Senato è stato inserito un periodo, alla fine del comma 3, che fa comunque salva la possibilità di acquisire, mediante procedura di evidenza pubblica, beni e servizi, qualora i relativi prezzi siano inferiori a quelli emersi dalle gare effettuate dalla CONSIP e dai soggetti aggregatori.

Inosservanza degli obblighi

In caso di inosservanza dell’obbligo di ricorrere al soggetto aggregatore, il penultimo periodo del comma in esame (introdotto nel corso dell’esame al Senato) stabilisce che l’AVCP non rilascia alle stazioni appaltanti il codice identificativo di gara (CIG).

Ricorso ai soggetti aggregatori per i comuni non capoluogo di provincia (comma 4)

Il comma 4 riscrive la disciplina relativa all’acquisizione di lavori, servizi e forniture da parte dei piccoli comuni dettata dal comma 3-bis dell’art. 33 del Codice dei contratti pubblici.

Oltre alla sostituzione del termine “centrale di committenza” con quello di “soggetto aggregatore”, le principali novità introdotte dal comma in esame sono le seguenti:

§  il campo di applicazione della disciplina, in precedenza limitato ai comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, viene esteso a tutti i comuni non capoluogo di provincia;

§  il ricorso a un’unica centrale di committenza (soggetto aggregatore) non è più considerato obbligatorio, ma si prevede che l’acquisizione di lavori, beni e servizi avvenga nell’ambito delle unioni di comuni ovvero tramite un accordo consortile tra i comuni medesimi, ovvero ricorrendo ad un soggetto aggregatore;

§  tra le varie opzioni percorribili dal Comune nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, viene introdotta la possibilità di ricorrere alle province;

§  viene eliminata la deroga (recentemente introdotta dal comma 343 della legge di stabilità 2014) alla disciplina in questione, per le acquisizioni di lavori, servizi e forniture effettuate in economia mediante amministrazione diretta, nonché per lavori, servizi o forniture di importo inferiore a 40.000 euro;

§  nel corso dell’esame al Senato la parte della disposizione che consente ai comuni di avvalersi dei competenti uffici, è stata estesa al fine di includere, tra questi ultimi, anche i competenti uffici delle province;

§  viene mantenuta, nella sostanza, la parte della norma che consente di operare gli acquisti secondo il canale alternativo degli strumenti elettronici di acquisto. Nel corso dell’esame al Senato è stato tuttavia chiarito che tale canale alternativo opera limitatamente all’acquisizione di beni e servizi.

Alla luce delle modiche introdotte, nell’acquisizione di lavori, beni e servizi, i Comuni non capoluogo di provincia potranno optare, a decorrere dal 1° luglio prossimo, per una delle seguenti opzioni alternative:

§  procedere nell’ambito delle unioni dei comuni, ove esistenti;

§  costituire un apposito accordo consortile tra comuni e avvalersi dei competenti uffici;

§  ricorrere ad un soggetto aggregatore;

§  ricorrere alla province;

§  utilizzare, per l’acquisto di beni e servizi, gli strumenti elettronici di acquisto gestiti dalla CONSIP o da altro soggetto aggregatore di riferimento.

In caso di inosservanza delle procedure di acquisizione previste dal comma in esame, nel corso dell’esame al Senato è stato previsto che l’AVCP non rilasci ai comuni non capoluogo di provincia il Codice Identificativo di Gara (CIG).

Si tratta di una previsione identica a quella introdotta al comma 3, sempre nel corso dell’esame al Senato, per l’inosservanza degli obblighi stabiliti dal medesimo comma.

Prezzi di riferimento (commi 7 e 8)

Il comma 7, primo periodo, impone all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP), a partire dal 1° ottobre 2014, di provvedere – tramite la BDNCP (Banca dati nazionale dei contratti pubblici) – a:

§  fornire alle amministrazioni pubbliche un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e di servizi, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico della pubblica amministrazione. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato che l’AVCP, nel fornire le elaborazioni citate, deve anche tener conto della dinamica dei prezzi dei diversi beni e servizi;

§  pubblicare sul proprio sito web i prezzi unitari corrisposti dalle pubbliche amministrazioni per gli acquisti di tali beni e servizi.

Lo stesso periodo del comma 7 chiarisce che gli obblighi citati:

§  non incidono sulle disposizioni, che restano valide, dettate dall’art. 11 (relative all'ampliamento della quota di spesa per gli acquisti di beni e servizi attraverso strumenti di centralizzazione e apposite procedure informatiche, nonché la pubblicazione trimestrale sul sito www.acquistinretepa.it delle merceologie interessate) e dalla lettera a), comma 1, dell’art. 17 (sull'elaborazione dei prezzi di riferimento nel settore sanitario), del D.L. n. 98/2011;

§  vengono introdotti nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale dei costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell'Osservatorio presso l'AVCP[12];

§  sono finalizzati al potenziamento delle attività delle centrali di committenza (al riguardo, andrebbe valutato se specificare il riferimento anche ai soggetti aggregatori).

Il secondo periodo del comma 7 dispone che i prezzi di riferimento pubblicati dall'Autorità e dalla stessa aggiornati entro il 1° ottobre di ogni anno:

§  sono utilizzati per la programmazione dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione;

§  costituiscono prezzo massimo di aggiudicazione, anche per le procedure di gara aggiudicate all’offerta più vantaggiosa, in tutti i casi in cui non è presente, in ambito nazionale o nell’ambito territoriale di riferimento, una convenzione stipulata con CONSIP per l'acquisto di beni e servizi (ai sensi del comma 1 dell’articolo 26 della legge n. 488/1999). I contratti stipulati in violazione del predetto prezzo massimo sono nulli.

In fase di prima applicazione, la determinazione dei prezzi di riferimento è effettuata sulla base dei dati rilevati dalle stazioni appaltanti che hanno effettuato i maggiori volumi di acquisto, come risultanti dalla banca dati nazionale dei contratti pubblici (comma 8).

Risorse finanziarie (commi 9 e 10)

Stanziamenti per l’attuazione dell'articolo in esame (comma 9)

Per finanziare le attività svolte dai soggetti aggregatori, viene istituito - nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze - uno specifico Fondo, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2015 e di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.

Si fa notare che nel testo pubblicato si fa riferimento ai soli soggetti aggregatori di cui al comma 1. Nel corso dell’esame al Senato la norma in esame è stata estesa a tutti i soggetti aggregatori, vale a dire quelli di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo in esame.

Nel corso dell’esame al Senato è stato altresì specificato che il comma in esame fa riferimento alle acquisizioni di beni e servizi disciplinate dal comma 3, vale a dire i soli casi in cui si prevede l’obbligo di ricorrere ai soggetti aggregatori.

I criteri di riparto del fondo sono demandati ad apposito decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

Stanziamenti per l’amministrazione finanziaria e la CONSIP (comma 10)

Il comma 10 dispone l’utilizzo di una quota, per l’anno 2014, nel limite di 5 milioni di euro, delle entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali (articolo 1, comma 358, della legge finanziaria 2008 (L. n. 244/2007) negli anni 2012 e 2013:

§  per il potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria;

§  per il finanziamento delle attività svolte da CONSIP nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti delle Pubbliche amministrazioni (articolo 4, comma 3-ter, del D.L. n. 95/2012)[13].

A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche ad un apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento dell’Amministrazione Generale, del personale e dei servizi.

Criteri per la determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (comma 4-bis)

Il comma 4-bis, inserito durante l’esame al Senato, integra le regole di valutazione delle offerte nel caso di contratti pubblici che devono essere affidati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In particolare, la disposizione modifica la lettera n) del comma 1 dell’articolo 83 del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), al fine di aggiungere l'origine produttiva ai criteri di valutazione dell'offerta pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, che devono essere stabiliti nel bando di gara e che sono elencati a titolo esemplificativo nel comma 1 della citata disposizione.

Ai sensi dell’art. 81 del Codice, nei contratti pubblici la migliore offerta è selezionata con il criterio del prezzo più basso o con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. In questo secondo caso la disciplina applicabile è contenuta nel successivo art. 83; in particolare, il comma 1 di tale disposizione elenca a titolo esemplificativo i criteri di valutazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, (ad. es. prezzo, qualità, ecc.) tra i quali la lettera n), che viene novellata dalla norma in commento, indica la sicurezza di approvvigionamento.

geom. Daniele Iselle

TESTO COORDINATO DEL D. L. N. 66 DEL 2014

È legittima la motivazione dei provvedimenti amministrativi per relationem

24 Giu 2014
24 Giugno 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. III, nella sentenza del 18 giugno 2014 n. 870 afferma la legittimità della motivazione per relationem dei provvedimenti amministrativi: “Il diniego è peraltro sufficientemente motivato con il richiamo per relationem al parere della commissione edilizia, atteso che la motivazione per relationem corrisponde ad una tecnica motivazionale pienamente ammessa dall'art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, e che richiede solamente l’indicazione dell’atto richiamato e che l’interessato vi possa accedere, mentre non è necessario allegare gli atti ai quali si rinvia (ex pluribus cfr. Tar Toscana, 9 maggio 2013, n. 782)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 870 del 2014

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