Tag Archive for: Veneto

Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo

06 Giu 2014
6 Giugno 2014

DECRETO-LEGGE 31 maggio 2014, n. 83 

Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo.

Si richiama in particolare l'attenzione sui seguenti articoli:

 - Art. 12 Misure urgenti per la semplificazione in materia  di beni culturali e paesaggistici;
 
- Art. 13 Misure urgenti per la semplificazione degli  adempimenti  burocratici al fine di favorire l'imprenditorialita' turistica.
 
geom. Daniele Iselle
 

Il condono edilizio non poteva più essere chiesto una volta scaduto il termine per demolire le opere abusive

05 Giu 2014
5 Giugno 2014

Il Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza del 27 maggio 2014 n. 2755 si occupa del c.d. primo condono edilizio chiarendo la natura perentoria del termine per richiedere questa c.d. sanatoria straordinaria: “6.1. L’articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora trasfuso nell’art. 36 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), su cui è stata fondata l’istanza di concessione in sanatoria dell’abuso edilizio, negata col provvedimento impugnato in primo grado, stabilisce che il responsabile dell’abuso possa ottenere la concessione o l’autorizzazione in sanatoria, quando l’opera eseguita in assenza della concessione o autorizzazione sia conforme agli strumenti urbanistici generali e di attuazione approvati e non in contrasto con quelli adottati sia al momento della realizzazione dell’opera, sia al momento della presentazione della domanda, “fino alla scadenza del termine di cui all’art. 7, terzo comma, per i casi di opere eseguite in assenza di concessione o in totale difformità o con varianti essenziali, o dei termini stabiliti nell’ordinanza del sindaco di cui al primo comma dell’art. 9, nonché, nei casi di parziale difformità, nel termine di cui al primo comma dell’art. 12, ovvero nel caso di opere eseguite in assenza di autorizzazione ai sensi dell’art. 10 o comunque fino alla irrogazione delle sanzioni”.

La particolare sanatoria prevista dall’articolo in esame non può pertanto essere più richiesta quando sia definitivamente decorso il termine di novanta giorni dall’ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi (nel caso di opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformità e con variazioni essenziali, art. 7) ovvero quello fissato dal sindaco nell’ordinanza di demolizione (nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia, art. 9, comma 1, e di opere eseguite in parziale difformità dalla concessione, art. 12, comma 1) e, nel caso di opere eseguite senza autorizzazione, ex art. 10, fino alla irrogazione delle sanzioni amministrative.

Il legislatore ha in tal modo inteso contemperare i contrapposti interessi in conflitto, subordinando la sanatoria dell’abuso edilizio, di natura esclusivamente formale per la sola mancanza del titolo abilitativo o per la violazione dello stesso, stante invece la sua doppia conformità edilizia ed urbanistica (al momento della realizzazione dell’opera e al momento della domanda), al mancato definitivo consolidarsi del provvedimento sanzionatorio di demolizione o di irrogazione della sanzione, indipendentemente dal fatto che la sanzione sia stata effettivamente già portata ad esecuzione (sul rapporto di consequenzialità tra provvedimento di accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e quello successivo di acquisizione gratuita delle opere abusive e dell'area di sedime rispetto all'ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi e sulla loro non autonoma impugnabilità in mancanza di tempestiva impugnazione dell'atto con cui era stata ingiunta la demolizione, tra le tante Cons. St., sez. V, 10 gennaio 2007, n. 40).

Da ciò deriva la natura perentoria dei termini sopra indicati.

6.2. Nel caso di specie non è contestato che la richiesta di concessione in sanatoria ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 47 del 1985 sia stata presentata dall’interessato in data 9 novembre 2002 (prot. 1085) quando era ormai diventata definitiva l’ordinanza di demolizione dello stesso abuso di cui si discute, in relazione al quale con la sentenza n. 197 del 31 gennaio 2002 il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sez. I, aveva ritenuto legittimo il diniego (ordinanza 5/2001 del 27 ottobre 2001) di rilascio della concessione in sanatoria (pure ex art. 13 della legge n. 47 del 1985).

Correttamente pertanto i primi giudici hanno ritenuto tardiva la nuova domanda di concessione in sanatoria (risultando infondato il richiamo operato dall’appellante alla pretesa mancata irrogazione delle sanzioni amministrative), tardività che preclude l’esame delle altre censure”.

Nella stessa sentenza il Massimo Organo della Giustizia Amministrativa ricorda il principio della c.d. doppia conformità secondo cui: “Per la consolidata giurisprudenza, che il Collegio condivide e fa propria, è legittimo il doveroso diniego della concessione in sanatoria di opere eseguite senza titolo abilitante, qualora le stesse non risultino conformi tanto alla normativa urbanistica vigente al momento della loro realizzazione quanto a quella vigente al momento della domanda di sanatoria (Cons. St., Sez. V, 17 marzo 2014, n. 1324; Sez. V, 11 giugno 2013, n. 3235; Sez. V, 17 settembre 2012, n. 4914; Sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1126; Sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2306).

Infatti, solo il legislatore statale (con preclusione non solo per il potere giurisdizionale, ma anche per il legislatore regionale: Corte Cost., 29 maggio 2013, n. 101) può prevedere i casi in cui può essere rilasciato un titolo edilizio in sanatoria (avente anche una rilevanza estintiva del reato già commesso) e risulta del tutto ragionevole il divieto legale di rilasciare una concessione (o il permesso) in sanatoria, anche quando dopo la commissione dell’abuso vi sia una modifica favorevole dello strumento urbanistico.

Come rilevato da questo Consiglio (Sez. V, 17 marzo 2014, n.- 1324, cit.), tale ragionevolezza risulta da due fondamentali esigenze, prese in considerazione dalla legge:

a) evitare che il potere di pianificazione possa essere strumentalizzato al fine di rendere lecito ex post (e non punibile) ciò che risulta illecito (e punibile);

b) disporre una regola senz’altro dissuasiva dell’intenzione di commettere un abuso, perché in tal modo chi costruisce sine titulo sa che deve comunque disporre la demolizione dell’abuso, pur se sopraggiunge una modifica favorevole dello strumento urbanistico”. 

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 2755 del 2014

La differenza tra modifiche e innovazioni della cosa comune ai fini della necessità del consenso del condominio per ottenere un titolo edilizio

05 Giu 2014
5 Giugno 2014

Segnaliamo sulla questione la sentenza del TAR  Veneto n. 614 del 2014: "Premesso che il provvedimento impugnato, nel denegare il rilascio del permesso di costruire un’altana sul tetto dell’edificio, è basato su due ordini di ragioni che, in punto di diritto, sono ostative al rilascio del titolo richiesto; premesso altresì che nella specie, trattandosi di edificio unico, seppure articolato in scala A e scala B, questo ha come copertura un unico tetto, il cui utilizzo – salva diversa configurazione della proprietà - riguarda tutti i condomini e non solo parte di essi; considerato che il provvedimento può ritenersi legittimamente assunto anche se sostenuto da una sola delle motivazioni addotte; ritiene il Collegio che, sulla scorta dei principi dettati dal Codice Civile in materia di uso della cosa comune, il ricorso sia infondato; invero, pur essendo generalmente riconosciuto che, in caso di realizzazione di un’opera da parte di un singolo su parti comuni  dell’edificio, la quale sia tuttavia strettamente pertinenziale alla propria unità immobiliare, vale il principio dettato dall’art. 1102 c.c., in base al quale “ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non ne impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto”; che, sulla scorta di tale disposizione, è stato più volte ribadito dalla Corte di Cassazione il principio generale per cui il singolo condomino può apportare, nel proprio interesse ed a proprie spese, modifiche alle parti comuni al fine di conseguire un’utilità maggiore e più intensa del proprio immobile, a patto che dette modifiche non alterino la normale destinazione della cosa comune e non ne impediscano l’altrui pari uso (cfr. C.Cass. 10453/2001; 12569/2002; 8830/2003); che quindi, nell’ipotesi in cui l’intervento non sia riconducibile all’ipotesi contemplata dall’art. 1102, comma 1, l’intervento deve essere qualificato come innovazione, come tale comportante un mutamento della sostanza o l’alterazione della destinazione delle parti comuni, in quanto ne rende impossibile l’utilizzazione secondo la funzione originaria; che , conseguentemente, in tali diverse ipotesi – quale è quella in esame, ove una porzione del tetto verrà coperta dall’altana e quindi risulterà di uso esclusivo dei fruitori della stessa – deve essere manifestata la volontà dell’assemblea dei condomini, coinvolgendo tutti i partecipanti alla cosa comune e quindi sia i condomini della scala A che quelli della scala B, con la maggioranza calcolata ai sensi dell’art. 1136, comma 5, così come disposto dall’art. 1120 c.c.; osservato, altresì, attese le considerazioni svolte in ricorso, che l’ipotesi in esame è ben diversa da quella in cui vengono aperti sul tetto degli  abbaini o delle finestre per dare aria e luce alla proprietà sottostante, in quanto tali opere, sempreché eseguite a regola d’arte e tali da non pregiudicare la funzione di copertura propria del tetto, né da impedire l’esercizio da parte degli altri condomini dei propri diritti sulla cosa comune, costituiscono soltanto modifiche e non innovazioni della cosa comune, non necessitando di conseguenza della previa approvazione dell’assemblea dell’edifico in condominio ex artt. 1120 e 1136 c.c. per detti motivi, ritenuta la legittimità del diniego opposto dall’amministrazione, il ricorso deve essere respinto".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 641 del 2014

Convegno a Spinea il 2 luglio su alcune questioni edilizie e urbanistiche

05 Giu 2014
5 Giugno 2014

Il comune di Spinea organizzerà, appena la regione ci darà indicazione dell'avvenuta approvazione, un seminario specifico sul terzo piano casa  regionale alla luce delle indicazioni contenute nella circolare regionale attualmente in fase di valutazione da parte della commissione. Il dibattito  sulla circolare è ancora aperto in regione e pertanto oggi è prematuro  definire già una data di tale giornata di approfondimento disciplinare  fintantoché non avremo il testo approvato. Vi terremo informati non appena avremo novità al riguardo.

Nell’attesa, riteniamo importante organizzare un incontro su alcuni temi  che, a mio avviso, meritano un  approfondimento disciplinare e un  costruttivo confronto tra i diversi operatori (tecnici comunali e di altri  enti pubblici, liberi professionisti – architetti, ingegneri, geometri,  periti, ma anche avvocati, geologi, ecc. – associazioni di impresa, amministratori, ecc.). Abbiamo così pensato di proporre questa iniziativa  per il prossimo 2 luglio qui sempre in comune  a Spinea. Nella speranza che possa essere di Vs. interesse, vi allego il programma e la scheda di iscrizione.
Saluti
Fiorenza Dal Zotto

ANALISI DI ALCUNE PROBLEMATICHE IN AMBITO EDILIZIO E URBANISTICO:

Fasce di rispetto stradale: interventi ammessi fuori e dentro il centro abitato

Distanza tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti: quali i parametri da rispettare e i criteri di misurazione

Altezza degli edifici in relazione all’altezza degli edifici circostanti: valutazioni per  il rispetto del d.m. 1444/1968

Gli interventi ammessi nelle zone agricole: sintesi dell’attuale normativa che disciplina quali siano gli interventi ammissibili (art. 44 l.r. 11/2004,  terzo piano casa, norme Prg – Pi, ecc.)

RELATORI:
avv. Stefano Bigolaro
Avvocato amministrativista del Foro di Padova, componente dello studio legale Domenichelli, è autore di numerose pubblicazioni giuridiche e tiene frequenti relazioni a convegni, scuole di specializzazione e corsi post-universitari su temi del diritto amministrativo.
avv. Alessandro Veronese
Avvocato amministrativista del Foro di Padova, socio dello studio legale associate MDA con sedi in Venezia e Padova, si occupa di diritto urbanistico  e ambientale, con particolare riferimento a operazioni complesse di urbanistica concertata anche a seguito di processi di riconversione industriale. Tiene seminari e convegni in materia.

COORDINAMENTO SCIENTIFICO
Il coordinamento scientifico del convegno è curato  dall’ arch. Fiorenza Dal Zotto, dirigente del Settore urbanistica e edilizia del Comune di Spinea.

SEDE
Sala Consiliare
Piazza del Municipio, 1 Spinea – Venezia
Mercoledì 2 luglio 2014

COSTO PARTECIPAZIONE
30,00 € + IVA a persona per aziende e privati

SCADENZA ISCRIZIONE
30 giugno 2014

Programma e Scheda Iscrizione 2 Luglio 2014

Cosa succede se il proprietario non ottempera all’ordine di demolire l’immobile abusivo e poi lo vende a un terzo

04 Giu 2014
4 Giugno 2014

L'articolo 31, comma 4 del D.P.R. 380/2001 stabilisce: "4. L'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al comma 3, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente".

Cosa succede, se il proprietario dell'immobile abusivo non demolisce e, prima che il comune trascriva l'accertamento dell'inottemperanza, vende l'immobile a un terzo e trascrive la vendita?

Così risponde il TAR Veneto nella sentenza n. 713 del 2014: "Ritenuto che, il provvedimento di immissione in possesso impugnato trova il suo presupposto nell’inottemperanza all’ordine di demolizione da parte del precedente proprietario entro i prefissati novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire, e nella conseguente automatica acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 comma 3, Dpr 380/2001; Ritenuto altresì che tale fattispecie dà luogo ad un acquisto a titolo originario, con la conseguenza che il successivo acquisto della Cà d’oro è da ritenersi automaticamente caducato unitamente al precedente diritto dominicale, senza che rilevi l’eventuale anteriorità della relativa trascrizione; essendo tale fattispecie assimilabile al perimento del bene che si dovrebbe fisiologicamente verificare con l’ottemperanza all’ordine di demolizione, salva, in caso d’inottemperanza a tale ordine, l’eccezionale acquisizione al patrimonio comunale che trasforma irreversibilmente il bene in res extra commercium; Ritenuto pertanto legittimo l’ordine di sgombero impartito dal Comune nei confronti della Ca’d’oro la quale si trova senza alcun titolo nel possesso di un bene di proprietà del Comune".

sentenza TAR Veneto 713 del 2014

Gli oneri di costruzione sono parametrati all’immobile considerato in modo unitario

04 Giu 2014
4 Giugno 2014

Il Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza del 13 maggio 2014 n. 2438, chiarisce che gli oneri di costruzione devono essere calcolati considerando l’immobile nella sua totalità: “Gli oneri di costruzione costituiscono una prestazione patrimoniale di natura impositiva che trova la sua “ratio” giustificatrice nell’incremento patrimoniale che il titolare del permesso di costruire consegue in dipendenza dell’intervento edilizio.

Il contributo in questione è strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di edificare, in misura corrispondente all’entità e alla qualità del maggior carico urbanistico conseguente alla realizzazione del fabbricato assentito ed all’insieme dei benefici che la nuova opera ne ritrae.

La formazione del credito del comune postula quindi, quale condizione di esigibilità, l’effettiva attività di edificazione e comporta la corresponsione di un contributo commisurato al costo di costruzione globalmente inteso, nel senso che deve investire ed essere riferito all’intera opera assentita e realizzata.

Deve quindi affermarsi che le opere devono essere valutate complessivamente, non potendosi considerare separatamente i singoli fabbricati ed i singoli componenti.

Nel caso che ora occupa, è di tutta evidenza che l’ultimazione dei lavori, intesa come realizzazione dell’opera autorizzata nel suo complesso, non può che essere successiva al 13 dicembre 1985, data di approvazione dell’ultima variante (n. 54); tale elemento di fatto è certo anche a non voler considerare la data di effettiva e formale ultimazione dei lavori (cfr. certificato di abitabilità 24 aprile 1986 n. 4).

Inoltre, osserva il Collegio che la norma che impone l’immediata quantificazione degli oneri conseguenti al rilascio della concessione ha una duplice funzione.

La norma in primo luogo sollecita l’Amministrazione alla tempestiva esecuzione di un’attività obbligatoria, dalla quale deve derivare un’entrata; in secondo luogo, la norma tutela l’interessato, il quale ha diritto a conoscere subito la quantificazione del suo debito.

Quest’ultimo profilo è, nella specie, irrilevante, avendo l’odierno appellato espressamente consentito alla determinazione degli oneri in un momento successivo al rilascio del titolo autorizzatorio.

Quanto all’altro profilo, trova applicazione il principio secondo il quale la violazione dei termini posti nell’interesse dell’Amministrazione non può comportare la decadenza dal relativo potere”. 

dott. Matteo Acquasaliente

CdS n. 2438 del 2014

Miglioramenti dell’offerta ed anomalia

04 Giu 2014
4 Giugno 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 28 maggio 2014 n. 722, si occupa delle innovazioni/migliorie presentate in sede di gara e del momento in cui bisogna verificare la presenza di un’eventuale offerta anomala: “La caratteristiche delle innovazioni proposte doveva, però, contenersi nell’ambito della prestazione tecnica richiesta senza alterarne la natura e la funzione, proprio per garantire la par condicio tra le parti (Cons.St., sez. V, 11 luglio 2008, n.3481).

Tale eventualità è stata tenuta ben presente dalla stazione appaltante che, nella lex specialis, ha previsto una soglia di ammissibilità tecnica dell’offerta condizionata al raggiungimento di un determinato minimo standard.

L’attribuzione alla ricorrente di tale positiva valutazione, implicitamente, ha significato una riconosciuta fattibilità astratta della innovazione proposta ( stabilizzazione a calce del terreno).

Nondimeno, tale ulteriore accertamento si è reso necessario perché, secondo il Collegio, l’offerta, sotto l’indicato profilo, non è assistita da una dimostrazione probatoria assoluta, ma la sua astratta fattibilità sotto il profilo tecnico, non consentiva alla stazione appaltante una sua preventiva esclusione, atteso che ogni valutazione circa la reale e congrua fattibilità dell’opere e segnatamente della stabilizzazione del terreno a calce, doveva costituire motivo di successiva verifica in caso di aggiudicazione della gara, volta ad individuare l’eventuale antinomia dell’offerta, senza pregiudizio per eventuali e conseguenti giustificazioni che devono, chiaramente, riferirsi al momento della presentazione dell’offerta ( Cons. St., sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3146).

Solo l’accertata non fattibilità della stabilizzazione del terreno a calce, avrebbe comportato, proprio perché affidata a strumenti tecnici dal responso univoco, significative conseguenze, sia con riferimento all’aggiudicazione della gara, che per eventuali ipotesi di responsabilità civile, sia, infine, in termini di responsabilità amministrativa.

E’ appena il caso di osservare che l’esclusione del partecipante alla gara, proprio in ossequio al principio della massima partecipazione concorrenziale, rappresenta una evenienza eccezionale, cui sono estranee le mere carenze di ordine formale ( Cons. st, sez. V, 16 luglio 2007, n.4027).

Non solo.

Le innovazioni introdotte dal legislatore con l’indicazione puntuale, non altrimenti estendibile delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 46, comma 1 bis, dpr 163/2006, comporta che le determinazioni escludenti il concorrente dalla gara non possono essere estese anche alla offerta di gara quando questa è : ammissibile, ossia coerente con i requisiti di gara, regolare, ossia priva dei vizi di forma, tempestiva, incondizionata, immodificabile ed infine determinata, nel senso che è indicato con esattezza il prezzo ed il ribasso offerto.

Ciò proprio perché è necessario garantire, anche ai concorrenti sospettati di aver presentato offerte anomale, nei termini di cui all’ultima alinea dell’art. 88 del D. lgs 163/2006, il rispetto dei consolidati principi di par condicio, libertà di concorrenza, imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa.

Quindi, solo successivamente alla individuazione dell’offerta cui dovrebbe aggiudicarsi la gara, è possibile, anche a mente dell’art 88, comma 7 del D.lgs citato, sottoporre a verifica l’offerta ( Cons. St., sez. VI, 28 settembre 2006, n. 5697).

Quindi, alla luce delle suindicate considerazioni, la sospetta anomalia circa l’inaffidabilità dell’offerta della ricorrente per aleatorietà della stessa, non può comportare una sua automatica esclusione, come paventato dal controinteressato nel ricorso incidentale, a meno di intendere tale censura nel senso sopra esposto”.

Nella stessa sentenza si legge altresì si legge che: “la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha in più occasioni statuito : "ai fini dell'annullamento della gara non è necessario che effettivamente la commissione abbia tenuto conto della conoscenza anticipata dell' offerta economica - circostanza, questa, come il suo contrario, praticamente non dimostrabile - ma è sufficiente che le concrete modalità di svolgimento della gara non abbiano assicurato la garanzia di piena imparzialità dei giudizi e quindi il rischio di inquinamento dei medesimi" (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 25 maggio 2009 n. 3217).

Deve altresì osservarsi che, sempre la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha avuto modo di precisare che non sussiste : "dubbio che la conoscenza di circa un decimo dell'incidenza dell'offerta economica costituisce ben più di un parametro di riferimento per modulare i giudizi della commissione in un senso o nell'altro" (cfr. Cons. St., sez. V, 8 settembre 2010 n. 6509)”. 

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 722 del 2014

Il recupero di una stazione di servizio dismessa con la realizzazione di spazi commerciali è una nuova costruzione perchè aumenta il carico urbanistico

03 Giu 2014
3 Giugno 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 594 del 2014: "Con riferimento alla riconducibilità dell’intervento assentito ad una nuova costruzione e non ad una ristrutturazione, con conseguente mutamento del carico urbanistico, ritiene il Collegio che vada condiviso e ribadito l’assunto già espresso al riguardo, seppure in sede cautelare, dal giudice d’appello, il quale ha rilevato che l’intervento de quo ha come obiettivo quello di recuperare sotto il profilo funzionale una stazione di distribuzione di carburante dismessa, mediante la demolizione e successiva ricostruzione dell’edifico esistente e la realizzazione di una serie autorimesse interrate (26), al servizio del nuovo edificio, da adibire ad attività commerciale. Sebbene, quindi, si sia proceduto mediante lavori che hanno mantenuto la volumetria e la sagoma dell’edificio preesistente, è oggettivo che diverso è l’impatto urbanistico derivante dalla realizzazione, al posto del distributore, di un nuovo edificio con destinazione commerciale e relative autorimesse (peraltro in numero considerevole). Va quindi riaffermato, come sostenuto in sede cautelare dal giudice di secondo grado, che “..in materia di concessioni edilizie, la regola è  quella dell’onerosità, rispetto alla quale ogni deroga riveste carattere eccezionale e non è suscettibile di analogia (Cons. St., V, 27.9.2004, n. 6289), per cui la eventuale preesistenza di opere è irrilevante ai fini del relativo obbligo di pagamento degli oneri dovuti (Cons. St., V, 4.5.2004, n. 2687), assumendo invece rilievo una ristrutturazione che comunque ha trasformato la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica dell’immobile con un diverso carico socio-economico-territoriale (Cons. St., 3.3.2003, n. 1180), peraltro nella specie anche consistente”. Sulla base di tali considerazioni va ritenuta le legittimità della pretesa avanzata dall’amministrazione del pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione relativamente all’edificio, correttamente assentito con permesso di costruire".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 594 del 2014

La particolare disciplina dell’art. 9 della legge 122/89 per i parcheggi si applica solo ai fabbricati già esistenti

03 Giu 2014
3 Giugno 2014

Lo precisa la sentenza del TAR Veneto n. 594 del 2014, in relazione a un caso nel quale la trasformazione di un impianto di carburanti dismesso è stata ritenuta una nuova costruzione: "Quanto alle doglianze più specificatamente dedotte avverso il provvedimento del 28.3.2006, nella parte in cui ha preteso il pagamento del contributo di costruzione anche per i parcheggi interrati, esclusa per le ragioni sin qui esposte l’illegittimità derivata dalla precedenti censure interessanti la qualificazione dell’intervento nel suo complesso, risultano destituite le fondamento le censure con le quali è stata lamentata la violazione delle speciali disposizioni dettate dalla legge 122/89 e quindi riprese dall’art. 137 T.U. Edilizia. Invero, la particolare disciplina di favore introdotta dall’art. 9 della legge 122/89, che consente di costruire parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili, anche in deroga alla disciplina urbanistica, fa necessario riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche alle concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali è invece previsto l’obbligo di riservare spazi per parcheggi. Poiché, come sopra evidenziato, non si tratta di un intervento che, per quanto riguarda le autorimesse, ha avuto come obiettivo quello di dotare di parcheggi un edificio preesistente che non ne era adeguatamente fornito, bensì della realizzazione ex novo, contestualmente all’edificazione del nuovo edificio, delle autorimesse, non può essere invocato nel caso di specie il particolare regime di favore dettato dalla legge 122/89".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto n. 594 del 2014

Il ricorso è nullo se è firmato solo dal domiciliatario al quale non sia stata data la procura

03 Giu 2014
3 Giugno 2014

Se un avvocato è soltanto domiciliatario (e non ha, quindi, i poteri di rappresentare e difendere il ricorrente), il ricorso sottoscritto solo da lui è nullo.

Lo rileva il TAR Veneto nella sentenza n.  706 del 2014.

Scrive il TAR: "1. Il ricorso va dichiarato inammissibile ai sensi di quanto previsto dall’art. 35 comma 2 lett. B del Codice del Processo Amministrativo. 

1.1 Come ha correttamente evidenziato la società controinteressata sia il ricorso principale, che i successivi motivi aggiunti, comprendono la sola sottoscrizione del legale domiciliatario e, quindi, di un legale nei cui confronti non risulta conferito alcun mandato o procura speciale. 

1.2 E’, infatti, agevole verificare che l’unico sottoscrittore risulta essere espressamente ed unicamente qualificato in mandato quale legale domiciliatario. Sempre dall’esame del ricorso si evince come, al contrario, i legali deputati a rappresentare la società ricorrente fossero gli Avv. A X  e B Y, difensori questi ultimi nei cui confronti era stata conferita la procura alle liti a margine del ricorso di cui si tratta.

1.3 La lettura del mandato in calce al ricorso consente, pertanto, di evincere due differenti ambiti di attività in relazione al quale il mandato è stato conferito. In primo luogo vi è stato il conferimento del mandato a rappresentanza…. “a difendere la società in ogni stato e grado del giudizio, a transigere e conciliare la lite”, mandato quest’ultimo conferito nei confronti dei soggetti sopracitati.
La procura in questione si conclude conferendo all’Avv. C Z la nomina di procuratore domiciliatario. Ne consegue come possa individuarsi la volontà del soggetto mandante di differenziare i poteri dei legali nominati, attribuendo soltanto ai primi il potere di rappresentare in giudizio la società.

1.4 La lettura dell’art. 44 Codice del Processo Amministrativo non lascia adito a dubbi nel momento in cui, al comma 1, lett.a), include tra le cause di nullità del ricorso quella consistente nella mancanza della sottoscrizione, da intendersi riferita all’unica sottoscrizione del difensore abilitato ovvero alla persona munita dello ius postulandi e, quindi, di un titolo idoneo nel rispetto del mandato conferito dalla società ricorrente.

1.5 Va, altresì, evidenziato che per un costante orientamento giurisprudenziale, mutuato dal processo civile, la sottoscrizione della
citazione in primo grado, o del ricorso da parte di procuratore non abilitato, comporta la nullità assoluta ed insanabile dell'atto stesso, atteso che tale indicazione non comporti conferimento a quest'ultimo, come è avvenuto nel caso di specie, della rappresentanza processuale, non autorizzano il procuratore non legittimato a svolgere quell’attività professionale nell'interesse del mandante in relazione alla quale non era stato delegato (per tutti Cass. civ. Sez. I, 23-03-1988, n. 2538 e Tar Piemonte 4384 del 03/12/2010).

1.6 Si è altresì stabilito (Cass. civ. Sez. I, 07-05-1997, n. 3981) che l'indicazione del domiciliatario non comporta il conferimento nemmeno implicito della rappresentanza processuale e che, l'eventuale attività processuale compiuta, deve considerarsi svolta senza il necessario potere di rappresentanza, anche sotto il profilo dell'imputazione sostanziale della provenienza dell'atto (in questo senso si veda anche Cass. civ. Sez. I, 30-07-1996, n. 6900)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 706 del 2014

© Copyright - Italia ius | Diritto Amministrativo Italiano - mail: info@italiaius.it - Questo sito è gestito da Cosmo Giuridico Veneto s.a.s. di Marangon Ivonne, con sede in via Centro 80, fraz. Priabona 36030 Monte di Malo (VI) - P. IVA 03775960242 - PEC: cosmogiuridicoveneto@legalmail.it - la direzione scientifica è affidata all’avv. Dario Meneguzzo, con studio in Malo (VI), via Gorizia 18 - telefono: 0445 580558 - Provider: GoDaddy Operating Company, LLC