Tag Archive for: Veneto

Quando è legittima una gara negoziata dopo una gara aperta andata deserta?

22 Set 2014
22 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1212 chiarisce che la procedura negoziata indetta dopo una prima gara aperta andata deserta non può contenere un corrispettivo più vantaggioso di quello originario: “In sede teorica la mancata partecipazione di candidati all’originaria gara consente alla stazione appaltante di utilizzare il sistema di assegnazione del servizio nei termini indicati dagli artt. 56 e 57 d.lgs 163/2006.

Nel caso di specie è necessario osservare, però, che la stazione appaltante ha alterato significativamente il dato economico del contratto prevedendo un aumento del corrispettivo del servizio originariamente previsto di circa 35.000 euro annui.

Tale evenienza si pone in evidente contrasto con la lettera dell’art. 57 d.lgs cit. che, nel comma 2°, lettera a) testualmente statuisce : “ nella procedura negoziata non possono essere modificate in modo sostanziale le condizioni iniziali del contratto”.

E’ evidente che l’alterazione essenziale e significativa del dato economico negoziale ha modificato radicalmente la natura della richiesta della stazione appaltante, così da impedire la legittima utilizzazione dell’istituto della procedura negoziata.

La significativa modifica della parte economica del contratto ha reso quest’ultimo remunerativo con conseguente interesse dei diversi imprenditori all’aggiudicazione.

Ciò è comprovato dal fatto che neppure il precedente aggiudicatario, attuale controinteressato, aveva manifestato, alle condizioni originariamente indicate da bando, interesse all’aggiudicazione del servizio, poi assegnato allo stesso a trattativa privata e senza pubblicazione del bando”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1212 del 2014

Lo spunto del sabato: La zanzara e il leone

20 Set 2014
20 Settembre 2014

"C'era una piccola zanzara assai furba e spavalda. Stanca di giocare con le solite amiche, decise un giorno, di lanciare una sfida al Re della foresta. Si presentò così davanti al sovrano che era il leone e lo salutò con un rispettoso inchino. Il grande Re che era intento a schiacciare uno dei suoi pisolini più belli lungo la riva di un fiume, lanciò una distratta occhiata all'insetto. "Oh! Buongiorno".

Rispose Sua Maestà spalancando la bocca in un possente sbadiglio.
La zanzara disse: "Sire, sono giunta davanti a Voi per lanciarvi una sfida!" Il leone, un po' più interessato, si risvegliò completamente e si mise ad ascoltare.

'Voi " continuò l'insetto "credete di essere il più forte degli animali eppure io dico che se facessimo un duello riuscirei a sconfiggervi!" Il Sovrano divertito disse: "Ebbene se sei tanto sicura,proviamo!" In men che non si dica il piazzale si riempì di animali d'ogni genere desiderosi di assistere alla sfida. Il " Singolar Tenzone" ebbe inizio. L'insetto andò immediatamente a posarsi sul largo naso dell'avversario cominciando a pungerlo a più non posso. Il povero leone preso alla sprovvista tentò con le sue enormi zampe di scacciare la zanzara ma, invece di eliminarla, egli non fece altro che graffiarsi il naso con i suoi stessi artigli. Estenuato, il Re della foresta, si gettò a terra sconfitto. Così, la piccola zanzara fu acclamata da tutti i presenti. Levandosi in volo colma di gioia, la zanzara non si accorse però della tela di un ragno tessuta tra due rami e andò ad imprigionarvisi proprio contro. Intrappolato in quell'infida ragnatela l'insetto scoppiò in lacrime, consapevole del pericolo che stava correndo. Fortunatamente il leone, che aveva assistito alla scena, con una zampata distrusse la tela e liberò la piccolina dicendo:

"Eccoti salvata mia cara amica. Ricordati che esiste sempre qualcuno più forte di te! E questo me lo hai insegnato proprio tu!" La zanzara, da quel giorno imparò a tenere un po' a freno la propria spavalderia.

Le persone troppo sicure di sé riescono, a volte, a superare gli ostacoli più grossi ma inciampano spesso nelle difficoltà più piccole". 

E' una favola di Esopo, dedicata a quelli che credono che il possesso di un potere pubblico li renda i più forti di tutti, ventiquattro ore al giorno, ogni giorno della loro vita.

Dario Meneguzzo - uno che apprezza il sano e prudente relativismo

In ricordo di Bernardo Secchi

19 Set 2014
19 Settembre 2014

E' morto a Milano all'età di ottanta anni l'architetto Bernardo Secchi. 

E' stato uno dei maestri geniali dell'urbanistica italiana, che faceva dialogare con le altre discipline, tra le quali la letteratura e la filosofia, per capire quale fosse il modo migliore per disegnare una città o un territorio.

Era laureato in ingegneria e aveva insegnato a Milano, Venezia, Ginevra, Lovanio, Zurigo ed era stato chiamato nel 2008 da Sarkozy per collaborare al progetto della "grande Parigi".   

Lo scorso anno aveva pubblicato con Laterza il libro La città dei ricchi e la città dei poveri.

Per l’agibilità i requisiti di aeroilluminazione sono inderogabili e il condono va rilasciato anche se poi l’immobile non potrà avere l’agibilità

19 Set 2014
19 Settembre 2014

Segnaliamo sul punto la sentenza del TAR Veneto n. 1123 del 2014.

Scrive il TAR: "Con specifico riferimento alle argomentazioni svolte da parte ricorrente nel corso della discussione in camera di consiglio, e relative al fatto che l’annullamento del certificato di agibilità si sarebbe basato su sopralluogo ULSS effettuato solo dall’esterno, il Collegio rileva ancora, ad abundantiam, che gli inconvenienti igienico sanitari riscontrati ( altezza interna e aeroilluminazione) sono riscontrabili dalle planimetrie e, per quanto riguarda la superficie finestrata, anche solo dall’esterno e che, in particolare, la carenza dei requisiti di aeroilluminazione contrasta con prescrizioni normative inderogabili (Consiglio di Stato,V , 03/06/2013 N. 3034), tanto più che è già stato ampiamente chiarito dalla giurisprudenza che i requisiti per il rilascio del condono possono sussistere indipendentemente da quelli per l’ottenimento dell’agibilità (Consiglio di Stato, V, 05/04/2005, N.1543)".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 1123 del 2014

Concorsi pubblici: la commissione ha un forte potere discrezionale

19 Set 2014
19 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1208 si sofferma sulla valutazione dei titoli per poter accedere ad un concorso pubblico universitario, riconoscendo che la commissione ha un forte potere discrezionale.

Innanzitutto il Collegio ricorda la normativa vigente nella materia de qua: “Quanto al primo profilo, pare opportuno ricordare che l’art. 2 del D.M. 25 maggio 2011, n. 243 –recante “Criteri e parametri riconosciuti, anche in ambito internazionale, per la valutazione preliminare dei candidati destinatari dei contratti di cui all'articolo 24, della legge n. 240/2010” – dispone, per quanto qui interessa, che “Le commissioni giudicatrici delle procedure di cui all’art. 1 effettuano una motivata valutazione seguita da una valutazione comparativa, facendo riferimento allo specifico settore concorsuale e all'eventuale profilo definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, del curriculum e dei seguenti titoli, debitamente documentati, dei candidati….”” ed ancora: “i osserva, richiamando anche quanto già esposto in precedenza sotto questo profilo, che l’art. 3 del D.M. n. 243/2011, prevede, tra l’altro, che “Le commissioni giudicatrici effettuano la valutazione comparativa delle pubblicazioni di cui al comma 1 sulla base dei seguenti criteri:

a)  originalità, innovatività, rigore metodologico e rilevanza di ciascuna pubblicazione scientifica;

b)  congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore concorsuale per il quale è bandita la procedura e con l'eventuale profilo, definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, ovvero con tematiche interdisciplinari ad essi correlate;

c)  rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all'interno della comunità scientifica;

d)  determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica internazionale di riferimento, dell'apporto individuale del candidato nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione.”.

Chiarito ciò i Giudici statuiscono che “Dal quadro normativo esposto, emerge, dunque, che, ai fini della “motivata valutazione” e della “valutazione comparativa” relative alle procedure di pubbliche selezioni dei destinatari di contratti ex art. 24 legge n. 2409/2010, la Commissione giudicatrice avrebbe dovuto fare riferimento, in primis, allo specifico settore concorsuale –che, come detto, nel caso in esame è il settore 08/E2: Restauro e Storia dell’Architettura -, con la conseguenza che correttamente sono stati presi in considerazione titoli attinenti a tale settore concorsuale, che comprende sia il SSD ICAR 18 che il SSD ICAR 19; sotto questo profilo, dunque, l’operato della Commissione, a differenza di quanto sostenuto in ricorso, non risulta affetto da illegittimità per violazione delle norme sopra richiamate. La Commissione, peraltro, sempre in base al dettato normativo esposto, avrebbe dovuto considerare anche il profilo definito con l’indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, valutazione che effettivamente è avvenuta, atteso che un tanto emerge dai verbali della procedura concorsuale”.

Alla luce di ciò concludono che “come noto, costante giurisprudenza amministrativa ha chiarito, in più occasioni, che le valutazioni delle commissioni giudicatrici nei concorsi costituiscono espressione dell’ampia discrezionalità che è riconosciuta all’organo deputato alla selezione di coloro che, tra tutti i candidati al concorso, risultano essere i migliori; tali valutazioni non possono essere sostituite da quelle effettuate dal giudice amministrativo, perché ciò significherebbe impingere nel merito dell’azione amministrativa, restando salve le sole ipotesi in cui la detta azione non sia “ictu oculi” viziata da irragionevolezza, irrazionalità, arbitrarietà o travisamento dei fatti ( a titolo puramente esemplificativo Consiglio di Stato, sez. VI, 12 aprile 2013, n. 2004; id., 1 febbraio 2013, n. 614; id., sez. IV, 28 novembre 2012, n. 6037; id., sez. III, 23 marzo 2012, n. 1690;TAR Lazio, Roma, sez. III, 13 maggio 2014, n. 4907; TAR Abruzzo, sez. I, 7 novembre 2013, n. 930; TAR Puglia, Bari, sez. II, 23 maggio 2013, n. 817; TAR Lazio, Roma, sez. III, 9 gennaio 2013, n. 147; id., sez. I, 5 settembre 2012, n. 7562; id., 7 agosto 2012, n. 7288; id., 8 maggio 2012, n. 4128; TAR Campania, Salerno, sez. II, 6 aprile 2012, n. 656)”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1208 del 2014

Spetta al Dirigente aderire alle convenzioni Consip

19 Set 2014
19 Settembre 2014

Il T.A.R. Veneto, sez. I, nella sentenza del 16 settembre 2014 n. 1207 si occupa delle convenzioni Consip.

Nello specifico, dopo aver chiarito l’obbligo per l’ente di aderire a questi strumenti di acquisto, riconosce la competenza del dirigente nella materia de qua: “Passando al merito del ricorso, deve in primo luogo essere respinto il primo motivo con il quale è stata dedotta l’incompetenza del dirigente comunale ad assumere provvedimenti concernenti l’adesione alla convenzione Consip con oggetto il servizio d’illuminazione pubblica, e ad emettere il relativo ordinativo di fornitura del 5.8.2013, trattandosi di attività gestionale rientrante nella competenza dei dirigenti comunali ai sensi dell’art. 107, comma 3, lett. c), del d.lgs. n. 267/2000, a tenore del quale spettano ai dirigenti “tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo (…) tra i quali in particolare (…) la stipulazione dei contratti”.

Deve, altresì, essere rigettato il profilo di censura con il quale la società ricorrente asserisce che tale decisione sarebbe in contrasto con la precedente delibera di giunta comunale n. 36 del 28 marzo 2011, con la quale era stato deliberato di procedere all’esternalizzazione del servizio di illuminazione pubblica, posto che detta delibera è stata superata dalla successiva delibera di giunta comunale n. 483 del 30.12.2013, con la quale sono stati fissati gli indirizzi per l’approvazione del piano di dettaglio degli interventi in adesione alla Convenzione Consip servizio Luce 2, alla quale ha fatto seguito l’impugnato provvedimento dirigenziale n. 2927 del 31.12.2013.

A medesime conclusioni, deve giungersi con riferimento al secondo motivo di ricorso con il quale parte ricorrente deduce che la scelta di aderire alla contestata convenzione Consip, non sarebbe stata motivata con riferimento alla convenienza del servizio ivi contenuto rispetto ad altre proposte che sarebbero potute eventualmente intervenire se si fosse proceduto all’esternalizzazione del servizio previa indizione di una procedura di evidenza pubblica, atteso che in applicazione dell’art. 1, comma 7, del decreto legge n. 95/2012, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”, è fatto obbligo all’amministrazione comunale di procedere alla gestione del servizio di somministrazione di energia elettrica, tramite l’apposita convenzione Consip, ovvero tramite l’utilizzo dei suoi sistemi telematici di negoziazione, eccetto che nell’ipotesi in cui, non rinvenibile nella fattispecie in esame, il bando di gara sia stato pubblicato precedentemente alla data di entrata in vigore del citato decreto legge”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1207 del 2014

Expo 2015: il Consiglio di Stato sospende l’annullamento dell’aggiudicazione disposto dal TAR Lombardia

18 Set 2014
18 Settembre 2014

Il Consiglio di Stato, sez. IV, nell’ordinanza del 16 settembre 2014 n. 4089, sospende l’esecutività della sentenza del T.A.R. Lombardia n. 1802/2014, commentata nel post del 11.07.2014, che aveva disposto l’annullamento dell’aggiudicazione definitiva della gara.

In particolare si legge: “che è tutt’altro che destituita di fondatezza l’eccezione di tardività dell’impugnativa di primo grado reiterata col primo motivo d’appello, tenuto conto della consolidata giurisprudenza in tema di irrilevanza, a fronte della piena conoscenza degli atti censurati e della loro lesività, di una asserita conoscenza successiva dei vizi di legittimità acquisita a causa di fatti sopravvenuti estranei agli atti medesimi (tenuto conto, fra l’altro, che nel caso di specie tale conoscenza successiva si assume da parte appellante discendere non già da una sopravvenuta conoscenza di atti della serie procedimentale culminata nell’aggiudicazione – ché non è contestata la piena conoscenza di detti atti a seguito della comunicazione ritualmente ricevuta ai sensi dell’art. 79, d.lgs. 12 aprile 2006, nr. 163 – ma dalla “nuova luce” gettata sulla vicenda amministrativa dalle notizie di stampa in merito alle indagini penali in corso per gravi reati commessi nel corso della gara per cui è causa);

- che, con specifico riguardo ai vizi ravvisati dal primo giudice, è quanto meno discutibile che nella specie la violazione della dichiarazione d’impegno resa ai sensi dell’art. 4, comma 2, del Protocollo di legalità (ammesso che una tale violazione sia ravvisabile non solo nella omessa denuncia o segnalazione di condotte illecite altrui delle quali il concorrente avesse avuto a conoscenza, ma anche nel caso di mancata “autodenuncia” di reati commessi dallo stesso concorrente), oltre a legittimare l’esercizio da parte della stazione appaltante della facoltà di risoluzione del contratto di appalto – espressamente ricondotta dalla clausola citata all’art. 1456 c.c., e che lo stesso primo giudice ha riconosciuto rientrare nella sfera di autonomia dell’Amministrazione committente – si sia riverberata anche sulla legittimità della retrostante procedura di gara (per giunta concretando un vizio idoneo a inficiare la sola ammissione del concorrente interessato, e non l’intera procedura selettiva);

Ritenuto altresì, quanto al profilo del periculum in mora, che l’interesse rappresentato dalla parte appellante appare manifestamente ancorato agli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione, che espone l’Ente committente al rischio di una pesantissima condanna a risarcimento per equivalente in caso di mancato esercizio della facoltà di risoluzione del contratto di appalto, pur formalmente rimesso dal T.A.R. all’autonoma valutazione della parte pubblica (e dal quale, ove di fatto esercitato, deriverebbe per converso un diverso e gravissimo pregiudizio all’interesse pubblico alla sollecita realizzazione delle opere oggetto dell’appalto);

Rilevato, ancora, che la sopravvenuta disciplina di cui al d.l. 24 giugno 2014, nr. 90 (in forza della quale risulta in concreto oggi nominato un Commissario Straordinario nella gestione dell’impresa aggiudicataria, con sostanziale estromissione dei soggetti sottoposti ad indagini), oltre a rafforzare le esigenze cautelari rappresentate dalle parti appellanti, costituisce la piena dimostrazione ex post– contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice – della non automatica incidenza sulla legittimità degli atti di gara delle indagini penali in corso, pur nell’estrema gravità dei reati ipotizzati, essendo evidente che il legislatore si è posto il problema dei rimedi da predisporre per fattispecie come quella oggi all’esame ed ha predisposto un meccanismo, quello del “commissariamento” dell’impresa appaltatrice fino all’esito del procedimento penale, ritenuto idoneo a conciliare l’interesse pubblico alla rapida esecuzione dell’opera pubblica con l’esigenza di impedire la percezione dei profitti d’impresa da parte di soggetti sospettati di illeciti, almeno fino alla conclusione del procedimento penale (soluzione nella quale – è appena il caso di sottolinearlo – natura del tutto recessiva è stata attribuita all’interesse a subentrare nella commessa delle altre imprese partecipanti alla gara, le quali evidentemente potranno far valere le proprie ragioni in altre e diverse sedi)”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS ordinanza n. 4089 del 2014

Il Consiglio di Stato conferma che anche il cambio d’uso senza opere può incrementare il carico urbanistico

18 Set 2014
18 Settembre 2014

Il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza del 03 settembre 2014 n. 4483 conferma la sentenza del T.A.R. Veneto n. 1445/2012, commentata nel post del 03.12.2012, in materia di contributo di costruzione connesso al cambio d’uso c.d. funzionale.

In questa pronuncia il Collegio stabilisce che il cambio d’suo senza opere, laddove comporti il passaggio tra categorie edilizie omogenee determinanti un aumento del carico urbanistico, implica il pagamento del contributo di costruzione perché: “L'art. 19 comma 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 dispone, in modo affatto chiaro, che "Qualora la destinazione d'uso delle opere indicate nei commi precedenti...venga comunque modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione".

La disposizione si riferisce in modo omnicomprensivo al contributo di costruzione, come definito dal precedente art. 16, senza distinzione tra le sue componenti, e quindi tanto alla quota parte riferibile agli oneri di urbanizzazione, quanto a quella relativa al costo di costruzione, e trova giustificazione nel diverso regime, più favorevole per gli immobili a destinazione industriale o artigianale (per i quali ai sensi del precedente comma 1 è dovuto contributo limitato ai soli oneri urbanizzativi) e più gravoso per gli immobili a destinazione turistica, commerciale, direzionale e a servizi (per cui invece ai sensi del comma secondo, oltre agli oneri urbanizzativi è dovuto un contributo commisurato anche al costo di costruzione, sebbene nella più ridotta misura ivi specificata, pari al 10% del costo di costruzione documentato).

Ne consegue che, come chiarito da questa Sezione, la quota parte relativa al costo di costruzione è comunque dovuta "...anche in presenza di una trasformazione edilizia che, indipendentemente dall'esecuzione fisica di opere, si rivela produttiva di vantaggi economici ad essa connessi, situazione che si verifica per il mutamento di destinazione o comunque per ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico" (Cons. Stato, Sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6160; vedi anche 14 ottobre 2011, n. 5539, quest'ultima peraltro nel senso che anche la sola variazione di destinazione d'uso all'interno di una stessa categoria, da commercio all'ingrosso a commercio al dettaglio, giustifica il pagamento del contributo, anche per la quota afferente al costo di costruzione).

D'altro canto, è indiscutibile che il mutamento di destinazione d'uso, ancorché senza opere edilizie, da una tipologia utilizzativa artigianale ad altra commerciale implica un mutamento del carico urbanistico, connesso ai ben diversi flussi di traffico e clientela, nonché della redditività, e quindi dei vantaggi economici connessi alla destinazione e all'attività.

In relazione all'incontestato mutamento della destinazione d'uso comportante passaggio da una ad altra tipologia e/o categoria edilizia, d'altra parte, il Comune non era tenuto a supportare la propria richiesta con alcuna motivazione specifica, essendo sufficiente il richiamo al presupposto giuridico-fattuale, ciò che implica il superamento anche dei rilievi introdotti con la memoria di replica a prescindere dalla loro ritualità, contestata dal difensore dell'Amministrazione in sede di discussione”.

dott. Matteo Acquasaliente

CdS sentenza n. 4483 del 2014

Ai fini delle domande edilizie come si calcolano le maggioranze nel condominio normale e in quello “minimo” (di due soli condomini)

18 Set 2014
18 Settembre 2014

Segnaliamo sulla questione la sentenza del TAR Veneto n. 1140 del 2014.

Scrive il TAR: "il provvedimento impugnato con il presente ricorso appare sorretto da validi presupposti, risultando, viceversa, palesemente infondata la doglianza principale articolata dal ricorrente, in base alla quale, in un condominio formato da quattro proprietari quale quello in questione, ai fini dell’approvazione delle innovazioni previste dall’art. 1120 c.c. e della formazione della maggioranza assembleare prescritta dal quinto comma dell’art. 1136 c.c., basterebbe l’approvazione della maggioranza dei condomini calcolata “per teste”, e non per millesimi come invece preteso dal Comune; che, invero, nel caso di specie non possono applicarsi le deroghe al sistema delle maggioranze previsto dal codice civile, le quali sono state individuate dalla giurisprudenza, entro ben definiti limiti, con esclusivo riferimento al c.d. condominio minimo, quello cioè composto - diversamente dal condominio del ricorrente - da due soli condomini ed in cui difetta, materialmente, la possibilità di applicare la disciplina dettata dall'art. 1136 c.c. sulla costituzione delle assemblee e la validità delle sue delibere; che, pertanto, trovando piena applicazione al caso in esame l’art. 1136 c.c., l’innovazione realizzata dal ricorrente doveva essere approvata da tanti condomini che rappresentassero al contempo la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio; che il ricorrente non ha dimostrato di avere ottenuto l’assenso dell’assemblea dei condomini all’intervento, e comunque, di avere acquisito l’assenso di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’edificio, offrendo tale prova per mezzo delle tabelle millesimali come correttamente richiesto dal Comune; ed infatti, anche se - come argomentato dal ricorrente - la previa adozione delle tabelle millesimali non è prevista dalla legge come condizione necessaria per la gestione del condominio, rimane il fatto che esse forniscono un criterio certo e obiettivo, difficilmente sostituibile, di identificazione delle quote di partecipazione condominiale, dato dal rapporto tra il valore delle proprietà singole ed il valore dell'intero edificio, che consente di valutare (ove occorre a posteriori ed in giudizio) se i quorum di costituzione dell'assemblea e di deliberazione sono stati raggiunti (cfr. Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 09- 08-2010, n. 18478); che in mancanza della dimostrazione da parte del ricorrente della propria legittimazione a richiedere la sanatoria per le opere in oggetto, era superfluo per il Comune procedere, nel merito, alla valutazione della compatibilità paesaggistica  dell’intervento;  che, pertanto, il ricorso in esame deve essere respinto in quanto infondato".

Dario Meneguzzo - avvocato

sentenza TAR Veneto 1140 del 2014

Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sui provvedimenti del sindaco ex art. 53, comma 23, della Legge 388/2000

17 Set 2014
17 Settembre 2014

L'articolo 53, comma 23, della legge 388/2000 stabilisce che: "23. Gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemilaabitanti fatta salva l’ipotesi di cui all’articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all’articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni (ora articolo 4, commi 2, 3 e 4, decreto legislativo n. 165 del 2001), e all’articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell’organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio". (comma così modificato dall'articolo 29, comma 4, legge n. 448 del 2001)

Un geometra comunale ha impugnato la determinazione del Sindaco con la quale quest’ultimo, appena riconfermato nella carica dalle elezioni amministrative ed in apertura della nuova legislatura, ha trattenuto in capo alla sua persona, ai sensi dell’art. 53, comma 23, della Legge 388/2000, la responsabilità del Settore Tecnico-Manutentivo, fino ad allora affidata al geometra ricorrente.

Il Comune ha eccepito che la giurisdizione non spetta al giudice amministrativo, ma a quello ordinario e il TAR, con la sentenza n. 1197 del 2014, ha accolto tale eccezione.

Scrive il TAR: "Con il presente ricorso, il Geometra X Y impugna la determinazione del Sindaco di Teglio Veneto con la quale quest’ultimo, appena riconfermato nella carica dalle elezioni amministrative ed in apertura della nuova legislatura, ha trattenuto in capo alla sua persona, ai sensi dell’art. 53, comma 23, della Legge 388/2000, la responsabilità del Settore Tecnico-Manutentivo, fino ad allora affidata all’odierno ricorrente.  Il Geometra X Y impugna altresì la nota con la quale il Sindaco lo ha informato della suddetta decisione e lo ha invitato “a sottopormi i provvedimenti che dovrò sottoscrivere e che la S.V. avrà cura di predisporre”. Preliminarmente, deve essere affrontata la questione, sottoposta dal resistente e dal controinteressato e comunque rilevabile d'ufficio, dell’esistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia, riguardante un rapporto di lavoro contrattualizzato alle dipendenze della P.A. . In estrema sintesi, la giurisdizione va riconosciuta per il caso di contestazione di provvedimenti di organizzazione perché connessi a posizioni di interesse legittimo va, invece, declinata per quelli incidenti su situazioni giuridiche soggettive integrate nel rapporto di lavoro e da ricondurre quindi alla giurisdizione ordinaria (Consiglio Stato, sez. V, 29 aprile 2010, n. 2454; Cassazione SS. UU. 16 febbraio 2009, n. 3677; Cassazione SS. UU. 24 novembre 2010, ord. n. 23781). Ciò posto, si ritiene che nel caso in esame la giurisdizione vada declinata con riguardo ad entrambi gli atti impugnati, perché riconducibili alla gestione di una singola posizione lavorativa. E ciò vale, evidentemente, per l’invito rivolto dal Sindaco, con la nota del 27 maggio 2014, al dipendente, di predisporre i provvedimenti, inerenti alla gestione del settore tecnico-manutentivo, da sottoporre alla firma del primo. E, a ben vedere, anche la determina del Sindaco di conferimento a sé stesso della responsabilità del settore Tecnico-Manutentivo del Comune, è strettamente connessa e prodromica alla predetta  disposizione, ed anch’essa, non assume rilevanza organizzativa, non avendo una portata di generale innovazione dell'organizzazione degli uffici e dei servizi e delle macrostrutture, bensì incidendo su di un’unica posizione organizzativa, ovvero quella del settore tecnico-manutentivo, con riflessi immediati sul singolo rapporto lavorativo con l’odierno ricorrente. Pertanto, alla luce di quanto sopra rappresentato, il Collegio ritiene che difetti la giurisdizione in capo al giudice amministrativo sulla controversia in esame e che la stessa sia da attribuire al giudice ordinario".

Dario Meneguzzo - avvocato

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