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Nuovo parere VTR su art. 38 PTRC

24 Set 2013
24 Settembre 2013

In data 18 settembre 2013 il Comitato ha integrato il parere del 20 marzo 2013, n. 10 sulla variante parziale con attribuzione della valenza paesaggistica al PTRC del 2009.

Ci scrive il dott. David De Arena: "Ho visto il parere della VTR .... a proposito di semplificazione e neocentralismo regionale.

Due perplessità:

a) Al parere pare siano allegati degli elaborati grafici che esplicitano l'ambito di applicazione dell'art. 38 ... se ne sa qualcosa?

b) Detto parere comporterà una delibera di chiarimento da parte della Giunta Regionale?

Un dubbio: la salvaguardia impressa dall'art. 38 del PTRC sembra una tipologia anomala: infatti appare come una salvaguardia "procedimentale" e non oggettiva (riferita cioè ad un oeggetto di pianificazione o di tutela).

E' una nuova categoria di salvaguardia? Ma non dovrebbero essere le leggi, e non i piani, che disciplinano i procedimenti"?


S.O.S. tecnico: secondo la Regione Veneto serve o no la VAS per i piani attuativi?

24 Set 2013
24 Settembre 2013

La DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 143/IIM del 10 settembre 2013 ha per oggetto la risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 535 del 20.01.2012 presentata dal consigliere Peraro Stefano, avente per oggetto: "Serve o no la VAS per i piani attuativi?"

La Sibilla Cumana ha dichiarato: "c'è sempre qualcosa da imparare".

Risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 535 del 20.01.2012

La Regione Veneto ci riprova coi “casoti”

20 Set 2013
20 Settembre 2013

Si era già detto che la Regione Veneto ama i "casoti".

Il Consiglio Regionale Veneto il 18 settembre 2013, in seno alla legge di proroga del Piano Faunistico venatorio del 2007, ha approvato un emendamento proposto dall’Assessore Regionale alla Caccia Stival che risolve il problema legato agli appostamenti fissi di caccia. La questione era sorta dopo la sentenza della Corte Costituzionale (da noi in precedenza commentata) che ha eccepito l'incostituzionalità della legge regionale con la quale si era proposto una specifica regolamentazione sui capanni da caccia.

Il testo ieri licenziato prevede la fondamentale distinzione tra le opere soggette a DIA e quelle, invece soggette ad una semplice comunicazione.

L’emendamento prevede che, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 20 bis della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio” così come modificato dal presente articolo, “sono da considerarsi opere precarie e sono soggetti a DIA gli appostamenti per la caccia agevolmente rimovibili, destinati ad assolvere esigenze specifiche, contingenti e limitate nel tempo e ad essere rimossi al cessare della necessità. Ove tali opere ricadano in aree tutelate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, le stesse sono assoggettate a procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica,  ai sensi dell’allegato 1, punto 39, del  Decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n. 139 Regolamento recante procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica per gli interventi di lieve entità, a norma dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni”.

Diversamente “sono soggette a semplice comunicazione le opere precarie di cui al comma 1, ove rimosse entro 90 giorni; è in ogni caso fatta salva l’autorizzazione paesaggistica semplificata qualora ricadano in aree tutelate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.”

Importanti poteri vengono dati ai Comuni, i quali possono determinare le modalità costruttive per gli appostamenti di caccia sia per quelli soggetti a DIA, sia per quelli soggetti a semplice comunicazione, nel rispetto della vigente disciplina in materia edilizia, tenendo comunque presente che per gli appostamenti di caccia diversi da quelli descritti nel presente emendamento, trovano applicazione le vigenti disposizioni in materia edilizia e paesaggistica.

La DIA di cui al comma 1 e la comunicazione di cui al comma 2 devono essere inoltrate al Comune territorialmente competente e, per conoscenza, alla Provincia territorialmente competente ai fini della pianificazione faunistico-venatoria.

In chiusura, l’emendamento modifica:

  1. Il comma 2 dell’art.20 bis della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio” è così modificato:

“2. Le Province identificano, d’intesa con gli ambiti territoriali di caccia o i          comprensori alpini, le zone in cui possono essere collocati gli appostamenti di cui         al comma 1; gli appostamenti collocati al di fuori delle zone individuate dalle    Province non possono essere utilizzati a fini venatori.”.

2.   La lettera h) del comma 2 dell’art.9 della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50             “Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio” è così        modificata:

         “h) l’identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi, tenuto           conto anche di quelli autorizzati alla data in vigore della legge n.157/1992; per gli     appostamenti che vengono rimossi a fine giornata di caccia non è previsto l’obbligo della comunicazione al comune territorialmente competente;”.

Dott.sa Giada Scuccato

Il Consiglio Regionale Veneto abroga il quorum referendario per la fusione dei Comuni.

20 Set 2013
20 Settembre 2013

Si fa seguito alla nota del 12 dicembre, intitolata “Nota sulla fusione dei Comuni nel Veneto”, ove si spiegava nel dettaglio la procedura che le amministrazioni comunali avrebbero dovuto attivare per intraprendere il processo di fusione. Nella seduta del Consiglio Regionale del Veneto del 18 settembre 2013, è stato approvata la proposta di legge di modifica dell'articolo 6 della legge regionale del 24/12/1992 n. 25  "Norme in materia di variazioni provinciali e comunali", stabilendo che le consultazioni referendarie tra i cittadini interessati a progetti di fusioni di comuni o variazioni delle circoscrizioni comunali saranno valide indipendentemente dal numero degli elettori che vi partecipano. Il Consiglio regionale ha abolito, perciò, il quorum per i referendum consultivi relativi a modifiche dei confini comunali, riservandosi tuttavia la possibilità di valutare l’esito della consultazione, qualora la partecipazione fosse particolarmente esigua.

Della nuova legge, in vigore da subito, potranno beneficiare per primi gli elettori di Quero e Vas (ricordiamo il processo di fusione esaminato nella precedente nota citata sopra) chiamati il 27 ottobre a pronunciarsi con un voto diretto sulla fusione dei rispettivi comuni. Si ricorda che questo progetto è stato il primo dei 13 percorsi di unione amministrativa già avviati in Veneto nell’ultimo anno grazie alla legge che favorisce le aggregazioni tra amministrazioni locali.

dott.sa Giada Scuccato

S.O.S. tecnico: il piano casa consente di realizzare unità indipendenti dall’edificio originario che viene ampliato?

16 Set 2013
16 Settembre 2013

IL geometra Carlo Brun Cardo del Comune di Sarego (VI) pone un rilevante quesito in materia di applicazione del piano casa.

La questione è la seguente: gli interventi realizzati col piano casa possono portare a un nuovo edificio (casa o appartamento, per esempio) del tutto autonomo rispetto all'edificio che ha originato l'ampliamento oppure devono consistere solo ed esclusivamente in veri e propri ampliamenti dell'edificio originario?

Argomenti a favore dell'autonomia:

1) il comma 2 dell'articolo 2 della legge sul piano casa (legge regionale 14/2009, come modificata dalla legge regionale 13/2011) stabilisce che "L'ampliamento di cui al comma 1 deve essere realizzato in aderenza rispetto al fabbricato esistente o utilizzando un corpo edilizio contiguo già esistente; ove ciò non risulti possibile oppure comprometta l'armonia estetica del fabbricato esistente può essere autorizzata la costruzione di un corpo edilizio separato". Il fatto che possa essere realizzato un corpo separato dimostrerebbe che è possibile realizzare una unità immobiliare indipendente da quella originaria, soprattutto dopo che è stata abrogata la parte della disposizione che precisava: "di carattere accessorio e perinenziale";

2) da nessuna parte sta scritto che l'ampliamento non può essere commercializzato separatamente rispetto all'edificio originario.

Argomenti contrari all'autonomia:

1) il comma 1 dell'articolo 2 della legge stabilisce che il piano casa si attua attraverso "l'ampliamento degli edifici esistenti"; il significato letterale della parola "ampliamento" non può essere stravolto fino al punto di realizzare edifici svincolati da quello originario che viene ampliato; la possibilità di realizzare un corpo edilizio separato sta a significare che è possibile realizzare, per esempio, anche cucine o camere separate dall'edificio originario (e non solo locali accessori, come cantine o garage);

2) il comma 1 dell'articolo 2 stabilisce che l'ampliamento serve per raggiungere le finalità dell'articolo 1 della legge, il quale si riferisce a "interventi finalizzati al miglioramento della qualità abitativa per preservare, mantenere ricostruire e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente"; da nessuna parte sta scritto che possono essere realizzate unità indipendenti;

3) per separare giuridicamente l'ampliamento dall'edificio originario bisogna effettuare una ristrutturazione edilizia  dell'edificio compelssivo risultante da quello originario + l'ampliamento.

Al fine di realizzare una statistica, chiediamo ai lettori di inviarci informazioni per sapere quali comuni si regolano in uno o nell'altro modo.

Dario Meneguzzo

Quant’è diffusa sul territorio la questione dell’art. 38 del PTRC (aree comprese nel raggio di 2 km dai caselli autostradali, dagli accessi alle superstrade ed alle stazioni SFMR)?

10 Set 2013
10 Settembre 2013

Nell’esaminare le problematiche sottese alla disciplina dettata dall’art. 38 delle norme tecniche del PTRC, come definita con la variante n. 1/2013, si è portati sovente a “localizzare” le criticità nei territori dei Comuni capoluogo di Provincia, tutti caratterizzati dalla presenza di almeno un casello delle autostrade già in esercizio:

In realtà la questione è assai più diffusa, ma la difficoltà è di poterne visualizzare la portata.

Assai utile è, pertanto, l’elaborato grafico predisposto dalla Provincia di Vicenza, che colloca puntualmente sull’intero territorio provinciale ben 49 circonferenze con raggio di 2 km dagli oggetti indicati nell’art. 38 del PTRC.

Significativa risulta, in particolare, la frequenza con la quale, pur in presenza di un casello autostradale, di un accesso ad una superstrada o ad una stazione di SFMR, localizzati nel territorio di un Comune, l’area definita dal raggio di 2 km da tali oggetti finisce per interessare il territorio di altri Comuni.

dott. Roberto Travaglini

Provincia_Vicenza_aree_art_38_PTRC

Ancora sulla disciplina del PTRC per le aree afferenti ai caselli autostradali, gli accessi alle superstrade e alle stazioni SFMR

04 Set 2013
4 Settembre 2013

Il dott. Roberto Travaglini di Confindustria Vicenza, che sentitamente ringraziamo, ci invia la nota che pubblichiamo.

Ancora sulla disciplina del PTRC per le aree afferenti ai caselli autostradali

Provincia_Vicenza_aree_art_38_PTRC

Comune_Vicenza_aree_art_38_PTRC

Comune_Verona_aree_art 38_PTRC

Comune_Padova_aree_art_38_PTRC

C’è chi ama i “casoti da cacia” e chi no

22 Ago 2013
22 Agosto 2013

La Regione Veneto evidentemente ama i casoti  (o, più probabilmente, gli elettori che li costruiscono).

Con la sentenza n. 139 del 13 giugno 2013, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge regionale del Veneto n. 25 del 6 luglio 2012 nelle parti in cui esenta gli appostamenti per la caccia (capanni, altane) dall’ottenimento dell’autorizzazione paesaggistica (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.) e dal titolo abilitativo urbanistico-edilizio (D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i.).

La Regione Veneto, per ovviare alla sentenza della Corte, con la deliberazione della Giunta n. 1393 del 30 luglio 2013 ha disposto che “gli appostamenti di caccia in assenza di titolo abilitativo edilizio non possono essere allestiti prima del 1.08.2013 e devono essere rimossi entro e non oltre il 28.02.2014”.

Segnaliamo che la deliberazione nulla dice sulla autorizzazione paesaggistica: insomma essa sembra un pasticcio giuridico.

Molto critica è stata la presa di posizione della associazione ecologista Gruppo d'Intervento Giuridico Onlus, che ha inviato un esposto alle Procure  della Repubblica, come si può leggere nel sito sotto indicato:

htpp://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2013/08/17/la-giunta-regionale-del-veneto-se-ne-frega-della-corte-costituzionale-per-favorire-i-cacciatori/#more-7787

Dario Meneguzzo

dgr_appostamenti_fissi_caccia-29-7-2013

Il PAT ha natura programmatica

13 Ago 2013
13 Agosto 2013

Il T.A.R. Veneto, sez. I, con la sentenza del 08 agosto 2013 n. 1056, conferma la natura programmatica e non immediatamente lesiva del P.A.T. esponendo che: “6.2. Dall’altro, deve rilevarsi la non immediata lesività delle previsioni “strutturali” e di obiettivo contenute nel P.A.T., posto che la specifica localizzazione dei singoli assi viari, compreso quello che interessa la presente controversia – benché riportato nella tavola n. 4 “Carta delle Trasformabilità” allegata al P.A.T. (cfr. doc. 4 della parte resistente) quale “viabilità secondaria e minore da riqualificare/potenziare” – risulta normativamente demandata al distinto livello di pianificazione da realizzarsi con il Piano degli Interventi.

6.3. Infatti, l’art. 13, comma 1, della L.R. del Veneto n. 11 del 2004 stabilisce che «il piano di assetto del territorio (P.A.T.), redatto sulla base di previsioni decennali, fissa gli obiettivi e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni ammissibili (…)», specificando al comma 3, lettera b), del medesimo articolo che «il P.A.T. è formato: (…) b) dagli elaborati grafici che rappresentano le indicazioni progettuali».

6.4. L’art. 17, comma 2, lettera h), della citata L.R. n. 11 del 2004, inoltre statuisce che: «il P.I. in coerenza e in attuazione del piano di assetto del territorio (P.A.T.) sulla base del quadro conoscitivo aggiornato provvede a: (…) h) definire e localizzare le opere e i servizi pubblici e di interesse pubblico nonché quelle relative a reti e servizi di comunicazione, di cui al decreto legislativo n. 259 del 2003 e successive modificazioni, da realizzare o riqualificare».

6.5. Pertanto, alla luce di tale quadro normativo, dalla tavola n. 4 “Carta delle Trasformabilità” allegata al P.A.T., non derivava alcun onere di immediata impugnazione a carico dei ricorrenti, trattandosi di una mera “indicazione progettuale”, per la cui puntuale localizzazione risulta necessaria l’adozione del P.I.”.

dott. Matteo Acquasaliente

TAR Veneto n. 1056 del 2013

Le medie strutture all’interno dei parchi commerciali

13 Ago 2013
13 Agosto 2013

Con la sentenza n. 981 del 24 luglio 2013, la Terza Sezione del TAR Veneto affronta varie questioni relative alla proroga del termine di attivazione delle strutture di vendita, con particolare riguardo alle medie strutture all’interno dei parchi commerciali.

Segnaliamo, innanzitutto il seguente passaggio, dove viene analizzato l’art. 2 della legge regionale n° 42 del 2012, norma di interpretazione  autentica dell’articolo 10 della legge regionale n° 15 del 2004; quest’ultimo “si interpreta nel senso che agli esercizi di vicinato ed alle medie strutture di vendita, ubicate all’interno dei parchi commerciali oggetto di ricognizione ai sensi del comma 7 dell’art. 10 della legge regionale n° 15 del 2004, si applicano le disposizioni di cui all’art. 22 del d. lgs. n° 114 del 1998.

Dunque”, afferma il TAR, “per effetto dell’art. 2 della legge regionale n° 42 del 2012, l’art. 22 del d. Lgs. n° 114 del 1998 si applica anche alle medie strutture di vendita comprese in un parco commerciale. In tal caso non si applica più l’art. 23 della legge regionale n° 15 del 2004, che prevede una disciplina della proroga più restrittiva rispetto all’art. 22 del d. lgs. n° 114 del 1998, nel senso di richiedere una sola proroga fino ad un massimo di un anno. (…) La ratio della legge n° 42 del 2004 è quella di evitare una disparità di disciplina tra medie strutture di vendita ubicate all’interno di parchi commerciali e le medie strutture di vendita non ubicate all’interno di parchi commerciali.” Il TAR avverte tuttavia che: “La ratio non è invece quella di offrire maggiori libertà di prorogare i termini di attivazione degli esercizi commerciali connessi al rilascio dei provvedimenti autorizzativi. Quanto sopra risulta evidente, considerando che il settimo comma dell’art. 18 della legge regionale n° 50 del 2012 (in vigore dal 1 Gennaio 2013) stabilisce che le medie strutture di vendita sono attivate nel termine di decadenza di due anni dal rilascio dell’autorizzazione commerciale o dalla presentazione della SCIA, salva la potestà del comune di prorogare per una sola volta il termine in caso di comprovata necessità, su motivata richiesta dell’interessato da presentarsi entro il predetto termine. Dunque con la legge regionale n° 50 del 2012 è stata posta una disciplina più restrittiva (in relazione alla determinazione del periodo massimo di proroga ed alla possibilità di prorogare per una sola volta) alle proroghe rispetto a quella posta dall’art. 22 del d. Lgs. n° 114 del 1998, confermando con ciò che l’intento della legge n° 42 del 2012 non era quello di andare nella direzione di una maggiore possibilità di concessione delle proroghe, ma invece quello di evitare la sopra richiamata disparità di disciplina tra medie strutture di vendita ubicate all’interno di parchi commerciali e le medie strutture di vendita non ubicate all’interno di parchi commerciali.

Nel caso di specie ha trovato applicazione, ratione temporis, la legge regionale n° 42 del 2012 (entrata in vigore il 17 Novembre 2012 e abrogata dall’art. 30 comma 1 lettera g) della legge regionale n° 50 del 2012, con effetto dal 1 Gennaio 2013).

In particolare è stato avviato un procedimento ai sensi dell’art. 5 della legge regionale n° 42 del 2012, che stabilisce che i procedimenti amministrativi aventi ad oggetto l’autorizzazione commerciale relativa alle fattispecie di cui agli articoli 1, 2 e 3 della legge regionale n° 42 del 2012, attivati precedentemente all’entrata in vigore della legge stessa, sono riesaminati ad istanza di parte, tenuto conto degli articoli 1, 2 e 3 della legge stessa.

L’interessata invocava l’art. 2 della L. 42 , il quale consentiva – fino all’entrata in vigore il 1° gennaio 2013 dell’art. 18 della L. 50 del 2012 sui nuovi termini di attivazione -  ulteriori proroghe senza una rigida predeterminazione del periodo di proroga, purché fosse fornita una rigorosa dimostrazione della necessità della proroga.

Il TAR ha ritenuto illegittima la proroga concessa dal Comune, in primis, per avere disatteso due sentenze del Consiglio di Stato, le quali  avevano specificamente ritenuto illegittima una precedente proroga dell’attivazione delle medie strutture di vendita in quanto non sussistevano i presupposti di necessità per la concessione della proroga.

In secundis, per carenza di potere, avendo il Comune accordato la proroga dopo che era scaduta l’autorizzazione commerciale; scrive il TAR:  “Gli artt. 2 e 5 della legge regionale n° 42 del 2012 consentono all’amministrazione di riesaminare i procedimenti amministrativi “attivati” che riguardano la proroga delle autorizzazioni commerciali, ma non introducono una deroga al principio, riconosciuto dalla costante giurisprudenza per quanto attiene alla disciplina del termine di attivazione di un’iniziativa commerciale od edilizia autorizzata, secondo cui la richiesta di proroga del termine deve essere presentata prima della scadenza del termine originario (così Consiglio di Stato IV n° 360 del 2013). Tale principio non è derogato né dall’art. 22 del d. lgs. n° 114 del 1998 né dalla legge regionale n° 42 del 2012. Infatti la possibilità di prorogare i termini di attivazione degli interventi edilizi e commerciali autorizzati, successivamente alla loro scadenza, metterebbe in pericolo l’attuazione della programmazione commerciale ed urbanistica e pregiudicherebbe il necessario ordine disciplinatorio degli interventi.

Rileva infine il TAR che il provvedimento impugnato “è altresì illegittimo per violazione dell’art. 7 della legge n° 241 del 1990”. La violazione discende dal fatto che, dalla data di comunicazione alla ricorrente di avvio del procedimento alla data di adozione del provvedimento di proroga fossero trascorsi soltanto nove giorni, vale a dire un termine ritenuto non congruo affinché la ricorrente fosse messa in condizione di partecipare al procedimento (“ (…) il collegio reputa che di norma il termine congruo può essere definito quello avente la durata di quindici giorni (un’indicazione normativa può trarsi sotto tale profilo dall’art. 7 comma 1 del D.P.R. n° 184 del 2006), termine che nel caso di specie non è stato rispettato.”)

avv. Marta Bassanese

sentenza TAR Veneto 981 del 2013

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