Il Consiglio di Stato sull’ISEE personale o familiare

12 Nov 2013
12 Novembre 2013

Con la sentenza n. 5355 dell’8.11.2013, la Terza sezione del Consiglio di Stato (estensore Lignani), è tornata sulla questione dell’interpretazione dell’art. 3, comma 2-ter, del decreto legislativo n. 109/1998 (Disciplina dell’ISEE).

La norma così recita: : «Limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'àmbito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo, rivolte a persone con handicap permanente grave (...), le disposizioni del presente decreto si applicano nei limiti stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (....) al fine di favorire la permanenza dell'assistito presso il nucleo familiare di appartenenza e di evidenziare la situazione economica del solo assistito, anche in relazione alle modalità di contribuzione al costo della prestazione».

La giurisprudenza si è a lungo interrogata se la funzione del d.P.C.M. sia quella di attuare e rendere applicabile la deroga (sicché in mancanza resti applicabile in toto la regola generale dell’I.S.E.E. familiare) ovvero se quest’ultima abbia comunque applicazione diretta.

Il Consiglio di Stato aveva in precedenza affermato (Sezione III, sentenza 21 dicembre 2012, n. 6674) che l’art. 3, comma 2-ter, del d.lgs. n. 109/1998, esprime il principio che per la prestazioni ivi considerate si deve avere riguardo alla situazione economica del solo assistito e non a quella della famiglia; e che tale principio è direttamente applicabile anche in mancanza del decreto attuativo.

Nella sentenza in esame, i giudici si interrogano “se si debba giudicare diversamente, alla luce della sopravvenuta (dopo la pronuncia della sentenza appellata) sentenza della Corte costituzionale, 19 dicembre 2012, n. 296.”, con la quale “la Corte ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità relativa a una disposizione di legge regionale toscana, che prevede che la quota di compartecipazione da parte della persona assistita ultrasessantacinquenne per le prestazioni di tipo residenziale a favore di persone disabili, sia calcolata tenendo anche conto della situazione reddituale e patrimoniale del coniuge e dei parenti in linea retta entro il primo grado.

I giudici hanno infine concluso che “Nel sistema dell’art. 117, cost., la ripartizione delle competenze legislative – con l’inerente figura della “competenza concorrente” riguarda esclusivamente lo Stato e le Regioni, non gli enti locali”, per cui il regolamento comunale impugnato, che faceva riferimento all’ISEE familiare anziché a quello del solo assistito disabile, non è stato ritenuto legittimo.

Si fa notare, tuttavia, che, con la sentenza del 03.07.2013, la stessa terza sezione del Consiglio di Stato (ma con estensore Russo) aveva invece giudicato legittimo un regolamento comunale il quale derogava alla regola della evidenziazione della situazione economica del solo assistito, affermando che la richiesta comunale, rivolta ai familiari del disabile tenuti agli alimenti ex art. 833 c.c. in ordine alla presentazione della dichiarazione ISEE, “è in sé legittima, pur quando riguardi, come nella specie, prestazioni sociosanitarie a favore dei disabili gravi o degli anziani non autosufficienti. Essa infatti individua l’insieme dei soggetti cui sono posti i doveri di solidarietà e di assistenza verso il disabile, connessi ai restanti compiti propri del nucleo familiare di appartenenza. E tal conclusione, ad avviso del Collegio, è a più forte ragione corroborata dai principi sanciti dalla Corte costituzionale (cfr. C. cost., 19 dicembre 2012 n. 296), in base ai quali non è corretta la tradizionale interpretazione, per vero un tempo fatta propria anche da questo Consiglio, per la quale il ripetuto art. 3, c. 2-ter costituisca, anche in assenza del colà previsto DPCM, un livello essenziale delle prestazioni relative ai servizi sociali (LIVEAS) a favore dei disabili, con particolar riguardo all’evidenziazione del patrimonio del solo assistito nei casi indicati. (…) La Corte sottolinea che prevedere forme di compartecipazione ai costi delle prestazioni di tipo residenziale, da parte di familiari, può servire da incentivo indiretto che contribuisce a favorire la permanenza del disabile presso il proprio nucleo familiare. (…)

Da ciò discende l’assenza di un’immediata cogenza, pur se manchi tuttora il relativo DPCM, della valorizzazione della sola posizione personale dell’assistito, a qualunque categoria di disabilità egli appartenga”. 

dott. Matteo Acquasaliente

sentenza CDS 5355 del 2013

Nel caso di approvazione di un progetto di opera pubblica devono essere mandati uno o due avvisi di avvio del procedimento?

12 Nov 2013
12 Novembre 2013

Quando si approva un progetto di opera pubblica in variante, ai sensi dell'art. 14, comma 13, della legge n.109/1994, serve un avviso di avvio del procedimento per l'apposizione del vincolo espropriativo e un altro avviso per  il procedimento diretto alla dichiarazione di pubblica utilità?

Risponde di no la sentenza del Consiglio di Stato n. 5349 del 2013.

Spiega il Consiglio di Stato: "Il TAR ha respinto la prima censura, con la quale la ricorrente espropriata aveva sostenuto l’illegittimità della delibera n.39 del 27.7.2005 di approvazione del progetto in quanto non preceduta, a suo parere, da avviso dell’inizio del procedimento, ed aveva indicato la norma violata nell’art. 16, comma 4, del dpr n. 327/2001. In particolare, il giudice di prime cure ha invece verificato che “L’avviso di avvio del procedimento risulta, per contro, correttamente notificato a Cacciapuoti Vincenzo, Cacciapuoti Francesco e Cacciapuoti Giuseppe e cioè a coloro che, all’epoca, risultavano in base al catasto, comproprietari del bene, come identificato in progetto”. In punto di fatto è incontestato ed incont estabile che con nota del 17.6.2005 l’amministrazione ha informato i proprietari espropriandi della scelta dell’area, avvisandoli nel contempo che ad essa avrebbe fatto seguito la delibera di apposizione del vincolo e precisando che detto avviso era emanato ai sensi degli artt. 8 della legge n. 241/1990 ed 11 del dpr n. 327/2001. L’orientamento testé riassunto è, però, avversato dagli appellanti, i quali affermano che il TAR avrebbe confuso la comunicazione di avvio del procedimento di apposizione del vincolo espropriativo (effettuata) con quella inerente il procedimento diretto alla dichiarazione di pubblica utilità, che sarebbe mancata. Pur trattandosi di comunicazioni che in via generale attengono a momenti distinti del procedimento tipizzato dalla normativa, la censura nel caso in esame non può essere accolta. Va premesso che l’opera in questione, come emerge chiaramente dalla delibera di approvazione progettuale impugnata (n.39/2005), trova il proprio fondamento giuridico nella fondamentale norma dall’art. 14, comma 13, della legge n.109/1994, espressamente richiamata dalla delibera in contestazione, in base al quale l’approvazione dei progetti di opere pubbliche equivale a dichiarazione di pubblica utilità. A ciò va aggiunto, come dà atto il Comune nel provvedimento “de quo”, che l’approvazione dell’opera non comporta alcuna deroga o tantomeno variante al PRG ; in effetti dagli atti emerge che essa si limita a specificare la destinazione a servizio parcheggi di aree già in origine destinate ad interesse comune. Pertanto, in base alla costruzione normativa, emerge che nel caso in esame dal contenuto di un unico provvedimento derivano sia l’apposizione del vincolo che l’approvazione del progetto, sicché l’ emissione di un unico avviso è a giudizio del Collegio sufficiente al fine di osservare le fondamentali esigenze di partecipazione e contraddittorio. Ne consegue, per contro, che un ulteriore avviso (che secondo l’appellante doveva essere emesso ai sensi dell’art. 16, comma 4, della legge n.327/2001) avrebbe inutilmente aggravato il procedimento, non potendo relazionarsi all’emanazione di un provvedimento terminale diverso (per il principio v., ex multis, C.G.A.,n.125/2011). Nella fattispecie, pertanto, deve ritenersi assolto il dovere dell’amministrazione al fine di rispettare le fondamentali esigenze di partecipazione e contraddittorio nel procedimento amministrativo".

sentenza CDS 5349 del 2013

L’espropriato non ha interesse a contestare la scelta dell’autorità espropriante di procedere alla determinazione d’urgenza dell’indennità

12 Nov 2013
12 Novembre 2013

L'art. 22 del D.P.R. 327/01 disciplina la possibilità per l’autorità espropriante di procedere alla determinazione d’urgenza dell’indennità.

Nel ricorso deciso dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5349 del 2013 l'interessato contestava, tra l'altro, che sussisteseo i motivi di urgenza per determinare l'indennità ai sensi dell'articolo sopra citato.

La sentenza esamina due profili interessanti della questione.

In primo luogo il Consiglio di Stato ritiene che la questione spetti alla giurisdizione del giudice amministrativo e non a quella del giudice ordinario, perchè non si discute della determinazione dell'ammontare dell'indennità di esproprio (nel qual caso la giurisdizione spetterebbe alla  Corte di Appello) ma della procedura espropriativa. In sewcondo luogo esclude ogni interesse dell'espropriato a impugnare questa questione.

Si legge nella sentenza: "Sul difetto di motivazione del decreto di esproprio, in ordine alla scelta dell’autorità espropriante di procedere alla determinazione d’urgenza dell’indennità (questione posta dal terzo motivo di ricorso), il ricorso di primo grado aveva sostenuto la mancanza di urgenza e la carenza di motivazione in ordine a tale presupposto. Premesso che il decreto è stato emesso sulla base dell’art. 22 del DPR citato, ove si prevede un procedimento per la determinazione urgente dell'indennità provvisoria, considerato inoltre che l’intento acceleratorio della norma determina un vantaggio anche per l’espropriato, il Collegio ritiene che non sussista interesse alla censura in esame. Né in contrario può essere richiamato il principio della tutela strumentale, poiché l’accoglimento della doglianza non condurrebbe ad alcuna utilità concreta (richiesta, ed es., da Cons di Stato, sez. IV, n.4412/2004), e tanto meno all’illegittimità del decreto di esproprio, ma solo all’unica alternativa di adottare il procedimento ordinario di determinazione indennitaria, indicato come corretto".

Cosa succede se non viene mandata la comunicazione della data in cui è divenuto efficace l’atto che ha approvato il progetto definitivo dell’opera pubblica?

12 Nov 2013
12 Novembre 2013

Scrive il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5349 del 2013: "Quanto alla mancanza della comunicazione prevista ai sensi dell’art.17 del D.P.R. ed avente ad oggetto la data in cui è divenuto efficace l'atto che ha approvato il progetto definitivo dell'opera pubblica, la norma non sembra porre un requisito di legittimità dell’approvazione (subordinare l’efficacia del provvedimento alla comunicazione), avendo un’eventuale irregolarità in proposito unicamente l’effetto di impedire che, nonostante la mancata comunicazione, inizi a decorrere per l’interessato il termine per impugnare l’atto di approvazione; ed in effetti la giurisprudenza, esplicitando la disposizione in parola, ha precisato che resta irrilevante la conoscenza "aliunde" eventualmente acquisita dell'atto (v. Cons. di Stato, sez. VI, n. 86/2007)".

L’onere di motivazione gravante sull’amministrazione circa le scelte urbanistiche in sede di adozione di PRG è generale o puntuale e mirato?

11 Nov 2013
11 Novembre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n. 5114 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "Parimenti non convince il secondo degli argomenti difensivi anch’esso insistentemente ribadito dall’appellante. Vale osservare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione circa le scelte urbanistiche in sede di adozione di PRG è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza la necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato Sez.. IV 3 novembre 2008 n.5478); e tanto vale a far ritenere pienamente satisfattive, avuto riguardo alla nozione di urbanistica sopra evidenziata, le ragioni giustificative apposte dall’amministrazione comunale di Terni. Per il vero il Vecchione censura la motivazione resa sotto un altro aspetto, quello per cui egli godrebbe di una posizione particolarmente qualificata, che imponeva un onere motivazionale più pregnante, nella specie non assolto dalla P.A.. Quanto invocato in linea di principio è in astratto condivisibile; ma il fatto è che non è ravvisabile in capo all’appellante una posizione qualificante, come solitamente intesa in giurisprudenza. Invero, il piano attuativo dal medesimo presentato è stato solo adottato in costanza di un precedente PRG e quindi trattasi di una situazione in vigore sotto il regime giuridico dettato da una precedente disciplina urbanistica e in relazione a ciò l’Amministrazione non era affatto tenuta ad approvare una variante ad hoc di approvazione di detto piano attuativo, non potendosi precludere al Comune, come avvenuto, la facoltà di ridefinire ex novo l’assetto urbanistico con scelte rispettose degli altri valori che sorreggono la gestione del territorio, sebbene recanti effetti più restrittivi per lo ius adificandi connesso ai diritti dominicali dei proprietari dei terreni inseriti nella aree interessate. In sostanza non vi era un’aspettativa qualificata (lottizzazione, giudicato e simili) che avrebbe potuto avallare la tesi della motivazione rinforzarta sostenuta dall’appellante".

sentenza CDS 5114 del 2013

Le scelte urbanistiche sono connotate da amplissima discrezionalità e perciò sottratte al sindacato di legittimità salvo che…

11 Nov 2013
11 Novembre 2013

Segnaliamo sul punto la sentenza del Consiglio di Stato n. 5114 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "Entrambi gli assunti interpretativi propugnati dall’appellante sono privi di giuridico fondamento, alla luce dei principi giurisprudenziali fissati in materia da questo Consiglio di Stato. Le scelte urbanistiche dettate dall’Amministrazione comunale con il Piano regolatore costituiscono valutazioni connotate da amplissima discrezionalità, sottratte, come tali, al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto abnormi ovvero da manifesta irragionevolezza, vizi, nella specie, non rinvenibili ( Cons. Stato Sez. IV 27 luglio 2011 n.4505; idem 9 luglio 2002 n.3817; 6 febbraio 2002 n.664). Al di là comunque della impossibilità in sé di censurare il merito delle scelte relative alla disciplina del territorio, nel caso de quo la previsione di piano di diminuire la capacità edificatoria delle aree inserite in zona di espansione non solo non è irrazionale, ma risulta assunta conformemente ai criteri di ragionevolezza e congruità, che giustificano ampiamente la scelta effettuata. Invero, come peraltro pacificamente ammesso dallo stesso appellante, le ragioni apposte dall’Amministrazione per spiegare la diminuzione della volumetria delle aree in causa rispetto a quella in precedenza prevista è collegabile all’esigenza di assicurare la tutela e la salvaguardia dell’ambiente naturale della parte di territorio in cui esse si trovano, nell’ambito di un riequilibrio delle zone di espansione. Ebbene, una motivazione del genere è del tutto consona e coerente con le regulae iurs che reggono il potere di pianificazione urbanistica, se è vero che detta pianificazione non è limitata alla individuazione delle destinazioni delle zone e alla fissazione della possibilità e limiti della edificazione nelle stesse, dovendosi invece comprendere nel potere di gestione del territorio, per mezzo della disciplina delle aree, anche le finalità economico-sociali della comunità locale in un quadro istituzionale di rispetto e valutazione dei valori costituzionalmente tutelati, tra cui va sez’altro annoverato quello della tutela paesaggisticoambientale (Cons. Stato Sez. IV 10 maggio 2012 n.2710).  In concreto il Comune di Terni, in considerazione dell’ampia portata degli interessi pubblici e privati coinvolti nella formazione dello strumento urbanistico, nell’esercizio di un potere discrezionale, ha spiegato coerentemente le finalità della prevista riduzione di cubatura edificabile,  individuandole nell’esigenza di ridurre il consumo edilizio delle aree de quibus, inserite in zone contrassegnate da una notevole intensità residenziale, onde assicurare, nell’ambito di una operazione di riassetto e di compensazione urbanistica, la valenza ambientale di quella parte del territorio, che, ancorché avente destinazione residenziale,risulta pur sempre abbisognevole di salvaguardia dei profili ambientali “di particolare interesse”, pure ritenuti sussistenti in sito con riferimento alle previsioni riguardanti la potenzialità di edificazione. Parte appellante, sempre a sostegno della tesi della incongruità della scelta urbanistica de qua, affida particolare significato alle osservazioni e risultanze contenute nella relazione a firma dell’arch. Carlo Giani: ora, a prescindere dall’ammissibilità o meno di tale documento prodotto per la prima volta in sede di appello, detta relazione non può assumere valenza rilevante, trattandosi di documento di parte, volto unicamente a corroborare le censure formulate dall’appellante, senza che possa ergersi a prova decisiva e determinante della fondatezza delle relative tesi difensive".

sentenza CDS 5114 del 2013

La legge regionale europea per il 2013

11 Nov 2013
11 Novembre 2013

Sul Bur n. 95 del 08 novembre 2013 è stata pubblicata la L.R. Veneta  n. 27 del 07 novembre 2013, recante "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi della Regione del Veneto derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea. Attuazione della Direttiva 2006/123/CE e della Direttiva 2009/28/CE nonché modifiche alla legge regionale 25 novembre 2011, n. 26 (legge regionale europea 2013)".

La legge contiene numerose disposizioni in materia di esercizi di somministrazione  di alimenti e bevande e di uso di energia da fonti rinnovabili.

Legge regione Veneto 27 del 2013

Conferenza delle regione e delle province autonome: strumenti a supporto delle amministrazioni comunali per la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri

11 Nov 2013
11 Novembre 2013

 Il documento costituisce attuazione della proposta approvata dal Consiglio Direttivo di ITACA di fornire strumenti operativi di ausilio alle piccole e medie amministrazioni aggiudicatrici nella realizzazione delle opere di urbanizzazione attraverso l’istituto dello scomputo dei relativi oneri.

Il documento si compone:

- delle linee guida (allegato 1), volte ad indicare le best pratices che le amministrazioni dovrebbero seguire operativamente nella gestione del procedimento di realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo;

- due schemi di convenzione-tipo rispettivamente per le opere di urbanizzazione sopra (allegato 2) e sottosoglia (allegato 3).

Le linee guida hanno per oggetto la discussione delle questioni fondamentali e l’esplicazione degli schemi di convenzione.

Con la dicitura IO, seguita da numero progressivo, sono sintetizzate in grassetto le indicazioni operative per i Comuni.

Link:
 
 

Nel caso di annullamento di un titolo edilizio quando è applicabile la sanzione pecuniaria dell’art. 38 del DPR 380 del 2001

08 Nov 2013
8 Novembre 2013

Segnaliamo sulla questione la sentenza del Consiglio di Stato n. 5115 del 2013.

Scrive il Consiglio di Stato: "L’art. 38 del DPR 6 giugno 2001 n.3890 (Testo unico dell’edilizia) disciplina il regime sanzionatorio applicabile nelle ipotesi in cui l’intervento edilizio sia stato realizzato sulla base di un titolo poi annullato, con la espressa previsione dell’irrogazione di una sanzione pecuniaria … “ove non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino…” . La norma è finalizzata ad introdurre un regime sanzionatorio più mite per le opere edilizie realizzate conformemente ad un titolo abilitativo successivamente rimosso rispetto ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, con il chiaro intento di tutelare un certo affidamento del privato, regime che consente la conservazione del bene (Cons. Stato Sez. IV 10/8/2011 n.4770). Ora nella specie non si può escludere in capo agli interessati una situazione di buona fede, ma il fatto è che nel caso de quo siamo al di fuori del campo operativo della norma sopra illustrata, recante sostanzialmente una forma di sanatoria a formazione progressiva (con la sanzione pecuniaria in luogo della rimozione). Invero, anche tenuto conto della stessa formulazione letterale della disposizione (“qualora non sia possibile .. la rimozione dei vizi delle procedure amministrative …”), l’effetto, per così dire, sanante della stessa è circoscritto alle sole ipotesi in cui il titolo ad aedificandum sia stato annullato per vizi di carattere formale e procedurale, non essendoci, così, spazio per l’applicazione della sanzione pecuniaria, allorché sia stata acclarata la sussistenza di un vizio di natura sostanziale (Cons. Stato Sez. V 12 maggio 2006 n.2960). Nella specie, è stata accertata la non conformità della costruzione alle prescrizioni di carattere vincolante recate in materia di normativa antisismica dal D.M. 16/1/1996, laddove per il fabbricato de quo è prevista, in relazione alla larghezza della strada su cui si affaccia (via Vico Vitetta), l’altezza massima consentita di 11 metri, mentre risulta essere stato assentito per 18 metri, con violazione dunque delle disposizioni in questione. All’uopo appare utile osservare come la prescrizione relativa all’altezza de qua non è uno standard “normale”, nel senso che non riguarda, come per il requisito dell’altezza previsto dall’art. 8 del D.M. n.1444 del 1968, un aspetto squisitamente edilizio della gestione dell’assetto del territorio: qui l’altezza degli edifici viene regolamentata ai fini antisismici, in cui l’elemento in questione ha una sua palese e specifica rilevanza, andando in particolare ad incidere sulla velocità di inclinazione delle strutture del fabbricato e quindi sugli aspetti di sicurezza e di incolumità pubblica sottesi alla normativa dettata dal D.M. del 1996. Questi hanno un pregnanza essenziale in relazione agli interessi che si vanno a proteggere e sono, dunque, assolutamente vincolanti e non suscettibili di qualsiasi deroga. Stante la natura tecnica del rilievo, il vizio accertato non può non attenere alla costruzione nella sua unitarietà, non essendo scindibile quanto realizzato in conformità all’altezza prescritta ( 11 metri ) e quanto in più eseguito. E siccome “l’alterazione” investe l’edificio nella sua integralità, la costruzione non può comunque essere conservata oltre l’altezza massima consentita con riferimento alla strada su cui si affaccia. Quanto testè osservato circa la natura e gli effetti del vizio sostanziale rilevato a carico della costruzione rende inammissibile il vizio di difetto di motivazione, pure dedotto nei confronti dell’Amministrazione, per non avere la medesima motivato “circa la possibilità di adottare soluzioni alternative alla ingiunta demolizione”. Non è configurabile per il Comune (e quindi non sussiste onere motivazionale ad ho ) l’esercizio di un potere tecnico-discrezionale sussumibile sotto la figura di una propensione per l’una o l’altra scelta (demolizione o sanzione pecuniaria), perché la stessa è impedita dalla portata assolutamente vincolante dell’anomalia riscontrata, la quale non ammette “sanatoria” sia pure sotto forma di sanzione pecuniaria e neppure una demolizione parziale. L’Amministrazione dunque, in esecuzione del giudicato in precedenza emesso sul punto da questo Consiglio di Stato, non poteva non adottare le misure “ consequenziali” di ripristino dello stato dei luoghi, senza che potessero residuare spazi di applicazione della norma di favore recata dal citato art. 38 del DPR n.380/2001".

avv. Dario Meneguzzo

sentenza CDS 5115 del 2013

PDL n. 390 d’iniziativa della Giunta Regionale: Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo, la rigenerazione urbana e il miglioramento della qualità insediativa

08 Nov 2013
8 Novembre 2013

Pubblichiamo il PDL n. 390 : Disposizioni per il contenimento del consumo di suolo, la rigenerazione urbana e il miglioramento della qualità insediativa

Data di presentazione al consiglio regionale del Veneto:  04/11/2013

Presentato dalla Giunta regionale (primo firmatario)
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